«Bonnie & Co.»
Come si educa un cane da pastore maremmano? Trasmettetegli fiducia, non autorità
Cane molto territoriale, può essere ostico se avvicinato mentre protegge il gregge. Ma in un ambiente domestico è tutta un’altra storia...
Affascinato dalla sua bellezza ma intimorito dalla sua fama di cane testardo e potenzialmente pericoloso, un lettore mi chiede quanto possa essere complicato crescere ed educare un maremmano. In effetti il pastore maremmano-abruzzese — questo il suo nome completo — è spesso considerato un cane «difficile», dotato di una forte personalità e di un’accentuata autonomia, tendenzialmente indocile e molto, molto aggressivo. Come tutti i luoghi comuni, anche questo contiene una parte di verità, e tuttavia manca clamorosamente l’obiettivo. Un maremmano lasciato dal pastore a custodire il gregge, normalmente con altri due o tre compagni, è sicuramente un cane pericoloso per chi volesse incautamente avvicinarsi: il suo senso del territorio e della necessità di proteggerlo da ogni intrusione è spiccatissimo e non lascia spazio a mediazioni. Avvicinarsi incolumi a lui è praticamente impossibile (a proposito, è così che da millenni i pastori proteggono con successo il loro bestiame dai lupi: non c’è affatto bisogno di sparare, di seminare trappole o bocconi avvelenati, di erigere recinti elettrificati).
In un ambiente domestico, però, il maremmano è tutto un altro cane: o, per meglio dire, le sue straordinarie qualità si rivelano perfette per una serena e pacifica convivenza. Naturalmente, è opportuno stabilire subito alcune regole, quando è ancora un cucciolo: ma la vera sfida, come del resto accade con ogni cane, è comprenderne e conquistarne la mente. I manuali del buon educatore suggeriscono molto polso e autorevolezza, in modo da stabilire al più presto un forte riferimento gerarchico capace di piegare, per così dire, la volontà e l’autonomia del cane. Con Bonnie confesso di aver seguito tutta un’altra strada: ma è importante anche aggiungere che non sono un educatore né un etologo, e dunque il mio racconto non deve necessariamente servire da esempio per tutti.
Bonnie è stata abbandonata con due sorelline quando ancora aveva gli occhi chiusi; svezzata da una volontaria, è arrivata da noi a poco meno di due mesi. Fino ai sei mesi, ho scelto di adottare una linea educativa che un amico, per prendermi in giro, ha definito «montessoriana»: in buona sostanza, Bonnie poteva fare praticamente tutto ciò che voleva. Le ciotole erano sempre piene di crocchette e di latte (qualsiasi educatore vi dirà che è sbagliato, perché gli orari rendono disciplinato il cane!), l’accesso a letti e divani era libero e incontrollato (sbagliato, perché da grande non la si potrà più far scendere!), le carezze e le coccole erano infinite (sbagliato, perché così si indebolisce il riferimento gerarchico!), e così via. Tutti questi «errori», nel mio esperimento educativo, dovevano servire a creare un rapporto certamente gerarchico – è nella natura di ogni cane cercare un riferimento – ma improntato alla comprensione più che all’imposizione, e fondato sulla fiducia reciproca più che sull’autorità e sul ruolo. In altre parole, anziché insegnarle questo o quel comando, questa o quella posizione, ho passato la maggior parte del tempo semplicemente a stare con Bonnie, a guardarla, a coccolarla, a prenderla in braccio, a giocare insieme.
Il risultato, lo dico senza modestia anche perché penso che il merito sia di Bonnie assai più che del mio esperimento, è semplicemente straordinario. Ora Bonnie ha tre anni e il suo carattere si è ormai formato: è una cagna estremamente equilibrata, perfettamente integrata con i gatti di casa (che sono diventati il suo gregge), capace di grandi affettuosità ma anche amante della solitudine e mai invadente, rispettosa, ubbidiente, meravigliosamente indipendente e, soprattutto, dotata di qualità sociali davvero invidiabili: è stata di fatto Bonnie a insegnare a Stella, la meticcia da qualche mese con noi, come comportarsi con i gatti e come controllare il suo spiccato istinto predatorio. È anche uno straordinario cane da guardia, naturalmente, e grazie a lei da due anni i cinghiali hanno smesso di scavare trincee in giardino.