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L'enigma del cardo senza spine ritrovato in Sicilia

L'enigma del cardo senza spine ritrovato in Sicilia
È una pianta rara e fortemente a rischio che ha la capacità di rigenerarsi dopo gli incendi disperdendo intere banche di semi al suolo
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È un cardo ma non ha le spine, supera i tre metri di altezza e disperde intere banche dei semi nel suolo per rigenerarsi dopo gli incendi. Malgrado questo il cardo di Greuter è una pianta molto rara ed è perdente, se così si può dire, perché in natura cresce solo in due canyon del Monte Inici in provincia di Trapani. Dopo la scoperta della prima popolazione alla fine degli anni Ottanta, ne è spuntata di recente un'altra a due chilometri di distanza.


Questo strano parente del carciofo che conta diverse specie affini sparse nel Mediterraneo non ha il fisico adatto per tollerare la lunga estate siciliana. Le dimensioni extra-large delle foglie gli consentono di sopravvivere solo all'ombra delle falesie dove può limitare al minimo le perdite di acqua. Per tracciare l'esatta distribuzione del cardo in questi ambienti impervi, i ricercatori del CNR di Palermo sono ricorsi anche alle immagini catturate da un drone in grado di sorvolare i canaloni senza rischiare l'osso del collo.


Il cardo di Greuter, il cui nome scientifico è Ptilostemon greuteri, è stato per molto tempo un rompicapo botanico. Si tratta di un autentico relitto climatico che potrebbe essersi evoluto sul promontorio nord-occidentale del trapanese durante la fase di emersione della Sicilia, quando l'isola era solo un arcipelago.

"La legnosità di questo cardo, la sua caratteristica più enigmatica, è una proprietà condivisa con altre specie di legnose che discendono da specie erbacee che crescono in forma esclusiva nelle isole oceaniche come le Hawaii, le Galapagos, le Canarie o sulle vette delle montagne equatoriali" spiega Salvatore Pasta, ricercatore dell'Istituto di Bioscienze e BioRisorse (IBBR) del CNR a Palermo e primo autore del recente studio sul cardo. Dalla base di questi atolli primordiali, quando la Sicilia è diventata un'isola compiuta, il cardo per sopravvivere si è dovuto rifugiare nei valloni ombrosi di roccia calcarea.  Oltre i confini di questo microhabitat fresco e umido, la pianta avrebbe i giorni contati. Nelle forre e negli orridi del Monte Inici si condensano anche quelle nebbioline incalzate dai venti marini che assicurano al cardo acqua anche nei periodi più critici dell'anno.


Ma il cardo non ha solo debolezze. Dopo tutto è una specie preistorica arrivata fino a noi e qualche asso nella manica deve pur averlo. "Nonostante sia vulnerabile rispetto al clima, il cardo di Greuter ha notevoli capacità di riposta agli incendi dolosi che da decenni interessano regolarmente questa zona della Sicilia - aggiunge il ricercatore del CNR - nel 2018 la popolazione principale di questa pianta è stata azzerata ma la reazione è stata sorprendente. Gli esemplari avevano già accumulato nel suolo circostante una grande quantità di semi che ha permesso alla specie di riprendersi quando le fiamme si sono spente". È come se la pianta avesse predisposto un piano B per prevenire gli effetti dell'incendio.


Le due popolazioni del cardo ricadono all'interno di un sito della rete europea Natura 2000 e secondo la IUCN, l'Unione internazionale per la Conservazione della Natura, questa specie endemica della più grande isola del Mediterraneo è minacciata criticamente (Critically Endangered). Eppure non gode di nessuna forma specifica di protezione.

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Per sicurezza stata coltivata negli orti botanici delle università di Palermo e Catania in Sicilia e in quello di Fribourg in Svizzera. Anche se le migliaia di individui scoperti oggi appaiono in buona salute una catena ravvicinata di incendi in futuro potrebbe mettere la parola fine alla specie che conta numerosi individui giovani, non ancora in grado di creare quella scorta di semi indispensabile per superare l'onda di fuoco.

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Ora un gruppo internazionale di ricercatori tra Italia e Svizzera studia le strategie più efficaci per garantite la sopravvivenza del cardo di Greuter. Tra le soluzioni più promettenti si sta collaudando un modello informatico che permetta di individuare sia eventuali popolazioni finora sconosciute sia le aree più idonee dove introdurre nuove piante nel tentativo di migliorare le prospettive di sopravvivenza di questa rarità italiana.