Le lacrime delle ninfe : Tesori d'ambra nei musei dell'Emilia-Romagna

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ER MUSEI E TERRITORIO

Dossier ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA


Art direction Lisa Marzari Progetto grafico Francesca Frenda Impaginazione Simona Pinchiorri Coordinamento editoriale Isabella Fabbri, Carlo Tovoli In copertina Vaghi discoidali, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto) In quarta di copertina Pendaglio in ambra a testa femminile con tutulus, Ferrara, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna) © 2010 Dossier Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna Via Galliera 21 - 40121 Bologna www.ibc.regione.emilia-romagna.it © 2010 Editrice Compositori via Stalingrado 97/2 - 40128 Bologna tel. 051 3540111 - fax 051 327877 info@compositori.it www.compositori.it ISBN 978-88-7794-665-2 L’Istituto per i beni culturali si dichiara pienamente disponibile, nel caso di involontari errori, a regolare eventuali pendenze con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.


ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

Le lacrime delle ninfe Tesori d’ambra nei musei dell’Emilia-Romagna

a cura di Beatrice Orsini


Si ringraziano Annamaria Carini, Musei Civici di Palazzo Farnese di Piacenza Elena Grossetti, Antonino Montanari, Museo Archeologico della Val Tidone (PC) Maria Bernabò Brea, Manuela Catarsi, Patrizia Raggi, Museo Archeologico Nazionale di Parma Angelo Orzi, Museo dei Fossili di Fidenza (PR) Manuela Catarsi, Centro Visitatori Alta Velocità di Fontanellato (PR) Elisabetta Farioli, Roberto Macellari, Silvia Chicchi, Rina Aleotti, Musei Civici di Reggio Emilia Monica Miari, Museo della Terramara di Santa Rosa di Poviglio (RE) Mario Scalini, Angelo Mazza, Francesca Piccinini, Federico Domenico, Galleria Estense di Modena Luca Cesari, Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’ di Castelfranco Emilia (MO) Renzo Rabacchi, Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale Marano sul Panaro (MO) Ombretta Piccinini, Caterina Dellacasa, Museo di Nonantola (MO) Cristiana Morigi Govi, Anna Dore, Museo Civico Archeologico di Bologna Massimo Medica, Irene Faranda, Museo Civico Medievale di Bologna Maurizio Biordi, Lara Taccini, Museo della Città di Rimini Ganluigi Felice, Museo ‘Luigi Bombicci’ di Bologna Laura Mazzini, Museo di San Domenico di Imola (BO) Paola Desantis, Museo Nazionale Etrusco ‘Pompeo Aria’ di Marzabotto (BO) Daniele Vitali, Nicola Bianca Fabry, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ di Monterenzio (BO) Gabriele Nenzioni, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ di San Lazzaro di Savena (BO) Fede Berti, Flavia Guidetti, Museo Archeologico Nazionale di Ferrara Fausto Pesarini, Enrico Trevisani, Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara Benedetto Sala, Roberta Pancaldi, Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’ di Ferrara Lara Cocchiarelli, Andrea Carichini, Palazzo della Cultura (Palazzo Marcosanti-Ripa), Sogliano al Rubicone (FC) Ilaria Pulini, Cristiana Zanasi, Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena Cetty Muscolino, Federica Cavani, Museo Nazionale di Ravenna Fede Berti, Ottorino Bacilieri, Museo Civico del Belriguardo di Voghiera (FE) GianLuca Ferrari, Seminario Vescovile di Bedonia (PR)

Giorgio Cicognani, Museo del Risorgimento e dell’età Contemporanea di Faenza (RA) Patrizia von Eles, Museo Civico Archeologico di Verucchio (RN) Andrea Antonioli, Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ di San Giovanni in Galilea (FC) Luciana Prati, Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’ di Forlì (FC) Stefania Delle Mele, Carlotta Torelli, Ufficio Informazione Turistica San Secondo Parmense (PR) Maria Luigia Pagliani, Assessorato Cultura Regione Emilia-Romagna Luigi Malnati, Claudio Cocchi, Teresa Pellicioni, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna Giovanni Assorati, Dipartimento di Storia Antica, Università di Bologna Daniela Schiavina, Biblioteca delle Collezioni d’Arte e di Storia, San Giorgio in Poggiale, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e i colleghi Francesco Amorese, Lidia Bortolotti, Laura Carlini, Valeria Cicala, Paola Cristofori, Daniela Dalla, Isabella Fabbri, Rossella Fanti, Vittorio Ferorelli, Fiamma Lenzi, Giuseppina Giagnorio, Micaela Guarino, Ivan Orsini, Daniele Perra, Giulia Pretto, Tiziano Ramosi, Iolanda Silvestri, Margherita Spinazzola, Giuseppina Tonet, Maria Elena Tosi, Carlo Tovoli, Riccardo Vlahov, Zita Zanardi.

Si ringraziano inoltre Direzione Musei Civici di Ferrara; Direzione Musei Civici di Pavia; Amministrazione Comunale di Massanzago; Amministrazione Comunale di Sabbioneta; Biblioteca Casanatense di Roma; Consorzio della Bonifica Renana, Bologna; Palazzo Albergati, Zola Predosa (Bologna); Pierangelo Bellettini, Direzione Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Bologna; Luisa Ciammitti, Direzione Pinacoteca Nazionale, Palazzo dei Diamanti, Ferrara; Carla Corradi Musi, Università degli Studi, Bologna; Anna Colombi Ferretti, Direzione Museo Nazionale dell’Età Neoclassica Palazzo Milzetti, Faenza; Michele Danieli, Università degli Studi, Bologna; Valentino Donati, Museo Civico, Castelbolognese; Marzia Faietti, Direzione Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Firenze; Massimo Pivetti, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, Firenze; Corinna Giudici, Archivio e Gabinetto Fotografico della Pinacoteca Nazionale, Bologna; Pascal Perinel, Musée du Louvre, Paris; Eugenio Riccomini; Elena Rossoni, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale, Bologna; Jenny Servino, Museo Internazionale e Museo della Musica, Bologna; Marilena Tamassia, Gabinetto Fotografico degli Uffizi, Firenze. Si ringraziano infine Sergio Federici, Lucio Scardino, Mario Setter.


Indice

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Presentazioni Ezio Raimondi Luigi Malnati Laura Carlini Se a divenire luce da una lacrima Paola Goretti Ambra: le origini, il mito e il commercio nell’antichità Beatrice Orsini Le Eliadi dal mito all’iconografia Elisabetta Landi Iconografia di un mito

Repertorio Nota per i lettori Bologna, Museo Civico Archeologico Anna Dore Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’ Gianluigi Felice Ferrara, Museo Archeologico Nazionale Fede Berti Fontanellato, Centro Visitatori Alta Velocità Manuela Catarsi Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ Nicola Bianca Fabry Parma, Museo Archeologico Nazionale Manuela Catarsi, Monica Miari Ravenna, Museo Nazionale Cetty Muscolino Reggio Emilia, Musei Civici Roberto Macellari, Silvia Chicchi Rimini, Museo della Città Lara Taccini

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Verucchio, Museo Civico Archeologico Patrizia von Eles Voghiera, Museo Civico del Belriguardo Fede Berti

Altre collezioni Bedonia, Seminario Vescovile, Museo di Storia Naturale Bologna, Museo Civico Medievale Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’ Faenza, Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea Ferrara, Museo Civico di Storia Naturale Enrico Trevisani Ferrara, Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’ Fidenza, Museo dei Fossili Forlì, Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’ Imola, Museo di San Domenico Laura Mazzini Marano sul Panaro, Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale Marzabotto, Museo Nazionale Etrusco ‘Pompeo Aria’ Nonantola, Museo Piacenza, Musei Civici di Palazzo Farnese Pianello Val Tidone, Museo Archeologico della Val Tidone Poviglio, Museo della Terramara di Santa Rosa Monica Miari San Giovanni in Galilea, Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ San Lazzaro di Savena, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ Sogliano al Rubicone, Palazzo della Cultura Conservazione e restauro dell’ambra Florence Caillaud


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Apparati Le fonti letterarie Beatrice Orsini Le caratteristiche dell’ambra Il commercio dell’ambra L’Eridano e le isole Elettridi L’impiego in medicina Le invenzioni dei poeti Il mito di Fetonte

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Il nome dell’ambra L’origine dell’ambra La provenienza dell’ambra Gli usi dell’ambra Il valore dell’ambra La varietà dell’ambra

Bibliografia generale


Secondo gli antichi l’ambra era il prodotto delle lacrime delle Eliadi che, trasformate in pioppi dall’ira di Zeus, eternamente piangono la morte tragica del fratello Fetonte reo di aver infranto per giovanile arroganza l’ordinato corso degli astri, sostituendosi al padre nella guida del carro fulgente del Sole. Una favola onesta e gentile ha accompagnato così la fortuna di questo fenomeno naturale che, comunque, non ha mai perso nel tempo il suo statuto di cosa affascinante e mirabile. Sappiamo oggi con certezza oggettiva che si tratta di una resina fossile secreta da un particolare tipo di conifera che, nel lento succedersi delle ere geologiche, si è solidificata spesso includendo frammenti di vegetazione o addirittura piccoli animali, impedendone poi la degradazione come in un microcosmo senza difetti e lacune. Anche per queste sue caratteristiche così peculiari, l’ambra, nel passaggio dai miti al mondo della ragione, ha conservato intatto il suo fascino di materia preziosa e curiosa – le venivano pure attribuiti molteplici poteri medicamentosi e apotropaici – ricercata e commercializzata lungo le antiche rot-

te fluviali europee, dal Mar Baltico alla pianura padana, sino in Asia e nell’America Centrale. E forse proprio seguendo il richiamo di questo incanto sottile ma perenne che rimanda ad altrettanti comportamenti e atteggiamenti umani – la meraviglia di fronte ai fenomeni naturali, il piacere tattile nel maneggiare un oggetto prezioso, il gusto tassonomico del collezionismo – è nato il presente volume. La ricerca paziente e metodica che ne sta alla base ha coinvolto tutti i musei del territorio regionale, nella registrazione degli oggetti d’ambra in essi conservati: dai grani delle antiche collane e dagli strumenti del lavoro femminile nei corredi funebri ai reperti scientifici, ai monili e alle sculture realizzati in epoche più recenti. Introdotto da alcuni saggi che illustrano con chiarezza gli aspetti iconografici del mito dell’ambra e la storia del suo commercio e della sua fortuna e completato dal repertorio dei manufatti più notevoli e interessanti delle raccolte museali emiliano-romagnole, il libro ha in fondo l’aspetto invitante di un viaggio, emblema di una bellezza che è ancora capace di stupirci. L’immaginazione può così divenire un momento della conoscenza. Ezio Raimondi Presidente dell’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna

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I reperti in ambra rappresentano certamente nelle collezioni archeologiche una categoria estremamente suggestiva per le molte valenze di carattere decorativo-simbolico e magicoreligioso, ma, spesso, di artigianato artistico che rivestono. Conosciuta fino dalla preistoria e oggetto di importazione dalle regioni settentrionali dell’Europa verso il Mediterraneo, l’approfondimento di tematiche legate alla sua diffusione e alla sua lavorazione contribuisce alla conoscenza di alcuni aspetti importanti delle società preromane, legati ai meccanismi di scambio e all’articolazione sociale. Specie durante l’età romana, ma già nel periodo etrusco, alcuni manufatti assumono un pregio artistico particolare

che ne fa talvolta opere tra le più prestigiose e interessanti delle collezioni museali. Anche per quanto riguarda l’ambra, per altro, una valutazione corretta dei reperti archeologici non può prescindere dal contesto di rinvenimento e, più in generale, da una valutazione del periodo storico e dell’orizzonte culturale in cui si collocano. Questo aspetto è nei musei archeologici della regione, sia in quelli nazionali che in quelli civici, ampiamente e opportunamente valorizzato nei percorsi espositivi, agevolando una lettura dei reperti che non è mai avulsa delle condizioni di rinvenimento e da una corretta lettura storica delle realtà regionali. Luigi Malnati Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna

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Ambra, in greco Elektron: pregiato ed elettrizzante talismano per illuminare un percorso di scoperta d’insoliti tesori. L’Istituto, ispirato dalla ricchezza delle raccolte d’ambra presenti nel nostro territorio e dal potere di fascinazione da sempre attribuito alla magica resina, ha voluto impiegarla come filo conduttore di questa pubblicazione, concepita per invitare all’esplorazione di luoghi e di opere d’arte associati alla leggendaria sostanza, con la finalità di diffondere la conoscenza e di promuovere la valorizzazione dei materiali in ambra, o al suo mito ispirati, custoditi nei musei dell’Emilia-Romagna, o parte del patrimonio regionale diffuso. L’ambra ha da sempre attratto l’uomo per il suo colore e le sue molteplici virtù, sia terapeutiche che apotropaiche. Pur non trattandosi di una gemma, ma di una resina solidificata in base a un processo durato milioni di anni, è stata considerata uno dei materiali più preziosi, al pari dell’oro e dell’argento. Il suo valore era legato anche alla presenza o meno al suo interno di inclusioni animali o vegetali: esistenze rimaste intrappolate nell’elemento resinoso prima del processo di solidificazione. La sua origine è stata ricondotta dagli antichi al mito di Fetonte e alle lacrime versate dalle Eliadi, sue sorelle, per la sua morte avvenuta precipitando con il carro del Sole alla foce del fiume Eridano. Nella prima sezione del volume si affronta – con l’ausilio degli studi più recenti e delle testimonianze delle fonti classiche – il problema costituito dalla provenienza dell’ambra e, grazie alle

ricerche archeologiche, si ricostruiscono i percorsi attraverso i quali questo prezioso materiale, proveniente dal Nord Europa allo stato grezzo, giungeva nell’area mediterranea per essere lavorato e inserito in monili di straordinaria bellezza. Un’attenzione particolare è stata altresì rivolta allo studio delle numerose rappresentazioni iconografiche del mito, riferite in particolare all’area dell’Emilia-Romagna, che hanno interessato la produzione artistica dal periodo etrusco e romano fino al XVIII secolo. La seconda sezione è costituita dal nutrito repertorio dei musei regionali che conservano oggetti in ambra. I contributi dei diversi autori concorrono a tracciarne la mappatura ricca e composita, con una molteplicità di esempi che coinvolgono raccolte di archeologia, arte, storia, scienze. Si spazia dai campioni di ambra allo stato grezzo che incantano per la brillantezza dei riflessi e la perfezione delle inclusioni, fino ai manufatti ottenuti con una lavorazione sofisticata come anelli, collane, pendenti e orecchini, tuttora diffusi, o ad oggetti inconsueti, di cui si è perso l’uso, come fibule, tintinnabuli, conocchie, tipici delle attività femminili. Infine un saggio specifico è dedicato alle tecniche e alle soluzioni più idonee per il restauro di questo materiale così particolare e delicato. Il volume si conclude con una sezione che riporta i brani degli autori greci e latini – con testo originale e traduzione – che ci hanno tramandato informazioni relative alla provenienza dell’ambra, ai nomi con i quali era indicata, agli usi ai quali era adibita e alle sue origini mitologiche. Laura Carlini Responsabile del Servizio Musei e Beni Culturali Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna

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Se a divenire luce da una lacrima Paola Goretti

Dove la pietra è al dentro invece di essere al di fuori Paul Claudel, La mistica delle pietre preziose

Resurrexit Dicono che sia come la sorgente delle lacrime, come la cera fusa e molla che si fa preghiera liquefatta, tocco carezzevole di terra sfranta. Resina fuoriuscita da secrezioni di piante appartenenti a specie ormai estinte reduci da un processo di fossilizzazione, l’ambra sembra piuttosto un sole permanente – fissato, placidissimo – un sole inconsumabile; incantevole, fuori dal bruciore incandescente, come trasmutato in canto. Un sole del di dentro. Ai piedi del silenzio, l’ambra ci canta un aranciato splendore. Più ancora dell’oro, più ancora delle pietre e delle stelle fisse e dei diamanti, la sua origine è ammantata della gloria del mito perché è frutto di un processo di trasformazione, dolorosissimo, e traversante il corpo delle donne; le cavità degli occhi – come un catalogo delle rovine in atto di piangere il proprio nome – dolenti e consumate dallo strazio mutano lo sguardo ormai deforme in onorata visione, stillando balsami sopraffini. Amore, essenzialmente; e carità, tenerezza, grazia solare, bellezza tutta. Così, se la convenienza della linea retta non è cara al dolore – che invece segue cammini imperscrutabili, vie tortuosissime, infinitissimi silenzi – l’origine dell’ambra è implicata coi miti di fondazione aventi a che fare coi frammenti del Sole tramortito (ciò che va trasmutando ciò che scende) passando dai tetri luoghi del piangere alla carne della luce

senza patimento, carne figlia del Sole: come in una resurrectio – un’aurora consurgens alchemica – immensa nel risplendere. L’origine dell’ambra da simili luoghi favolosi – frequentati cioè dal Sole al tramonto – determina infatti una connessione strettissima fra la pietra (che poi, pietra non è) e l’astro, dunque proliferante di genealogie ‘solari’ (del grande Sud e del grande Nord, nel contempo) che ci rivelano i tratti armonici della sua ombra più segreta. Nel caravanserraglio degli dèi e delle loro infinite – infinitissime – trasformazioni del Tutto nel Tutto, anche lo splendore dell’Eridano profondo – fiume favoloso: dolente, funesto – celebra le sue innumerevoli varianti, e con esso il mito di Fetonte e delle Eliadi, appunto: sorelle pie «sterminatamente piangenti»1 mutate in pioppi per la perdita rovinosa dell’amato familiare, a causa della di lui superbia e dissennatezza che, sorda agli ammonimenti paterni, si ostina a voler intraprendere la guida del carro solare. Tante le fonti antiche che ne danno menzione: Ovidio naturalmente (Metamorfosi), Luciano (Dialogo degli dei), Nonno di Panopoli (Dionisiache), Claudiano, Cicerone; ma anche Aristotele (Meteorologia), Esiodo (Astronomia), Apollonio Rodio (Argonautiche), Avieno (Phaenomena), Diodoro Siculo, Arato di Soli (Fenomeni) e infiniti altri, specie nei flussi mitologici delle costellazioni. Plinio il Vecchio (Naturalis Historia) ripor-

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L’espressione, notissima, è riconducibile a Carlo Cesare Malvasia che così indicava il pianto inconsumabile delle Marie al sepolcro del già famoso Compianto di Nicolò dell’Arca collocato nella chiesa di Santa Maria della Vita. CARLO CESARE MALVASIA, Le pitture di Bologna (1686), a cura di Andrea Emiliani, Bologna, Alfa, 1969, p. 312.

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ta anche i tragici, risalendo ai tasselli primari della narrazione: Eschilo (Prometeo incatenato; Eliadi), Filosseno, Euripide (Ippolito; Fetonte), Nicandro e Satiro, fino alle Favole di Igino;2 ma la panoplia di narrazioni mirabili e gli innesti della catabasi sono numerosissimi, al punto che anche il mito di Meleagro è connesso a quello delle Eliadi. Sofocle, in una sua tragedia perduta, racconta infatti delle sue sorelle trasformate in uccelli, piangenti lacrime d’ambra nella lontana India. Migrazione permanente su tutti i fronti, anche per via di altri intrecci, sovrapposizioni, contiguità.3 Siano dunque mutate in alberi le sorelle, siano mutate in pioppi e nell’Eridano abbia teatro il pianto della memoria. Di loro non resti che la bocca invocante Climene – la madre – e un guazzabuglio di rami recisi che unifica le figlie-alberi nella lezione del dolore consolidata in ambra. Con tanta dissolvenza, si squaglia il femminile nel pianto antico, si squaglia come un sonaglio impossibile all’indifferenza, come in un pietoso annaffiamento durevole che procede verso il diluvio dei sentimenti. Crepundia Indispensabili per costruire i racconti di fondazione quanto inutili alla scienza, le favole dei poeti – si sa – attivano serbatoi di narrazioni friabili e sgretolabili agli occhi più lucidi della storia. E sebbene «pochi miti classici siano stati presi sul serio quanto i miti dell’Eridano»,4 pare che gran parte di ciò che sappiamo dagli antichi sull’ambra risalga a un brano di Plinio (Naturalis Historia). Secondo lo storico, l’ambra proveniva dal nord germanico, era una secrezione del mare congelato e durante la primavera veniva trasportata dalle correnti; si estraeva in due località della Scizia (Russia contemporanea) ove era detta sacrium. Sistematizzando un sapere a lui precedente in un compendio vastissimo, Plinio precisa poi che l’ambra si forma dal midollo che stilla da un certo tipo di pino, fuoriuscendo come per eccesso di liquido: si solidifica a causa del gelo, per le condizioni atmosferiche o per effetto del mare quando le onde, agitandosi, la

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strappano dalle isole. Che l’albero di provenienza sia un pino lo dimostra l’odore che l’ambra porta con sé se la si strofina, oltre al fatto che, ad accenderla, brucia allo stesso modo, con esalazioni di torcia resinosa. Fiorentissimo il suo commercio fin dall’età micenea (XVI a.C.), come attesta un numero incalcolabile di rinvenimenti tombali: grani d’ambra semplice ma anche di tipologia detta ‘ad astragalo’, frutto di lavorazione particolare. Nella Grecia arcaica essa era sacra specialmente ad Artemide. Così, il commercio dell’ambra si ammanta di itinerari segreti e vie specialissime che traversano tanto le cronologie più antiche che quelle rinascimentali; basti pensare alle fittissime testimonianze riconducibili alle aristocrazie funerarie di alta epoca italica (V a.C./I d.C.), quasi tutte da ascrivere alla via beneaugurante e scaramantica, specie nel caso dei corredi etruschi:5 scarabei incisi d’ambra (Monteren-

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Per una ragguardevole sintesi di tutto il mosaico mitologico si veda ATTILIO MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano: studi sulla letteratura e sul commercio dell’ambra in età preromana, Este, Libreria Editrice Zielo, 1991. 3 Secondo Claudiano, Fetonte divenne la costellazione dell’Auriga. Cigno (non ancora qui nominato ma facente parte del mito; figlio di Stenelo, re dei Liguri, e parente del defunto per parte di madre) anch’egli provato da infinito pianto, trasformato in cigno presso le acque dell’Eridano. Fortissime le correlazioni con l’astronomia: secondo i Pitagorici, la Via Lattea nacque infatti dalla corsa di una stella mossa durante il viaggio di Fetonte; secondo altri, l’Eridano intero divenne costellazione. Per non dir poi delle numerose contiguità con altri celebri interpreti. La folle corsa di Fetonte è riconducibile alla leggenda di Dedalo e Icaro, attestata da un passo di un’operetta alessandrina (le Narrazioni Mirabili) attribuita falsamente ad Aristotele. Secondo Apollonio Rodio (Argonautiche), l’Eridano sarebbe poi stato percorso anche da Giasone e dagli Argonauti. Per alcuni, le Elettridi sarebbero le ‘isole dell’ambra’ dapprima localizzabili nel punto in cui si riversa il Po; per altri – verificando che alla sua foce non compaiono isole – in alcune isolette della Dalmazia. Persino la zona del Polesine – particolarmente affollata da ritrovamenti di manufatti in ambra – sarebbe implicata con le leggende degli Iperborei. Per l’esegesi della sua complicatissima saga rimando ancora una volta a A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit. 4 Ibidem, p. 49. 5 Bellissima campionatura tipologica in ELISABETTA FRANCHI, Le lacrime delle Eliadi, «FMR», XXIV, 13, n.s., 2006, pp. 87-106.


zio, Museo Civico Archeologico); anelli in ambra rossa del Baltico con busti muliebri (Ravenna, Museo Nazionale); spilloni con capocchia in ambra, coppie di fibule, tintinnabuli, collane (Bologna, Museo Civico Archelogico), scettri, anelli ornamentali, testine di ariete, elementi per collane sagomati a forma di testa con berretto frigio, volatili e animali di terra (Ferrara, Museo Archeologico Nazionale), pendenti (importantissimo il corpus di oggetti provenienti dalla necropoli di Spina), ambre figurate a foggia di mani apotropaiche o animaletti (Reggio Emilia, Musei Civici), crepundia,6 pettorali; magnifico, ad esempio, quello villanoviano della necropoli di Verucchio.7 Ma l’ambra rimanda anche al gusto eclettico di un’oggettistica cortigiana proiettata al cuore del fantastico; altaroli portatili, preziosi scrigni intarsiati, paesaggini scolpiti, presepi in miniatura, delizie per cabinet des merveilles, ricca statuaria che converte il materiale ad usi devozionali cristiani (Modena, Galleria Estense), giochi e intrattenimenti. Famosissima la Dama d’ambra a 100 caselle e 40 pedine del XVIII secolo (Reggio Emilia, Musei Civici), frutto della nascente passione collezionistica per quei materiali inusitati che fecero la gloria delle corti, febbricitanti di passione per l’altrove. Si pensi al ricco patrimonio delle ambre dei Medici o di quelle Farnese, in galleria di cose rare e antichità.8 Oltre all’ambra in resina, trionfa anche l’ambra grigia, regina aromatica dal sapore acre, protagonista indiscussa dei nuovi lussi olfattivi.9 Molte corti partecipano infatti – e lungamente – ai segreti della prassi cosmetica, divenuta per l’occasione metafora di conoscenza esoterica implicata con le pratiche aureee della più nobile alchimia. Bezoar, pelli, conchiglie, scorze di noci d’India, noci d’India in forma di balena, ossa di rinoceronte, uova di struzzo e zanne di elefante, draghiserpenti e oche marine, gatti zibetti e pietre dure, lumache di mare e groppi di corallo, pescifarfalla e corni d’unicorno si intrecciano ai caratteri del nascente enciclopedismo. E a un’arte maga che sembra

dominare incontrastata persino nelle rovinose vicende degli smembramenti collezionistici, si accompagna la sterminata presenza di bossoli e bossoletti, di boccettine d’ambra –in limatura della luna argentea – 10 che paiono cavate dalle segrete del palazzo. Ovunque campeggiano «cose piene d’odore». Ambre piene d’odore A consultare gli inventari Gonzaga,11 ad esempio, ci sfilano davanti «ventiquattro para di pontali da vesta, zettati, pieni d’ambra», «una cinta d’oro piena d’ambra, di pezzi trenta, fattura di Spagna», «ventisette pezzi da vesta con ambra, compagni della sodetta cinta», bottoni, collane, grani e paste d’odore.

6 Per ‘crepundia’ si intendono vari tipi di oggetti di piccolo formato – anelli, applicazioni, bastoncini, monili, pendaglietti, dischetti, bottoncini, crescenti lunari – perlopiù utilizzati come gingilli e come amuleti, a complemento dell’abbigliamento. Molti esemplari sono riprodotti in MARIA CARINA CALVI, Le ambre romane di Aquileia, Associazione Nazionale per Aquileia, 2005. 7 Sul tema, Il dono delle Eliadi. Ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra, a cura di Maurizio Forte, Ministero Beni Culturali e Ambientali; Soprintendenza Archeologica dell’Emilia-Romagna, s.n.t., 1994 (Studi e documenti di Archeologia, Quaderni, 4). 8 Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007. 9 L’ambra grigia è sostanza odorosissima che si accumula come concrezione nell’intestino del capodoglio, rilasciata dal cetaceo mediante alcuni rigurgiti naturali – accumulati per galleggiamento, o impigliati negli altri pesci – e raccolta grazie ai flussi delle correnti marine, nelle spiagge di Mauritania, Somalia, India. 10 PAOLA GORETTI, In limatura della luna argentea: la scienza dei magnifici apparati, tra malinconia, vestiario e vaghezze d’antico, in Gonzaga. La Celeste Galeria. L’esercizio del collezionismo, a cura di Raffaella Morselli, Milano, Skira, 2002, pp. 185-211. 11 Cose d’odori è la dicitura con cui si segnala la presenza di svariate decine di pezzi – schedati a partire dal 1° marzo 1627 – all’interno degli inventari Gonzaga. Pirro de Clerici e Giovanni Rampolo, profumieri di corte, avrebbero dovuto stimare i piccoli oggetti odorosi. Sul tema, si veda il prezioso RAFFAELLA MORSELLI, Le Collezioni Gonzaga. Inventari. L’elenco dei beni del 1626-1627, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2000, p. 90.

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Ben noti sono i preziosi caratteri della profumeria cinquecentesca,12 applicata soprattutto ai complementi dell’abbigliamento; la si incontra infatti nella concia delle pelli, nelle bisacce – «due borsini quadri recamati alla francesa, uno sopra il raso tané et l’altro sopra la pelle d’ambra, con cordoni, bottoni et fiochi d’oro et seda» –, nelle cinture a grani da appendere in vita, nei guanti impregnati d’odore – «para cinque di guanti negri con ambra» –. Dal fantastico – e quantomai volatile – repertorio del bestiario galante del tempo emergono dunque le concordanze dei richiami alchemici, astrologici, medici, testimonianza di un sapere che, pur nella scientificità nascente, ancora attinge a reminescenze simboliche di stampo medievale e a congiunzioni di influsso planetario. L’interesse giocoso e principesco sembrano bilanciarsi perfettamente; così, se già il Secretum fu per Petrarca l’azzardo di ogni più riposto pensiero, Libri di Secreti si chiamano i dotti testi contenenti le ricette cosmetiche e medicinali capaci di catturare le proprietà della natura: non solo per declinarle nella scienza dell’allungamento della vita ma, soprattutto, per organizzare attorno ad esse gli exempla paradigmatici e un piano di corrispondenza degli insegnamenti della natura stessa nei suoi rapporti di microcosmo/macrocosmo. In tal senso, anche l’odore si annuncia come una sede privilegiata di emanazione curativa (oltre che estetica), in special modo di impronta cauterizzante, ma si offre anche alle esigenze più disparate, finendo per custodire le speranze della sopravvivenza collettiva che ne invoca l’intervento salvifico quanto in quelle dei più prosaici saperi culinari. Infatti, Ambra e muschio si polverizzavano nelle vivande, si scioglievano nel vino, si annusavano, si distillavano in profumi, si fondevano in unguenti, si decomponevano in olii. Cucina, spezieria, profumeria lavoravano in stretta collaborazione per confortare e rinvigorire, per dar piacere e salute, per acuire i sensi (i “sentimenti”), per rendere più alacre e sensibile il cervello, per rallegrare il cuore. La sensualità era profondamente legata all’intelligenza; la sensibilità, resa

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più penetrante dalla sottigliezza degli aromi, si trasformava in sottigliezza dello spirito.13

Lo aveva già teorizzato Piero Camporesi, nel magistero della sua straordinaria trattazione dedicata a questo stravagante e multiforme argomento, discusso in mille occasioni e riportato alla luce all’interno di una disciplina storiografica volta a cambiare le prospettive troppo rassicuranti del «bello rinascimentale».14 Lo aveva scritto e riscritto centinaia di volte, nelle decine di testi licenziati sull’argomento, per certi versi, tutti legati. Lo hanno ribadito Alain Corbin15 e Georges Vigarello,16 nelle acute disamine sulle questioni del Rinascimento italiano. E tutti i contributi successivi, tesi a una sistematizzazione di farmaci e cosmetici in un’ampia cornice d’insieme.17 Così fu per Caterina Sforza e per i suoi precoci Experimenti,18 redatti tra il 1492 e il 1509, apripista di un’intera

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Vastissima la trattatistica riguardante i libri di cosmesi di ambito cinque-seicentesco. Tra tutti si vedano GIOVANNI MARINELLO, Gli ornamenti delle donne, Venezia, appresso Giovanni Valgrisio, 1574; Ricettario galante del secolo XVI a cura di Olindo Guerrini, Sala Bolognese, Forni Editore, 1968; GIULIANA GRANDO, Muschieri e unguentari. Profumi e cosmesi nella Venezia del ’500, Venezia, Centro Internazionale della grafica di Venezia, 1985; SILVIA GRAMIGNA, L’arte dello speziale. Cure naturali e tradizioni al tempo della Serenissima, Venezia, Centro Internazionale della grafica di Venezia, 1988. Anche ACHILLE OLIVIERI, Il “corpo” sociale: la donna e la cosmesi nel ’500, «Studi veneziani», X, n.s., 1985, pp. 183-194. 13 PIERO CAMPORESI, I balsami di Venere, Milano, Garzanti, 1989, p. 87. 14 P. CAMPORESI, Le officine dei sensi, Milano, Garzanti, 1985. 15 ALAIN CORBIN, Storia sociale degli odori. XVIII e XIX secolo, Milano, Mondadori, 1983; introduzione di Piero Camporesi. 16 GEORGES VIGARELLO, Storia della bellezza: il corpo e l’arte di abbellirsi dal Rinascimento a oggi, Roma, Donzelli, 2007. 17 ARTHUR MARWICK, Storia sociale della bellezza. Dal Cinquecento ai giorni nostri, Milano, Leonardo, 1989; MICHELLE A. LAUGHRAN, Oltre la pelle. I cosmetici e il loro uso, in Storia d’Italia, Annali, 19, La moda, a cura di Carlo Marco Belfanti e Fabio Giusberti, Torino, Einaudi, 2003, pp. 43-82. 18 Experimenti de la Ex.ma S.r Caterina da Furlj Matre de lo Inllux.mo S.r Giouanni de Medici, in PIER DESIDERIO PASOLINI, Caterina Sforza, Roma, Loescher, 1893, vol. III. Per un ampio inquadramento d’insieme rimando a PAOLA GORETTI, Armamentaria d’ingegno e di mistero: gli Experimenti di Caterina Sforza, per Caterina Sforza, Experimenti, ristampa anastatica, Edizioni BIM, Imola, 2009.


stagione editoriale. Così per i Secreti nuovamente posti in luce di Alessio Piemontese (Venezia, 1555), per l’arcinoto Secreti Notandissimi dell’arte profumatoria di Giovan Ventura Rosetti, vero e proprio caposaldo della profumeria rinascimentale,19 per i Secreti Medicinali di Magistro Guasparino da Venezia; così per Eustachio Celebrino e la sua Opera Nova piacevole per la quale insegna a far composizioni odorifere per far bella ciaschuna donna (Venezia, 1551); così per i Segreti di Isabella Cortese,20 dove l’autrice – ancora di dubbia identità – offre 222 ricette dal sapore vario, indicando già nella prefazione un’esperienza trentennale che predilige una scrupolosa conoscenza dei materiali (unitamente alla loro vastità d’impiego), diffusi anche nel secolo successivo.21 Le sue verità hanno sapore astrologico, specie negli ingredienti per tinture di pellame e fusione di metalli, colle per mani, mosaici, cristalli, inchiostri naturali per dipingere e scrivere, consigli di oreficeria e di lucidatura delle gemme. E poi ancora, ricette per bagni muschiati, uova profumate e confetti per il palato, decine di pomate per mani, decine di acque da viso, «acque a far bellissima carnagione», «pomi imperiali», «pasta da pater nostri odoriferi», «polveri odorifere», «oli reali», «oli di fiori di naranci», di gelsomini, canfora, grano, ginepro, laudano, garofano, «pomi della quintaessenza del profumo». Intere sezioni dei trattati del tempo sono dedicate a quest’arte; per far profumi in polvere, profumi imperiali, papali, magistrali, semplici o lenitivi, a base di muschio e zibetto. Ma soprattutto in ambra, con le infinite misture d’ambra grigia – talvolta chiamata ambra balena – dai toni sensualissimi e persistenti. Non si contano le ricette cosmetiche a base di ambra, scalate come una litanìa dell’ebbrezza: «Piglia una parte di muschio, e due di ambra, e mezza di zibetto, e pesta sottilmente il muschio, e quando sarà pesto, metti l’ambra in una tazza d’argento che sia liscia e netta, e mettilo sopra le ceneri che non habbino molta bra-

gia acciò si squagli, e mettila tagliata i pezzetti minutissimo, e come serà squagliata, mettivi dentro il muschio, e con un cocchiarino d’argento mescola molto bene, che s’incorporino insieme, poi aggiongili il zibetto menando molto bene, accio che si mistichino insieme, e come sarà molto ben incorporato, cava fuori presto la detta compositione, e mettila nella palma della mano, e fa il pomo, con due gocciole d’olio di gelsomino per farlo liscio, e questo è un pomo molto singolare, e se vorrai mettere un poco di acquarosa con l’ambra, si farà ben piu, ma per rispetto del zibetto non si debba mettere».22 Come un’acquarosa sottomarina e potente, l’ambra. Profumata dentro lo sguardo di Venere sovrana. Per divenire luce da una lacrima Sostanza femminile di liquefazione che avvolge e risuona, pietra certo, ma pietra calda, pietra come di albero e resina solamente, sostanza naturale scaldata dal Sole, pietra nata dal dolore e dal dolore volta in canto. Figlia del Sole inconsumabile che splende in eterno, pietra impastata di sentimento, pietra impastata di pietà, pietra della mitezza più incantevole. Pietra del fuoco e pietra calda che il suo fuoco è il manto e il suo manto è il fuoco senza bestemmia, e anche il suo colore aranciato di tutte le gradazioni della fiamma, pietra del miserere, pietra del Sole tutto, ma pietra differente.

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GIOVANVENTURA ROSSETTI, Notandissimi secreti de l’arte profumatoria, Venezia 1555, a cura di Franco Brunello e Franca Facchetti, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1992. 20 ISABELLA CORTESE, I Secreti della Signora Isabella Cortese ne’ quali si contengono cose Minerali, e Medicinali, Artificiose, e Alchemiche et molte dell’Arte profumatoria appartenenti a ogni gran signora con altri bellissimi Secreti aggiunti, Venezia, Nicolò Tebaldini, 1603. 21 Sulla trattatistica del XVII e XVIII secolo, Il Ricettario Savelli-Pratilli. Un manoscritto senese del Settecento di farmacopea, gastronomia e tecnica artistica, a cura di Antonio P. Torresi, Ferrara, Liberty House, 2001; Il Ricettario Medici. Alchimia, farmacopea, cosmesi e tecnica artistica nella Firenze del Seicento, a cura di Antonio P. Torresi, Ferrara, Liberty House, 2004. 22 I. CORTESE, I Secreti della Signora cit., p. 108.

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Certo, qualcuno vorrebbe confinarla nell’immensa pietraia onnisciente dei lapidari medievali – con l’oro e le gemme – che tutte le pietre sono magiche, tutte le pietre sono mistiche, poiché sintetizzano gli innesti delle meccaniche celesti nei segni d’elezione, in un fitto sistema di corrispondenze sorrette dai processi del simbolico unificante terra e cielo. Eppure lei è la più povera: non turchese, non corniola, non diaspro, non onice, non corallo o perla del mare, non cristallo di rocca o pietra di luna, non giada, lapislazzulo, rubino rubicondo; che l’ambra non compare nei lapidari, non compare nei lungi elenchi di tassonomia gelata dalle infinite proprietà, non compare nella cabalistica geometrizzante gli influssi delle costellazioni. Non compare mai.23 Ovvio. Lei non è pietra, ma resina, come un liquore covato dall’albero e dal corpo cambiato in creazione e concepimento, come un fossile malleabile, una trappola di luce che viene da dentro. In lei vive altro; la lacrima della pietà, l’umanità palpitante, l’emozione ricca, radiosa e fragile, magnificamente umana. Non possiamo non ricamare attorno all’ambra; forse anche per via del suono del suo nome – così arrotato; eppure così morbido, rotondo – che pare sostanziarci davanti agli occhi la mollezza del suo impasto. Il suono dell’ambra reca il sapore del remoto, dove il duro e il molle si invitano a nozze e bevono a un’unica fiamma. Canta il fuoco pietoso, l’incendio della combustione tutta, cantan l’armi pietose del carro del Sole caduto in disgrazia; e tutto è un pietosissimo piangere, a poco a poco come creante un letto di piume leggerissime, come a trasformar lo strazio in dono del patire. Mortale la nostra mortalità costantemente minacciata e fragile, mortale il volo scellerato. E loro, lì a dare testimonianza dell’amore incombustibile. Prova a toccare l’ambra, vedrai che ti scalda le mani come in un passaggio di caldo aggraziato. Prova a sfregare l’ambra – elektron, in greco – che dà luce e calore, come il vino nuovo. Prova a sfregarla: produce scintille, calore inusuale, luccichìo. L’ambra è un ritorno all’antico, una

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canzone ininterrotta dedicata a chi avremmo amato per sempre se poi non fosse andato via. E par che dica «Tornate./Tornate tutti, non si può/ stare morti per sempre, bere/ i liquidi giallastri, masticare le/ cose sporche attaccate. Tornate belli».24 State caldi, state al riparo dal buio che nessun buio è per sempre; che prima o poi – in questo firmamento sgocciolante gorgogliante disperazione – riappare il Sole aranciato. E allora nessun dolore è perduto, e allora cantate la gioia, cantate il Sole e il fuoco, cantate la luce; e poi divenite cosa nuova, cartilagine dell’aurora, che tutto il folle del tragico è favola della chiarità. Ornamento di bellezza, ancora. Per divenire luce da una lacrima, sembra il riflesso della fragilità. Eccola, appunto. Screziata di venature color bronzo coi pallini luminosi iridescenti, luce pacata dai colori del mosto vivo, giallo chiaro, rosso brunito, ruggine. Ecco l’approdo, ecco l’elegia dello spolparsi. Monile superiore, faro e lucerna, limite del dolore da arginare con dignità. L’ambra non è che dono e lacrima, lacrima e mutazione, tenero corpo d’amore. E se il peccato dei maschi è quello di Fetonte (o Dedalo) ossia superbia e sfida del limite inaccettabile, il femminile pecca nel morir, nel morir di dolore come le Eliadi, come il folle che non ha palafitte per sostenere il proprio vuoto e si sfrange sfranto di perpetua consumazione fino a consumar tutto; lei – l’ambra – è lì a rammemorarci questa nostra grandezza del dolore, questa

23 Sulla colossale passione per le pietre dure, specie in area medicea, si veda AGOSTINO DEL RICCIO, Istoria delle pietre, a cura di Paola Barocchi, Firenze, Spes, 1979. Si veda anche L’oreficeria nella Firenze del Quattrocento, a cura di Patrizia Castelli, Firenze, Spes, 1977, con ampia ricognizione sulla trattatistica di ambito antico e tardo antico (Aristotele, Teofrasto, Psello, Avicenna, Isidoro di Siviglia, Rabano Mauro, Alberto Magno), fino ai compendi cinquecenteschi. Sezione VI, Le virtù delle gemme. Il loro significato simbolico e astrologico nella cultura umanistica e nelle credenze popolari del Quattrocento. Il recupero delle gemme antiche, pp. 309-364. 24 Magnifici i versi di MARIANGELA GUALTIERI, Antenata, Milano, Crocetti Editore, 1992, p. 19.


nostra grandezza inutile, perché s’abbia da sottomettersi al carro pietoso del Sole, l’unico a porre un freno alla nostra corruzione. L’ardore delle Eliadi è il nostro tutto – di femmine, di madri; figlie, sorelle e spose – il pianto frollato di albero antico, impasto di miele benefico, assenza da volgere in grazia dopo la pena, da volgere in sfogliatura di rose. E da indossare sul nostro collo per dare di nuovo luce. Di nuovo vita. Di nuovo, di nuovo il Sole intrappolato fin dentro gli occhi. C’è un punto più nero del solito in cui – giù in fondo; dove lo scuro si trasforma in chiaro – si implora la paura perché ci liberi. E viene meno il morire perpetuo, viene meno l’agonia agonizzante, vien meno l’imbuto della perdita permanente. L’ambra è lì a dire basta. Basta al dolore, basta. Non

più dolore, ma una spirale stropicciata rinascente alla gioia, l’andar per obliquo, come nei campi un aratro disobbediente che ha finito il solco e traccia un nuovo ricominciare. Splendida di alta epoca, di alto dolore cesellato in filigrana di firmamento, splendida come la rugiada degli occhi, Splendida Lumina Solis,25 è l’ambra. Inno degli accordati alberi, sinfonia del dolore già trasformato. Baciata dal Sole, agglutinata, pianta. Lavorata alla terra. Infine, anche alla gioia più durevole.

25 La poesia delle cose sempre ritaglia spazi di splendore e il sentimento di una divinità diffusa possiede ogni essere abitato dalla bellezza. ROSITA COPIOLI, Splendida Lumina Solis, Forlì, Forum Quinta generazione, 1979.

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Ambra: le origini, il mito e il commercio nell’antichità Beatrice Orsini

L’ambra, resina preziosa al pari dell’oro e dell’argento, dono degli dei per la morte del figlio del Sole (Helios), è ritenuta uno dei ‘sette tesori’ della tradizione buddista (in cinese qibao)1 associata alla saggezza e all’altruismo e legata al III e al V chakra.2 Il suo colore, talmente intenso da essere paragonato a quello dei datteri,3 ha attirato la curiosità dell’uomo sin da epoche remote. Considerata «secrezione ’’ λεκτρον, deridei raggi solari»,4 era chiamata dai Greci η 5 ’ ’κτωρ (brillante, luminoso). Gli antichi, affavato da ηλε scinati dalla sua bellezza, le attribuirono un enorme valore considerandola simbolo di prestigio e ricchezza,6 oltre a poteri magici e terapeutici. Una delle sue caratteristiche fisiche più straordinarie era l’elettrizzazione per strofinio che consisteva nella capacità di attrarre corpi leggeri come «paglie, foglie secche e fili di tiglio».7 La scoperta del fenomeno risale al greco Talete di Mileto (600 a.C.), grande filosofo, astronomo e scienziato che attribuì un’anima alle cose inanimate, deducendola proprio dalla capacità attrattiva dell’ambra simile a quella del magnete.8 Qualche secolo dopo Teofrasto nei suoi scritti riporta un elenco di materiali diversi che presentano la stessa caratteristica.9 Questa fu studiata in modo sistematico solo nel 1600 dal medico inglese Gilbert che la chiamò «elettrica», derivandola dal nome greco dell’ambra.10

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I ‘sette tesori’ del Buddhismo sono un insieme di sette valori spirituali dell’individuo e sono associati a un elenco di sette gioielli che li rappresentano. L’ambra è considerata il tesoro dell’altruismo insieme alle perle e al cristallo di rocca e il tesoro della saggezza insieme alla corniola, allo smeraldo e all’agata.

2 La parola chakra indica uno dei sette centri di base di energia nel corpo umano. Ad essi si rifanno molte terapie naturali come la cristalloterapia. Il III chakra del plesso solare, situato nel pancreas, è il chakra della forza di volontà individuale, del carisma e dell’efficienza. Il V chakra della gola è situato nella tiroide e sovrintende la comunicazione, la capacità di ascolto e di parola e la sincerità. ALJOSCHA SCHWARZ, RONALD SCHWEPPE, Le pietre curative: dall’acquamarina allo zaffiro, Roma, Airone Ed., 2000, pp. 18-19; VALENTINA BEGGIO, Cosa raccontano i cristalli e come usarli, Colognola ai Colli, Demetra, 2000, p. 68; FABIO NOCENTINI, Iniziazione alla cristalloterapia. Tecniche energetiche con pietre e cristalli, Roma, Edizioni Mediterranee, 2002, pp. 45-48. 3 Xen. An. II, 3. 4 Plin. nat. XXXVII, XI, 36. 5 Plin. nat. XXXVII, XI, 31; ATTILIO MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano: studi sulla letteratura e sul commercio dell’ambra in età preromana, Este, Libreria Editrice Zielo, 1991, p. 51; BENEDETTA ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2004, p. 203. 6 Veniva utilizzata per oggetti di lusso: nella forma plurale αι’ ’η’ λεκτροι indica i bischeri (pioli) della lira (Aristoph. Equ. 531); A. MASTROCINQUE, Commercio e lavorazione dell’ambra in età antica, in Ambra. Il fascino di una gemma tra mito, scienza e vanità, Ferrara, Minerva Edizioni, 2007, p. 34. 7 Plin. nat. XXXVII, XII, 48; Plut. Plat. Quaest. 7,7. 8 Diog. Laerth. I, 24: «Aristotele e Ippia dicono che [Talete di Mileto] dette una parte di anima anche alle cose inanimate arguendo questo dalla calamita e dall’ambra». 9 Teophr. Lap. V. 28. 2-4; ANNIBALE MOTTANA, Il pensiero di Teofrasto sui metalli secondo i frammenti delle sue opere e le testimonianze greche, latine, siriache ed arabe, «Rendiconti Lincei Scienze Fisiche e Naturali», s. 9, 12, 34, 2001, pp. 133-241, in particolare pp. 167, 218. Egli credeva che il fluido emesso dall’oggetto strofinato allontanasse l’aria intorno a esso la quale a sua volta rimbalzava, e, colpendo un corpo leggero posto nelle vicinanze, lo risucchiava verso l’oggetto strofinato. Teofrasto dà prova della sua conoscenza della trasmissione dell’elettricità attraverso un conduttore metallico, ma al tempo stesso dimostra di non sapere mettere in relazione l’effetto triboelettrico, che egli descrive in altro luogo a proposito del «lingurio» e dell’ambra, con quello elettrofisiologico generato dall’organismo vivente. 10 WILLIAM GILBERT, De Magnete, Magneticisque Corporibus, et de Magno Magnete Tellure Physiologia Nova, Londoni, Petrus Short, 1600. Fisico e medico inglese (Colchester 1544-1603), noto principalmente per gli esperimenti sulla

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’’ λεκτρον viene riIn età augustea, il vocabolo greco η cordato da alcuni autori nella sua trascrizione latina electrum per indicare l’elettro,11 una lega naturale di oro e argento utilizzata nella produzione di monete, oltreché nella fabbricazione di gioielli.12 Nell’antico Egitto questo materiale rivestiva la cuspide degli obelischi e risplendeva illuminato dal sole.13 Successivamente, sia al singolare (electrum) che al plurale (electra), passò a indicare l’ambra soprattutto nei testi poetici.14 Plinio ne fa uso solamente in passi che derivano da fonte greca;15 altri autori invece utilizzano alcuni aggettivi derivati come electrinus (di ambra) ed electrifer (ricco di ambra).16 Il termine latino più comune è sicuramente sucinum / succinum / succina derivato da succus e riferito al «succo»,17 cioè alla resina di un particolare tipo di pino che fuoriesce abbondante come la «gomma dal ciliegio» e si solidifica in seguito a particolari condizioni atmosferiche o all’azione del mare.18 Plinio distingue due varietà identificandole con nomi diversi: chryselectrum di color oro che si credeva avesse virtù medicinali,19 e sualiternicum di colore rosso.20 I Germani la chiamavano glaesum/glesum,21 termine derivato dall’anglosassone glaes, da cui l’inglese glass e il tedesco glas, vocaboli passati a indicare il vetro, materiale trasparente e luminoso come l’ambra. Talvolta era confusa con il lyncurium,22 una sostanza molto diversa e di origine incerta. Secondo alcuni era generata dalla solidificazione dell’urina delle linci e assumeva due colorazioni: rossiccia se l’urina era del maschio,

natura dell’elettricità e del magnetismo, nella sua opera descrive numerosi esperimenti eseguiti su di un modello del campo magnetico terrestre ricostruito in laboratorio. A lui si devono gli studi sull’elettricità statica generata dall’ambra che chiamò «forza elettrica». 11 Verg. Aen. VIII, 402 e 624; Strab. III.8 C146; Plin. nat. XXXVII, XI, 33; MARINELLA PASQUINUCCI, Le ambre romane di età imperiale. Problematiche e area di diffusione, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, p. 260; MARCELLO FUMAGALLI, Dizionario di alchimia e di chimica farmaceutica antiquaria: dalla ricerca dell’Oro filosofale all’arte Spagirica di Paracelso, Roma, Edizioni Mediterranee, 2000, p. 78.

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12 Si tratta di una delle leghe naturali più note, diffusa in Asia Minore (antica Lidia) soprattutto sulle montagne di Tmolos e Sipylos, composta da oro e argento e utilizzata nell’antichità per la produzione di monete. LUIGI VALENTINO BRUGNATELLI, Giornale di Fisica, Chimica e Storia Naturale, Pavia, Tipografia Bolzani, 1811, IV, pp. 78-79. 13 PIERRE LACAU, HENRI CHEVRIER, Une chapelle d’Hatshepsout à Karnak, Paris, Institut français d’Archeologie Orientale, 1977. I blocchi si trovano sulla facciata esterna della parete meridionale della cappella, all’altezza del settimo registro e raccontano due scene relative all’elevazione di due obelischi a Karnak: la consacrazione dell’elettro e la dedica dei due monumenti ad Amon, re degli dei. Nella parte intermedia del blocco è rappresentato, su tre registri, l’elettro

offerto dalla regina il cui simbolo è . Nel registro mediano abbiamo tre forzieri con sopra il simbolo dell’elettro che è evidentemente contenuto in essi. Nel registro inferiore sopra un mucchio di anelli d’oro abbiamo la scritta:

«Grande quantità di elettro, molto grande». Davanti all’immagine martellata della regina vi sono due colonne di cui la prima riporta

«Il re stesso dedica l’elettro, molto grandemente, ad Amon signore [dei troni delle due terre] …». Nel secondo blocco la regina rivolta verso destra presenta i due obelischi ad Amon: «Il re stesso innalza due grandi obelischi per suo padre Amon Ra,

«dentro la nobile sala ipostila (dalle colonne papiriformi), decorati con elettro…»; MARIA CRISTINA GUIDOTTI, VALERIA CORTESE, Antico Egitto, Firenze, Giunti Editore, 2002, p. 96. 14 Verg. Georg. III, 522 electro; Verg. ecl. VIII, 54 electra; Verg. Ciris 428-437; Ovid. met. II 360-366; Claud. Panegyricus de tertio consulatu Honorii VII, 125; Panegyricus de sextu consulatu Honorii Augusti, vv. 146-177; Epistula ad Serenam XXXI, 1-18 electra; Hyg. fab. 154 Phaeton Hesiodi; Staz. IV, 270. 15 Plin. nat. III, 152; XXXVII, XI, 31-33-39. 16 Claud. Fescennina de nuptiis Honorii XXVI, XL, 11: Padus electriferis. 17 Tac. Germ. XLV; Cassiod. Var. V, 2; Mart. III, 65,5; IV, 59, 2; V, 37, 11; VI, 15, 2; XI, 8, 6; Iuv. VI, 573; Apul. Met. II, 19; Plin. XXXVII, XI, 32, 40, 43, 44; XII, 49, 50, 51. 18 Plin. nat. XXXVII, XI, 42; Tac. Germ. XLV. 19 Plin. nat. XXXVII, XII, 51. 20 Plin. nat. XXXVII, XI, 33. 21 Plin. nat. XXXVII, XI, 42; Tac. Germ. XLV, 4. 22 Strab. II, 200-202 la identifica con l’ambra; Plin. nat. XXXVII, XII, 52 nega che le due materie possano identificarsi; Teophr. Lap. V, 28, 2-4.


bianca se l’urina apparteneva alla femmina. Secondo altri era prodotta da un albero che cresceva in Liguria denominato lynca.23 L’ambra era conosciuta anche dai Fenici che la chiamavano yainitar,24 da cui sono derivati i termini: gintaras (lituano), jantar (polacco) e gyantar (ungherese). Il nome moderno ha origine dall’arabo anbar, anb’r che indica in realtà l’ambra grigia,25 sostanza aromatica prodotta dall’intestino del capodoglio per difendere le mucose dai resti indigesti dei molluschi. Il composto, rigurgitato naturalmente dall’animale, galleggia trasportato dalle correnti marine fino a raggiungere le spiagge della Mauritania, della Somalia e dell’India.26 Raccolto ed essiccato al sole si ammorbidisce acquistando un odore gradevole; inoltre, grazie alla sua capacità di impedire l’evaporazione delle essenze, era destinato alla fabbricazione degli incensi e dei profumi. L’ambra, annoverata anticamente fra gli oggetti di lusso, era ricercata, secondo Plinio,27 senza valida ragione se non quella della moda. Aveva un valore talmente alto che il costo di una statuina che raffigurava un uomo superava perfino quello di più schiavi in buona salute;28 di grande pregio, quindi, doveva essere la statua dell’imperatore Augusto che si trovava a Olimpia.29 Veniva altresí apprezzata per il profumo che emanava se strofinata o riscaldata con le mani30 e utilizzata per la «creazione di false gemme trasparenti come le ametiste».31 Si poteva tingere in vari colori «con il sego dei capretti, la radice di borragine e la porpora»32 o impiegarla come combustibile, poiché, immergendone i trucioli nell’olio, bruciavano più lentamente e con maggiore lucentezza della fiamma prodotta «dal midollo del lino».33 Oltre al suo valore, anticamente le erano riconosciute virtù terapeutiche e analgesiche. Il greco Ippocrate (460377 a.C.),34 padre della medicina moderna e, in età romana, il medico Galeno (II secolo d.C.),35 parlarono nelle loro opere della sua applicazione pratica nel trattamento di alcuni disturbi. Assunta come bevanda, si diceva avesse il potere di curare deliri e difficoltà urinarie, mentre ridotta in polvere e ingerita da sola o mescolata ad acqua e mastice,

guariva il mal di stomaco.36 Era inoltre considerata efficace contro tonsilliti e malattie della gola causate dalle acque in prossimità delle Alpi. Per questo, indossare monili realizzati in ambra rappresentava una moda molto diffusa fra le contadine transpadane.37 Callistrato, medico dell’antica Roma, definì chryselectrum, la varietà color oro che, legata al collo come amuleto, agiva contro le febbri, macinata con miele e olio di rose guariva le affezioni delle orecchie e, infine, unita al miele attico costituiva un valido rimedio contro l’annebbiamento della vista.38 Nel Medioevo indossare ciondoli o collane realizzati con questa resina era considerato un ottimo trattamento contro la febbre gialla, poiché si ri-

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Plin. nat. XXXVII, XI, 34. Omero parla di un fenicio che portò in dono una collana in oro e ambra (Hom. Od. XV, vv. 571-573); ELEONORA POLO, Polimeri fossili: ambra uno sguardo sulla preistoria, «AIM Magazine», 60, 2-3, 2005, p. 27. 25 MALEK CHEBEL, Dizionario dei simboli islamici: riti, mistica e civilizzazione, Roma, Edizioni Arkeios, 1997, p. 36. 26 MARCO POLO, Il Milione di Marco Polo testo di lingua del secolo decimoterzo ora per la prima volta pubblicato ed illustrato dal conte Gio. Baldelli Boni, t. I, Firenze, da’ torchi di Giuseppe Pagani, 1827: cap. 165: Dell’isola di Madegascar, pp. 196-198: «Mandegascar si è una isola verso mezzodí, di lungi da Scara intorno da 1.000 miglia … Qui si à ambra assai, perciò che in quello mare hae assai balene e capodoglie; e perché pigliano assai di queste balene e di queste capodoglie si hanno ambre assai». 27 Plin. nat. XXXVII, XI, 30. 28 Plin. nat. XXXVII, XII, 49. 29 Paus. V, 12, 7. 30 Mart. III, 65; V, 37; XI, 8; Juven, VI, vv. 569-576. 31 Plin. nat. XXXVII, XII, 51. 32 Plin. nat. XXXVII, XII, 48. 33 Plin. nat. XXXVII, XII, 48; Tac. Germ. XLV. 34 EUGENIO RAGAZZI, L’ambra in medicina, in Ambra. Il fascino di una gemma tra mito, scienza e vanità, catalogo della mostra (Ferrara, 6 novembre 200430 gennaio 2005), a cura di Enrico Trevisani, Ferrara, Minerva Edizioni, 2007, p. 42. 35 TITTI ZEZZA, Lacrime divine: l’ambra, «Senecio. Saggi, enigmi, apophoreta», 2007, p. 4 (www.senecio.it). 36 Plin. nat. XXXVII, XII, 51. 37 Plin. nat. XXXVII, XI, 44. 38 Plin. nat. XXXVII, XII, 51. 24

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teneva che assorbisse il giallo della pelle, oltreché una consuetudine adottata per alleviare il dolore dei bambini nel periodo della dentizione.39 Numerosi erano anche i rimedi a base di estratti come il Balsamum succini e l’oleum succini, presenti in molte annotazioni e ricette degli alchimisti dell’epoca.40 Si credeva inoltre che avesse virtù profilattiche utili all’individuazione dei funghi velenosi e impedisse la trasmissione di malattie.41 Per questo tuttora viene adoperata in Turchia per costruire i bocchini dei narghilè.42 Secondo antiche credenze questa splendida resina era dotata altresí di poteri miracolosi e apotropaici, infatti gli antichi Maya la indossavano per difendersi contro «el mal de ojo» (malocchio)44 e ancora oggi nel mondo islamico è utilizzata per ricavare i grani dei rosari contro la cattiva sorte. Veniva donata come simbolo di buon auspicio in occasione dei capodanni e per le donne, in particolare, era di buon augurio sognare monili in ambra,44 ma soprattutto possederli, come dimostrano i numerosi oggetti presenti nelle deposizioni femminili sin da epoche remote. Alcuni sono di particolare pregio artistico, come le tre foglie di alloro appartenenti al corredo della giovane Antestia Marciana (II secolo d.C.) rinvenuto ad Aquileia, che riportano l’iscrizione augurale, tipica delle lucerne, «A.N.F.F. (Annum Novum Faustum Felicem)».46 L’ambra ha una notevole capacità di essere modellata: si scolpisce per ottenere la forma desiderata, «si leviga bollendola nel grasso del maiale da latte»46 e infine si lucida con sostanze abrasive.47 Raccolta e lavorata sin dal Paleolitico, fu utilizzata nel corso del tempo da sola o associata al bronzo, all’oro, all’argento e alla pasta vitrea per creare una grande varietà di monili di rara bellezza come la collana in oro alternato a grani di ambra che, secondo Omero, Eurimaco regalò a Penelope.48 Le forme più comuni sono rappresentate da vaghi di collana sferoidali a disco, presenti in ogni epoca e presso popoli diversi, mentre più complesse risultano le ambre figurate che rappresentano un animale, un essere mitico o umano, oltre a scene mitologiche.49 Un elemento ben caratterizzato e riconoscibile, presente in

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Plin. nat. XXXVII, XII, 50; E. RAGAZZI, L’ambra in medicina cit., p. 43. GINO TESTI, Dizionario di alchimia e di chimica antiquaria, Paracelso, Roma, Edizioni Mediterranee, 1980, pp. 20, 75, 176: il sistema terapeutico di Paracelso si basava sulla convinzione che nelle singole sostanze naturali (i semplici) esistessero potenti energie in grado di agire sugli organi dell’essere umano o sullo specifico malanno. Il problema consisteva nel saperle ricavare per arte separatoria, cioè spagirica, dalla componente grossolana, escrementizia, nel linguaggio paracelsico, per ottenerle in tutta la loro purezza e virtù che costituiva la base dell’arte alchemica. VAIDYA BHAGWAN DASH, Alchimia e uso terapeutico dei metalli nell’ayurveda. L’uso e l’efficacia dei metalli, minerali, gemme e prodotti naturali, Roma, Edizioni Mediterranee, 1997. 41 Plin. nat. XXII, XLVII, 99. 42 ANNA MARIA PORCIATTI, Dall’impero ottomano alla nuova Turchia: cronache e storia, Firenze, Alinea, 1997, p. 25; CARLA CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito. Il mito, in La via dell’ambra: dal Baltico all’Alma Mater, Atti del convegno italo-baltico (Bologna, 18-20 settembre 1991), a cura di Riccardo Casimiro Lewanski, Moncalieri, Centro Universitario di Ricerche sul viaggio in Italia, ‘Dimensions du Voyage’, 1994, p. 30. 43 AVERARDO CHIERICI, Il grande mercante: economia e commercio nell’Oriente antico, Milano, Mursia, 1987, p. 12. L’ambra messicana veniva indossata dalle popolazioni Maya e utilizzata nella preparazione di bevande sacrificali e curative contro il malocchio, nell’età della crescita, come ciuccio per i bambini allo scopo di rafforzare gengive e denti, contro le allergie della pelle, da polline, le infezioni della bocca e del palato, la febbre, l’artrite, i reumatismi e le depressioni oltreché nella fabbricazione di specchi. 44 Artem. Oniricr., II, 5 («Sognare gli ornamenti esteriori come anelli di ambra, d’avorio e d’ogni altra simile materia giova soltanto alle donne…»). MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica, in La via dell’ambra: dal Baltico all’Alma Mater, Atti del convegno italo-baltico (Bologna, 18-20 settembre 1991), a cura di Riccardo Casimiro Lewanski, Moncalieri, Centro Universitario di Ricerche sul viaggio in Italia, ‘Dimensions du Voyage’, 1994, p. 29. 45 Instrumenta inscripta latina. Sezione aquileiese, catalogo della mostra (Aquileia, 22 marzo-12 maggio 1992), s. l., s. n.t., 1992; ANNALISA GIOVANNINI, Le ambre di Aquileia, connotazioni generali e correlazioni culturali, in Roma sul Danubio: da Aquileia a Carnuntum lungo la via dell’ambra, a cura di Maurizio Buora, Werner Jobst, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002, p. 164. 46 Plin. nat. XXXVII, XI, 46. 47 MARIA LUISA NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 22. 48 Hom. Od. XVIII, 295-296. 49 NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’ambra nella protostoria italiana, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, pp. 86-87. 40


aree abitate da gruppi culturali diversi, è costituito dal vago tipo Tirinto,50 considerato dagli studiosi un «fossile-guida» per l’individuazione dei centri coinvolti nel commercio dell’ambra.51 Con questa resina furono realizzati, inoltre, numerosi oggetti appartenenti al mundus muliebris (scatoline, specchi, pissidi, ecc.) fra i quali, ad esempio, la conocchia, eseguita in un solo pezzo d’ambra (lunga cm 18,7) rinvenuta a Roma nella tomba appartenente alla giovane Crepereia Tryphaena (170 d.C.),52 oltre a utensili appartenenti all’instrumentum domesticum (manici di coltelli, coppe).53 La mitologia legò la formazione della resina al mito di Fetonte cantato «dagli antichi poeti greci»,54 lo sfortunato auriga55 che, a prova della sua discendenza divina, chiese al padre Helios (fig. 5) di guidare il meraviglioso carro dono di Vulcano, con il quale egli percorreva ogni giorno la volta celeste illuminando la Terra.56 Avendone perso il controllo, il giovane inesperto provocò disastri in ogni luogo: bruciò il cielo lasciando la Via Lattea come traccia del suo passaggio,57 fece ardere le foreste e prosciugò fiumi e laghi. Di fronte a tanto scempio, Zeus, padre degli dei, per punirlo del suo gesto sconsiderato, intervenne scagliando un fulmine contro di lui.58 Il suo corpo, privo di vita, precipitò nell’«immenso Erì-

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Vago in ambra con forma a tamburo carenato e foro pervio al centro, denominato tesoro di Tirinto (Peloponneso). I vaghi si presentavano montati a crociera entro un cestino di fili d’oro (FERRANTE RITTATORE VONWILLER, L’ambra e le vie commerciali protostoriche, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, pp. 97-99; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 60). 51 N. NEGRONI CATACCHIO, L’ambra nella protostoria italiana cit., p. 83. 52 Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 279. 53 MARIA CARINA CALVI, L’ambra in epoca romana, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, pp. 97-98. 54 Lucr. II, 397-405. 55 Il termine φαε’θων fu utilizzato per la prima volta da Omero come epiteto per indicare il Sole (Hom. Il. XI, 735; Od. V, 479; XI, 16; IX, 16; XXII, 388; XXIII, 243-

6 in cui si trova l’unica attestazione di Fetonte come uno dei cavalli; hymn. 31,2); STEFANIA FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi, l’Eridano e la nuova stazione preistorica di Frattesina Polesine, «Quaderni Urbinati di cultura classica», n.s., 12, 1982, p. 103. Fetonte fu indicato da alcuni come figlio di Eos (Aurora) e Cefalo, rapito in giovane età da Afrodite che lo rese il genio divino guardiano del suo santuario (Hes. Theog. vv 984-991; Apollod. III, 14, 3); da altri (Ovid. met. I, 747-779; II, 1-366) figlio di Helios e Climene e fratello delle Eliadi (due in Ovidio: Phaetusa e Lampetie e sette in Igino: Merope, Helie, Aegle, Lampetie, Phoebe, Aetherie, Dioxippe; Pind. O. 7, 14, 70; Hom. Od. 12, 127-136) figlie di Elio e Neera (ANDREA DEBIASI, Esiodo e l’Occidente, in LORENZO BRACCESI, FLAVIO RAVIOLA, GIUSEPPE SASSATELLI, Hesperìa, 24 Studi sulla grecità d’Occidente, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2008, p. 142). Secondo un’altra tradizione sarebbe figlio di Helios e Rodhe, ninfa eponima dell’isola di Rodi (A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 66). Sull’isola era venerato Helios che unendosi con la ninfa Rhode generò le Eliadi (Diod. V, 56-57 parla degli Eliadi) che avrebbero introdotto nuove pratiche nell’arte della navigazione e operato la divisione del giorno in ore (B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., pp. 259-260). Secondo alcuni si tratterebbe di figure diverse e l’unica attendibile sarebbe quella che identifica Fetonte come figlio di Merope e Climene e nipote di Helios (Hyg fab. 154). Diggle (JAMES DIGGLE, Phaeton / Euripides; edited with prolegomena and commentary, Cambridge, University Press, 1970), riguardo al φαε’θων citato ai vv. 984-991 della Teogonia, presenta tratti inusuali, infatti è descritto come figlio di Cefalo ed Eos, rapito in giovane età da Afrodite. Diggle ha sostenuto che si trattasse di un Fetonte diverso, contro la tesi del Wilamowitz (ULRICH VON WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Phaeton, «Hermes», 18, 1883, pp. 396-434) secondo cui Euripide avrebbe tratto da Esiodo il tema dell’amore di Afrodite per Fetonte. Nella tragedia euripidea (Plin. nat. XXXVII, XI, 31; Pind. O. 7,14, 70 ss) intitolata Fetonte, la sua caduta era collocata in Etiopia, regno del Sole comprendente il Sudan e l’attuale Nubia. 56 Ovid. met. I, 750; II, 405; Luciano nel Dialogo degli dei XXV rappresenta uno scambio umano tra Zeus e Apollo: il padre degli dei rimprovera il dio del Sole di aver affidato con troppa superficialità a Fetonte la guida dei cavalli e si pone fra i critici del mito nel suo LV Dialogo intitolato Circa l’ambra, ovvero i cigni; Plin. nat. XXXVII, XI, 31; Non. Dion. XXXVIII, vv. 410-434 Cic. off. II, 94; Quinto Sulpicio Massimo, un ragazzo che aveva partecipato con successo al Certame Capitolino del 94 d.C. e i cui versi furono incisi sulla sua tomba (CIL VI, 33976), riporta i rimproveri di Giove ad Apollo, colpevole di aver lasciato condurre il carro del Sole al giovane e inesperto Fetonte. 57 Aristot. Meteor. IV, 345 a: attesta che secondo i Pitagorici la Via Lattea nacque dalla corsa di una stella mossa durante il viaggio di Fetonte. Secondo Diodoro l’incendio causato da Fetonte nel cielo creò la Via Lattea (Diod. V, 23, 25): A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 16-22. 58 Dal greco υ’ βρις significa letteralmente «tracotanza, eccesso, superbia, orgoglio». È una colpa dovuta a un’azione che vìola leggi divine immutabili, ed è la causa per cui, anche a distanza di molti anni, i personaggi o la loro discendenza sono portati a commettere crimini o subire azioni malvagie. Conseguenza di questo atteggiamento è la νε’μεσις (vendetta degli dei, ira, sdegno) riferito alla punizione giustamente inflitta dagli dei contro la tracotanza.

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dano» che con le sue acque ne deterse «il viso fumante». La madre Climene vagò a lungo prima di trovare il suo sepolcro e le Eliadi, sue sorelle, ne piansero la scomparsa notte e giorno fino alla metamorfosi (fig. 15). [...] e quelle, per rito ormai sancito dal tempo, / s’abbandonavano al pianto, quando fra loro Faetusa, / la sorella maggiore, volendo prostrarsi a terra, lamentò / che le si fossero irrigiditi i piedi; premurosa Lampezie / cercò di avvicinarla, ma

to in astro scompare dalla terra, si generò confusione sull’esistenza di un Eridano celeste e di uno terrestre, localizzato nella Venetia (il Po) e associato agli Inferi.65 Il mito di Fetonte entrò a far parte dell’iconografia fin dall’epoca ellenistica con schemi frequentemente ripresi in età romana.66 L’esemplare più antico è rappresentato da una gemma (IV-III secolo a.C.), conservata presso il Museo di Copenhagen, sulla quale è raffigurata la caduta di Fetonte.67 Incerta è, invece, l’identificazione della scena rap-

una radice imprevista la trattenne; / un’altra sul punto di strapparsi i capelli con le mani / divelse delle foglie. Questa si duole che un ceppo / le serri le gambe, quella che le braccia si protendano in rami. / E mentre allibiscono, una corteccia avvolge gli inguini / e a poco a poco fascia il ventre, il petto, le spalle e le mani: / solo la bocca che invoca la madre resta viva in loro. / E che può fare la madre, se non correre qua e là, / dove la trascina l’angoscia, a dispensare baci finché può? / Non basta: tenta di svellere dai tronchi quei corpi, / ma con le mani spezza i rami appena spuntati e da questi / stillano gocce di sangue, come da una ferita. / “Férmati, madre, ti prego,” gridano quelle per la sofferenza, / “férmati, ti prego! Nell’albero si strazia il nostro corpo. / Addio, è la fine…”, e la corteccia soffoca le ultime parole. / Ne colano lacrime, ambra che stilla dai nuovi rami / e che, rassodata al sole, dal fiume limpido è raccolta / per essere offerta come ornamento alle donne in fiore del Lazio. / [...] 59 (fig. 36)

Una sorte simile spettò anche a Cicno,60 parente e amico di Fetonte, che fu mutato in cigno (fig. 37) e successivamente trasformato in costellazione.61 Secondo un’antica tradizione connessa all’astrologia, anche l’Eridano subì il processo di catasterismo62 e, dopo aver accolto il corpo del giovane, trasferì i suoi meandri in cielo, divenendo la costellazione del Fiume collocata fra Orione e la Balena (fig. 19).63 Anche Fetonte e le sue sorelle vennero trasformati rispettivamente nella costellazione dell’Auriga e delle Iadi, posizionate sette stelle sopra il Toro.64 Dato che secondo gli antichi ciò che viene trasforma-

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59 A. MASTROCINQUE, Santuari e divinità dei paleoveneti, Padova, La Linea Editrice, 1987, p. 44; Ovid. met. II, 367-385; Apoll. Rhod, IV, 603-616: riporta una leggenda celtica secondo cui le lacrime d’ambra sarebbero state versate da Apollo quando raggiunse gli Iperborei per ordine del padre. 60 Assieme a loro anche il parente e amico Cicno, che assistette alla scena, fu mutato in cigno. Questo animale, memore del fulmine di Zeus, detesta il fuoco e cerca stagni e laghi aperti (Luciano, Circa l’ambra, ovvero i cigni). C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito. Il mito cit., pp. 27-28: il motivo decorativo del cigno è molto diffuso in area celtica. 61 Claud., Paneg. VI cons. Hon. Aug., vv. 146-177. 62 È il processo in base al quale nella mitologia greca un eroe viene trasformato in astro dal greco καταστερι’ζω; il catasterismo dell’Eridano fu reso celebre da Arato di Soli nei Phaenomena vv. 359-360; Eratostene di Cirene nei Catasterismi (καταστερισμο′ι = sulle costellazioni) ne criticò l’identificazione proposta da Arato. 63 Avien. (IV secolo d.C.) Phaenomena vv. 780-806; Serv. Ad Aen. VI, 659; Cic. Arat 33, 145-150: «scorgerai ancora l’Eridano situato in questa parte del cielo… serpeggiare sotto la pianta del piede sinistro di Orione»; Auson., De sign. caelest., 12; Claud., Paneg. VI cons. Hon. Aug., vv. 146-177. 64 Claud., Paneg. VI cons. Hon. Aug., vv. 146-177. A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit. 65 Serv. Ad Aen. VI, 659-660; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano, cit., p. 19. 66 FRANÇOIS BARATTE, Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae (LIMC), VII.1, Oidipous-Theseus et addenda Kassandra I, Kyknos I, Mousa, Musai, Musae, Nestor, Zürich und München, Artemis Verlag, 1994, pp. 350-355; BRIGITTE JACOBY, Studien zur Ikonographie des Phaetamythos, Bonn, s.n.t., 1971; TIMOTHY GANTZ, Early Greek myth: a guide to literary and artistic sources, Baltimore Maryland, London, Johns Hopkins Univ. Press, 1993; MARCELLA MARONGIU, Lo studio dei sarcofagi antichi, in Currus auriga paterni. Il mito di Fetonte nel Rinascimento, Lumières internationales, Lugano, Agorà Publishing, Milano, 2008, pp. 62-74. 67 PETER ZAZOFF, Etruskische Skarabäen, Mainz am Rhein, von Zaben, 1968, VII, p. 192, n. 1187, tav. 51, ill. 271; F. BARATTE, Lexicon Iconographicum (LIMC) cit., VII.1, p. 353, n. 21.


presentata sulla ciotola di produzione aretina (h. cm 8, diam. cm 9) firmata da M(arcus) Peren(ni)e Bargate(s) (fig. 2) e databile al I secolo a.C. Sul manufatto si nota un personaggio, probabilmente Fetonte che cade dal carro da cui si è staccata una ruota, affiancato da altre figure identificate con Helios, Artemide, Zeus (con il fulmine) (fig. 3) e le Eliadi in atto di trasformarsi in alberi (fig. 4).68 Scene diverse tratte dallo stesso mito si trovano sul rilievo fittile di Bolsena (I secolo a.C.) e sul rilievo in stucco che ornava il cubicolo E della villa di epoca romana (20 a.C.-fine I secolo a.C.) rinvenuta a Roma sotto la Villa della Farnesina (fig. 5).69 Helios è seduto in trono e accanto a lui due giovani donne (Orai o Eliadi) preparano il carro. Questo tema mitico ebbe grande diffusione soprattutto nella decorazione dei sarcofagi fra il II e il III secolo d.C. in due versioni: la fatale preghiera di Fetonte al padre (Verona, Museo Maffeiano; Nepi, cattedrale; Firenze, Museo del Duomo) e l’altra, più drammatica, incentrata sulla caduta del giovane dal carro del Sole (Firenze, Galleria degli Uffizi) (fig. 6).70 In alcuni casi (Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek) lo scenario si arricchisce di altri personaggi che sottolineano il carattere cosmico della tragedia (le Orai, dee delle Stagioni, il vecchio pedagogo Cicno, la Moira che legge su di una pergamena il destino che si svolge sotto i suoi occhi).71 Ad essi si aggiunge spesso la personificazione del dio fluviale Eridano rappresentato con un remo (fig. 6) o con un’ancora,72 soprattutto nei grandi sarcofagi di III-IV secolo d.C. Il fiume […] con le sue corna dorate e testa di toro73 […] sollevò il capo dai placidi ruscelli in alto e spargendo luce alle sponde brillarono le corna dorate sul volto rugiadoso. A lui non orna la capigliatura bagnata una volgare canna; il capo ombreggiano rami verdeggianti delle Eliadi e fluisce ambra da tutti i capelli […].74

scorre riparato all’ombra dei rami, simbolo della mutazione delle Eliadi, attribuiti dalle fonti a pioppi od ontani, piante

comunque diffuse nell’emisfero settentrionale che suggerivano la provenienza dell’ambra dalle regioni dell’estremo Nord.75 In realtà, nonostante le numerose teorie, a volte fantasiose, riportate dagli autori sulle sue origini,76 era già noto agli antichi che la resina, originariamente liquida, fosse il ‘succo’ (succinum) prodotto da un particolare tipo di pino, poiché, strofinandola o bruciandola, ne riproduceva l’odore caratteristico.77 Le prime analisi scientifiche condotte nell’Ottocento (Göppert, 1836) su alcuni campioni individuarono inizialmente come piante produttrici i Pinites succinifer, una tipologia di conifere ormai estinta.78 Negli ultimi anni è stato invece dimostrato che la specie moderna

68 HENRY GEORG KNAACK, Quaestiones Phaethonteae, Berlin, Weidmannsche Buchhandlung, 1886, pp. 71-77; HENRY BEAUCHAMP WALTERS, History of Ancient Pottery, greek, etruscan, and roman, based on the work of Samuel Birch, 2 voll., New York, Charles Scribner’s Sons, 1905, pp. 483-485; H. BEAUCHAMP WALTERS, The art of the Romans, London, Methuen, 1911, p. 147; GEORGE HENRY CHASE, Catalogue of Arretine pottery, Boston-New York, Houghton Mifflin Company, 1916, n. 66 pp. 72-73, plate XIV-XV p. 66; F. BARATTE, Lexicon Iconographicum (LIMC) cit., VII.1, p. 353, n. 2. 69 IRENE BRAGANTINI, MARIETTE DE VOS, Le decorazioni della villa romana della Farnesina, 2.1, Roma, De Luca, 1982; F. BARATTE, Lexicon Iconographicum (LIMC) cit., VII.1, p. 351, n. 4 e p. 353 n. 23; La Villa della Farnesina in Palazzo Massimo alle Terme, a cura di Maria Rita Sanzi Di Mino, Milano, Electa, 1998. 70 PAUL ZANKER, BJORN CHRISTIAN EWALD, Vivere con i miti. L’iconografia dei sarcofagi romani, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, pp. 18-19, ill. 14; F. BARATTE, Lexicon Iconographicum (LIMC) cit., VII.1, pp. 351-352. 71 F. BARATTE, Lexicon Iconographicum (LIMC) cit., VII.1, p. 353, n. 19. 72 P. ZANKER, B. CHRISTIAN EWALD, Vivere con i miti cit., pp. 18-19, ill. 14. 73 Verg. Georg. IV, vv. 371-374. 74 Claud., Paneg. VI cons. Hon. vv. 146-177. 75 Apoll. Rodh. IV, vv. 603-616; Hyg. 152; Verg. Aen. IX, vv. 189-193; Lucan. II, 403-415; Plin. nat. XXXVII, XI, 31-38 (pioppi); Verg. VI ecl. vv. 62-63 (ontani). 76 Plin. nat. XXXVII, XI, 35-36-37-38-40-41. 77 Plin. nat. XXXVII, XI, 43. 78 HEINRICH ROBERT GÖEPPERT, ANTON MENGE, Die Flora des Bernsteins, Danzig, Commissions Verlag von W. Engelmann in Leipzig, 1883-1886, pp. 52-54 in base all’analisi del legno ritrovato associato alla resina; BARBARA KOSMOWSKACERAMIVICZ, PIOTR MIERZEJEWSKI, L’ambiente naturale nel quale si formava l’ambra, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, p. 34.

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dello Pseudolarix (o falso larice della famiglia delle Pinacee), che oggi comprende solo la varietà Pseudolarix amabilis diffusa nella Cina orientale,79 era presente in Europa durante l’Eocene e produceva una grande quantità di resina contenente acido succinico in percentuale simile all’ambra baltica (3-8%). La formazione di resina di solito viene stimolata nella pianta sia spontaneamente che in seguito a particolari condizioni di stress vegetativo dovute a lesioni o all’attacco di agenti patogeni, con il compito di proteggerla da insetti, funghi o infezioni, e aumenta in presenza di climi caldo-umidi. Condizioni atmosferiche di questo tipo si ebbero durante l’Eocene, quando il rapido aumento della temperatura favorì la diffusione di foreste succinifere popolate da muffe, funghi, licheni, conifere (cipressi, tuie, sequoie, pini) e angiosperme (palme, magnolie).80 La resina liquida, prodotta in grande quantità, stillava «sui rami piangenti delle Eliadi» per la morte di Fetonte,81 e inglobava nelle sue «gocce» frammenti vegetali (foglie, fiori, semi, polline), animali interi (insetti, batteri, artropodi, rettili) o parti di essi (piume degli uccelli) oltre a polveri di minerali trasportati dal vento (quarzo e pirite).82 Posta a contatto con ambienti molto umidi e sottoposti alla pressione causata dalla copertura glaciale, subiva un lento processo di fossilizzazione (circa cinque milioni di anni) che consisteva nell’evaporazione dei componenti volatili, responsabili della sua fluidità.83 Dal punto di vista chimico, le molecole semplici della resina originaria si univano in una macromolecola detta polimero, favorendone l’indurimento (polimerizzazione), quindi la formazione dell’ambra.84 A questo punto i piccoli corpuscoli rimanevano imprigionati in essa, divenendo «reliquia assai pregiata».85 Le resine, infatti, possiedono la capacità di inibire la formazione di batteri decompositori, favorendo la perfetta conservazione dei corpi. Questa proprietà era ben nota agli antichi Egizi che utilizzavano resine ricavate da alcune piante nel processo di mummificazione. I giacimenti più estesi di ambra baltica si formarono durante l’Eocene antico, circa 40 milioni di anni fa, rac-

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colti dai fiumi in sedimenti detti ‘Terra Blu’ che, durante il Quaternario, in seguito allo scioglimento dei ghiacci, vennero trasportati verso sud. Dai giacimenti del Baltico e del Mare del Nord piccoli frammenti vengono spinti in superficie dall’erosione marina ed è facile pescarli con reti oppure raccoglierli sulle spiagge (fig. 23) dove vengono depositati dopo violente mareggiate.86 Un’antica leggenda lituana li considerava parti del palazzo d’ambra della dea Jurate, costruito in fondo al mare e distrutto dal fulmine scagliato da Perkunas, dio del tuono, per punirla del suo amore verso il pescatore Kastytis.87

79 KEN B. ANDERSON, BEN A. LEPAGE, Analysis of fossil resins from Axel Heiberg Island, Canadian Artic, in KEN B. ANDERSON, JOHN C. CRELLING, Amber, Resinite, and Fossil Resins, Washington, American Chemical Society publications, 1995 (Symposium Series, 617), pp. 170-192; JEAN H. LANGENHEIM, Plant Resins: Chemistry, Evolution, Ecology and Ethnobotany, Portland Cambridge, Timber Press, 2003, pp. 143-194; ENRICO TREVISANI, Distribuzione dell’ambra, in Ambra. Il fascino di una gemma tra mito, scienza e vanità, catalogo della mostra (Ferrara, 6 novembre 2004-30 gennaio 2005), a cura di Enrico Trevisani, Ferrara, Minerva Edizioni, 2007, pp. 17-18. 80 BARBARA KOSMOWSKA-CERAMIVICZ, PIOTR MIERZEJEWSKI, L’ambiente naturale nel quale si formava l’ambra cit., p. 34. 81 Mart. IV, 59. 82 Mart. IV, 22; VI, 15; Plin. nat. XXXVII, XII, 46; Tac. Germ. XLV. 83 Aristot. Meteor. IV, 388b; E. RAGAZZI, Origine e proprietà dell’ambra, in Ambra. Il fascino di una gemma tra mito, scienza e vanità, catalogo della mostra (Ferrara, 6 novembre 2004-30 gennaio 2005), a cura di Enrico Trevisani, Ferrara, Minerva Edizioni, 2007, p. 8; B. KOSMOWSKA-CERAMOVICZ, La genesi e la varietà di resine fossili, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, p. 15. 84 E. RAGAZZI, Origine e proprietà dell’ambra cit., p. 8. 85 Mart. VI, 15. 86 B. KOSMOWSKA-CERAMOVICZ, I giacimenti e i metodi di estrazione dell’ambra, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, p. 29; M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 21. La raccolta dei frammenti di ambre sulla spiaggia si trova rappresentata sul dipinto di Santi di Tito (VALENTINA CONTICELLI, “Guardaroba di cose rare et preziose”: lo studiolo di Francesco I° de’ Medici: arte, storia e significati, Lugano, Lumières Internationales, 2007); M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica cit., p. 19. 87 ALBINA VARNIEN , Ju¯rate˙ ir Kastytis, Vilnius, Alma littera, 2009.


La zona produttrice per eccellenza, nonché la più antica, è la zona del Mar Baltico lungo le coste della penisola di Samland, vicino Kaliningrad in Russia. Qui i giacimenti di ambra si trovano ancora oggi sotto il livello del mare o nell’immediato entroterra. Altri sono presenti in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia e nella Repubblica Domenicana.89 L’ambra italiana è la Simetite, così chiamata poiché si trovava lungo le coste del fiume Simeto.90 Raccolta sin dalla fine del IV millennio a.C. da un giacimento risalente a circa 20 milioni di anni fa, presenta tonalità che variano dal rosso-arancio al rosso-violaceo fino al rosso-bruno. Una varietà molto diffusa nella fabbricazione dei gioielli è denominata Copale, una resina semifossile, di colore molto chiaro e tenera al taglio.91 La sostanza completamente fossilizzata (ambra), al contrario, è priva di struttura cristallina e si scheggia al taglio senza sfaldarsi.92 Non è solubile in acqua, ma solo con solventi organici e il suo peso specifico medio oscilla fra 1,05 e 1,10 grammi per cm3, pertanto galleggia in una soluzione satura di acqua salata. Fonde a 350° e può essere modellata a caldo. La sua composizione chimica è costituita da carbonio (67-87%), idrogeno (8,5-11%), ossigeno (7-15%) e da una piccola percentuale di zolfo (0,5%).93 L’ambra baltica, in particolare, si distingue per il suo contenuto di acido succinico presente fra il 3-8% che le è valso il nome di succinite. Raramente trasparente, assume tonalità che vanno dal giallo all’arancio-bruno fino al rossobruno.94 In base al colore l’autore latino Plinio distingue diverse varietà di maggiore o minore pregio: la bianca (candida) ha l’odore migliore, ma assieme a quella color cera (cerinis) è di scarso pregio, la rossa (fulvis) è più pregiata se trasparente, ma la varietà maggiormente apprezzata (falernis) è di colore simile al vino Falerno o al miele cotto.95 L’opacità o la trasparenza sono determinate dalla quantità e dalle dimensioni delle bollicine gassose contenute al suo interno formatesi durante il processo di fossilizzazione. La qualità opaca può assumere diverse sfumature che vanno dal bianco al giallo, al rosso e raramente al blu, mentre quella tra88

sparente va dall’incolore al giallo chiaro fino al rosso.96 In epoca neroniana sembra che il color ambra costituisse una «terza» tonalità alla moda per i capelli delle signore romane da quando l’imperatore Nerone definì «ambrati» i capelli della moglie Poppea.97 Le prime ricerche, effettuate da Otto Helm, farmacista di Danzica, nella seconda metà dell’Ottocento, su campioni provenienti dalle tombe a pozzo di Micene (XIII secolo a.C.) scoperte da Heinrich Schliemann, ne confermarono la provenienza dall’area baltica grazie alla presenza di una notevole quantità di acido succinico (3-8%).98 Ai risultati di Helm si oppose il naturalista Strobel, favorevole piuttosto allo studio delle inclusioni animali e vegetali. Egli sosteneva che l’analisi

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Plin. nat. XXXVII, XI, 42; Plin. nat. XXXVII, XI, 35; XII, 46. E. TREVISANI, Distribuzione dell’ambra cit., pp. 11-23. 90 M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 21. 91 Deriva dall’azteco copalli (resina), diffusa in Africa e America del Sud, di valore inferiore all’ambra. LUCIANO COLOMBO, I colori degli antichi, Fiesole, Nardini, 1995, p. 180; E. RAGAZZI, Origine e proprietà dell’ambra cit., p. 8. 92 Ha una durezza pari a 2-3 sulla scala di Mohs. Si tratta di un criterio empirico per la valutazione della durezza dei materiali e prende il nome dal mineralogista austriaco Friedrich Mohs. Il riferimento è costituito dalla durezza di dieci minerali numerati progressivamente da 1 a 10 tali che ciascuno è in grado di scalfire quello che lo precede ed è scalfito da quello che lo segue. In particolare l’ambra si trova fra il Gesso (2, teneri, si scalfiscono con un unghia e 3-Calcite, Semi duri, si rigano con una punta di acciaio). 93 E. RAGAZZI, Origine e proprietà dell’ambra cit., p. 5. 94 E. TREVISANI, Distribuzione dell’ambra cit., p. 17. 95 Plin. nat. XXXVII, XII, 47. 96 B. KOSMOWSKA-CERAMOVICZ, La struttura dell’ambra. La ricchezza della varietà, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, pp. 44-47. 97 Plin. nat. XXXVII, XII, 50. 98 JERZY WIELOWIEJSKI, Il significato di «via dell’ambra», «Archaeologia Polona», XXIII, 1984, p. 109; Otto Helm in base all’alta acidità dell’ambra (6%) aveva accertato una conformità fra l’ambra micenea e quella baltica (3-8% di acidità); OTTO HELM, Mycenaean amber imported from the Baltic, in HEINRICH SCHLIEMANN, Tiryns: the prehistoric palace of the kings of Tiryns, New York, Scribner, 1885, pp. 368-372; KARL SCHUCHARDT, EUGÉNIE STRONG, Schliemann’s excavations; an archaeological and historical study, New York, London, Macmillan and co., 1891, p. 196. 89

Ambra: le origini, il mito e il commercio nell’antichità

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chimica non costituisse una valida metodologia per determinarne la provenienza, poiché il contenuto di acido succinico avrebbe potuto essere alterato dalle condizioni di giacitura dei reperti. Per distinguere in modo univoco l’ambra baltica da quelle meridionali, nel dopoguerra venne messo a punto il metodo più moderno della spettroscopia all’infrarosso in riflettanza diffusa99 che permetteva di utilizzare campioni di minima entità (solo un milligrammo), finalizzato a una definizione più puntuale delle varie tipologie di ambra.100 Un’analisi più recente è la gascromatografia che permette di identificare le sostanze volatili presenti nel campione. Ricerche sempre più approfondite condotte sulla statuina del re assiro Ashurnasirpal (Ashur-nasir-apli) rinvenuta nella città di Kalhu (fig. 1) ne rivelarono la provenienza baltica.101 La piccola scultura costituisce uno degli esempi più antichi di scultura in ambra databile all’Età del Ferro (883-859 a.C.) appartenente stilisticamente alla plastica assira del IX secolo a.C.102 L’ambra doveva essere molto diffusa in Oriente poiché le fonti testimoniano come in Siria fosse utilizzata dalle donne per realizzare oggetti appartenenti al mundus muliebris tipici delle attività di filatura e tessitura, come le fusaiole chiamate harpax perché attiravano foglie, paglia e frange dei vestiti.103 Ulteriori analisi effettuate sui materiali in ambra provenienti da Micene, Tyrins, Kakovatos e Pilo ne dimostrarono, con rare eccezioni, la provenienza baltica,104 confermando l’esistenza di vie commerciali sia fluviali che carovaniere attraverso le quali, già nel II millennio a.C., il prodotto grezzo proveniente dal Nord Europa arrivava in Grecia.105 Lo scenario mitologico dell’estremo Nord, zona di origine della resina fossile, viene evocato dal mito attraverso la mediazione greca.106 «In un’altra parte del mondo» scorreva un fiume chiamato Eridano,107 che

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JEAN H. LANGENHEIM, CURT W. BECK, Infrared spectra as a means of determining botanical sources of amber, «Science», 149, 3679, 1965, pp. 52-55; GIAMPIERO GUERRESCHI, Determinazione della provenienza dell’ambra, in Studi e

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ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, pp. 111-112: si tratta di un sistema messo a punto negli anni Sessanta del Novecento da Curt W. Beck e dai suoi collaboratori del Vassar College di New York. Consente di registrare al variare della lunghezza d’onda, gli assorbimenti causati dalla presenza di determinati raggruppamenti atomici nella molecola del campione. Mentre l’ambra baltica è caratterizzata da una spalla tra gli 8.0 e gli 8.5 micron, l’ambra siciliana, ad esempio, non presenta la spalla ma un primo picco a 8.05 micron, una flessione a 8.50 micron; CURT W. BECK, E. RAGAZZI, Origine e proprietà dell’ambra cit., p. 7, Spectroscopic Investigations of amber, «Applied spectroscopy reviews», 22, 1, 1986, pp. 57-110; ROSARIO NICOLETTI, Analisi per la determinazione della provenienza dell’ambra grezza, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, p. 81. 100 MASSIMO CULTRARO, L’ambra nel mondo mediterraneo: l’Egeo e le aree di contatto, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 48; R. NICOLETTI, Analisi per la determinazione cit., pp. 79-80. 101 CURT W. BECK, Analysis of an «Assyrian» amber statuette, in Unexcavated Objects and Ancient Near Eastern Art: Addenda, edited by Oscar White Muscarella, Malibu, Undena Publications, 1979 (Monographic Journals of the Near East, Occasional Papers 1/1), pp. 15-19; ALBERT TEN EYCK OLMSTEAD, «Bulletin of the Museum of Fine Arts», 78, 1938; BERNARD SAMUEL MYERS, SHIRLEY D. MYERS, McGraw-Hill dictionary of art, New York, McGraw-Hill, 1969, I, p. 183; OSCAR WHITE MUSCARELLA, The lie became great: the forgery of ancient Near Eastern cultures, Groningen, Styx, 2000, n. 13 pp. 177-178; C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito. Il mito cit., p. 29; A. MASTROCINQUE, Commercio e lavorazione dell’ambra nell’Italia antica, in Ambra il fascino di una gemma cit., p. 3. 102 JERZY KOLENDO, L’ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni centro europee, a cura di Guido Rosada, Padova, Università degli studi, Dipartimento di scienze dell’antichità, archeologia delle Venezie, topografia dell’Italia antica, 1993 (La Ricostruzione dell'ambiente antico. Archeologia strumenti. Testi 8), p. 22 e p. 32, secondo cui la statuina sarebbe stata realizzata con ambra del Libano. 103 Plin. nat. XXXVII, XI, 37. 104 J. WIELOWIEJSKI, Il significato di «via dell’ambra» cit., p. 110; CURT W. BECK, MIKULAS DUŠEK, Die Herkunft des Bernstein vom trakischen Gräberfeld von Chotin, «Slovenská Archeológia», 17, 1, 1969, p. 235. 105 J. KOLENDO, L’ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni centro europee cit., p. 30. 106 C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito. Il mito cit., p. 24. 107 Hesiod. Theog. vv. 337-345 «Teti a Oceano partorì i fiumi turbinosi: Nilo e Alfeo e Eridano dai gorghi profondi» ripreso da Verg. Georg. I, vv. 481-483; Verg. Georg. IV, vv. 368-372: «In vortici rabbiosi, travolgendo le selve, straripa Eridano il re dei fiumi e per tutti i campi trascina con le stalle gli animali», «… e l’Eridano, corna dorate e testa di toro, che più violento di ogni altro fiume corre lungo la fertile pianura sino al mare purpureo».


portava l’ambra sulle sponde di un’isola dell’Oceano settentrionale, indicata con vari nomi Glaesaria, Austeravia, Baltia, Basilia e Basileia.108 L’idronimo compare per la prima volta nella Teogonia di Esiodo (VIII secolo a.C.) con la connotazione βαθυδι’νης (dai profondi vortici),109 aggettivo presente anche in un’altra opera dello stesso autore, giunta frammentaria.110 La critica, per questo motivo, ha integrato la lacuna con il nome «Eridano», collegandolo così sia all’ambra che agli Iperborei «dai bei cavalli», popolazione dell’estremo Nord.111 Fu proprio la mancanza di coordinate geografiche precise che portò i primi storici e geografi a mettere in discussione la sua esistenza, considerandolo un’invenzione delle fonti.112 Lo storico Erodoto fu tra i primi a esprimere il suo scetticismo sia sull’esistenza degli Iperborei che su quella del fiume mitico.113 Secondo Eschilo scorreva in Iberia (Spagna) ed era chiamato Rodano, mentre Euripide e Apollonio Rodio facevano confluire il Rodano e l’Eridano/Po nell’Adriatico.114 Giasone e i suoi compagni, in fuga dalla Colchide con il vello d’oro, remarono fino alla «sacra isola Elettride di tutte la più settentrionale presso il fiume Eridano».115 Altri lo identificarono con il Reno o con il Po che costituivano, in ogni caso, importanti direttrici di traffico fluviale collegate al commercio dell’ambra.116 I rinvenimenti archeologici risalenti alla prima e media Età del Bronzo hanno dimostrato che i centri dai quali si irradiavano le principali vie commerciali erano localizzati nel cuore dell’Europa settentrionale, controllati in un primo tempo dalla cultura di Unetice sviluppatasi nella zona compresa fra i fiumi Elba, Moldava e Danubio.117 Da qui si raggiungevano i passi alpini del Brennero o del Resia, quindi il lago di Garda e, attraverso il Mincio, si arrivava al Po.118 In questo periodo l’Emilia era interessata dalla cultura terramaricola che ebbe parte attiva nel commercio dell’ambra, come testimoniano i numerosi ritrovamenti.119 Il manufatto più diffuso durante la fase media e recente dell’Età del Bronzo è il vago di collana di varie forme (sferoidale, discoidale,

cilindrica) e il bottone conico con perforazione a V, rari sono invece i pendagli.120 Alla fine dell’Età del Bronzo (XII-X secolo a.C.) l’asse commerciale sembra spostarsi verso la Mora-

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Plin. nat. XXXVII, XI, 36, 42 ; Diod. V, 23.1; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 27. 109 Catalogo delle Donne fr 150, 23-24 M-W, nel Catalogo delle donne, nella sezione nota come Γη˜ ς περι’ οδος, parzialmente leggibile nel secondo frammento del POxy XI 1358 (MARTIN LITCHFIELD WEST, Hesiod: Theogony, Oxford, Clarendon Press, 1966; MAURIZIO CIAPPI, La narrazione ovidiana del mito di Fetonte e le sue fonti: l’importanza della tradizione tragica, «Athenaeum», 88, 1, 2000, pp. 117-140 nel punto in cui i boreadi si gettano all’inseguimento delle Arpie che sorvolano le alte correnti (αι’ πα ` ρ‘ ε’ εθρα); ALBERTO GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi, «Padusa», IX, 1973, p. 133. 110 A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., p. 140: secondo alcuni il mito di Fetonte era presente in Esiodo come prova la fabula 154 di Igino intitolata Phaeton Hesiodi. 111 Eschilo, Eliadi, fr 107 M; A. MASTROCINQUE, Ercole “Iperboreo” in Etruria, in Ercole in Occidente, Atti del convegno (Trento 1990), a cura di A. Mastrocinque, Trento, Dipartimento di scienze filologiche e storiche, 1993, pp. 49-62; A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., pp. 138-139. 112 Plin. nat. XXXVII, XI, 32. 113 Eschilo, Eliadi fr 107; Herod. III, 115; IV, 32; A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., p. 133. 114 A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 23. 115 Apoll. Rhod., IV, vv. 504-506. 116 N. NEGRONI CATACCHIO, La problematica dell’ambra nella protostoria italiana: le ambre intagliate dell’ambiente di Fratta Polesine e le rotte mercantili dell’Alto Adriatico, «Padusa», VIII, 1-2, 1972, pp. 4-5; S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., pp. 104-108: sostiene che l’Eridano sia un luogo ideologico per designare una classe di fiumi associati con l’ambra, originatosi nel Tardo Miceneo dalla leggenda di Fetonte. 117 MARIJA GIMBUTAS, Bronze Age Cultures in Central and Eastern Europe, London-The Hague-Paris, Mouton, 1965, p. 48; ELISABETTA FRANCHI, Le lacrime delle Eliadi, «FMR», XXIV, 13, n.s., 2006, p. 94. 118 N. NEGRONI CATACCHIO, La problematica dell’ambra nella protostoria italiana cit., p. 8; M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica cit., pp. 19-20. 119 MONICA MIARI, L’ambra in area terramaricola, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72. M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica cit., p. 19. 120 GIOVANNA BERGONZI, L’ambra delle terramare nel contesto italiano e europeo, in Le terramare: la più antica civiltà padana, a cura di Maria Bernabò Brea, An-

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p Vie di diffusione dell’ambra.

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va e l’Oder, nell’area controllata dalla civiltà di Lusazia.121 Seguendo il corso dei fiumi il prodotto grezzo raggiungeva l’Adriatico attraverso l’Isonzo, identificato da alcuni studiosi con l’Eridano delle fonti,122 che anticamente sfociava non lontano dall’attuale Monfalcone e proseguiva verso l’Istria e il Golfo del Quarnaro. Importante durante il Bronzo finale fu il centro protovillanoviano di Frattesina di Fratta Polesine (Rovigo), sviluppatosi fra l’XI-X secolo a.C. su un ramo settentrionale del Po,123 con funzione di centro di smistamento dell’ambra grezza proveniente dalle regioni baltiche, dimostrata dal ritrovamento di un deposito contenente vaghi in ambra del «tipo Tirinto»,124 diffusi in molte altre località della nostra penisola (Emilia-Romagna, Etruria, nei dintorni di Roma, a Lipari, in Sardegna e in Dalmazia), oltreché in alcuni centri del mondo egeo-miceneo (Tisbe in Beozia, a Creta nella caverna santuario del Ditte, nella necropoli di Ialiso a Rodi, a Cefalonia e Salamina e Ugharit). Era recepita allo stato grezzo dai mercanti micenei provenienti dall’Egeo che giungevano a Frattesina seguendo la costa orientale e settentrionale dell’Adriatico con navigazione di cabotaggio.125 Portata in patria per la lavorazione, ritornava qui come prodotto finito.126 Il percorso ricalcava probabilmente quello seguito secondo la tradizione dai «doni degli Iperborei» che dall’Alto Adriatico giungevano, attraverso l’Illiria e l’Epiro, presso il tempio di Artemide a Delo.127 Nella successiva Età del Ferro si rileva un notevole incremento nei traffici commerciali, testimoniato dall’aumento di oggetti ornamentali presenti nei corredi, fra i quali fibule, utilizzate per fermare le vesti, bracciali, anelli, collane, orecchini, pendenti, pettorali e bottoni in ambra e osso.128 Nell’VIII secolo a.C. compaiono le prime ambre intagliate a figure umane o animali in area etrusco-laziale nell’ambito dell’arte orientalizzante. Grazie alla mediazione svolta dalle città dell’area padana con le culture europee, gli Etruschi ne diventano i principali importatori. Città come Veio e Vetulonia hanno restituito una notevole quantità di sculture e gioielli e soprattutto Verucchio, in area romagnola, che in base alla qualità e alla va-

rietà di rinvenimenti è probabilmente da considerare uno dei centri di produzione.129 È evidente come l’Alto Adriatico e il Po in particolare divennero, nell’immaginario greco di questo periodo, lo scenario della tragedia di Fetonte.130 Fra il VII

drea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997, pp. 602-610; N. NEGRONI CATACCHIO, I manufatti in ambra protostorici: appunti per una tipologia, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, p. 228. 121 N. NEGRONI CATACCHIO, La problematica dell’ambra nella protostoria italiana cit., p. 8. 122 M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 27; A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., p. 138; A. GRILLI, Eridano, Elettridi e via dell’ambra, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, pp. 279-291; A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., p. 155; N. NEGRONI CATACCHIO, Le vie dell’ambra. I passi alpini orientali e l’Alto Adriatico, «Antichità Alto Adriatiche», 9, 1976, pp. 21-57; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 40. 123 F. RITTATORE VONWILLER, L’ambra e le vie commerciali protostoriche cit., p. 102; M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica cit., p. 20; 124 N. NEGRONI CATACCHIO, Indagine sulla diffusione dei manufatti, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, I, Atti della Cooperazione Interdisciplinare Italo-Polacca (Roma 1972), Roma, CNR, 1975, p. 101. 125 N. NEGRONI CATACCHIO, La problematica dell’ambra nella protostoria italiana cit., p. 9; S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., p. 102. 126 F. RITTATORE VONWILLER, L’ambra e le vie commerciali protostoriche cit., pp. 98, 217-219. 127 Herod.: «L’iperborea si trovava presso le sorgenti dell’Istro confuse con quelle dell’Eridano»; Dion. Per. 288-289; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 49; A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., p. 155. 128 Note sulla tecnologia dei metalli, in Il dono delle Eliadi. Ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio15 ottobre 1994) a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994, pp. 55-61; M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 27. 129 M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 27; M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito, La documentazione archeologica cit., p. 21; BEATRICE ORSINI, Le vie dell’ambra, il caso di Verucchio, in Italia antiqua. La formazione della città in Etruria, Atti del 1° Corso di perfezionamento (2002-2003), Roma, Quasar, 2004, pp. 249-266. 130 A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 62; L. BRACCESI, Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in occidente, II ed. riveduta e ampliata, Bologna, Patron, 1977, pp. 37-55; S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., pp. 100-113; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 250.

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e il VI secolo a.C. si raggiunsero livelli molto elevati nella produzione di ambra, grazie all’attività di artigiani greci di formazione orientalizzante che lavoravano l’avorio. Gli scrittori greci del V secolo a.C. infatti, ricordandone il mito, lo associarono al Grande Fiume, identificazione erroneamente attribuita a Ferecide,131 logografo e mitografo ateniese contemporaneo di Eschilo, il quale, a sua volta, in un frammento della tragedia Eliadi ambientava proprio ad Adria il lutto per la morte di Fetonte,132 affermando che gli abitanti portavano ancora abiti neri. Anche Euripide (fine V secolo a.C.),133 suo contemporaneo, sembra accettare questa versione: [...] librami sull’onda che fluttua lungo la costa Adriatico, sopra il Po. Entro lividi gorghi, là stillano raggi di lacrime chiari d’ambra, le Elìadi, per la pietà di Fetonte si struggono […].

Il territorio di Adria, divenuto ormai per i Greci luogo di produzione dell’ambra, fu centro attivo nel secondo quarto del VI secolo a.C., sostituito poi da Spina (V-IV secolo a.C.). Fondate entrambe dal mitico Diomede su antichi rami del Po,135 divennero centri propulsori del commercio dell’ambra. In questo periodo si diffusero vere e proprie sculture che rappresentano piccoli animali, scarabei, scimmie e figure umane, come testimoniano gli oggetti configurati a protome femminile, animale e vegetale rinvenuti nelle necropoli spineti di Valle Trebba e Valle Pega.136 La conformazione dell’Alto Adriatico fatta di lagune, cordoni e paludi che permetteva una navigazione riparata anche nelle stagioni meno favorevoli, contribuì probabilmente all’inserimento delle isole Elettridi nella geografia del luogo in cui cadde Fetonte.137 Secondo alcuni si trattava di un’unica isola,138 secondo altri erano due originate dall’accumulo dei detriti alluvionali dell’Eridano139 e ospitavano due statue arcaiche realizzate da Dedalo prima di fuggire di fronte all’invasione dei Pelasgi.140 Le isole dell’ambra furono variamente localizzate dalla critica moder-

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131 Hyg. fab. 152, 154; WOLFGANG HELBIG, Osservazioni sopra il commercio dell’ambra, Roma, Tipi del Salviucci, 1877, p. 7; A. GRILLI, Eridano, Elettridi e via dell’ambra cit., p. 283. L’identificazione Eridano-Po da parte di Ferecide ci è stata tramandata dagli Scholii Strozziani agli Aratea di Germanico (p. 174, 45 Br) «Da Arato a Ferecide si pensa che il fiume [la costellazione posta sotto al Cetus che anche noi chiamiamo Eridano] sia l’Eridano che è poi il Po» («ab Arato vel Pherecyde Eridanus, qui est Padus, esse putatur»); A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., p. 154; N. NEGRONI CATACCHIO, La problematica dell’ambra nella protostoria italiana cit., p. 3. 132 Eschilo, nella tragedia intitolata Eliadi traspone il lutto delle Eliadi in quello delle donne di Adria; Plin. nat. XXXVII, XI, 32; Diod. V, 23, 2-5; Polib. II, 16 «le donne di Adria avranno costume di lamenti»; Polibio II, 16, 13-14: «Il resto invece, ciò che su questo fiume si racconta tra gli Elleni, intendo cioè quel che riguarda Fetonte e la sua caduta, e, ancora, le lacrime dei pioppi e gli indigeni vestiti di nero, che si dice indossino ancora ora tali abiti in conseguenza del lutto per Fetonte, e, insomma, tutta questa materia tragica, o simile, per il momento invero lo tralascerò»; LAURA BURELLI BERGESE, I tragici greci e l’Occidente, Bologna, Patron, 1979; A. GRILLI, Eridano, Elettridi e via dell’ambra cit., p. 282. 133 Eur. Hipp. 736-737; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 22. 134 Plin. nat. XXXVII, XI, 40: racconta Ecateo di Mileto (storico e geografo del V secolo a.C.) che le sorelle di Meleagro, trasformate in uccelli, piangevano lacrime d’ambra nella lontana India; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 30-32. 135 ALESSANDRA COPPOLA, Adria e la tradizione siracusana, «Padusa», XXVI-XXVII, 1990-91, pp. 287-289; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 252; vi sono due versioni sul racconto dei Pelasgi: quella di Ellanico (Hella. Ap. Dion. Hal. I, 28, 3-4), secondo cui sarebbero stati gli Etruschi cioè i Pelasgi a fondare Spina e quella di Dionigi di Alicarnasso (Dion. Hal. I. 18.48) che lega Spina solo ai Pelasgi senza menzionare gli Etruschi. Spina e il delta padano: riflessioni sul catalogo e sulla mostra ferrarese, Atti del convegno internazionale di studi ‘Spina: due civiltà a confronto’ (Ferrara, Aula Magna dell’Università, 21 gennaio 1994), a cura di Fernando Rebecchi, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1998. 136 SALVATORE AURIGEMMA, NEREO ALFIERI, Il Museo nazionale archeologico di Spina in Ferrara, 2. ed. accresciuta, Roma, Istituto poligrafico dello Stato, Libreria dello Stato, 1961; FEDE BERTI, La tomba 740 di Valle Pega (Spina), in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 132; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 88-94. 137 Strab. V, 1, 9; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 251. 138 Aristot. De Mirabilibus Auscultationibus, 81, 836a; Plin. nat. XXXVII, XI, 32; A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., p. 136. 139 A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 36-41; Spina e il delta padano cit.; A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., pp. 136-137. 140 A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 30-34; AURELIO PERETTI, Teopompo e Pseudo Scilace, «Studi Classici e Orientali», XII, 1963, p. 65: secondo alcuni questa seconda interpretazione è dovuta all’interramento delle isole presso il Po. B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 249.


na presso la foce del Po, in Istria, nel Golfo del Quarnaro o ancora presso il Timavo.141 Accanto a queste le fonti ricordano la presenza di un lago dall’acqua calda maleodorante, circondato da pioppi che stillano ambra, da identificare secondo alcuni con una sorgente di acqua termale «ante ostia Timavi, […] iuxta Histrorum agrum» che si trova tuttora sull’isoletta di Sant’Antonio;142 secondo altri con Abano (fons Aponi), zona ricca di sorgenti sulfuree legate a culti di origine greca.143 Tra la fine del IV e il I secolo a.C. il commercio di ambra nell’area padana sembra diminuire a causa dell’invasione dei Galli. Questa situazione si riflette nei testi delle fonti classiche coeve che recuperano l’antica tradizione favorevole alla provenienza dell’ambra non più dall’Eridano-Po, ma da un’isola del Mare del Nord.144 Stando alle fonti sembra che la ricchezza dei giacimenti presenti in quelle regioni e il valore del materiale che se ne ricavava non fossero compresi dalle popolazioni locali. Pitea scoprì, secondo quanto riporta Plinio, che questa resina, raccolta da una tribù di Germani durante la primavera, fosse utilizzata come combustibile.145 Tacito fa menzione degli Aestii, una tribù germanica che, seppur unica fra le popolazioni del Baltico a raccogliere l’ambra allo stato grezzo tra le onde del mare o sulle spiagge, non era a conoscenza di metodi per utilizzarla e la vendeva, meravigliandosi del compenso che ne ricavava.146 A partire dal I secolo a.C. si riaprono le vie commerciali verso il Nord grazie allo sviluppo del centro di Aquileia, ma soprattutto durante tutta l’epoca imperiale i Romani fecero largo uso di ambra. Accanto a monili, come anelli con figurine a rilievo e ritratti di personaggi, venivano prodotte diverse tipologie di oggetti come cofanetti, scatole e, tra le suppellettili, statuette e bibelot che riproducevano pampini, frutta o figurine antropomorfe con i quali si adornavano le mense.147 L’aumento della richiesta di ambra durante l’età imperiale è testimoniata dalla spedizione compiuta sulle coste della Germania da un cavaliere romano proveniente dal centro di Carnu-

tum,148 attuale Bratislava, in occasione dei ludi gladiatori offerti dall’imperatore Nerone.149 Egli percorse circa 600 miglia (800 km) e tornò con una grande quantità di resina fra cui un pezzo di 13 libbre (5,9 Kg), tanto che le reti protettive delle fiere e l’allestimento di ciascun giorno erano ornati con questo materiale. Carnutum si trovava nella provincia romana della Pannonia superior, dove passava l’importantissima via fluviale del Danubio che univa l’Europa occidentale con l’Oriente. In età romana, materiali come pellami, animali e soprattutto la preziosa ambra del Baltico seguivano un percorso che, attraverso le valli della Vistola, dell’Oder e più a sud della Morava, arrivava a Carnutum e da qui, attraverso gli antichi centri Scarbantia (Sopron), Savaria (Szombathely), Poetovio (Ptuj), Celeia (Celje), Emona (Ljubliana) raggiungeva l’Alto Adriatico presso Aquileia dove tali materiali erano scambiati

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Ps. Scylax e 21; Ps. Scymmus 369-74; Plin. nat. III, XXVI, 152; A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., pp. 136-139; S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., p. 101. 142 Plin. nat. II, CVI, 229; Cassiodoro var. XII, 22: in una sua lettera che parla di Avernus, sulfureo perché per gli antichi l’odore di zolfo era quello che accompagnava il fulmine, quello che aveva colpito Fetonte; Claudiano carm. Min. 26,28; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 40; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 251. 143 L. BRACCESI, Grecità adriatica cit., pp. 8 ss; GERMANA SCUCCIMARRA, Adriatico dei Greci, in Storia di Ravenna: dalle origini all’anno Mille, Ravenna, Longo, 1990, pp. 79-102. 144 B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco: culti e miti minori cit., p. 264. La propaganda siracusana recupera la tradizione di Apollo tra i Celti identificando i veneti che si trovano alla foce del Po con i Celti abitanti di una celtica-iperborea, zona compresa fra il nord e le sponde dell’alto Adriatico; GIOVANNI BECATTI, Kosmos studi sul mondo classico, L’Erma di Bretschneider, 1987, p. 205; Diodoro V, 23, 2-5; Plin. nat. XXXVII, XI, 31-32; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 51; J. KOLENDO, L’ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni cit. 145 Plin. nat. XXXVII, XI, 35-36. 146 Tac. Germ. XLV. 147 M. PASQUINUCCI, Le ambre romane di età imperiale cit., p. 265; M.L. NAVA, Ambre. Trasparenze dall’antico cit., p. 261. 148 M. PASQUINUCCI, Le ambre romane di età imperiale cit., pp. 268-269; 149 Plin. Nat. XXXVII, XI, 45.

Ambra: le origini, il mito e il commercio nell’antichità

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con olio, vino e merci preziose.150 La città veneta, porto molto attivo e nodo stradale di primaria importanza, ha restituito un grande numero di oggetti in ambra (circa 700 pezzi) databili tra la fine del I secolo d.C. e la fine del II-III secolo d.C.,151 oltre a materiale semilavorato probabilmente appartenente a laboratori di produzione. Dopo il principato di Adriano (II secolo d.C.) si ebbe un calo nelle esportazioni dal Nord dovuto alla crisi interna dell’Impero che durò per tutto il III secolo d.C. come sembra dimostrare un passo relativo alla biografia dell’imperatore Eliogabalo,152 il quale, avendo fatto distribuire polvere d’oro e d’argento sotto il portico della sua residenza, si rammaricava di non aver potuto fare lo stesso con l’ambra. Nel periodo tetrarchico la resina compare di nuovo fra gli oggetti di scambio come testimonia l’editto sui prezzi massimi emesso dall’imperatore Diocleziano (301 d.C. – Edictum De Pretiis Rerum Venalium capitolo De radiis textoribus – Sulle spole delle tessere –) in cui è riportato uno spillone d’ambra di cui però non si è conservato il prezzo.153 Questa preziosa resina è stata utilizzata nel corso dei secoli fino a oggi sia nella farmacologia che nell’arte. Nel Cinquecento gli artigiani si dilettarono nell’inserimento di false inclusioni al suo interno per renderla più pregiata. Una delle realizzazioni più incantevoli, opera di artigiani danesi (1709), è la sala d’ambra di 52 m2 rivestita interamente con pannelli in ambra, donata da Federico Guglielmo I, re di Prussia, allo zar Pietro il Grande a Zarskoje Selo (villaggio

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degli zar), nel palazzo della zarina Caterina nei dintorni di San Pietroburgo.154 Negli ultimi decenni l’interesse per l’ambra è aumentato notevolmente soprattutto per lo studio delle sue inclusioni che permettono di individuare specie animali e vegetali ormai estinte. Questo aspetto seppe scatenare la fantasia dello scrittore americano Michael Crichton che, nel suo libro intitolato Jurassic Park, riproposto sullo schermo dall’omonimo film del regista Steven Spielberg, avanzò la possibilità di recuperare il DNA dei dinosauri dal sangue delle zanzare in essa imprigionate, combinandolo con quello di una varietà di rane. Ancora oggi l’ambra, proveniente per la maggior parte dalle regioni del Nord, viene utilizzata per le sue capacità terapeutiche, ma soprattutto per la realizzazione di splendidi gioielli.

150 J. KOLENDO, A la recherche de l’ambre baltique, l’expédition d’un chevalier romain sous Néron, Warszawa, Uniwersytetu Warszawskiego, 1981; J. KOLENDO, L’ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni cit., pp. 44-48. 151 ANNALISA GIOVANNINI, Le ambre di Aquilea: connotazioni generali e correlazioni cultuali, in Roma sul Danubio: da Aquileia a Carnuntum lungo la via dell’ambra, a cura di Maurizio Buora, Werner Jobst, Roma, L’Erma di Bretschneider, 2002, pp. 159-164; M. PASQUINUCCI, Le ambre romane di età imperiale cit., p. 268; GIOVANNI BRUSIN, Il R. Museo Archeologico di Aquileia, Roma, La Libreria dello Stato, 1936. 152 Scriptores Historiae Augustae (SHA, Ant. Heliog., 31, 8) «Faceva cospargere il portico di polvere d’oro e d’argento, rammaricandosi di non poter fare altrettanto con l’ambra». 153 J. KOLENDO, L’ambra e i rapporti tra Cisalpina e regioni cit., pp. 64-65. 154 M.L. NAVA, Ambre testimonianze dall’antico cit., p. 25.


Le Eliadi dal mito all’iconografia Elisabetta Landi

Febe, Lampezia, Merope, Elie; Egle, Eteria, Diosippe: sette sorelle, nelle Fabulae di Igino;1 cinque, nelle Metamorfosi di Ovidio,2 e tra queste Fetusa e Lampezia, le «ninfe dai riccioli belli»3 intravviste dagli Argonauti sulle coste assolate della Sicilia, alla guida delle bianche mandrie del Sole4. Sono le Eliadi, sorelle di Fetonte, figlie di Apollo e della dea Climene.5 Per la morte tragica del fratello piansero e vennero trasformate in pioppi, dando origine all’ambra:6 alberi funerari nella mitologia antica,7 ma simboli di resurrezione come pure gli ontani, sostituiti nelle Eclogae di Virgilio alla versione tradizionale della leggenda.8 Una mutazione sofferta in segno di lutto, nella versione concorde delle fonti, una punizione per avere aggiogato il carro per l’audace corsa del fratello, invece, secondo l’interpretazione di Igino.9 «Le lacrime delle Eliadi correvano sopra le acque, come fossero gocce di olio. Di là entrarono nel profondo corso del Rodano, che si getta nell’Eridano». Così Apollonio Rodio10 descriveva la geografia del mito che già Eschilo, prima di lui, situò in «Hiberia»11: qui, presso «le dimore dei Celti»

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Hyg. fab. 152 A, 154 “Phaeton Hesiodi”; GIULIO GUIDORIZZI, Miti, Milano, Adelphi, 2000, pp. 104-105; ESIODO, Opere, ed. a cura di Aristide Colonna, Torino, Utet, 1977. Cfr. inoltre ANDREA DEBIASI, Esiodo e l’Occidente, in LORENZO BRACCESI, FLAVIO RAVIOLA, GIUSEPPE SASSATELLI, Hesperìa, 24 Studi sulla grecità d’Occidente, Roma, “L’Erma” di Bretschneider, 2008, pp. 139 ss. 2 Cfr. Beatrice Orsini in questo stesso volume. 3 Hom. Od. 12, 132. 4 Apoll. Rhod., Argonautiche, ed. a cura di Guido Paduano, Milano, Rizzoli, 1986, IV, 596-629. 5 Climene, figlia di Oceano e Teti, appartiene alla prima generazione degli dei, quella dei Titani. Per Omero, invece, madre delle Eliadi è Neera: Hom. Od. 12, 133.

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Cfr. B. Orsini; WILHELM HEINRICH ROSCHER, Ausfürliches Lexicon der Griechischen und Römischen Mythologie, 10 voll., Leipzig, 1884-1937, II, 1982-1984; OVIDIO, Le Metamorfosi illustrate dalla pittura barocca, trad. di Giovanna Faranda Villa, con saggi di Carlo Falciani, Roberto Mussapi, Pierre Rosenberg, Firenze, Casa Editrice Le Lettere, 2003, I, pp. 93 ss. 7 ROBERT GRAVES, I miti greci, Milano, Longanesi, ed. 1983, pp. 140, n. 2, 475476; IDEM, La Dea Bianca, Milano, Adelphi, 1992, p. 196; ALFREDO CATTABIANI, Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1996, pp. 188, 194; LUCIA IMPELLUSO, La natura e i suoi simboli. Piante, fiori e animali, Milano, Electa, 2003 (I dizionari dell’arte), p. 59. 8 Verg. ecl. 6, 62-63; ATTILIO MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano, Libreria Editrice Zielo, Este, 1991, p. 22. 9 Hyg. fab. 154. Dell’autore romano, vissuto nel I secolo, si ricorda inoltre: GIOACHINO CHIARINI, GIULIO GUIDORIZZI, Igino. Mitologia astrale, Milano, Adelphi, 2009. Per una rassegna completa sul mito di Fetonte cfr. MARCELLA MARONGIU, Currus auriga paterni. Il mito di Fetonte nel Rinascimento, Lumières internationales, Lugano, Agorà Publishing, Milano, 2008, p. 8, n. 42. Una variante al mito di Fetonte e al ruolo delle Eliadi è offerta da Euripide nella tragedia Fetonte, ed. a cura di Christopher Collard, Warminster, Aris & Phillips, 1995, I, pp. 195 ss. M. MARONGIU, ivi, pp. 7-8, n. 39. 10 Apoll. Rhod., Argonautiche, ed. a cura di G. Paduano cit., IV, 593-605: «[…] Intorno le giovani Eliadi, infelici, mutate negli alti pioppi, effondono tristi lamenti, e dai loro occhi versano al suolo le gocce d’ambra splendente»; STEFANIA FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi, l’Eridano e la nuova stazione preistorica di Frattesina Polesine, «Quaderni urbinati di cultura classica», n.s., 12, 1982, pp. 101-113; A. DEBIASI, Esiodo e l’Occidente cit., pp. 137-139. 11 Aischyl., Le Eliadi, frg. 104 M; Plin., nat., 37, 31-32; LORENZO BRACCESI, Grecità adriatica: un capitolo della colonizzazione greca in occidente, II ed. riveduta e ampliata, Bologna, Patron, 1977, p. 47; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 23-25; ALBERTO GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi, «Padusa», IX, 1973, p. 138; IDEM, Elettridi e via dell’ambra, in Studi e ricerche sulla problematica dell’ambra, Roma, CNR, 1975; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 36-41; MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, CARLA CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, in La via dell’ambra: dal Baltico all’Alma Mater, Atti del convegno italo-baltico (Bologna, 18-20 settembre 1991), a cura di Riccardo Casimiro Lewanski, Moncalieri, Centro Universitario di Ricerche sul viaggio in Italia, ‘Dimensions du Voyage’, 1994, p. 32, n. 38.

Le Eliadi dal mito all’iconografia

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– localizzazione vaga ma riferibile all’area deltizia –12 il pianto delle ninfe scaturito dalla corteccia si rapprese e diventò ambra, «ornamento alle matrone latine».13 Il luogo della fabula era immaginario, e per questo fu contestato da Plinio, che indicò i margini del comprensorio lagunare, ora il Po, ora il Timavo con l’alto Adriatico.14 Del resto, Elettridi, da elektron, la «sostanza del sole», si denominavano, secondo una toponomastica matriarcale, le isole alla foce del fiume citate in un papiro di Esiodo,15 un sito di pura fantasia associato al mito delle Eliadi. «Totem vegetali»16 e divinità iperboree, le Climenidi intrecciarono la propria vicenda alla storia dell’Eridano, l’ultimo tratto della via dell’ambra,17 condizionando la mitologia padana onorata dall’iconografia per tramite letterario attraverso la mediazione greca. Fu l’interpretazione ellenistica a tramandare l’immagine antica di queste deità, testimoniata nell’iconografia ancora prima di Ovidio: nella suppellettile, con la terracotta di «Marcus Perennius Bargathes» del I secolo a.C. (fig. 4), tra le prime testimonianze figurative note dove le Eliadi, in forma di divinità vegetali, si allineano in sequenza a timidi alberelli; nella decorazione, come Horai nel cubicolo E della Villa della Farnesina, ispirato a temi apollinei e in particolare al mito di Fetonte (fig. 5),18 e nella scultura funeraria romana. Dal bassorilievo di Bolsena (I° secolo a.C.) ai sarcofagi di Firenze (160 d.C. ca.) (fig. 6), di Verona, Nepi, Copenaghen, Parigi, San Pietroburgo (III secolo d.C.) fino agli esemplari tardi di Roma e Benevento (IV secolo d.C.),19 per citare alcuni esempi, nei marmi sepolcrali le figlie del Sole, interpreti del lamento funebre, mediarono il collegamento con il sacro – quando il rito tributava l’ambra alla memoria dei giovani eroi – alludendo al tema escatologico dell’immortalità. Nonostante la dipendenza dalla tradizione mediterranea, sull’‘immagine’ delle Eliadi come simboli di luce sopravviveva tuttavia una provenienza archetipica dall’estremo Nord, complice l’inevitabile sincretismo tra le culture e

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prima ancora il commercio del sucinum allo stato greggio. Nei processi di compenetrazione e assimilazione di patrimoni diversi, infatti, dai primordi queste resine svolsero un ruolo significativo nell’unire tra di loro civiltà distanti, in particolare la nascente cultura centro-europea e l’area mi-

12 Cfr. B. Orsini. L. BRACCESI, Grecità adriatica cit., p. 178; Dion. Per., Orbis descriptio, ed. a cura di Eugenio Amato, Descrizione della terra abitata, Milano, Bompiani, 2005, vv. 603-616. 13 Ovid. met. II, 366. 14 B. Orsini. Plin. nat., III, 151-152; IDEM, V, Mineralogia e Storia dell’Arte, Libri 33-37, trad. e note di Antonio Corso, Rossana Mugellesi, Gianpiero Rosati, Torino, Einaudi, 1988, XXXVII, 31-33; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 37; C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito, in La via dell’ambra cit., pp. 25, 32, n. 39; BENEDETTA ROSSIGNOLI, Fetonte (Isole Elettridi), in EADEM, L’Adriatico greco culti e miti minori, Roma, “L’Erma” di Bretschneider, 2004, pp. 249-250. Per la tradizione cultuale del Timavo, cfr. A. MASTROCINQUE, I Greci e le foci del Timavo, in IDEM, Santuari e divinità dei paleoveneti, Padova, La Linea Editrice, 1987, pp. 84-87. 15 A. GRILLI, L’Eridano e le isole Elettridi cit., p. 133 cita il «fr. 150 M.-W.». Cfr. Esiodo, Catalogo delle donne, P.Oxy 1358, frg. 150, vv. 23-24; L. BRACCESI, Grecità adriatica cit., pp. 30-55; REINHOLD MERKELBACH, MARTIN LITCHFIELD WEST, Fragmenta Hesiodea, Oxford, Clarendon Press, 1967, pp. 73-75, trad. it. Aristide Colonna, in Classici Greci, Torino, UTET, 1977; Plin. nat. XXXVII, 33; A. MASTROCINQUE, Le isole elettridi, in L’ambra e l’Eridano cit., pp. 36-41; C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito cit., p. 24. 16 C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito cit., p. 25. 17 R. GRAVES, I miti greci, cit. 18 Perennius Bargathes, La caduta di Fetonte e le metamorfosi delle Eliadi, Boston, Museum of Fine Arts, inv. 98.828, fine I sec. a.C. GEORGE H. CHASE, Catalogue of Museum of Fine Arts, Boston and New York, Houghton Mifflin Company, 1916, p. 73; FRANÇOIS BARATTE, Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae (LIMC), Oidipous-Theseus…, Zürich und München, Artemis Verlag, 1994, VII.1, p. 351, n. 4; p. 353, n. 24; VII.2, p. 313; La Villa della Farnesina in Palazzo Massimo alle Terme, a cura di Maria Rita Sanzi Di Mino, Milano, Electa, 1998, p. 95. Per lo stucco della Farnesina cfr. inoltre F. BARATTE, ivi, VII.1, p. 353, n. 23. 19 F. BARATTE, ivi, VII.1, pp. 351-352, nn. 4, 9, 12, 13-17, 19; ivi, VII.2, p. 311, figg. 4-6, p. 312, fig. 11, 16-17, p. 313, fig. 18; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., pp. 13-14, figg. 1-4. Cfr. inoltre PAUL ZANKER, BJORN CHRISTIAN EWALD, Vivere con i miti. L’iconografia dei sarcofagi romani, Torino, Bollati Boringhieri, 2008, pp. 18-19, fig. 14, p. 26, fig. 18, pp. 86-89, figg. 69-70, 8689, fig. 70, pp. 331-332.


cenea.20 Dall’area baltica all’Italia continentale e fino alla Grecia, lungo le direttrici dei traffici di scambio, nei racconti diffusi dai mercanti viaggiarono ideologie e concezioni religiose e fu grazie all’ambra se civiltà lontane influenzarono il Mediterraneo, transitando lungo l’area padana e il basso mantovano. Questa sostanza magica, cui l’uomo del Paleolitico attribuiva origini divine, catturava la luce e la incorporava, racchiudendo al suo interno un piccolo sole, un frammento di elektron21 dal potere di guarigione che, compenetrato agli esseri viventi, li sottraeva alla decomposizione, assicurandone l’eternità: le figlie del Sole, ‘madri’ dell’ambra divenute immortali, furono così le depositarie del principio vitale di origine solare che scorreva nelle lacrime indurite e attraverso il pianto si rinnovarono, rappresentando il processo di rigenerazione riconosciuto al mondo vegetale dai culti agrari, quando si attribuiva alle piante l’origine della vita celebrata in riti periodici di passaggio. E un transito, una metamorfosi da uno stato inferiore a uno superiore era il ciclo di quell’essenza mitica che diventava amuleto, carico di valenze apotropaiche venerate in maniera speciale presso le popolazioni baltiche. Se, come è stato sottolineato altrove, Fetonte, «uomo somigliante agli dei» (Igino) ma interprete di trasgressione rievoca il Mediterraneo patriarcale e in particolare il patrimonio leggendario euboico stratificato su tradizioni più antiche, sono le sue sorelle le depositarie della cultura indoeuropea delle origini assorbita dalla spiritualità padana, un patrimonio sul quale insistono tradizioni arcaiche.22 Dietro la figura radiosa delle Eliadi, infatti, immagine delle figlie di Elios che in Parmenide conducono alla Sapienza, si può scorgere in filigrana l’archetipo dell’euroasiatica «Donna Sole», sposa del dio vogulo Mir-Susne-Hum che nella ritualità sciamanica dell’area baltica guida le anime dei defunti in forma di cigno, animale ‘totemico’ aggiogato al carro di Apollo nell’area iperborea.23 Un mito nordico, dunque, ma filtrato attraverso la mediazione ellenica e adombrato sia nel racconto che nell’iconografia dall’associazione delle Eliadi, divinità

solari, a Cicno, l’‘uomo cigno’, re dei liguri e amico di Fetonte, accomunato alle ninfe da un destino di ‘metamorfosi’. La leggenda di questo personaggio24 attraversò trasversalmente aree culturali distanti: attestata a un orizzonte troiano, fu esportata a livelli cronologici alti (IX secolo a.C.) forse attraverso la veicolazione euboica, e arrivò agli empori del delta dove, tramite etnie greche, si era radicato il culto panellenico di Apollo: «le donne di Adria […] avranno costume di lamenti».25 Certo, fornisce spunti di riflessione il collegamento tra ambiti geografici remoti, ma culturalmente interattivi, alluso da Luciano di Samosata nel poema Sull’ambra e il cigno, rievocazione, non a caso, di una navigazione sul Po.26 L’ambra, i pioppi, il fiume, l’umidità, il calore: di questi elementi le Eliadi furono l’espressione e rappresentarono la potenza propiziatoria che dagli inizi del Bronzo medio si riconosceva a questa resina – collocata per molti aspetti tra il mondo animato e quello inanimato, tra il regno della natura e quello della magia –27 assumendo così, come s’è visto, un valore simbolico. Nella cultura greca, infatti, la vicenda si collegò alla cultualità solare28 e, nella prospettiva

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MARIJA GIMBUTAS, I Baltici, Milano, Il Saggiatore, 1967, p. 51; C. CORRADI MULa via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito cit., pp. 24-27; S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., p. 110. 21 M. CATARSI DALL’AGLIO, La via dell’ambra tra realtà e mito. La documentazione archeologica, in La via dell’ambra cit., pp. 18-22. 22 Per la formazione del mito delle Eliadi propone una datazione a partire dall’XI secolo S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., p. 112, n. 37. 23 C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito cit., p. 27; EADEM, Lo sciamanesimo ugrofinnico e la tradizione celtica, «Studi Celtici», III, 2004, pp. 15-16. 24 Sull’evoluzione della figura mitologica di Cicno, si rinvia a B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco culti e miti minori cit., pp. 145-168. 25 Tragedie e frammenti di Eschilo, a cura di Giulia e Moreno Morani, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1987, p. 649, n. 50. 26 C. CORRADI MUSI, La via dell’ambra tra realtà e mito, Il mito cit., p. 27. 27 GIORGIO TABARRONI, L’ambra dalla magia alla scienza, in La via dell’ambra: dal Baltico all’Alma Mater cit., p. 38. 28 S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., pp. 111-112. Cfr. inoltre KÁROLY KERÉNYI, Figlie del Sole, Torino, Bollati Boringhieri, 1991. SI,

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stoica, alla fine di una manifestazione cosmica adombrata dalla fabula. Alle teogonie antiche si associava l’interpretazione fisica del mito, che velava una spiegazione fenomenica della natura: agli albori del mondo e all’inizio di tutte le cose le forme dell’esistenza si presentavano «avvolte nell’atmosfera del pensiero mitico»29 e l’arkè agli esordi della filosofia riproduceva una realtà che si poteva descrivere scientificamente. Nel Timeo di Platone30 l’eroe tramandò il ricordo delle origini e delle distruzioni operate dal fuoco, sconvolgimenti ciclici in un mondo in continua trasformazione, conteso tra le forze opposte e interattive del fuoco e dell’acqua, nel caso specifico quella dell’Eridano.31 Per questo nel mondo classico al mito di Fetonte, metafora di devastazione e di rinascita, parteciparono simbologie che personificarono il rinnovamento dell’impulso vitale e la nascita di nuove specie: per il regno ‘minerale’ – anche se impropriamente – e vegetale, ambra e pioppi, rappresentati dalle Eliadi; per quello animale, Cicno, trasformato prima in cigno e poi in astro e proiettato nella via Lattea, in un universo in evoluzione, nella bianca costellazione «infra Hyades».32 Tramite letterario per l’iconografia di queste deità furono, com’è noto, i referenti arcaici, Omero, Esiodo e il mythos di Fetonte stabilito dalla tragedia greca e tramandato dalle Metamorfosi: L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi. O dei […] seguite con favore la mia impresa e fate che il mio canto si snodi ininterrotto dalla prima origine del mondo fino ai tempi nuovi.

Così esordiva Ovidio nell’incipit del suo poema, introducendo cornici narrative destinate a descrivere per via metaforica il passaggio dal Caos a un universo organizzato.33 Nel componimento epico le nozze della ninfa Climene e del dio del Sole rappresentavano l’unione dell’acqua e del calore, principi opposti alla base della vita sottintesi anche nel mito di Deucalione e Pirra. La storia di Fetonte e quella del-

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le sue sorelle diventò un simbolo del divenire: «panta rei», tutto scorre nel cosmo soggetto a mutazioni. Si intuisce, per questa via, quanto questi significati arcani insistessero a livello immaginativo nella rappresentazione letteraria e figurativa delle ninfe dell’Eridano, invocate come deità della fabula ma utilizzate sovente come allusioni al ciclo dell’ambra, sostanza dell’eternità. Prima e dopo Ovidio, infatti, l’episodio di Fetonte come spiegazione delle origini di questa resina, composto umido essiccato dal sole, godette di una grande fortuna, mentre per la sua valenza di simbolo di morte e rigenerazione, estesa al pensiero filosofico, alluse presso la romanità al motivo escatologico della morte e in qualche modo a quello resurrezionale comparendo, come s’è detto, nell’iconografia dei sarcofagi intonata al tema del compianto sull’eroe. Nella tarda romanità l’elektron sacro ad Apollo continuò a essere un talismano dalle virtù taumaturgiche e la sua leggenda accompagnò l’interpretazione scientifica del mito. Fino al Medioevo, quando, sulla base di Nonno e di Fulgenzio (V secolo d.C.), il Terzo Mitografo Vaticano (IX-X se-

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JEAN SEZNEC, La sopravvivenza degli antichi dei. Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell’arte rinascimentali, Torino, Bollati Boringhieri, 1981, p. 4; ERNST CASSIRER, La Filosofia delle forme simboliche (1923), Firenze, La Nuova Italia, 1964, p. 3; CARLO GINZBURG, Mito, in Noi e i Greci. Storia Cultura Arte Società, a cura di Salvatore Settis, Torino, Einaudi, 1996, I, pp. 197 ss.; CLAUDIA CIERI VIA, I tempi del mito, in EADEM, L’arte delle metamorfosi. Decorazioni mitologiche nel Cinquecento, Roma, Lithos, 2003, pp. 3 ss. 30 Plat. Tim. 22, C3-D7, ed. a cura di Robert Gregg Bury, Cambridge, (Mass.)/London, 1975. M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 10, n. 51. BRIGITTE JACOBY, Die physikalischen Interpretationen, in EADEM, Studien zur ikonographie des Phaeton mythos, Ph.D., Bonn, 1971, p. 43. 31 Aristot. Sul cosmo, 6, 400°, 30 cfr. M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 10, n. 52. 32 M. MASTROCINQUE, L’Eridano e gli astri, in L’ambra e l’Eridano cit., p. 18. 33 Ovid. met. I, 1-4. Sulla tecnica della mise en abyme, il racconto a cornice, cfr. GIANPIERO ROSATI, Il racconto dentro il racconto. Funzioni metanarrative nelle “Metamorfosi” di Ovidio, in Letterature classiche e narratologia, Atti del Convegno Internazionale (Selva di Fasano, 6-8 ottobre 1980), Perugia, Istituto di Filologia Latina dell’Università di Perugia, 1981, pp. 297-309.


colo d.C.) affidò alle Eliadi, per via metaforica, il principio fisico dell’azione opposta e combinata di acqua e calore, necessaria alle piante come pure al ciclo dell’ambra. L’osservazione scientifica del mythos, ma trasfigurata in termini di poesia, sopravvisse tra il XII e il XIII secolo, quando si registra una rinascita ovidiana: nelle Allegoriae di Arnolfo d’Orléans, che associò le ninfe al mondo vegetale e l’Eridano alla funzione ‘alchemica’ di elemento ‘freddo’, indispensabile al consolidamento della resina, e nei distici di Giovanni di Garlandia, dove le figlie di Febo vennero paragonate ai fiori illuminati da Fetonte-Sole, garanzia di vita e al tempo stesso luce della sapienza.34 Ma nell’età di mezzo gli olimpi classici avevano trovato altri tramiti di sopravvivenza: gli dei pagani furono integrati nella tradizione astrologica che li associò a costellazioni e pianeti, complici i Catasterismi di Eratostene, mentre un approccio parenetico alla letteratura antica, mediato dal cristianesimo, prevalse sull’interesse fisico per la mitologia, profondamente allegorizzata. L’armonia del cosmo si trasferì allora sul piano teologico e morale e la magnanimitas di Fetonte, il coraggio dell’eroe celebrato nei sarcofagi antichi diventò ybris, sfida al potere nell’Ovide moralizé, scritto tra il secondo e il terzo decennio del XIV secolo e ripreso dall’umanista francese Pierre Bersuire, un’interpretazione etica assunta in seguito dalla letteratura emblematica come simbolo di audacia.35 Anche le metamorfosi, viste al negativo, furono un adeguamento alla trasformazione morale, invisibile ma condizionante, con la conseguenza della punizione che nella selva dei suicidi, nel tredicesimo canto della prima cantica della Commedia, riecheggia il grido delle Eliadi, straziate involontariamente nel poema ovidiano dalla madre Climene.36 Alla riappropriazione etica del mondo classico e della cosmologia, reinterpretata in termini di fede, la cultura cristiana integrò un accostamento storico alle favole antiche e nell’Ovide il mito diventò la descrizione più o meno deformata di fatti che si ritenevano accaduti e i cui eroi erano stati in seguito divinizzati. L’evemerismo si inserì nella concezione di

un Dio unico all’origine della composizione del cosmo, e l’umanità degli dei e il radicamento nella realtà fenomenica furono alla base delle Genealogie Deorum gentilum di Giovanni Boccaccio.37 Opera capitale, i tredici libri del poema umanistico, dati alle stampe nel 1472, filtrarono la mitologia: la figura di Fetonte adombrò l’immagine di una stagione torrida e le Eliadi persero la natura umana tramandata dal mito per trasformarsi in specie arboree della pianura padana: in greco «sono nominate Phaetuose cioe natura de piante» e «lampete suona […] alimento»: così figurarono nel volgarizzamento ovidiano di Niccolò degli Agostini.38

34 Nonn. Dion. 38, 108-35; Mythographus III , 8, 14, ed. a cura di Georg H. Bode, Hildesheim, G. Olms, 1968; ARNOLFO D’ORLÉANS, Allegoriae super Ovidii Metamorphosin 2, 1-4, in FAUSTO GHISALBERTI, Arnolfo d’Orléans. Un cultore di Ovidio nel secolo XII, «Memorie del Regio Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», 24, (s. 3, 15), 1932, p. 178; GIOVANNI DI GARLANDIA, Integumenta super Ovidium Metamorphoseos, 111-8, cfr. ed. F. GHISALBERTI, Giovanni del Virgilio espositore delle “Metamorfosi”, «Il giornale dantesco», 34, 1933, pp. 1-27. Per queste voci si rinvia a C. CIERI VIA, Il mito nella tradizione testuale e figurativa, in L’arte delle metamorfosi cit., p. 12 e M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 19-20, nn. 129-133, p. 22, nn. 153-154. 35 ANONIMO, Ovide Moralisé, 1, 4163-300; 2, 1-1364, ed. a cura di Charles De Boer, Amsterdam, Muller, 1915; PIERRE BERSUIRE, Reductorium morale, 15, Ovidius Moralizatus, 2, 1-9, in THOMAS WALLEY, Metamorphosis ovidiana moraliter a magistro Thoma Walleys Angelico…, Paris, in Aedibus Ascensianis, 1509; ANDREA ALCIATI, Emblematum Liber, Venezia, 1531, p. 65. C. CIERI VIA, Il mito nella tradizione testuale e figurativa, in L’arte delle metamorfosi cit., p. 12; M. MARONGIU, L’interpretazione morale, in EADEM, Currus auriga paterni cit., pp. 26 ss. 36 «Fermati e risparmiaci, madre, ti preghiamo! È il nostro corpo che strazi […]», OVID. met. 2, 361-362. «Perché mi schiante?», DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, I, L’Inferno, ed. a cura di Natalino Sapegno, Firenze, La Nuova Italia, XIII, 33. M. MARONGIU, L’interpretazione morale, cit. 37 GIOVANNI BOCCACCIO, Genealogie Deorum gentilium, ed. a cura di Vincenzo Romano, Bari, Laterza, 1951, 7, 41; HENRY DAVID JOCELYN, The sources of Boccaccio’s Genealogiae Deorum Gentilium Libri and the Myths about Early Italy, in Il mito nel Rinascimento, Atti del convegno, a cura di Luisa Secchi Tarugi Rotondi, Milano, Nuovi Orizzonti, 1993, pp. 7-26; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., p. 18; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 25. 38 NICCOLÓ DEGLI AGOSTINI, Tutti gli libri de Ovidio Metamorphoseos tradutti dal litteral in uerso uulgar con le sue Allegorie in prosa, Venezia, 1522, 1, c. 16; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 31-32, nn. 219-221.

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L’interesse umanistico per la cultura classica, anticipato dalle ‘rinascenze’ tardo medioevali,39 rilanciò le Metamorfosi, bibbia dei pittori, e dal XV secolo la fabula di Fetonte, introdotta nel secondo libro del poema dalla descrizione della Casa del Sole, conobbe una straordinaria fortuna.40 Già nelle edizioni tarde dell’Ovide moralizé,41 infatti, l’eroe figurava in collegamento alla reggia paterna, ispirata alla Domus Aurea, centro del cosmo: un luogo riconducibile a una simbologia solare cui si ispirò, nella trattatistica, il palazzo italiano del rinascimento.42 «Alle volte di sopra voglio che sia come Fetonte mena i cavalli del Sole […]».43 Così, nel Trattato di architettura (14611464), Antonio Averlino detto il Filarete decretò la fortuna di questo mito, soprattutto in rapporto all’episodio della caduta, affrescato nelle decorazioni dei soffitti degli edifici signorili. Fu nelle arti figurative del XV e del XVI secolo che la storia ovidiana conobbe, dopo il periodo classico, la sua più ampia diffusione, inserendosi nel recupero filologico di modelli letterari e iconografici rivolti all’antico. In una dimensione edenica di evasione e insieme di riflessione filosofica, quando le immagini diventarono sussidi sensibili alla storia del pensiero, Fetonte fu un esempio di audacia – interpretazione, questa, accreditata dalla moderna critica e in particolare da Panofsky – e un simbolo astrale in connessione al sistema solare a partire dai Tarocchi del Mantegna, dove un artista dell’Italia settentrionale ne introdusse l’immagine per rappresentare il corso del Sole (fig. 7);44 ma, soprattutto, l’eroe fu la metafora di una figuratività ‘solare’ di remote origini continentali: un aspetto importante, che proponeva il collegamento tra le terre italiche, specialmente la padania evocata dal mito delle Eliadi, e la cultura greca.45 In conseguenza del successo della leggenda, anche l’iconografia delle sue sorelle venne ripensata, ed ecco che, gradualmente, nelle prime stampe ovidiane la connotazione vegetale di queste ninfe, già pioppi timidi nei codici di Rouen e di Gotha e in un codice padovano dal Bersuire (secoli XIVXV), tra le prime, sommarie immagini delle figlie di Apollo,46

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39 ERWIN PANOFSKY, Rinascimento e rinascenze nell’arte occidentale, Milano, Feltrinelli, 1971; C. CIERI VIA, Le favole antiche fra cultura cortese e umanistica, in L’arte delle metamorfosi cit., p. 17. 40 B. JACOBY, Studien zur ikonographie cit.; C. CIERI VIA, Il mito di Fetonte, in Le favole antiche: produzione e committenza a Roma nel Cinquecento, Roma, Bagatto libri, 1996, pp. 54-56; EADEM, L’arte delle metamorfosi cit.; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit. 41 Si allude qui a COLARD MANSION, Métamorphose Moralisée, Le palais du Soleil et la chute de Phaëton, Bruges, 1484, fol. 70 r.; ANTOINE VÉRARD, La Bible des Poëtes, Les Images des dieux: Apollon, n. 559, Paris, 1493 cit. in PIERRE MARÉCHAUX, Les métamorphoses de Phaëton: étude sur les illustrations d’un mythe à travers les editions des Métamorphoses d’Ovide de 1484 à 1552, «Revue de l’Art», 90, 1990, pp. 89-91. Cfr. C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., p. 50; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 60. 42 C. CIERI VIA, I luoghi del mito fra decorazione e collezionismo, in Immagini degli dei. Mitologia e collezionismo tra ’500 e ’600, a cura di C. Cieri Via, Milano, Leonardo Arte, 1996, pp. 33-35; EADEM, La Casa del Sole: fonti e modelli per un’iconografia mitologica, in Le due Rome del Quattrocento, Atti del convegno, Roma, Lithos Editrice, 1997, pp. 245 ss.; EADEM, Il Palazzo del Sole: un modello ovidiano, in L’arte delle metamorfosi cit., pp. 32-52. 43 ANTONIO AVERLINO DETTO IL FILARETE, Trattato di architettura, a cura di Anna Maria Finoli, Liliana Grassi, Milano, Il Polifilo, 1972, pp. 259-260; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 53-54. 44 B. JACOBY, Studien zur ikonographie cit., pp. 106 ss.; BODO GÜTHMULLER, Le Metamorfosi di Ovidio in forma di romanzo, in Mito, poesia, arte. Saggi sulla tradizione ovidiana nel Rinascimento, Roma, Bulzoni, 1997, pp. 97-123. Artista dell’Italia settentrionale, La caduta di Fetonte, 1465 ca., xilografia, dai Tarocchi del Mantegna, A.XXXXIIII in M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 57, 162, fig. 10, tav. VI. Cfr. C. CIERI VIA, Tarocchi cosiddetti del “Mantegna”: Origine, significato e fortuna di un ciclo di immagini, in GIORDANO BERTI, ANDREA VITALI, Le carte di corte. I tarocchi gioco e magia alla corte degli Estensi, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1987, pp. 70-71, Cat. II; FRIEDRICH W.H. HOLLSTEIN, German Engravings, Etching and Woodcuts, Amsterdam, 1954, I, p. 48, B. 74. 45 S. FUSCAGNI, Il pianto ambrato delle Eliadi cit., p. 112; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 166-168. 46 Miniatore padovano XIV-XV secolo, Atlante e la metamorfosi delle Eliadi, Climene e le Eliadi, L’Eridano con Cicno e le Eliadi, in PIERRE BERSUIRE, Ovidius moralizatus, Bergamo, Biblioteca Civica Angelo Mai, inv. Cassaf. N.3.4, cc. 20v-21v. M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 52-53, nota n. 26, figg. 5-7, tavv. III-IV. Per l’Ovide moralisé di Rouen, Bibliothèque Municipale, ms. 04 (1044) (artista francese del primo quarto del sec. XIV), il più antico ciclo dedicato a Fetonte, e l’Ovidius moralizatus di Gotha, Landesbibliothek, ms. I, 98 (artista italiano della fine del sec. XIV), cfr. B. JACOBY, Studien zur ikonographie cit., pp. 106, 115-117.


lasciò il posto a raffigurazioni più innovative, non esenti da influenze classiche. È il caso della xilografia del Rosso Vercellese per l’Ovidio Metamorphoseos vulgare di Giovanni Bonsignori, edito a Venezia nel 1497, un contributo a stampa fondamentale per la costituzione dell’iconografia mitologica e uno strumento destinato a una larga diffusione (fig. 8).47 Qui compare una delle prime rappresentazioni rinascimentali delle Eliadi che in corsa, le braccia levate verso il cielo, manifestano il proprio dolore con un gesto drammatico, incalzato dalla sincronicità del racconto contenuto in tutti i suoi momenti in un solo riquadro. Uno scarto, da un punto di vista strutturale, rispetto alla scansione in sequenze derivata dalla miniatura, e un esempio per le edizioni successive: quella commentata da Raffaele Regio, pubblicata a Venezia nel 1517, e le stampe lionesi di Davost (1510) e Huguetan (1518).48 Ma, soprattutto, pur nella semplificazione formale estrema, si trattò di un richiamo carico di futuro a un modello classico che diventò normativo, da quel momento, nella rappresentazione del mito; si allude, qui, al bassorilievo del sarcofago già presso Santa Maria Aracoeli a Roma e oggi conservato agli Uffizi (II secolo d.C.) (fig. 6) dove figura Fetonte riverso a capofitto e con il corpo inarcato nella scena della caduta.49 Il modello iconografico del gruppo ‘precipite’ aveva radici remote e proveniva da un prototipo più antico testimoniato da una gemma del IV-III secolo a.C., conservata a Copenaghen;50 si trattò di un esempio di straordinaria importanza, perché attraverso la scultura questo archetipo figurativo venne copiato e ricopiato da numerosi artisti, dalla metà del Quattrocento e fino al secolo successivo. Studi recenti51 hanno sottolineato l’incidenza della ripetizione grafica per la fortuna di questa iconografia, completata sui sarcofagi dalla presenza, accanto all’eroe, degli elementi vegetali, ancorché sommari, che variamente evocano o caratterizzano le sorelle. Immagini femminili affiancate e per così dire sovrapposte ad alberelli, secondo la consuetudine romana, si leggono infatti in un foglio nel Taccuino dell’Ambrosiana e nel disegno con riflessioni sull’antico

di Amico Aspertini,52 in quello attribuito alla bottega di Girolamo da Carpi53 e nelle copie grafiche del Codex Escurialensis54 e del Codex Coburgensis estesa, quest’ultima, al sar-

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PUBLIUS OVIDIUS NASO, Metamorphoseos vulgare, Venezia, Giovanni Bonsignore, 1497, c. XI; P. MARÉCHAUX, Les métamorphoses de Phaëton cit., pp. 9495; C. CIERI VIA, I tempi del mito, Il mito nella tradizione testuale e figurativa, in L’arte delle metamorfosi cit., pp. 8 ss.; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 31, 60, fig. 15, tav. VIII. 48 P. MARÉCHAUX, ivi, pp. 94-96; M. MARONGIU, ivi, p. 61, fig. 24, tav. XIV. 49 GUIDO ACHILLE MANSUELLI, La Galleria degli Uffizi. Le sculture, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1958-1961, I, pp. 232-233, n. 251; GIOVANNI AGOSTI, DANIELA GALLO, GIOVANNA TEDESCHI GRISANTI, Visibilità e reimpiego: “A Roma anche i morti e le loro urne camminano”, in Colloquio sul reimpiego dei sarcofagi romani nel Medioevo, a cura di Bernard Andreae, Salvatore Settis, Marburg-Lahn, Verlag des Kunstgeschichtlichen Seminars, 1984, pp. 150-170; PHYLLIS P. BOBER, RUTH RUBINSTEIN, Renaissance Artists and Antique Sculpture. A Handbook of Sources, London, Harvey Miller Publishers-Oxford University Press, 1986, p. 27; PAOLA MARESCA, I miti di Meleagro, Fetonte ed Ercole in tre sarcofaghi, in Il concerto di statue, a cura di Alessandro Vezzosi, Firenze, Alinea editrice, 1986, p. 83, tav. XXXVII; M. MARONGIU, Lo studio dei sarcofagi antichi, in Currus auriga paterni cit., pp. 62 ss.; P. ZANKER, B. CHRISTIAN EWALD, Vivere con i miti cit., pp. 18-19. 50 PETER ZAZOFF, Etruskische Skarabäen, Mainz am Rhein, von Zaben, 1968, VII, p. 192, n. 1187, tav. 51, fig. 271; F. BARATTE, Oidipous-Theseus cit., VII.1, p. 353, n. 21. 51 M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 62 ss. 52 Artista lombardo della metà del sec. XV detto ‘Anonimo dell’Ambrosiana’, Marco Aurelio e la caduta di Fetonte (dal sarcofago degli Uffizi), (1460-1470), Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 265 inf. 92v, in M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 63, 219, n. 4; Amico Aspertini, Caduta di Fetonte, cavalli dal rilievo trionfale dell’arco di Tito, orgia bacchica (recto), New York, The Metropolitan Museum of Art, inv. 19.151.6, in MARZIA FAIETTI, DANIELA SCAGLIETTI KELESCIAN, Amico Aspertini, Modena, Artioli Editore, 1995, pp. 232-233, n. 17; CHIARA ALBONICO, Caduta di Fetonte, in ANDREA EMILIANI, DANIELA SCAGLIETTI KELESCIAN, Amico Aspertini 1474-1552 artista bizzarro nell’età di Dürer e Raffaello, Milano, Silvana Editoriale, 2008, p. 294, n. 99; M. MARONGIU, ivi, pp. 6364, n. 71, fig. 16, tav. IX. 53 Artista della cerchia di Girolamo da Carpi, La caduta di Fetonte, Londra, British Museum, Department of Prints and Drawings, inv. 1950-8-16-13v. Cfr. M. MARONGIU, ivi, p. 66, fig. 65, tav. XLII. 54 Artista fiorentino degli inizi del XVI secolo, La caduta di Fetonte (dal sarcofago degli Uffizi), (1506-1508), El Escorial, Biblioteca del Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional, inv. 28-II-12, Codex Escurialensis, c. 40r. Per la bibliografia si rinvia a M. MARONGIU, ivi, pp. 64-65, n. 73, fig. 18, tav. X.

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cofago conservato al Louvre, dove è già avvenuta la metamorfosi delle Eliadi:55 sono riproduzioni fedeli, ma dettate da un interesse antiquario che nulla aggiunge al modello tramandato dalla romanità. Il debito iconografico nei confronti di quanto proposto dalla scultura si riflesse nella produzione figurativa del Cinquecento, quando il mito di Fetonte conobbe la sua maggiore diffusione e in più occasioni venne riprodotto il tema della caduta proposto dal sarcofago degli Uffizi, dall’incisione all’affresco: a Firenze in un cammeo degli inizi del XVI secolo conservato nel Museo degli Argenti (fig. 9),56 modello possibile per Michelangelo, e nella placchetta del Museo del Bargello incisa dal Moderno (1510)57 (fig. 10); a Roma nella lunetta affrescata da Sebastiano del Piombo alla Farnesina (1511) e in molti altri esemplari58 dove si ripete la torsione inarcata inconfondibile dell’eroe, proposta nel bassorilievo e citata qualche anno avanti a Siena da Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma in una tela, ora a Worcester, per la decorazione di un soffitto in Palazzo Chigi (1505-1507).59 L’opera raccontava il mito in un’unica scena, come nella concezione sincronica delle xilografie del Vercellese, e dava un volto alle Eliadi, già in atto di trasformarsi in pioppi e atteggiate a un dolore composto, ma si trattò di una fisionomia che non aggiungeva nulla, in termini emozionali, all’iconografia delle figlie di Apollo, che vi figuravano secondo i canoni di una bellezza ‘antica’. E tuttavia, di lì a poco, la modalità classica di rappresentazione venne sostituita da un’assimilazione sempre più spiccata delle deità muliebri all’immagine tipologica dell’amadriade. Complice la mediazione di una natura mitologica e allegorizzata che era compito degli artisti ricreare, compiacendo l’intellettualità di corte sul ritorno possibile dell’età dell’oro, ninfe dalle braccia frondose, poco più che erme vegetali saldamente radicate a terra, caratterizzarono l’iconografia delle sorelle di Fetonte, specialmente nell’affresco e nella tessitura. Femmine lussureggianti sorsero allora da tronchi d’albero e intrec-

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ciarono in alto i propri rami nel continuum agreste della sala delle Cariatidi, o delle Eliadi,60 decorata nel 1530 da Dosso e Battista Dossi nella Villa Imperiale di Pesaro, su commissione di Francesco Maria della Rovere.61 L’opera, riflessione umanistica sulla natura, era la prima stanza a figurazione unitaria della pittura italiana; ispirata ai graticci del Correggio e del Parmigianino, a Parma e a Fontanellato (1523-1524), alludeva all’antico con libera immaginazione e soddisfaceva alle aspettative della commit-

55 Artista del XVI secolo, La caduta di Fetonte, (dal sarcofago degli Uffizi) (1550-1554), Coburgo, Kunstsammlungen der Veste Coburg, inv. Hz 2, Codex Coburgensis, c. 33. M. MARONGIU, ivi, p. 67, fig. 72, tav. XLVIII; Artista del XVI secolo, La caduta di Fetonte, (1550-1554), Coburgo, Kunstsammlungen der Veste Coburg, inv. Hz 2, Codex Coburgensis, c. 209; M. MARONGIU, ivi, p. 69, n. 86, fig. 73, tav. XLVIII. 56 M. MARONGIU, ivi, pp. 65-66, fig. 19, tav. XI. 57 Galeazzo Mondella detto il Moderno, La caduta di Fetonte (1500-1510), Firenze, Museo Nazionale del Bargello, inv. 244 B; M. MARONGIU, ivi, p. 70, n. 94, p. 72, fig. 17, tav. X. 58 Sebastiano Luciani detto Sebastiano del Piombo, La caduta di Fetonte (1511 ca.), Roma, Villa Farnesina, sala di Galatea; M. MARONGIU, ivi, pp. 70, 73, n. 107, fig. 23, tav. XIII. Cfr. inoltre C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit. e LUCIO SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese (e non soltanto), in Secondo catalogo della Raccolta d’arte del Centro Civico di Pontelagoscuro, a cura di L. Scardino, Ferrara, Liberty house, 2004, s.p. 59 Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, La caduta di Fetonte (1505-1507), Worcester, Worcester Art Museum, Mass., inv. 1925.121; PATRIZIA ZAMBRANO, A new scene by Sodoma from the ceiling of Palazzo Chigi at Casato di Sotto, Siena, « The Burlington Magazine», 136, 1994, pp. 609-612; C. CIERI VIA, ivi, p. 50; M. MARONGIU, ivi, pp. 70-71, fig. 20, tav. XI. 60 AMALIA MEZZETTI, Il Dosso e Battista ferraresi, Ferrara, Cassa di Risparmio di Ferrara, 1965, nn. 40-41 (come sala delle Ninfe); EUGENIO BATTISTI, Cicli pittorici storie profane, Milano, Touring Club Italiano, 1981, p. 120 e NELLO FORTI GRAZZINI, Arazzi a Ferrara, Milano, Electa, 1982, pp. 66-67, fig. 19 (come sala delle Eliadi). 61 ANDREA BAYER, Il pubblico di Dosso: la corte estense a Ferrara, in PETER HUMFREY, MAURO LUCCO, Dosso Dossi Pittore di corte a Ferrara nel Rinascimento, catalogo della mostra, a cura di Andrea Bayer, Ferrara, SATE, 1998, pp. 46-51; C. CIERI VIA, Pesaro-Villa Imperiale, in L’arte delle metamorfosi cit., pp. 255258. Favorevole a un’attribuzione della sala delle Cariatidi a Dosso Dossi è PAOLO DAL POGGETTO, Le ampie vedute del duca. Villa Imperiale di Pesaro, «FMR», 162, febbraio 2004, pp. 17-48.


tenza, echeggiando Ovidio e l’Ariosto, e celebrando la pace ritrovata in quei territori dopo il ritorno del Duca d’Urbino. Nel ciclo pittorico giocò un ruolo di sicuro effetto il tema della metamorfosi arborea, allusa, sulle pareti, dalla successione delle divinità boschive tra le quali è lecito avanzare, per almeno una figura, il riferimento alle Eliadi, suggerito dalla descrizione del fogliame. Il modello collaudato negli sfondi paesistici dosseschi venne ripreso nell’arazzo, dove si decretò, per le figlie di Apollo, un’occorrenza iconografica in forma di amadriadi. Battista Dossi, al fianco del fratello nell’impresa pesarese, ripeté il soggetto con alcuni cartoni, elaborati da Hans Karcher presso le arazzerie ferraresi nel panno con La metamorfosi delle Eliadi (fig. 11), ora conservato al Louvre.62 L’opera, commissionata dal duca Ercole II d’Este nel 1545, apparteneva a una serie di cinque pezzi d’ispirazione letteraria che riproducevano il motivo ovidiano delle Metamorfosi vegetali, intrecciando, in una rete di rimandi all’antico, arte del giardinaggio, gusto paesistico ma, soprattutto, mitologia ‘ferrarese’ richiamata, come osserva Forti Grazzini,63 dall’assemblage dei riferimenti alla mitografia della regione: il luogo della caduta, prima di tutto, «le verdi rive e la corrente del Po», la selva delle fanciulle-pioppo, il cigno e l’inclusione, nella scena, di una giovenca e di un pavone, metafore di Io e Argo riconducibili agli antefatti della fabula.64 La predilezione estense per il soggetto raccontato da Ovidio come mito di fondazione caratterizzò infatti la politica culturale del Duca, rivolta a questo tema, oltreché nell’arazzo, anche in un disegno attribuito a Gerolamo da Carpi e interpretato come Allegoria di Ferrara (fig. 12).65 Si trattò, forse, di uno studio preparatorio per un’opera perduta o mai realizzata, ma non c’è dubbio che, nel foglio, l’allusione simbolica si affidasse più che alla figura dell’eroe, marginale e appena tratteggiata, alla ninfa con la mano sull’artiglieria – iconografia eloquente – e soprattutto alla figura dell’Eridano: l’aspetto ‘padano’ del mito di Fetonte, insieme alle Eliadi che si trasformano in pioppi. È interes-

sante osservare come, presso la committenza ducale, fosse la metamorfosi arborea a rappresentare la suggestione ‘ferrarese’ della favola di Ovidio, allusa nell’arazzo del Karcher e raffigurata in una sanguigna eseguita da Pirro Ligorio durante il suo soggiorno estense (fig. 13).66 Qui effondono alti lamenti le figlie del Sole, celebrate dalla lirica cinquecentesca che da Giovanni Pontano a Ercole Bentivoglio ne onorò la deità, riconoscendole numi di quel territorio – ma prima ancora l’«Ambra drïàde» di Lorenzo il Magnifico (1491), genio custode di Poggio a Caiano, evocò il ricordo antichissimo della tutela ninfale.67 Se il tramite letterario fu decisivo nell’associare le Eliadi con il ‘luogo’ del mito, furono le edizioni a stampa, mediatrici tra paganesimo e mondo cristiano, e fonte d’ispirazione per gli artisti, a veicolarne l’iconografia. «Le sorelle seppelliscano Fetonte nell’Eridano, là dove egli è caduto precipitando dal carro, e versando lacrime d’ambra

62 N. FORTI GRAZZINI, Arazzi a Ferrara cit., pp. 65-67, 104-106, figg. 36-42; N. FORTI GRAZZINI, Gli arazzi di Ferrara nei secoli XV e XVI, in JADRANKA BENTINI, GRAZIA AGOSTINI, Un rinascimento singolare. La corte degli Este a Ferrara, Milano, Silvana Editoriale, 2003, pp. 329, 333, n. 258; L. SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese cit., s.p.; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 127-128, fig. 63, tav. XL. 63 N. FORTI GRAZZINI, Arazzi a Ferrara cit., p. 67. 64 FELTON GIBBONS, Ferrarese tapestries of Metamorphosis, «The Art Bulletin», 48, 3-4, 1966, pp. 410-411; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 128, n. 318. 65 M. MARONGIU, ivi, pp. 167-168, fig. 64, tav. XLI. 66 M. MARONGIU, ivi, pp. 167-168, fig. 66, tav. XLIII; C. CIERI VIA, Il mito alla corte estense, in EADEM, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 69-71. 67 GIOVANNI GIOVIANO PONTANO, Alloquitur Heliades sorores, Eridanus, 1, 12, ed. a cura di Johannes Oeschger, Bari, Laterza, 1948; ERCOLE BENTIVOGLIO, Poi che lasciando i sette colli, e l’acque, in Rime diverse, 1569, pp. 206-207; M. MARONGIU, ivi, pp. 43, 168, n. 190; Opere. Lorenzo il Magnifico, a cura di Luigi Cavalli, Napoli, F. Rossi, 1969, pp. 504-513; CHARLES DEMPSEY, Lorenzo de’Medici’s Ambra, in Renaissance studie’s in honor of Craigh Hugh Smith, Andrew Morrogh, Firenze, Giunti Barbera, 1985, 2, Art, architecture, pp. 177-189; RENZO GRADI, ARMANDO BISANTI, Una scheda per l’“Ambra” di Lorenzo de’ Medici, «Schede Umanistiche», n.s., 2, 2003 (2004), pp. 77-89.

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sopra di lui siano mutate in pioppi». Riecheggia i Dialoghi degli Dei68 la xilografia Heliadi sorelle di Fetonte mutate in alberi, che producono l’ambre (fig. 14) eseguita da Bernard Salomon per la Vita et Metamorfoseo d’Ovidio, dato alle stampe a Lione da Gabriele Simeoni, con dedica a Diana di Poitiers (1559). In questa iconografia colta, l’immagine delle Eliadi richiama l’interpretazione ovidiana delle Esperidi, «ninfe della sera» incaricate delle esequie, e così il sito della caduta evoca per suggestione il Nymphaion oracolare presso l’Eridano cui si rivolse Eracle, alla ricerca del giardino iperboreo delle mele d’oro.69 Nonostante l’intellettualità dei rimandi, tuttavia, in queste immagini stilizzate secondo la tipologia delle versioni a stampa e della letteratura emblematica70 si coglie il pathos delle figlie di Febo, che in forma di amadriadi contemplano il sarcofago sconsolate mentre Climene tenta di strapparle invano alla loro sorte. L’iconografia, di impatto forte ma al tempo stesso decorativa, fu destinata a diffusione e ricomparve per lungo tempo tramite le incisioni di Jacopo Franco per le Metamorfosi di Giovanni Andrea dell’Anguillara (1592), fino all’arazzo della serie medicea di Benedetto Squilli su cartoni di Alessandro Allori, replicata da Bartolomeo Papini per Maria Maddalena d’Austria, collezionista di una raccolta di ambre ora al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti (fig. 15).71 Nel grande panno, «come in un rito bacchico»,72 le Eliadi si abbandonano a una danza funebre e agitano in alto i rami, spuntati tra le dita. Si avverte, nella scena, una tensione, un’emozione intensa che alle sorelle di Fetonte, adesso, affida il compito di commentare l’azione. Qualcosa era cambiato nell’immagine delle donne-pioppo, sottratte a una presenza corale e assegnate a un ruolo di protagoniste, e nella favola pastorale le lacrime delle ninfe richiamavano una tragedia più alta: nella rappresentazione del mito si era introdotto il dramma, e si osavano elementi figurativi audaci, come i cavalli precipitati, a capofitto, che si vedono nell’incisione. Sull’iconografia di Fetonte era passata la mano di Michelangelo. Tre «carte stupendissime» con la «Cascata» dell’eroe «nel Po» vennero disegnate nel 1533 dal Buonarroti per

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Tommaso de’ Cavalieri. I fogli, conservati rispettivamente al British Museum (fig. 16), a Windsor Castle e alle Gallerie dell’Accademia di Venezia,73 erano ispirati all’antico, e in particolare al sarcofago dell’Aracoeli. Ma se il riferimento classico della torsione di Fetonte informata al prototipo romano – e probabilmente al cammeo già citato – e la sincronicità del racconto non si distacca, nei disegni, da modelli collaudati, innovativa è l’assialità della composizione, concepita come una piramide culminante nel vortice turbi-

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LUCIANO DI SAMOSATA, Dialoghi degli Dei, 24 (25), ed. a cura di A.M. Harmon, Cambridge (Mass.), London, 1968; A. MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano cit., p. 15. 69 GABRIELE SIMEONI, La vita et Metamorfoseo di Ovidio, figurato & abbreviato in forma d’Epigrammi, Lione, 1559, p. 35. Sull’assimilazione tra le Eliadi e le Esperidi, cfr. Ovid., met. II, 325. A. MASTROCINQUE, Ercole in Occidente, Trento, Dipartimento di scienze filologiche e storiche, 1993, pp. 55-56. Cfr. inoltre Santuari e divinità dei paleoveneti cit., 1987, pp. 44-45; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 117, fig. 86, tav. LVII; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco culti e miti minori cit., pp. 342-343. 70 C. CIERI VIA, I tempi del mito, Il mito nella tradizione testuale e figurativa, in L’arte delle metamorfosi cit., pp. 8-14; M. MARONGIU, Il mito di Fetonte nella lirica cinquecentesca, in EADEM, Currus auriga paterni cit., pp. 42-43. 71 Jacopo Franco, La caduta di Fetonte (1584), in GIOVANNI ANDREA DELL’ANGUILLARA, Le Metamorfosi di Ovidio, Venezia, 1592. Guasparri di Bartolomeo Papini, La metamorfosi delle Eliadi e di Cicno e il pianto di Climene, (da Alessandro Allori), Firenze, Accademia delle Arti del Disegno, inv. Gallerie 1912-1925, n. 54. Per la relazione degli arazzi con le xilografie cfr. B. JACOBY, Studien zur ikonographie cit., pp. 128-129; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 118-124, figg. 111-112, tavv. LXXVI-LXXVII. Per la raccolta di ambre di Maria Maddalena d’Austria si veda ORNELLA CASAZZA, Le ambre di Maria Maddalena d’Austria al Museo degli Argenti, in MARIA LUISA NAVA, ANTONIO SALERNO, Ambre. Trasparenze dall’antico, Milano, Electa, 2007, pp. 39-41. 72 M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 124. 73 GIORGIO VASARI, La Vita di Michelangelo nelle redazioni del 1550 e del 1568, a cura di Paola Barocchi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1962, I, p. 118. Per la vasta bibliografia sui tre disegni di Michelangelo cfr. HUGO CHAPMAN, Michelangelo drawings: Closer to the Master, London, The British Museum Press, 2005; B. JACOBY, Die Zeichnungen Michelangelos und ihre Nachfolge, in EADEM, Studien zur Ikonographie cit., pp. 150-163; M. MARONGIU, Michelangelo e il mito di Fetonte, in Currus auriga paterni cit., pp. 74 ss. (con bibliografia precedente), figg. 43-45, tavv. XXV-XXVII.


noso dei cavalli, un andamento verticale dove si innestano in un crescendo tragico le diverse fasi del mito. Senza alcun precedente, poi, è la disperazione umana delle Eliadi, un soffrire violento che sottolinea la fatalità dell’evento e non si placa nella metamorfosi arborea. È al pianto delle ninfe che si affida il messaggio del disegno. Qui decolla, per la prima volta, l’immagine umanizzata e senza tempo di questi ‘archetipi’ femminili, come si vorrebbero definire, perché emerge, nella monumentalità del dolore, una riflessione sul tema della caduta. Un significato antico ma pur sempre attuale, dunque, e più universale rispetto al tema classico dell’ybris punita, in questo caso l’audacia consapevole di Michelangelo per la dedica dei fogli a una creatura superiore per virtù e bellezza, come argomentò Panofsky.74 In realtà emerge, dal carteggio tra Buonarroti e de’ Cavalieri, un sentimento profondo, e per giunta il sonetto «Altero fiume che à Fetonte involto […]», scritto dal modenese Francesco Maria Molza, in contatto con il grande artista, induce in alcuni passi la possibilità di questa motivazione.75 Ma ricorre, nei versi di Michelangelo, l’immagine del fuoco, che in associazione a Fetonte evoca, nella lettura del Frommel, un’interpretazione neoplatonica; per questa via la caduta si ricollega al motivo eterno dell’elevazione dell’anima verso la bellezza, controbilanciata dalla capitolazione, commentata dal lamento delle Eliadi.76 Tra morte e rinascita, tra ascesa e ricaduta: così figurava, nei volgarizzamenti del XVI secolo, l’eroe ovidiano,77 quando alla temeritas, l’audacia, si associava la virtù della magnanimitas – il coraggio – e di questa Fetonte fu il campione, perché aspirava alla divinità e implicitamente anche alla redenzione. Così non sorprende che nelle tavole dell’Atlante della Memoria78 Aby Warburg introducesse il disegno di Michelangelo e lo illuminasse di una suggestione cristiana allusiva alla resurrezione, richiamando il tema escatologico dell’esistenza attraverso il pianto antichissimo delle figlie del Sole. Dietro la filigrana della fabula, riemergeva il valore filosofico di quel mito e si rinnovava, di conseguenza, la leggenda dell’eternità dell’ambra.

Complice l’incisione, il modello del sarcofago romano, mediato dalla serie grafica di Michelangelo, conobbe una prolungata fortuna e il corpo rovesciato diventò il simbolo della punizione.79 Fu il Béatrizet a diffonderne l’invenzione presso la produzione a stampa, contribuendo nello stesso tempo a un’immagine ‘eroica’ e vigorosa delle Eliadi, assimilate alle sibille sistine; l’iconografia si estese alla suppellettile: come ricorda il Vasari, dei fogli di Michelangelo il Salviati eseguì una copia, poi utilizzata per la decorazione di un piatto destinato a Pier Lugi Farnese,80 proprietario di un cristallo di rocca, ovale, di uguale soggetto, eseguito da Giovanni Bernardi. Questo scultore, originario di Castelbolognese, ebbe un ruolo non marginale nel divulgare i disegni del Buonarroti e contribuì significativamente alla loro fama riprendendone l’i-

74 ERWIN PANOFSKY, Il movimento neoplatonico e Michelangelo, Studi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento, Torino, Einaudi, 1975, pp. 236-319 (ed. or. 1939). 75 FRANCESCO MARIA MOLZA, Altero fiume, che à Fetonte involto, in Il sesto libro delle rime di diversi eccellenti autori nuovamente raccolte, et mandate in luce, Venezia, Pozzo, 1553, cit. in E. PANOFSKY, Il movimento neoplatonico cit., pp. 306-308; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 136-137. 76 CHRISTOPH LUITPOLD FROMMEL, Michelangelo und Tommaso dei Cavalieri, Amsterdam, Castrum Peregrini Presse, 1979, pp. 63-67. Così anche B. JACOBY, Studien zur ikonographie cit., pp. 7 ss. Per una più ampia documentazione sull’argomento si rinvia a M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 74 ss. e EADEM, Il mito di Fetonte e l’interpretazione nella sfera privata, ivi, pp. 135 ss. 77 LUDOVICO DOLCE, Le trasformationi, Venezia, 1553; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 140 e passim. 78 ABY WARBURG, Mnemosyne. L’Atlante delle Immagini, a cura di Martin Warnke, con la collaborazione di Claudia Brink, London, Warburg Institute, ed. 2002, pp. 102-103, tav. 56; KURT W. FORSTER, KATIA MAZZUCCO, Introduzione ad Aby Warburg e all’Atlante della Memoria, a cura di Monica Centanni, Milano, Mondadori, 2002, p. 147. 79 BARBARA PASQUINELLI, Il gesto e l’espressione, Milano, Electa, 2005 (I dizionari dell’arte), pp. 203-209. 80 M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 83-84, figg. 70-71, tavv. XLVIXLVII e fig. 82, tav. LV (Michele Lucchese e il Maestro TSKT); GIORGIO VASARI, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori nelle redazioni del 1550 e del 1568, a cura di Rosanna Bettarini, Paola Barocchi, Firenze, S.P.E.S., 19661987, V, pp. 517-518; M. MARONGIU, ivi, p. 126, n. 307, fig. 58, tav. XXXVII.

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conografia nel cristallo già ricordato, ora alla Walther Art di Baltimora – forse rievocato in poesia dal Molza – e in un secondo che risulta perduto, del quale si conoscono le repliche nelle placchette metalliche conservate al British Museum di Londra e al Museo Civico della città romagnola (fig. 17).81 È possibile che presso il ceto aristocratico e intellettuale il gradimento per l’implicito significato filosofico di questo motivo si intrecciasse alla preferenza per tematiche mitologiche solari, scelte dai committenti per l’ornamentazione delle proprie dimore e mediate, come ha dimostrato Cieri Via,82 dalla prevalente interpretazione della casa del principe come ‘centro’ ideale del cosmo, secondo la concezione classica rilanciata dal Filarete. Questo spiega la frequenza della dimensione cronologica e ‘temporale’ che dalla metà del Cinquecento caratterizzò molte opere figurative, trasponendo talvolta sui soffitti mappe planetarie e gli oroscopi dei padroni di casa. «Il Sole è misura del tempo», scriveva il Lomazzo, ed ecco, allora, fiorire le allegorie dei cicli stagionali e l’antica associazione tra l’equinozio d’autunno e Fetonte sbalzato dal carro, nella sua scorribanda lungo lo zodiaco, all’apparire del segno dello scorpione. Le Stagioni, il Tempo, le Ore che aggiogano i cavalli per la corsa dell’eroe – scambiate con le Eliadi, si diceva, nella versione di Igino – costellarono le decorazioni delle residenze nobiliari, informate a esigenze di percezione immediata cui si prestava, per il mito ovidiano, la visione prospettica anticipata da Michelangelo. Per questo, più che per le arti decorative, il verticalismo introdotto dal Buonarroti diventò una regola per la pittura e specialmente nell’affresco. Impossibile sottrarsi al condizionamento di quel modello autorevole dipingendo ‘sfondati’ spalancati verso il cielo e particolarmente adatti ad accogliere l’innovazione. Molti furono i ‘sottinsù’ coinvolgenti che rilanciarono su scala monumentale quell’episodio e c’è da chiedersi se, senza la suggestione audace e la drammaticità dell’invenzione michelangiolesca – nonché il significato ‘astrologico’ della caduta di Fetonte – non si sarebbe continuato a preferire il momento precedente della leggenda, quello della guida del carro,

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affrescato da Girolamo Romanino a Trento, giusto due anni avanti, nel Castello del Buonconsiglio (1531).83 L’accentuazione assiale di quei celebri disegni, e prima ancora la torsione poderosa dell’eroe sul sarcofago romano, stimolarono gli artisti al confronto, dando il via a una serie virtuosistica di scorci, in prevalenza accentrati sulla figura del figlio di Apollo e variamente ispirati all’ammonimento etico – in tempi controriformati – o al tema astrale. Giulio Romano raffigurò la ‘caduta’ come allegoria della civitas terrena degradata sulla volta della sala delle Aquile nel Palazzo del Te, a Mantova, (1527-1528);84 qui la vide il collaboratore Primaticcio e la riutilizzò a Fontainebleau, in un affresco perduto ma documentato da incisioni;85 a Genova la ripetè Perin del Vaga, in Pa-

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Giovanni Bernardi, La caduta di Fetonte (da Michelangelo), Baltimora, The Walters Art Museum, inv. 41.69. M. MARONGIU, ivi, p. 81, fig. 46, tav. XXVIII; Giovanni Bernardi, La caduta di Fetonte (da Michelangelo), Londra, British Museum, Department of Prints and Drawings, inv. 1915, 1216.46 e Castel Bolognese, Museo Civico. Cfr. VALENTINO DONATI, Pietre dure e medaglie del Rinascimento. Giovanni da Castelbolognese, Ferrara, Belriguardo, 1989, pp. 8487; L. SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese cit., s.p.; ANTONIO P. TORRESI, I cavalli di Fetonte. Un mito classico dell’arte, «Amici dei Musei», 97, aprile 2004, pp. 37-47; M. MARONGIU, ivi, p. 81, fig. 47, tav. XXIX. 82 C. CIERI VIA, I tempi del mito, Il Palazzo del Sole: un modello ovidiano, in L’arte delle metamorfosi cit., pp. 32-52; EADEM, La Casa del Sole, in Le due Rome del Quattrocento cit., pp. 245 ss. 83 LIA CAMERLENGO, EZIO CHINI, FRANCESCO FRANGI, FRANCESCA DE GRAMATICA, Romanino. Un pittore in rivolta nel Rinascimento italiano, catalogo della mostra, Milano, Silvana Editoriale, 2006, pp. 272-274, n. 51; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 348-352; M. MARONGIU, ivi, pp. 102-104, fig. 42, tav. XXIV. 84 Giulio Pippi, detto Giulio Romano, La caduta di Fetonte, 1527-1528, Mantova, Palazzo del Te, sala delle Aquile. C. CIERI VIA, Il mito di Fetonte, in Le favole antiche cit., pp. 54-56, fig. 129; EADEM, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 232-233; GIUSEPPE CONFORTI, Palazzo Te: un percorso morale. Cristiano e pagano nell’architettura illusiva di Giulio Romano, «Arte Documento», 20, 2004, pp. 139-145; M. MARONGIU, ivi, pp. 92-94, fig. 29, tav. XVII. 85 VITTORIA ROMANI, Primaticcio, Tibaldi e la questione delle “cose del cielo”, Cittadella, Bertoncello, 1997, passim; Primaticcio, un bolognese alla corte di Francia, catalogo della mostra (Bologna), Milano, 5 Continents Editions, 2005, p. 146, n. 31; M. MARONGIU, ivi, pp. 96-97, fig. 67, tav. XLIV (Artista del sec. XVI, La caduta di Fetonte, da Primaticcio, 1545 ca.). Cfr. FELIX HERBET, Les graveurs de l’école de Fontainebleau, Amsterdam, B.M. Israel, 1969, III, p. 4.


lazzo Doria (1533),86 e per i Pisani di San Peterniano la ripropose Jacopo Tintoretto (1541 ca.), nell’ottagono per il soffitto acquistato da Francesco I (1658) (fig. 18), committente del Fetonte dipinto da Jean Boulanger nella reggia di Sassuolo.87 A Caprarola, in Palazzo Farnese, gli fece eco Taddeo Zuccari (1561),88 mentre Giovanni Antonio da Varese rappresentò la Volta celeste sul soffitto della sala del Mappamondo (1574) (fig.19); qualche anno dopo, a Sabbioneta, Bernardino Campi affrescò l’ybris per Vespasiano Gonzaga e affidò il dramma a Eliadi sulle quali scorre il pathos delle ninfe michelangiolesche (fig. 20) (1584).89 Poi gli emiliani, Prospero Fontana a Città di Castello, nel ciclo cosmologico di Palazzo Vitelli (1556-1560),90 e Orazio Samacchini nella sala dei Giganti della Rocca di San Secondo (1563 ca.) (fig. 21).91 A Bologna dipinse la ‘caduta’ il lombardo Pellegrino Tibaldi (1558), in un soffitto di Palazzo Poggi sopravvissuto in un disegno preparatorio e in un’incisione,92 fonti d’ispirazione per il «volo precipite» (Brogi) del Fetonte di Ludovico Carracci (1605-1606) (fig. 22)93 tanto vertiginoso da ricordare la discesa a capofitto ‘michelangiolesca’ affrescata da Giovan Battista Castello nella Villa Pallavicino «delle Peschiere», a Genova (1560 ca.).94 Qui, in un clima fervido di determinismo astrale, viva era l’attenzione per l’opposizione dei pianeti e la meteorologia. Il mito di Fetonte stimolò infatti la curiosità scientifica della committenza e in questo senso si legge anche la sua presenza in Palazzo Poggi, ma si può dire che per tutto il Cinquecento, e fino al secolo successivo, la storia raccontata dalle Metamorfosi si prestò come supporto alle riflessioni degli scienziati sulla questione delle ‘cose del cielo’. E se Fetonte ne fu la metafora, le Eliadi rappresentarono l’aspetto naturalistico di quell’allegoria, riferita alle origini dell’ambra.

86 Perin del Vaga, Fetonte precipita dal carro del sole, 1533, Genova, Palazzo Doria, stanza di Fetonte. C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 204206; M. MARONGIU, ivi, pp. 109-114, fig. 37, tav. XXI. 87 STEFANIA MASON RINALDI, Jacopo Tintoretto, in Sovrane passioni. Le raccolte d’arte della Ducale Galleria Estense, a cura di Jadranka Bentini, Milano, Mot-

ta, 1998, pp. 332-339, nn. 104-117; C. CIERI VIA, Dal mito all’allegoria: Tintoretto, un caso esemplare, in EADEM, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 104 ss.; M. MARONGIU, ivi, p. 95, fig. 56, tav. XXXV; FRANCESCA CANDI, Il Palazzo Ducale di Modena. Nuove ipotesi ricostruttive, nuovi documenti, «Atti e Memorie. Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi», s. XI, 27, 2005, pp. 87-126. Per l’affresco di J. Boulanger cfr. ANGELO MAZZA, «In questa bella compagnia d’Amore e di Fortuna…». La decorazione pittorica, in Il Palazzo di Sassuolo Delizia dei Duchi d’Este, a cura di Filippo Trevisani, Parma, Grafiche Step Editrice, 2004, p. 70, fig. p. 194. 88 Taddeo Zuccari, La caduta di Fetonte, 1561, Caprarola, Villa Farnese, stanza dell’Estate. C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 166-170; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 88-89, fig. 91, tav. LX. 89 C. CIERI VIA, Collezionismo e memoria alla corte di Vespasiano Gonzaga: Dalla Galleria degli Antenati alla Galleria degli antichi, in Vespasiano Gonzaga e il ducato di Sabbioneta, Atti del convegno, a cura di Ugo Bazzotti, Daniela Ferrari, Cesare Mozzarelli, Mantova, s.n.t., 1993, pp. 49-76; EADEM, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 319-320; LAURA DI CALISTO, La Sala dei miti. Evocazione dell’assenza ed elogio della virtù tra memoria familiare e affermazione dinastica, in LEANDRO VENTURA, Dei ed eroi nel Palazzo Giardino a Sabbioneta. Miti e allegorie per un principe umanista, Roma, Bulzoni Editore, 2008, p. 145; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 91-92. 90 Prospero Fontana, La caduta di Fetonte, Città di Castello, Palazzo Vitelli a Sant’Egidio, in VERA FORTUNATI PIETRANTONIO, Prospero Fontana, in Pittura bolognese del ’500, a cura di V. Fortunati, 2 voll., Casalecchio di Reno, Grafis Edizioni, 1986, I, pp. 345, fig. 381; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 177-178; M. MARONGIU, ivi, pp. 105-106, fig. 80, tav. LIII. 91 Orazio Samacchini, La caduta di Fetonte, San Secondo, Rocca dei Rossi, sala dei Giganti (1557-1563). C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 332334, fig. 91; M. MARONGIU, ivi, p. 88, fig. 81, tav. LIV. 92 Pellegrino Tibaldi, Studio per la caduta di Fetonte, (1555-1558), penna, inchiostro bruno, acquerello, Boston, Museum of Fine Arts, inv. 37.418, in DAVID MC TAVISH, Pellegrino Tibaldi’s Fall of Phaeton in the Palazzo Poggi, Bologna, «The Burlington Magazine», CXXII, 1980, pp. 186-189; JÜRGEN WINKELMANN, Pellegrino Tibaldi, in Pittura bolognese del ’500 cit., II, p. 490; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 151-154; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 98-99, figg. 76-77, tav. L. Per l’incisione di Bartolomeo Crivellari cfr. GIAN PIETRO ZANOTTI, Le pitture di Pellegrino Tibaldi e di Niccolò degli Abati esistenti nell’Istituto di Bologna, Venezia, 1756, tav. XXXIV, fig. 77. 93 GAIL FEIGENBAUM, Ludovico Carracci, in Ludovico Carracci, catalogo della mostra, a cura di Andrea Emiliani, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1993, pp. 105106, n. 49; ALESSANDRO BROGI, Ludovico Carracci (1555-1619), 2 voll., Ozzano Emilia, Edizioni Tipoarte, 2001, I, pp. 205-206, n. 94, II, fig. 198. 94 Giovan Battista Castello, La caduta di Fetonte, Genova, Villa Pallavicino “delle Peschiere”, LORENZA ROSSI, Dalla narrazione all’emblema: il mito di Fetonte nell’affresco “genovese” del Cinquecento, «Arte Documento», 4, 1990, pp. 102-111; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 217-218, fig. 35; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 89-90, fig. 89, tav. LIX.

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In questo senso furono protagoniste, le figlie del Sole, di una delle più significative opere della storia dell’arte associata ai mirabilia naturae. Si allude, qui, al pannello con La metamorfosi delle Eliadi e l’origine dell’ambra (fig. 23) eseguito da Santi di Tito per lo studiolo di Francesco I de’ Medici in Palazzo Vecchio, a Firenze, tra il 1570 e il 1571.95 Fiorì, presso gli ambienti di corte, la passione per i fenomeni insoliti, sorprendenti o bizzarri, della creazione. Un interesse cresciuto con l’Umanesimo, da quando, nel De vita, Ficino gettò le basi, anche filosofiche, di una terapeutica ‘meravigliosa’ basata su gemme e rarità animali, botaniche e minerali, che racchiudevano virtù preziose. La conoscenza di questi segreti comunicava una saggezza antichissima a una società elitaria: Cosimo I e suo figlio Francesco ne facevano parte. Nel 1569 Francesco commissionò al Vasari uno studiolo nuovo nell’appartamento ducale e affidò al Borghini un programma iconografico per quell’ambiente, scrigno per preziosità d’arte e di natura. Don Vincenzio ideò una struttura concettuale pensata «per inventario da ritrovar le cose», secondo la corrispondenza tra la decorazione figurativa degli sportelli e la categoria degli oggetti collezionati. «L’invenzione mi pare che si dimandi conforme alla materia et alla qualità delle cose». Così prescriveva il priore.96 Al ciclo, allusivo alla Creazione e ripartito secondo l’ordine dei quattro elementi richiamati sulle pareti, concorsero numerosi artisti: Allori, Jacopo Zucchi, lo Stradano, Maso da San Friano, Poppi, Cavalori e Santi di Tito, cui fu affidata la metamorfosi ovidiana come allegoria dell’acqua. È interessante osservare che tra le proprietà fondamentali di questo elemento il progetto evidenziava l’umidità e il freddo, le polarità opposte di cui si diceva, rappresentate, per le fonti classiche, dal ciclo dell’ambra. Ecco, allora, in sequenza, le ninfe piangenti e già in atto di trasformarsi – il viso nascosto tra le mani o le braccia levate verso il cielo – mentre uomini, donne e bambini raccolgono sulla spiaggia le resine preziose con le quali si agghindano eleganti dame.

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«Dal celeste calor, che l’umor bebbe;/Et indurata, tal virtù ritenne,/Ch’elettro, o qual diciamo, Ambra divenne./[…] Di cui fecer poi vaghi Monili/Per l’Italico sen le Donne antiche». Nell’iconografia, mediata per tramite letterario dagli echi ovidiani di Ludovico Dolce,97 Borghini mostrò di accogliere le teorie pliniane sulle origini dell’ambra e di accettare il riferimento alle coste del Nord come luogo della raccolta citate dalle fonti, in particolare Olao Magno, l’Agricola e il Ricettario Fiorentino, oltre al De vita già ricordato.98 Non si dimentichi, e cito il recente studio di Valentina Conticelli, che in quegli anni il valore della resina era accresciuto dalle virtù che ancora le si attribuivano: sciogliersi nei liquidi, contenere piccoli corpi o vegetali fossilizzati, attrarre pagliuzze o pezzi di carta stropicciata, emanare profumo ed esercitare facoltà apotropaiche collegate all’influsso degli astri, già enumerate nel lapidario di Alfonso il Saggio.99 E proprio le qualità terapeutiche, prima ancora del pregio intrinseco, accomunarono i soggetti dei dipinti scelti nello studiolo per la parete dedicata all’Acqua: perle, coralli, ambra, anche odorifera, e persino acque termali.

95 Santi di Tito, La metamorfosi delle Eliadi e l’origine dell’ambra, olio su lavagna, Firenze, Palazzo Vecchio, studiolo di Francesco I, inv. 1915-1918. WALTER VITZTHUM, Lo studiolo di Francesco I a Firenze, Milano, Fratelli Fabbri-Albert Skira, 1969, p. 33; VALENTINA CONTICELLI, “Guardaroba di cose rare et preziose”: lo studiolo di Francesco I° de’ Medici: arte, storia e significati, Lugano, Lumières Internationales, 2007, pp. 220-226, n. 7; C. CIERI VIA, L’arte delle metamorfosi cit., pp. 195-200; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 131-132, 168, fig. 98, tav. LXV. 96 Il carteggio di Giorgio Vasari, a cura di Karl Frey, 2 voll., München, Müller, 1923-1930, II, pp. 886-891; M. MARONGIU, ivi, pp. 131-132, n. 333. 97 L. DOLCE, Le trasformationi cit., 4, 25; 4, 26, 1-2; M. MARONGIU, ivi, p. 133, n. 336. 98 GIORGIO AGRICOLA, De la generatione delle cose, che sotto la terra sono de le cause de loro effetti e natura…, Venezia, 1550, cc. 240r-141v; OLAO MAGNO, De’ costumi de popoli settentrionali, Venezia, 1561, pp. 322-323; Ricettario Fiorentino, Firenze, 1567, p. 15; V. CONTICELLI, “Guardaroba di cose rare et preziose” cit., pp. 225-226, nn. 159-162. 99 Le gemme e gli astri. Il lapidario di Alfonso il Saggio, Milano, Xenia, 1997.


Verso il Seicento, in epoca di riforme, l’interesse alchemico per questo elemento lasciò il posto all’attenzione per l’aspetto pragmatico, rivolto alle modalità opportune per il suo utilizzo, attraverso la regimentazione dei fiumi. A Bologna si discuteva del Reno.100 Così, nell’ambito di un dibattito vivace, ecco ricomparire la favola di Fetonte come allegoria delle terre padane e simbolo della questione fluviale. E mentre le disquisizioni degli agronomi e degli ingegneri si alternavano alle dissertazioni dei letterati, intrecciandosi ai sogni degli artisti, si libravano, sui soffitti delle dimore aristocratiche, nuove ‘cadute’ in grado di suscitare, per il dinamismo e per l’intensità emotiva, effetti spettacolari. Fu nei palazzi nobili progettati dagli architetti, che erano spesso anche ingegneri idraulici, che si predilesse il mito ovidiano, richiesto dalle famiglie coinvolte nella politica delle acque. Tra questi i fratelli Zani, proprietari dell’edificio disegnato da Floriano Ambrosini, interessato al dibattimento sul corso del Reno cui presero parte i committenti, promotori di una supplica a Clemente VIII per scongiurare la deviazione del fiume. Non è un caso che al decoro cui concorse nel 1594 Girolamo Mattioli con l’affresco Fetonte alla guida del carro del Sole (fig. 24), ispirato a un’incisione di Agostino Veneziano,101 intervenisse di lì a poco anche il giovane Guido Reni che raffigurò, sul soffitto, l’episodio della Caduta (fig. 25) (1599): un trionfo di Apollo, piuttosto che un evento tragico, perché l’opera celebrò il Pontefice subito dopo il suo ingresso in Bologna, celebrato dai versi di Giulio Cesare Croce: Se pianser le sorelle di Fetonte/Quand’ei col Carro in Po’ cade, e morio,/E cangiar (si fu il duolo acerbo, e rio)/In tronchi le lor membra altere e conte,/Hor su le riche sponde ov’ei la fronte/Bagnò, cantan con lieto e bel disio/A questo nuovo sol, Clemente, e pio […]102

Evocate dal dibattito fluviale che appassionando gli animi toccò gli interessi dell’aristocrazia locale, sul finire del secolo

ricomparvero, le Eliadi, nel salone grandioso del Palazzo senatorio Alamandini, un edificio complesso, cui mise mano l’architetto e ingegnere idraulico Paolo Canali per una committenza della quale è probabile il coinvolgimento nell’economia delle acque.103 Gli affreschi, il primo ciclo interamente dedicato a quel mito, dopo gli arazzi di Alessandro Allori, vennero realizzati dal bolognese Giovanni Antonio Burrini.104 Il «nostro Cortona», «il nostro Giordano», lo decantò lo Zanotti,105 perché, di fatto, questo interprete vigoroso delle possibi-

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ALFEO GIACOMELLI, Appunti per una rilettura storico-politica delle vicende idrauliche del Primaro e del Reno e delle bonifiche nell’età del governo pontificio, in ALFEO GIACOMELLI, BERENICE GIOVANNUCCI VIGI, LUIGI SAMOGGIA, La pianura e le acque tra Bologna e Ferrara un problema secolare, catalogo della mostra, Cento, Centro Studi “Girolamo Baruffaldi”, 1983, pp. 103 ss.; STEFANO PEZZOLI, CECILIA UGOLINI, SERGIO VENTURI, Bologna città d’acque, Istituto Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Bologna, Editrice Compositori, 2000. 101 Agostino de’ Musi detto Agostino Veneziano, Fetonte alla guida del carro del sole, 1510-1530, Londra, The British Museum, Department of Prints and Drawings, inv. 1840-8-8-10 [ADAM BARTSCH, XIV, 298 (226)]; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 100, 125, 165, fig. 21, tav. XII. 102 Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, GIULIO CESARE CROCE, Giubilo Universale per la gloriosissima entrata di n. Sig: papa Clemente Ottavo. Nella città di Bologna, Bologna, 1598, p. 7; KENICHI TAKAHASHI, La memoria di papa Clemente VIII. Una nuova proposta per La Caduta di Fetonte e La separazione della luce dalle tenebre di Guido Reni, «il Carrobbio», 27, 2001, pp. 79-87; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., pp. 168-169, fig. 115, tav. LXXX; MICHELE DANIELI, DAVIDE RAVAIOLI, Palazzo Zani, in corso di stampa. 103 ELISABETTA LANDI, Un palazzo senatorio ritrovato. La residenza del senatore Ferdinando Bolognetti in Strada San Felice, acquistata dal Maresciallo Gian Luca Pallavicini, in Santa Maria della Carità in Bologna. Una parrocchia nella città, con presentazione di Gina Fasoli, s.l., s.n.t., 1991, pp. 155-166; EADEM, Palazzo Isolani, Alamandini Bolognetti, Pallavicini, in ANNA MARIA MATTEUCCI, I palazzi barocchi di Bologna, in corso di stampa. 104 EUGENIO RICCOMINI, Giovanni Antonio Burrini, «Arte antica e moderna», 1959, p. 224, n. 6; IDEM, Giovanni Antonio Burrini, Ozzano Emilia, Edizioni Tipoarte, 1999, pp. 199-200, n. 34, pp. 86-89, figg. 54-57; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 196. 105 GIAMPIETRO ZANOTTI, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna aggregata all’Istituto delle Scienze e delle Arti, 2 voll., Bologna, Lelio Dalla Volpe, 1739, II, p. 324.

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lità dell’affresco conosceva le decorazioni di Palazzo Pitti e aveva visto Sebastiano Ricci, il quale, autore di una rutilante Caduta,106 era a Bologna già da qualche tempo quando lui si accingeva al Ciclo di Fetonte. L’anno era il 1690: nasceva proprio allora l’Accademia d’Arcadia per porre fine, nelle lettere e nelle arti, al turbinio dello stile barocco. Nella città delle due torri dettava versi la Colonia Renia,107 compagine periferica dell’istituzione romana, e suggeriva il gusto che in pittura richiamò il classicismo locale; ma ‘sognato’ e reso più gentile, nel salone degli Alamandini (1690), dove la grazia smorza l’enfasi degli affreschi di Palazzo Albergati (1684 ca.) (fig. 26) e addolcisce i rigori della lezione degli Incamminati.108 Perduto l’episodio della Caduta, già sulla volta della grande sala,109 del ciclo cosmologico e narrativo dove, in riquadri, si succedono I Continenti attraversati dal percorso solare, restano gli scomparti con Apollo e Climene (fig. 27), Le Ore aggiogano il carro di Apollo (fig. 28), Fetonte alla guida del carro (fig. 29) e Le Eliadi raccolgono il corpo di Fetonte (fig. 30). Qui si atteggiano le Climenidi, forse per la prima volta, a movenze da melodramma, sperimentando quella fisionomia soave che ne contrassegnò per quasi un secolo l’iconografia. Fu il prologo di un nuovo stile, il barocchetto, che dall’Emilia al Veneto caratterizzò le Eliadi: non più bassorilievi, non amadriadi, né sibille eroiche ma immagini evanescenti che si stemperano, nell’affresco splendido della villa di Massanzago, nel chiaro lume di Giambattista Tiepolo.110 È un’arcadia sospesa, quella raffigurata sul soffitto e sulle pareti di una sala che si trasforma in loggiato: un’allegoria del cosmo, in ossequio alla favola ovidiana, dove volteggiano Il Tempo, Le Ore, Il Trionfo d’Aurora e si alternano, anche in questo caso, Le Quattro Parti del mondo (1719-1720) (fig. 31). L’opera, giovanile, fu riconosciuta al maestro che poi si cimentò a Milano, in Palazzo Archinto (1731) con questo stesso argomento, tradotto qui in uno scenario ‘onirico’ dove si dispongono, come in un ‘teatrino’, i protagonisti del mito: Apollo, Climene, Eridano e un Fetonte che cade a capofitto mentre le sue sorelle, diafane, si consumano in un pianto d’ambra.

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Accenti elegiaci, ma a passo di danza, distinsero nel XVIII secolo l’iconografia delle figlie di Apollo: scomparso il dramma dalla storia ovidiana, la metamorfosi diventò un pretesto per rappresentare favole sentimentali: nel disegno di Bouchardon, conservato al Louvre,111 con una trasformazione in pioppi funzionale al virtuosismo grafico dell’artista; nel foglio del napoletano De Mura, dove si stemperano, tra i vapori della composizione, le lacrime delle ninfe,112 e nell’esercitazione sul Fetonte morto compianto dalle sorelle proposta agli scultori dall’Accademia Clementina nel 1755 e vinta dal bolognese Giuseppe Calegari (fig. 32) con una terracotta in cui affiora a margine, nel nudo femminile, una citazione inedita da Michelangelo.113 L’ambra, ormai, era un gioiello per dame e il mito un’occasione per poeti d’arcadia.

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Sebastiano Ricci, La caduta di Fetonte, Belluno, Museo Civico, 1798. FRANCESCA MONTEFUSCO BIGNOZZI, La Colonia Renia e le arti figurative, in La Colonia Renia. Profilo documentario e critico dell’Arcadia bolognese, a cura di Mario Saccenti, 2 voll., II, Momenti e problemi, Modena, Mucchi Editore, 1988, p. 378, n. 10. 108 E. RICCOMINI, Giovanni Antonio Burrini cit., p. 165, n. 8d, p. 52, fig. 18; IDEM, Le variate e novissime invenzioni. Permanenze e mutamenti del gusto: gli affreschi nelle “magnifiche stanze” del palazzo di Zola, in Le magnifiche stanze. Paesaggio, architettura, decorazione e vita nella villa palazzo degli Albergati a Zola, Bergamo, Edizioni Bolis, 1995, pp. 118-119, nn. 75-76. 109 Il salone venne danneggiato nell’ultimo conflitto bellico. E. RICCOMINI, Giovanni Antonio Burrini cit., p. 200. 110 MASSIMO GEMIN, FILIPPO PEDROCCO, Giambattista Tiepolo. I dipinti. Opera completa, Venezia, Arsenale Editrice, 1993, p. 226, n. 25; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 197. 111 Edmé Bouchardon, La transformation des Héliades, Paris, Musée du Louvre, Département des Arts Graphiques, inv. 23858 r. 112 Francesco De Mura, La caduta di Fetonte, Württenberg, Castello di Fachsenfeld, cfr. GERHARD EWALD, in Unbekannte Handzeichnung alter Meister. 15.18. Jahrhundert Sammlung Freiherr Koenig-Fachsenfeld, catalogo della mostra, Stuttgart, Stuttgarter Galerieverein, 1967, pp. 124-126, n. 126; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 180, n. 14. 113 Giuseppe Calegari, La morte di Fetonte, terracotta, Bologna, Accademia di Belle Arti, in E. RICCOMINI, Mostra della scultura bolognese del Settecento, Bologna, Tamari, 1965, pp. 129-130, n. 105; M. MARONGIU, ibidem, n. 15. 107


L’interpretazione settecentesca dell’iconografia delle Eliadi ispirò il decoro delle dimore aristocratiche: i pittori, come gli stuccatori, ricorsero a Ovidio; ed ecco fiorire, sulle sovrapporte di Palazzo Zani, le Storie di Fetonte a integrazione della Caduta già ricordata, raffigurata sul soffitto da Guido Reni. Il complesso fu attribuito variamente a Luigi Acquisti e Giacomo De Maria114; tuttavia, in assenza di documenti, rimane aperta l’attribuzione degli scomparti, dove figura, la metamorfosi arborea, rispettivamente accanto all’Eridano (fig. 35) e alla madre Climene (fig. 36). Nella prima opera, caratterizzata da un vibratile chiaroscuro e manierata al pari del Fetonte al cospetto di Apollo (fig. 34), sembra di poter scorgere una mano diversa rispetto allo stile della seconda, resa con un algido classicismo dovuto, forse, all’intervento di quel «giovine scultore sig. Testoni» ricordato nel 1841 dalle fonti115 e incaricato, in questo caso, dal principe Pietro Pallavicini Centurioni. In attesa della prevista monografia sull’edificio, di prossima pubblicazione, preme evidenziare in questa sede come nell’iconografia la riflessione sulle Eliadi e la memoria storica dell’Eridano onorassero implicitamente il capostipite della dinastia, il maresciallo conte Gian Luca Pallavicini, artefice della bonifica e della navigazione fluviale padana – arte introdotta, per Diodoro Siculo, dalle figlie di Apollo.116 Parallelamente a queste persistenze, già dai primi del XIX secolo l’iconografia delle Eliadi aveva recuperato la propria dimensione tragica e riattualizzato in età neoclassica il pathos dei sarcofagi romani. Pochi anni prima, in un suo disegno (1798-1799), Canova si era ispirato al racconto sincronico di Michelangelo riunendo i due momenti, della caduta e della metamorfosi, in un’unica scena, all’interno di una struttura dove si incalzano gli avvenimenti e le ninfe, mosse da una gestualità disperata, sembrano fondersi con gli alberi alle loro spalle.117 Ma è con Felice Giani che un dinamismo vigoroso rinnova la tragedia antica del pianto delle sorelle di Fetonte raffigurate in forma di amadriadi in due disegni: uno, più

‘romantico’ che classicista,118 stempera il dramma in un’atmosfera notturna e ricorda, nella torsione dell’eroe caduto, il modello romano; l’altro (fig. 42)119 prepara lo stesso tema per gli stucchi ‘puristi’ di Giovan Battista Ballanti Graziani (fig. 41) che frenano, nella sala di Apollo di Palazzo Milzetti,120 l’impeto neobarocco e l’energia incontenibile di questo schizzo. A Faenza, il mito ovidiano era approdato con il

114 SONIA REGGIO, Palazzo Zani, in ANNA MARIA MATTEUCCI, I decoratori di formazione bolognese tra Settecento e Ottocento. Da Mauro Tesi ad Antonio Basoli, Milano, Electa, 2002, p. 418, n. 55. Cfr. GIORGIO GALEAZZI, Luigi Acquisti (Forlì 1747-Bologna 1823). Protagonista nella decorazione neoclassica -il periodo bolognese- (parte prima), «Strenna Storica Bolognese», LVIII, 2008, pp. 287-290. 115 L’intervento di Vincenzo Testoni è ricordato in «Il caffè di Petronio. Notizie urbane, letterarie, artistiche e commerciali», 26, 1841, p. 105 cit. da S. REGGIO, Palazzo Zani cit., p. 418 e successivamente da G. GALEAZZI che, in Luigi Acquisti cit., p. 290, introduce il nome di G. De Maria, accanto a quello di Vincenzo Testoni. MICHELE DANIELI, DAVIDE RAVAIOLI, Palazzo Zani, in corso di stampa. Cfr. inoltre Palazzo Zani 1594-1994. La storia ed i restauri, a cura del Consorzio della Bonifica Renana, con presentazione di Ezio Garzillo, s.l., s.n.t., 1994, p. 14. 116 A. GIACOMELLI, Appunti per una rilettura cit., pp. 198 ss., IDEM, Il maresciallo Gian Luca Pallavicini e il tentato rilancio della navigazione in Primaro-Volano nel secondo Settecento (1756-1774), «Padania Storia Cultura Istituzioni», IV, 8, 1990, pp. 73-108; ELISABETTA LANDI, Per una storia di Palazzo Pallavicini. Le committenze del conte Giuseppe, «il Carrobbio», XXI, 1995, pp. 183-196; B. ROSSIGNOLI, L’Adriatico greco culti e miti minori cit., p. 260, n. 46. 117 Antonio Canova, La caduta di Fetonte e la metamorfosi delle Eliadi (17981799), Bassano del Grappa, Museo Civico, inv. Ea 63.977, in Antonio Canova. Dipinti e disegni del Museo Civico di Bassano del Grappa e della Gipsoteca di Possagno presentati all’Ermitage, catalogo della mostra, a cura di Giuseppe Pavanello, Milano, Skira, 2001, p. 200, n. 62; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 181; A.P. TORRESI, I cavalli di Fetonte cit., p. 42. 118 Felice Giani, Fetonte pianto dalle sorelle, Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, A2.69, in ANNA OTTANI CAVINA, Felice Giani 1758-1823 e la cultura di fine secolo, 2 voll., Milano, Electa, 1999, II, pp. 897-898, n. 1266. 119 Felice Giani, Fetonte pianto dalle sorelle, Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, A2.7, in ANNA OTTANI CAVINA, Felice Giani cit., I, p. 183, n. 271, II, p. 705. 120 A. OTTANI CAVINA, Felice Giani cit., Sala di Apollo, pp. 403-405; M. MARONGIU, Currus auriga paterni cit., p. 184; ANNA COLOMBI FERRETTI, Palazzo Milzetti a Faenza, in L’officina neoclassica. Dall’Accademia de’ pensieri all’Accademia d’Italia, catalogo della mostra, a cura di Francesco Leone, Fernando Mazzocca, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2009, pp. 55-67.

Le Eliadi dal mito all’iconografia

53


piemontese dapprima in casa Conti, con la Galleria di Fetonte (1787-1801) (opera perduta), e poi in questo nuovo cantiere (1802-1805), dove gli affreschi testimoniano la comprensione su basi classiche e filosofiche del mito ovidiano, riproposto secondo la simbologia cosmogonica. Una ‘coenatio rotunda’ è infatti la sala ottagona progettata dal ‘massone’ Giovanni Antonio Antolini (1801) che si ispira, nel grande vano, alla Domus Aurea neroniana, centro dell’universo e modello della ‘reggia solare’. Domina, sulla volta, Il carro di Apollo (fig. 38), mentre in alto, sulle lunette, i mesi si alternano al ritmo stagionale dei solstizi e degli equinozi. Qui, in questo complesso decorativo, nel bassorilievo di Antonio Trentanove, Fetonte, sbalzato dal cocchio, inarca il corpo come nell’iconografia del sarcofago degli Uffizi (fig. 40) mentre le Eliadi, figlie del Sole, nella sovrapporta di Ballanti Graziani rinnovano le suggestioni dei rilievi romani, ora partecipando all’azione, ora confondendosi con gli elementi vegetali. Nell’Ottocento romantico, la pittura di storia preferì altri temi; fino al Simbolismo, quando Gustave Moreau ripensò Fetonte in un’opera visionaria (1878). Bisognerà attendere il Novecento per assistere, in area ferrarese, al rilancio del ruolo antico dell’eroe ovidiano, nume tutelare del territorio padano e allegoria del ‘mito di Ferrara’. Per primo fu Napoleone Martinuzzi121 a dedicare nel 1929 alla favola delle Metamorfosi i rilievi del Palazzo delle Poste (figg. 43-46), dove Eliadi vigorose si adagiano sul letto del fiume secondo un’iconografia desueta (fig. 46). Qualche tempo dopo, tra il 1934 e il 1938, la tradizione letteraria dell’Eridano e il mito di fondazione, già sentito intensamente dagli Este, rivisse nel programma icono-

54

Elisabetta Landi

grafico degli affreschi del Municipio, suggerito da Nello Quilici ad Achille Funi (fig. 47) che nel grande ciclo, ispirato alle forme energiche del Martinuzzi ma prima ancora a Piero della Francesca e a Paolo Uccello, con uno sguardo a Sironi (Torresi), rinnovò l’assialità sincronica di Michelangelo e restituì alle ninfe la monumentalità del dramma e il ricordo del «pianto lungo dei pioppi», ascoltato quand’era ragazzo «nei silenzi dilatati sulla gran pianura» (Quilici).122 Da allora, il mito di Fetonte feconda l’immaginario degli artisti emiliani, ispirando opere ed esposizioni. Una ‘resurrezione di Fetonte’, si potrebbe dire, parafrasando il senso della tela di Sergio Ughi esposta presso il Centro Civico di Pontelagoscuro,123 una rassegna figurativa che rende omaggio all’eroe e alle sue sorelle – una delle quali visitò, forse, i sogni di Lino Costa.124 La leggenda dell’ambra, oggi, vive con le Eliadi lungo le sponde del fiume.

121 MARINA BAROVIER, Napoleone Martinuzzi, vetraio del Novecento, Padova, F. Martella, ed. 2001; L. SCARDINO, Famigerato e dispettoso. Appunti sul Palazzo delle Poste di Ferrara e su Angiolo Mazzoni, in “Angiolo Mazzoni, architetto ingegnere del Ministero delle Comunicazioni”, Milano, Skira, 2003, pp. 205213; L. SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese cit., s.p. 122 NELLO QUILICI, Il Mito di Ferrara negli affreschi di Achille Funi, Milano, Edizioni del Milione, 1939, pp. 21-23; LUCIO SCARDINO, Achille Funi e il “Mito di Ferrara”, Ferrara, Belriguardo, 1985; A.P. TORRESI, I cavalli di Fetonte cit., p. 46; L. SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese cit., s.p.; IDEM, Oltre Fetonte: appunti sulla pinacoteca di Pontelagoscuro, in La raccolta d’arte del Centro Civico di Pontelagoscuro, a cura di L. Scardino, con introduzione di Giacomo Savioli, Ferrara, Liberty House, 2000, s.p. 123 L. SCARDINO, Fetonte, mito dell’arte ferrarese cit., s.p., n. 64. 124 L. SCARDINO, La raccolta d’arte cit., s.p., n. 19.
































Repertorio


1

PIACENZA

2 5

6

2 3

8

PARMA

7

REGGIO EMILIA

MODENA 13 9-10

11

BOLOGNA 4 14-15-16 20

12

18

86

19


I MUSEI

FERRARA 21-22-23 24

NA RAVENNA 17

25

26

FORLì 27

CESENA RIMINI 29

30 28

31

1. Musei Civici di Palazzo Farnese Piacenza 2. Museo Archeologico della Val Tidone Pianello Val Tidone (PC) 3. Museo Archeologico Nazionale Parma 4. Seminario Vescovile Bedonia (PR) 5. Museo dei Fossili Fidenza (PR) 6. Centro Visitatori Alta Velocità Fontanellato (PR) 7. Musei Civici Reggio Emilia 8. Museo della Terramara di Santa Rosa Poviglio (RE) 9. Galleria, Museo e Medagliere Estense Modena 10. Museo Civico Archeologico Etnologico Modena 11. Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’ Castelfranco Emilia (MO) 12. Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale Marano sul Panaro (MO) 13. Museo di Nonantola Nonantola (MO) 14. Museo Civico Archeologico Bologna 15. Museo Civico Medievale Bologna 16. Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’ Bologna 17. Museo di San Domenico Imola (BO) 18. Museo Nazionale Etrusco ‘Pompeo Aria’ Marzabotto (BO) 19. Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ Monterenzio (BO) 20. Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ San Lazzaro di Savena (BO) 21. Museo Archeologico Nazionale Ferrara 22. Museo Civico di Storia Naturale Ferrara 23. Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’ Ferrara 24. Museo Civico del Belriguardo Voghiera (FE) 25. Museo Nazionale di Ravenna Ravenna 26. Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea Faenza (RA) 27. Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’ Forlì 28. Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ San Giovanni in Galilea (FC) 29. Palazzo della Cultura Sogliano al Rubicone (FC) 30. Museo della Città Rimini 31. Museo Civico Archeologico Verucchio (RN)

87


Nota per i lettori

Il repertorio che segue è stato redatto in base a un censimento svolto nei musei presenti sul territorio regionale con l’obiettivo di individuare gli esemplari in ambra in essi conservati di ambito geologico, archeologico e di epoca più recente. È suddiviso in due sezioni: la prima accoglie le realtà museali che conservano collezioni di materiali in ambra numericamente e tipologicamente più consistenti o anche singoli reperti di particolare pregio artistico; la seconda dà conto di altre entità museali, non meno importanti, ma che, pur nell’ambito di collezioni consistenti, conservano un minor numero di oggetti realizzati in questo materiale. Entrambe le sezioni sono organizzate secondo un ordine alfabetico in base al luogo in cui si trova l’istituzione museale di appartenenza. Le raccolte di maggior rilievo sono introdotte da testi esplicativi e corredate da schede relative a tutti gli oggetti conservati o a una selezione di quelli più significativi con i relativi riferimenti bibliografici. I testi riportano la firma degli autori ad eccezione di quelli redatti dalla curatrice, visionati e corretti dai responsabili delle collezioni.

Abbreviazioni F.B.

Fede Berti

M.C.

Manuela Catarsi

F.C.

Federica Cavani

M.M.

Monica Miari

C.M.

Cetty Muscolino

P.P.

Paola Palmiotto

88


Museo Civico Archeologico

Via de’ Musei, 8 40124 Bologna Tel. 051 2757211

di ambra figurata rinvenuto a Bologna,

te, fra i venti e i trenta esemplari raffiguran-

databile alla fine del VII sec. a.C.;

ti sia protomi femminili che protomi e figure

• spilloni con capocchia in ambra, fra cui

animali, databili fra la fine del VI e il V sec.

Fax 051 266516

spicca l’esemplare a ombrellino della

a.C. e provenienti dai sepolcreti Certosa, Ar-

mca@comune.bologna.it

tomba principesca Benacci-Caprara 39

noaldi e Giardini Margherita di Bologna. Il

www.comune.bologna.it/museoarcheo

(seconda metà dell’VIII sec. a.C.);

maggior nucleo di ambre di provenienza col-

logico

• fibule di varie fogge (ad arco rivestito con

lezionistica è costituito dagli esemplari della

perle globulari di ambra, ad arco rivesti-

collezione donata dal cavalier Pietro Brunelli

Nelle collezioni del Museo Civico Archeo-

to con nocciolo d’ambra, a sanguisuga

che provengono dall’Abruzzo e comprendo-

logico i reperti in ambra sono assai nume-

composita, serpeggianti, a sanguisuga

no alcuni pezzi figurati. Di seguito saranno il-

rosi – nell’ordine di alcune centinaia – in

con castoni);

lustrati alcuni esempi delle tipologie presenti

prevalenza provenienti da scavi realizzati a Bologna e nel territorio, ma anche inclusi nelle raccolte di origine collezionistica, e in particolare nelle sezioni Etrusco-

• armille (di lamina cava con castoni di am-

Anna Dore

• tintinnabuli (pendenti in bronzo con castoni);

italica e Greca. Per il primo gruppo si trat-

• eccezionali un oggetto interpretato co-

ta in grande prevalenza di oggetti prove-

me bastone di comando dalla tomba

nienti dalle necropoli etrusche di Bologna e

182 S. Vitale (IX sec. a.C.) e una conoc-

del suo territorio e da alcune necropoli di

chia in bronzo e ambra dal sepolcreto De

fase villanoviana di Verucchio (RN). Duran-

nelle collezioni del museo.

bra e osso);

Luca (VII sec. a.C.).

te la fase villanoviana e orientalizzante

Per la successiva fase felsinea si possono ci-

(900-575 a.C.) ricorrono nelle necropoli

tare rare fibule ad arco rivestito – fra le qua-

bolognesi sia oggetti in ambra che oggetti

li spicca un esemplare in argento con vago

compositi, in bronzo, ambra e talvolta os-

centrale conformato a leone accovacciato

so. Si tratta di:

dalla necropoli Arnoaldi – alcuni strumenti

• perle e vaghi di varia forma probabilmen-

interpretati come conocchie, ma soprattutto

te assemblati in collane. Fra questi in età

vaghi di collana e pendenti, assemblati in

orientalizzante spiccano piccoli pendagli

collane realizzate o completamente in am-

a bulla e l’eccezionale vago configurato a

bra o in ambra e altri materiali, prevalente-

pesce dalla Tomba degli Ori dell’Arsenale

mente vetro. Il nucleo in assoluto più inte-

Militare di Bologna, il più antico esempio

ressante è rappresentato dalle ambre figura-

Riferimenti bibliografici Guida al Museo Civico Archeologico di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Govi, Bologna, Editrice Compositori, 2009. Bologna nell’antichità, a cura di Giuseppe Sassatelli, Angela Donati, Bologna, Bononia University Press, 2005. FEDERICA GUIDI, La collezione Brunelli nel Museo Civico Archeologico di Bologna: un esempio del gusto antiquario del XIX secolo, «Il Carrobbio», 32, 2006, pp. 147-158. ROBERTO MACELLARI, Il sepolcreto etrusco nel terreno Arnoaldi di Bologna (550-350 a.C.), Bologna, Comune di Bologna, 2003. Il Museo Civico Archeologico di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Govi, Daniele Vitali, Imola, University Press, 19882. S. PANICHELLI, Sepolture bolognesi dell’VIII secolo a.C., in Miscellanea protostorica, a cu-

Museo Civico Archeologico

89


ra di Gian Luigi Carancini, Roma, G. Bretschneider, 1990 (Archaeologia Perusina), pp. 187-408. La necropoli villanoviana di San Vitale, a cura di Rosanna Pincelli, Cristiana Morigi Govi, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1975. CATERINA TAGLIONI, L’abitato etrusco di Bologna, Imola, University Press, 1999. MARIA ELEONORA TAMBURINI MÜLLER, La necropoli Campo del Tesoro-Lavatoio di Verucchio (Rn), Bologna, Comune di Bologna, 2006. SILVANA TOVOLI, Il sepolcreto villanoviano Benacci Caprara di Bologna, Bologna, Grafis, 1989.

Confronti tipologici: vaghi di questo tipo sono frequenti nelle tombe della fase villanoviana più antica Provenienza: Bologna, necropoli San Vitale, tomba 335 Collocazione: Bologna, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: la superficie dei vaghi è ossidata e alcuni presentano piccole lacune Datazione: 900-850 a.C. Bibliografia: La necropoli villanoviana di San Vitale, a cura di Rosanna Pincelli, Cri-

CATALOGO

stiana Morigi Govi, Bologna, Istituto per la

p 2. Vaghi d’ambra con spiraline coniche, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

storia di Bologna, 1975, p. 215, tav. 170;

Descrizione: i vaghi presentano un foro

1. Elementi di collana

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

passante, uno ha due fori perpendicolari.

Inv. n. 10741

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

L’assemblaggio è moderno

Tipologia: vaghi di forma cilindrica, discoi-

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007),

Materiale: ambra rossiccia opaca

dale e uno di forma biconica (51)

a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

Dimensioni: alt. cm 1,7-2,2, largh. cm

Descrizione: presentano diametro e spes-

no, Milano, Electa, 2007, p. 147 n. III.64

1,1-1,8; spiralette alt. cm 1-2,3

sore diverso con foro longitudinale passan-

Confronti tipologici: la tipologia dei va-

te. L’assemblaggio è moderno

2. Vaghi

ghi è frequente nei corredi femminili del

Materiale: ambra

Inv. nn. 12539-12540

Bolognese sin dalla fase più antica del Vil-

Dimensioni: diam. cm 0,5-1,2, alt. cm

Tipologia: sette vaghi di forma ovoidale

lanoviano spesso associati a tubetti spira-

0,25-0,7

con sette spiraline coniche

liformi in bronzo come in questo caso. Provenienza: Bologna, necropoli Savena, tomba 123 a incinerazione Collocazione: Bologna, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: la superficie dei vaghi si presenta ossidata e con fessurazioni Datazione: 860-820 a.C. Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

p 1. Corredo della tomba 335 S. Vitale, con elementi di collana in ambra, Bologna, Museo

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

147 n. III.65

90

Museo Civico Archeologico


Collocazione: Bologna, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: arco deformato Datazione: VIII sec. a.C. Bibliografia: SILVANA TOVOLI, Il sepolcreto villanoviano Benacci Caprara di Bologna, Bologna, Grafis, 1989, p. 101, n. 11, tav. 29; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo p 4. Fibula ad arco ribassato con perle

p 3. Fibula ad arco ribassato con nocciolo

di ambra e vetro, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 148 n. III.67

d’ambra, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico

5. Spillone

3. Fibula ad arco ribassato

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

Inv. nn. 23308-23323

Inv. n. 23192

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Tipologia: spillone con capocchia a om-

Tipologia: fibula ad arco ribassato con

Milano, Electa, 2007, p. 148 n. III.68

brellino

nocciolo in ambra

Descrizione: spillone con salvapunta, og-

Descrizione: arco di filo di bronzo a sezio-

4. Fibula ad arco ribassato

getto di ornamento maschile

ne quadrangolare nel quale è infilato un

Inv. n. 23728

Materiale: bronzo e ambra

nocciolo d’ambra di colore arancio ovoida-

Tipologia: fibula ad arco ribassato con

Provenienza: Bologna, sepolcreto Benacci

le a sezione circolare

perle di ambra e vetro blu

Caprara, tomba 39

Materiale: bronzo e ambra

Descrizione: arco di filo a sezione circola-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

Dimensioni: lungh. cm 4,2

re nel quale sono infilate sette perle di ve-

cheologico

Confronti tipologici: questa tipologia

tro blu a occhi bianchi e sei perle in ambra

Datazione: VIII sec. a.C.

compare nelle tombe bolognesi a partire

di forma biconica. Alle estremità dell’arco

Bibliografia: Il Museo Civico Archeologico

dall’VIII sec. a.C. ed è distribuita quasi

ci sono spirali ferma-perle

di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Go-

esclusivamente nella zona adriatica

Materiale: bronzo, vetro e ambra

vi, Daniele Vitali, Imola, University Press,

Provenienza: Bologna, necropoli Benacci

Dimensioni: lungh. conservata cm 5

1988, p. 240; SILVANA TOVOLI, Il sepolcreto vil-

Caprara, tomba 32

Confronti tipologici: l’esemplare rientra

lanoviano Benacci Caprara di Bologna, Bolo-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

nella varietà di grandi dimensioni con per-

gna, Grafis, 1989, p. 135 n. 63

cheologico

le d’ambra e vetro blu a occhi presente a

Stato di conservazione: buono, staffa la-

partire dalla prima metà dell’VIII sec. a.C.

cunosa e superficie dell’ambra ossidata

La fibula ad arco ribassato rivestito di perle

Datazione: VIII sec. a.C.

rimane uno dei tratti caratteristici delle

Bibliografia: SILVANA TOVOLI, Il sepolcreto vil-

tombe femminili bolognesi

lanoviano Benacci Caprara di Bologna, Bo-

Provenienza: Bologna, necropoli Benacci

p 5. Spillone, Bologna, Museo Civico

logna, Grafis, 1989, p. 102, n. 19, tav. 29;

Caprara, tomba 32

Archeologico (foto archivio MCABo).

Museo Civico Archeologico

91


Tipologia: fibula a sanguisuga ribassata con castone Descrizione: arco appiattito nella parte ventrale. Il castone presentava una tarsia d’osso a sezione rettangolare di cui rimane solo una parte Materiale: bronzo, ambra e osso p 6. Coppia di fibule a drago, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Dimensioni: lungh. cm 6,7 Confronti tipologici: tale tipologia richiama le fibule a sanguisuga ribassata con

6. Fibule a drago

perla ventrale appiattita diffuse nelle tom-

Inv. nn. 22970-23305

be maschili e femminili del Bolognese nel-

Tipologia: coppia di fibule a drago

la seconda metà dell’VIII sec. a.C. Un con-

Descrizione: fibule serpeggianti rivestite

fronto proviene dalla necropoli dello Stra-

di elementi in ambra

dello della Certosa, tomba 9

Dimensioni: alt. cm 0,55-2, lungh. cm

Materiale: ambra

Provenienza: Bologna, necropoli Benacci,

1,6-2,9

Provenienza: Bologna, sepolcreto Benacci

tomba 73

Provenienza: Bologna, necropoli Benacci,

Caprara, tomba 39

Collocazione : Bologna, Museo Civico Ar-

tomba 251

Collocazione : Bologna, Museo Civico Ar-

cheologico

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

cheologico

Stato di conservazione: ricomposta,

cheologico

Datazione: VIII sec. a.C.

manca l’ago, tarsia frammentaria

Stato di conservazione: alcuni vaghi lacu-

Bibliografia: Il Museo Civico Archeologico

Datazione: 720-680 a.C.

nosi e ricomposti. La superficie è ossidata

di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Go-

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Datazione: VIII sec. a.C.

vi, Daniele Vitali, Imola, University Press,

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

Bibliografia: S. PANICHELLI, Sepolture bo-

1988, p. 240; SILVANA TOVOLI, Il sepolcreto vil-

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

lognesi dell’VIII secolo a.C., in Miscella-

lanoviano Benacci Caprara di Bologna, Bolo-

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

nea protostorica, a cura di Gian Luigi Ca-

gna, Grafis, 1989, p. 135 n. 57-58

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

rancini, Roma, G. Bretschneider, 1990

149 n. III.71

(Archaeologia Perusina), p. 246; Ambre.

7. Fibula a sanguisuga ribassata Inv. n. 20529

p 8. Vaghi, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

Trasparenze dall’antico, catalogo della 8. Vaghi

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

Inv. n. 14299

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

Tipologia: vaghi di forma sub-quadrango-

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

lare ovoidale (23)

no, Milano, Electa, 2007, p. 147 n. III.66

Descrizione: i vaghi presentano una solcap 7. Fibula a sanguisuga ribassata, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

92

Museo Civico Archeologico

tura mediana globulare, biconica con foro

9. Tintinnabulo

passante da attribuire probabilmente a un’u-

Inv. n. 25373

nica collana. L’assemblaggio è moderno.

Tipologia: tintinnabulo composito

Materiale: ambra rossiccia opaca

Descrizione: presenta un corpo di bronzo


cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Datazione: VIII-VII a.C.

Milano, Electa, 2007, p. 149 n. III.72; ANNA

Bibliografia: Mostra dell’Etruria padana e

DORE, Principi etruschi tra Mediterraneo ed

della città di Spina, catalogo della mostra

Europa, catalogo della mostra, Venezia,

(Bologna, 12 settembre-31 ottobre 1960), 2

Marsilio, 2000, p. 297 n. 411

voll., Bologna, Alfa, 1960, I, p. 136, n. 486; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

10. Spillone

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

Inv. n. Vill. 262

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

Tipologia: spillone a capocchia composita

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Descrizione: capocchia formata da una

Milano, Electa, 2007, p. 149 n. III.75

grossa perla conica d’ambra di colore rossastro, opaca trattenuta inferiormente dal-

11. Fibula ad arco rivestito

l’ingrossamento del collo decorato a inci-

Inv. n. 24691

sione da sottili linee parallele

Tipologia: fibula ad arco rivestito con uni-

Materiale: bronzo e ambra

co elemento in ambra

massiccio decorato con una serie di anatrel-

Dimensioni: alt. cm 15,2

Descrizione: arco di filo in bronzo ribassato a

le stilizzate con castone centrale riempito da

Confronti tipologici: lo spillone può esse-

sezione quadrangolare nel quale è infilata una

una tarsia d’ambra di colore rosso scuro

re ricondotto al tipo a capocchia composi-

perla d’ambra di colore rosso scuro, opaca

Materiale: bronzo e ambra

ta tipo San Vitale con diffusione nel terri-

Materiale: bronzo e ambra

Dimensioni: alt. cm 9,9

torio felsineo e aree limitrofe

Dimensioni: lungh. conservata cm 5,2

Confronti tipologici: pendente dalla for-

Provenienza: Villanova di Castenaso (Bo),

Provenienza: Bologna, necropoli Melen-

ma trapezoidale compare nel bolognese in

necropoli delle Caselle

zani, tomba 64

tombe femminili di particolare ricchezza

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

databili fra la metà dell’VIII e il VII a.C. Al-

cheologico

cheologico

tri esemplari sono noti in Romagna

Stato di conservazione: parte bronzea for-

Stato di conservazione: la perla presenta

Provenienza: Bologna, necropoli Benacci,

temente danneggiata dall’ossido e superfi-

una lieve lacuna

tomba 491

cie della perla in ambra fortemente ossidata

Datazione: 750-720 a.C.

p 10. Spillone, Bologna, Museo Civico

p 11. Fibula ad arco rivestito, Bologna,

Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

p 9. Tintinnabulo, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Collocazione: Bologna, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: tarsia lacunosa Datazione: 750-720 a.C. Bibliografia: Mostra dell’Etruria padana e della città di Spina, catalogo della mostra (Bologna, 12 settembre-31 ottobre 1960), 2 voll., Bologna, Alfa, 1960, I, p. 101, n. 248; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

Museo Civico Archeologico

93


Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Stato di conservazione: manca l’ago, staf-

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

fa lacunosa, superficie dell’ambra ossidata

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Datazione: 750-720 a.C.

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

148 n. III.69

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

12. Fibula ad arco ribassato

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

Inv. n. 24941

148 n. III.70

Tipologia: fibula ad arco ribassato rivestito con sezioni digradanti d’ambra

13. Tintinnabulo

Descrizione: arco di filo di bronzo a sezio-

Inv. n. 25373

ne quadrangolare con ingrossamento so-

Tipologia: tintinnabulo

pra la staffa. Nell’arco sono infilate sei se-

Descrizione: i cosiddetti ‘tintinnabuli’

zioni discoidali digradanti in ambra di colo-

prendono il nome dalla convinzione che

re dal miele al rosso scuro

questi pendagli trapezoidali, tipici dell’a-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

Materiale: bronzo e ambra

rea bolognese, fossero una sorta di pic-

cheologico

Dimensioni: lungh. conservata cm 7

coli gong, perché frequentemente rinve-

Datazione: VII secolo a.C.

Confronti tipologici: la versione con di-

nuti assieme a un piccolo mazzuolo. In

schi alternati ambra e osso è attestata fin

realtà si tratta di pendagli cerimoniali

14. Bracciale

dalla fine del IX sec. a.C., mentre quella a

che, per la preziosità del materiale e per

Inv. n. 25377

sezioni solamente in ambra dal 770 a.C. Si

la forma, forse da collegare a quella del-

Tipologia: bracciale con tarsie

tratta di una tipologia comune attestata su

l’ascia, dovevano essere un segno di par-

Descrizione: bracciale costituito da una

tutta la penisola

ticolare prestigio per le donne che ne fa-

lamina di bronzo chiusa a cerchio, con i

Provenienza: Bologna, necropoli Melen-

cevano sfoggio. Si ritrovano infatti esclu-

bordi ripiegati verso l’esterno per contene-

zani, tomba 64

sivamente in tombe femminili di partico-

re tarsie rettangolari in ambra alternate ad

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

lare ricchezza, databili fra la seconda

altre in osso con decorazione a occhi di da-

cheologico

metà dell’VIII e il VII sec. a.C.

do intagliato e riempito di ambra

Materiale: bronzo e ambra

Materiale: bronzo, ambra e osso

p 13. Tintinnabulo, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Dimensioni: altezza cm 16,5 Confronti tipologici: in età orientalizzante sono caratterizzati dalla forma svasata, mentre alcuni esemplari, come questo particolarmente prezioso, presentano il corpo realizzato a traforo con inserti p 12. Fibula ad arco ribassato, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo, Roberto Macrì).

94

Museo Civico Archeologico

d’ambra Provenienza: Bologna, necropoli dell’Ar-

p 14. Bracciale, Bologna, Museo Civico

senale Militare

Archeologico (foto Roberto Macrì).


Dimensioni: diam. cm 10,1

Datazione: VII sec. a.C.

Confronti tipologici: la tipologia è presente

Bibliografia: ANNA DORE, Principi etruschi

nelle tombe femminili del Bolognese e delle

tra Mediterraneo ed Europa, catalogo del-

zone limitrofi sin dalla metà del VIII sec. a.C.

la mostra, Venezia, Marsilio, 2000, pp.

Provenienza: Bologna, necropoli dell’Ar-

278-279 n. 349

senale Militare Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

16. Pendente

cheologico

Inv. n. 17350

Stato di conservazione: integrato. Man-

Tipologia: pendente configurato a bovide

cano numerose tarsie

Descrizione: configurazione a bovide

Datazione: VII sec. a.C.

Materiale: ambra

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Provenienza: Bologna, necropoli dei Giar-

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

dini Margherita, tomba 144/1878

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

cheologico

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

Datazione: V sec. a.C.

149 n. III.73

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dal-

p 16. Pendente configurato a bovide, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

l’antico, catalogo della mostra (Napoli, 15. Conocchia

Museo Archeologico Nazionale, 26 mar-

Inv. n. 25899

zo-10 settembre 2007), a cura di Maria

Tipologia: conocchia composita

Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano,

Descrizione: riproduce lo strumento utiliz-

Electa, 2007, p. 127

zato per la filatura della lana e costituisce

p 17. Fibula ad arco rivestito, Bologna,

un elemento emblematico del prestigio

17. Fibula ad arco rivestito

Materiale: bronzo e ambra

Inv. n. 17502

Dimensioni: lungh. cm 17,8

Tipologia: fibula ad arco rivestito

Provenienza: Bologna, necropoli de Luca,

Descrizione: arco di filo a sezione rettan-

Materiale: argento, bronzo e ambra di co-

tomba 15

golare rivestito da quattro dischi d’argento

lore bruno

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

con funzione di fermi, ai lati di un leone in

Dimensioni: lungh. cm 4,6; leoncino lun-

cheologico

ambra accovacciato realizzato a tutto tondo

gh. cm 2,1, h 3,1

Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Provenienza: Bologna, sepolcreto Arnoaldi, tomba 131 Collocazione : Bologna, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: integra Datazione: prima metà V sec. a.C. Bibliografia: GIOVANNI GOZZADINI, Scavi p 15. Conocchia, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

governativi in un lembo della necropoli

Museo Civico Archeologico

95


felsinea, 1885-86, Bologna, Tip. Fava e Garagnani, 1886, p. 74; NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’ambra nella protostoria italiana, in Ambra, oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri, 1978, pp. 176-181, fig. 15 a-b; Il Museo Civico Archeologico di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Govi, Daniele Vitali, Imola, University Press, 1988, pp. 285-287; NUCCIA NEGRONI

CATACCHIO, L’ambra: produzione e

commerci nell’Italia preromana, in CARMINE

AMPOLO, Italia omnium terrarum pa-

rens: la civiltà degli Enotri, Choni, Ausoni, Sanniti, Lucani, Brettii, Sicani, Siculi,

p 19. Pendente configurato a protome femminile con profilo verso destra, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Elimi, Milano, Libri Scheiwiller, 1989, pp. 659-696

19. Pendente a protome femminile

p 20. Pendente in ambra a protome femminile, Bologna, Museo Civico Archeologico (foto Roberto Macrì).

Inv. n. 17348 18. Elementi di collana

Tipologia: pendente

Inv. n. 17287

Descrizione: presenta un profilo verso de-

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

Tipologia: vaghi in ambra e vetro

stra triangolare con grande occhio a man-

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Provenienza: Bologna, necropoli Certosa,

dorla definito da una doppia linea di con-

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

tomba 100

torno, naso leggermente schiacciato, boc-

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p.

Collocazione : Bologna, Museo Civico Ar-

ca carnosa, mento e mascella arrotondati e

158 n. III.97

cheologico

pronunciati. I capelli sembrano raccolti in

Datazione: V sec. a.C.

un copricapo a calotta o in una cuffia da

20. Pendente a protome femminile

cui esce sulla fronte una sorta di frangia a

Inv. n. 17401

fascia suddivisa da piccole solcature paral-

Tipologia: pendente

lele trasversali. Il retro non è modellato

Descrizione: configurato a testa femminile

Materiale: ambra

Materiale: ambra

Dimensioni: lungh. max cm 2,6, largh.

Provenienza: collezione Pietro Brunelli, dal-

max cm 2,2, spess. cm 0,9

l’Abruzzo

Provenienza: Bologna, necropoli Certosa,

Datazione: IV secolo a.C.

tomba 350

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’anti-

Collocazione: Bologna, Museo Civico Ar-

co, catalogo della mostra (Napoli, Museo Ar-

cheologico

cheologico Nazionale, 26 marzo-10 settem-

p 18. Elementi di collana, Bologna, Museo

Datazione: secondo quarto del V sec. a C.

bre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Anto-

Civico Archeologico (foto archivio MCABo).

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

nio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 184

96

Museo Civico Archeologico


Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

Dipartimento di Scienze della Terra

antico e dal Rinascimento in poi e infine

quella baltica, dal cuore della Sicilia, con il

e Geologico-ambientali

quella ‘regionale’ italiana con oltre 3.000

suo unico e particolare colore rosso e l’ec-

Piazza di Porta San Donato, 1

esemplari.

cezionale trasparenza, ha dato vita a un

40126 Bologna

Di particolare interesse è la raccolta che

fiorente artigianato, sia di intagliatori e so-

Tel. 051 2094922-26

documenta, con più di 1.000 esemplari fra

prattutto di orefici ad alto livello, la cui fa-

www.geomin.unibo.it/Musei/

quarzi, gessi, calciti e altro, gli aspetti geo-

ma travalicò subito la Sicilia stessa (a parti-

bombicci.htm

mineralogici del territorio bolognese: parti-

re dalle Ladies dell’aristocrazia londinese

colare e curiosa è la ‘pietra fosforica di Bo-

… ai grandi Musei di gioielli d’epoca di

Il Museo ha sede presso l’ex Istituto di Mi-

logna’, notissima e ricercatissima dagli al-

New York).

neralogia, oggi Dipartimento di Scienze

chimisti medievali.

I modesti ritrovamenti attuali la rendono,

della Terra, edificato nel 1903 dagli archi-

A fianco si trova la raccolta di oltre 150

oltre che bella, particolarmente rara e

tetti Penza e Bastiani nell’area destinata al-

meteoriti cadute tra il 1492 e oggi, fra le

preziosa. La collezione di ambre del Mu-

l’espansione dell’Università attorno a porta

quali la rara condrite carbonacea di Renaz-

seo di Mineralogia ‘L. Bombicci’ dell’Uni-

Zamboni.

zo (Ferrara); le oltre 1.000 rarissime ambre

versità di Bologna ha anche la principale

La nuova sede fu voluta e ideata da Luigi

siciliane; le paesine, pietre dure e preziose;

caratteristica di essere costituita al 90%

Bombicci, primo docente della cattedra di

si segnalano poi la preziosa pepita d’oro da

da ambre siciliane e risulta per questo es-

Mineralogia dell’Ateneo istituita nel 1860

230 grammi proveniente dall’Uollega e al-

sere la più importante per storia, numero,

e primo direttore del museo, al quale si de-

cuni diamanti. Un’apposita vetrina oscura-

quantità e qualità dei campioni, fra le col-

ve anche gran parte del materiali, raccolti

bile ospita un piccolo nucleo di minerali

lezioni museali storiche italiane e proba-

tra il 1861 e il 1903. Il patrimonio è com-

fluorescenti; seguono tre vetrine conte-

bilmente europee.

posto da oltre 50.000 campioni di minera-

nenti campioni di notevoli dimensioni.

li e rocce di notevole importanza storica e

Completano la ricca dotazione museale

Generalità sulla collezione

scientifica, provenienti da tutto il mondo; i

modelli di cristalli, tavole antiche, strumen-

L’attuale collezione, composta di oltre

pezzi esposti sono circa 10.000, suddivisi

ti scientifici per lo studio della Mineralogia

1.300 esemplari di ambra di cui 1.200 cir-

in collezioni generali e in raccolte ed espo-

risalenti all’Ottocento.

ca di provenienza italiana, si è costituita attraverso l’unione di due nuclei differenti

sizioni tematiche. Tra le collezioni, la maggiore è quella ‘si-

Premessa

per epoca storica, quantità di presenze e ti-

stematica’, ricca di oltre 3.000 pezzi, insie-

Non molti, anche fra gli italiani estimatori

pologia: il primo è dato da 267 campioni di

me alla collezione storica ‘Sarti’ di oltre

di ambre, conoscono l’ambra italiana: la si-

diverse provenienze di ambre (di cui circa il

650 pietre antiche e moderne, con le pie-

metite che, pur non potendo competere

40% siciliane), già esistenti nel Museo alla

tre ornamentali usate in edilizia nel mondo

né per quantità né per grandezza con

data del 1860;1 il secondo, acquisito suc-

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

97


cessivamente al 1860, è costituito di 1.050

vorate, si possono citare: l’esemplare n.

e riesce a riprodurli in due figure in bian-

esemplari di ambre della Sicilia.

16553 che è il più grande e pesa 163,22 g

co e nero.

Questa collezione può dirsi unica nel suo

e l’esemplare n. 16588 di 83,73 g, ricco di

Emery, professore di Entomologia a Bolo-

genere in Italia per numero di esemplari e

corpuscoli e «fessure risplendenti» (Bom-

gna, studiò i campioni della collezione in

per la loro varietà. Il ricco e diversificato

bicci, 1890).

due momenti diversi. Approfondito fu l’e-

materiale presente può prestarsi a ulteriori

Gli esemplari provenienti dalla Sicilia cen-

same condotto su 11 campioni apparte-

specifici studi e confronti.

tro-settentrionale (zona di Petralia) sono di

nenti al primo nucleo. Furono tagliate nu-

Sono poche invece le recenti acquisizioni,

color rosso scuro/nero e opachi; esposti in

merosissime fettine (ciascuna inglobante

limitate, per precisa scelta, ad ambre italia-

luce riflessa o tagliati in lastre sottili ap-

uno o più animali) ottenendo anche 14 la-

ne e in particolare ad ambre appenniniche

paiono limpidi e colorati in rosso fuoco.

strine da un unico pezzo di ambra. Molti di

grezze su matrice e ad ambre alpine, pro-

Notevole la loro fluorescenza.

questi ‘preparati’ sono ancora reperibili.

venienti da recenti ritrovamenti.

I campioni insettiferi sono stati esaminati da

Emery concentrò il suo studio sulle formi-

diversi entomologi per determinare le spe-

che fossili, di cui individuò 40 esemplari (al-

Il primo nucleo

cie presenti, definirne di nuove e stabilire la

cuni dei quali integri e perfettamente con-

Nella tabella seguente sono riportate le di-

provenienza e l’età dei campioni in base ai

servati) di 13 generi diversi e di 14 specie.

verse provenienze dei 267 esemplari ap-

confronti fra fauna fossile siciliana e baltica.

Fra queste ultime ne identificò diverse nuo-

partenenti al primo nucleo, quasi tutti cor-

Malfatti nel 1878 ha messo a confronto gli

ve, fra cui tre il cui nome fu dedicato a per-

redati di schede originali. Il peso totale è di

insetti fossili più frequentemente presenti

sone in qualche modo collegate a questa

circa kg. 5,400.

nell’ambra e quelli presenti invece nella co-

collezione: a Silvestri (da poco scomparso)

pale. Egli osservò che gli insetti che carat-

fu dedicato il Cataulacus Silvestrii, a Bom-

Ambre siciliane

terizzavano principalmente l’ambra erano

bicci l’Hypopomyrmex Bombicci e alla figlia

La maggior parte degli esemplari provengo-

per la maggior parte Ditteri, Imenotteri,

di quest’ultimo l’Aeromyrma Sophiae (stu-

no dalle spiagge a sud di Catania dove sfo-

Termiti, Ortotteri (per esempio blatte e gril-

dio entomologico delle ‘formiche’ fossili su

cia il Simeto e sono di piccola media gran-

lidi), Emitteri, Coleotteri; dati confermati

11 campioni, pubblicazione del 1891).

dezza (da 0,2 a circa 7 cm), lucidate e lavo-

da Emery nel 1891.

Il Tosi invece afferma, individuando due

rate a forma di lenti, mandorle, gocce, nel

Nel 1881 Malfatti si soffermò a descrivere

nuove specie di api in un campione del pri-

complesso abbastanza limpide, di colore va-

due piccoli Imenotteri presenti all’interno

mo nucleo, che in questo caso la fauna

riante dal giallo, al giallo/arancio, al rosso.

di un campione di ambra siciliana perfet-

baltica e siciliana erano identiche o con mi-

15 di esse sono insettifere, 10 hanno altre

tamente lavorato e lucidato. In questa sua

nime differenze (studio entomologico di

inclusioni organiche. Alcune sono variegate.

pubblicazione si dilunga nella descrizione,

un insetto del genere Apiaria su 1 campio-

Fra le più grandi, grezze o solo in parte la-

seppure molto dettagliata, dei due insetti

ne, pubblicazione del 1896).

98

NUMERI DEI CAMPIONI

PROVENIENZA NATURALE

NUMERO DEI CAMPIONI

PROVENIENZA NATURALE

102 22

Sicilia Appennino emiliano-romagnolo

79 64

124

Italiana

143

Area baltica Varia (Europa - Africa Nuova Zelanda) Non italiana

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

1

Il Museo di Mineralogia di Bologna viene costituito l’8 marzo 1860, quando il Gabinetto di Storia Naturale dell’Università fu diviso nelle tre sezioni di Zoologia, Geologia e Mineralogia; alla direzione di quest’ultima fu chiamato il prof. L. Bombicci.


Skalski nel 1988 analizzò un campione del-

Ambre dell’area baltica

picene potevano derivare dai giacimenti

la collezione di ambre del Museo di Mine-

13 esemplari sono costituiti da nuclei, no-

appenninici o, più probabilmente, da

ralogia di Bologna (n. 16618/9) e vi scoprì

duli, forme irregolari, spesso fluitate, di

quelli siciliani.

incluso un Leptomyrmex maravignae, con-

media grandezza attorno a 10 cm. Sono

Completa la raccolta un gruppo eteroge-

fermando così la scoperta del professor

quasi completamente opachi e mostrano

neo (22 esemplari) di varietà di ambra

Emery, fatta sullo stesso esemplare del Mu-

una superficie naturale alterata, ricca di ca-

baltica che presentano caratteristiche

seo, del 1891. Skalski, studiando altri cam-

vità più o meno profonde. Il colore va dal

chimico-fisiche-morfologiche diverse. Il

pioni di simetite, osservò una specie nuova

‘miele carico’ al rosso arancio cupo.

loro colore prevalente varia da rosso scu-

che, in onore proprio del collega Emery,

L’esemplare più grande (n. 16530 del peso

ro a bruno rossastro; spesso sono opachi,

nominò Emeria simetitia.

di circa 480 g) dell’intera collezione di am-

molto friabili, con superfici alterate e/o

bre appartiene a questo gruppo.

terrose.

Ambre dell’Appennino

8 esemplari sono limpidi, di color madera

emiliano-romagnolo

chiaro, lavorati a lastre sfaccettate, insetti-

Ambre di varia provenienza

Sono costituite principalmente da una serie

fere, ciascuno tra 2 e 3 g.

Le 64 ambre, che costituiscono il 24% del

di frammenti grezzi, opachi e di colore ros-

Della stessa provenienza baltica è una serie

primo nucleo, comprendono un gruppo di

so scuro, per lo più provenienti dalle colline

di 29 piccoli blocchi (da 2 a 4 cm), molati,

esemplari definiti da Bombicci come «co-

bolognesi-modenesi (Bombicci, 1875).

trasparenti, di color giallo carico, per com-

paline» (dopo il 1900 comunemente chia-

L’esemplare più significativo è il n. 16528

plessivi 90 g, tutti con insetti ben visibili,

mate ‘copalite’).

che pesa 148 g, proveniente dalla zona di

acquistati dal collezionista D’Anna.

Questi esemplari sono per la gran parte di

Mercato Saraceno (Forlì), e che fu donato

Ancora dell’area baltica, provengono gli

provenienza sconosciuta e solo per pochi si

al Museo di Mineralogia dal professor Ca-

unici campioni archeologici della collezione,

può definire l’origine; essi sono quattro

pellini che ne illustrò le caratteristiche al VII

in numero di sette. Tra di essi, un grosso

dello Zanzibar, due della Francia, uno del

Congresso Internazionale di Antropologia

frammento non lavorato (n. 16527), traspa-

Belgio, uno dell’Inghilterra (rinvenuto la

e Archeologia Preistoriche a Stoccolma nel

rente e di color giallo chiaro, rinvenuto nei

prima volta nel 1813 ‘Highgate resin’) e

1874 (Capellini, 1876).

sepolcreti etruschi di Chiusi, fibule e un

uno della Nuova Zelanda.

Si tratta di un ‘ovoide’ (fig. 3), di colore

anellone provenienti da tombe picene fem-

Il colore è prevalentemente giallo da chia-

giallo dorato, superficialmente alterato in

minili e riferibili al periodo di transizione fra

ro ad arancio. 34 esemplari sono limpidi,

una crosta rossastra, limpido all’interno e

il Villanoviano e la prima Età del Ferro (Stop-

con inclusioni di insetti, vegetali e bolle

con numerose inclusioni inorganiche e or-

pani, 1886; Dall’Osso, 1915). Le fibule, di

d’aria. 20 hanno impronte di corteccia

ganiche, fluorescente. Esso resta a

forma ovoidale e di dimensioni notevoli , da

d’albero, 10 sono opache e variegate. Le

tutt’oggi uno fra gli esemplari più note-

7 a 15 cm, di cui si è rinvenuta solo la parte

dimensioni degli esemplari sono comprese

voli fra quelli rinvenuti nell’Appennino

in ambra, sono opache e di color rosso scu-

tra 2 e oltre 11 cm (n. 16502), quasi tutti

emiliano-romagnolo, sia per la sua gran-

ro. Queste ambre sarebbero da riferire a un

trasparenti con inclusioni organiche.

dezza che per la rarità composizionale

uso cerimoniale funebre: avrebbero infatti

Complessivamente il primo nucleo è costi-

(Veggiani, 1952 e 1953). Interessante è

legato sul capo del defunto il velo che lo av-

tuito da: 30% di ambre grezze, 60% di

anche la sua giacitura geologica che con-

volgeva all’atto dell’inumazione.

ambre lavorate e 10% di ambre semilavo-

sente di stabilire confronti con le ambre

È interessante notare inoltre che per al-

rate; il 30% circa contiene insetti o inclusi

siciliane.

cuni studiosi (Capellini, 1876) le ambre

di diverso tipo.

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

99


Il secondo nucleo o collezione Silvestri

[…] Nulla di più bello o di più fantastico nel

denza di Bombicci. Questi, temendo forte-

genere m’è occorso di vedere della già ci-

mente che nelle more dell’attesa la colle-

Come già detto, il secondo nucleo è costi-

tata collezione d’ambre siciliane, esposta

zione potesse venire venduta all’estero, es-

tuito da 1.050 campioni di ambra di pro-

da Orazio Silvestri alla mostra di Torino del

sendovi molti studiosi stranieri interessati

venienza siciliana, per un peso complessivo

1884. Vi ho contato circa 600 pezzi. La for-

in quegli anni (vedi per esempio Goeppert,

di circa 3,5 kg, oggetto di un importante

ma, quasi esclusivamente, era quella di

1879; Helm & Conwentz, 1866) alle ambre

acquisto che Bombicci fece da un suo «il-

ciottoli discoidali o ellissoidali, quasi tutti di

siciliane, pensò opportuno di anticipare la

lustre ed attivissimo collega, amico e com-

un liscio e d’una trasparenza perfetta.

cifra necessaria di lire 5.000.

pagno di studi nell’Ateneo pisano»: il pro-

Grossezza variabile da quella d’una grossa

Altri due anni (1889) passarono prima che

fessore commendatore Orazio Silvestri

lente a quella d’un uovo di gallina. I pezzi

Bombicci ottenesse il rimborso della cifra

(Bombicci, 1890).

fossiliferi erano circa 100, con insetti e ve-

da parte del Ministero della Pubblica Istru-

Come di consuetudine per tutte le colle-

getali molto perspicui. Tra i colori, sempre

zione (cfr. Archivio del Museo).

zioni di una certa importanza, questa viene

vivissimi, si notavano il giallo di topazio, l’a-

Per quanto riguarda la schedatura di que-

identificata nell’archivio del Museo di Mi-

ranciato, il bruno trasparente, il rosso di

sta collezione, Bombicci fa riferimento,

neralogia, come collezione Silvestri.

fiamma e il rosso sanguigno, con screziatu-

nella sua corrispondenza, a un catalogo in-

Al di là del cospicuo numero di campioni,

re diverse. C’erano anche ambre nerastre o

viato per due volte al Ministero della Pub-

ciò che rende di notevole importanza

nere, fino a sembrare talora pezzetti di ga-

blica Istruzione di cui non si ha copia (cfr.

scientifica la raccolta è il fatto che essa fos-

gate. Non si può descrivere quant’era bello

Archivio del Museo). In Museo si conserva

se stata costituita dal professor Silvestri

il contemplare sotto diversi punti di vista

un catalogo parziale rappresentato da un

(per molti anni direttore dell’Istituto di Mi-

quel piccolo ammasso di gemme nostrane.

libretto da schizzi con la raffigurazione di

neralogia di Catania) tramite ritrovamenti

… Oh quanto più belle delle nordiche sono

oltre 600 pezzi di questa raccolta, con re-

e/o ricerche personali e che queste furono

le ambre della Sicilia! Si direbbe che il tem-

lativi numeri di inventario e pesi che sem-

condotte, in un modo definito da Bombic-

po, che tutto guasta, rode, consuma, in

bra rappresentare una bozza o una copia,

ci «sagace», tale da garantire la provenien-

mezzo alle reliquie nefaste, bigie, brune e

peraltro incompiuta, del catalogo. I disegni

za certa degli esemplari.

nere di un mondo di scheletri, ha dimenti-

sono stati in parte colorati con la tecnica

Molti erano i collezionisti e gli studiosi del

cato le ambre, per mostrare quanto fosse

dell’acquerello.

tempo interessati a questa preziosa collezio-

più viva anche in allora la tavolozza dei so-

La maggior parte dei campioni della colle-

ne (Bombicci, 1890) e tra essi Emery (1891).

li del Mezzodì, di quella dei soli del Nord

zione erano stati (non si sa se da Silvestri o

Bombicci poté vederla per la prima volta

[…] (Stoppani, 1886).

da Bombicci, ma più verosimilmente da

esposta a Torino, nel 1884, in occasione

quest’ultimo) incollati con il balsamo del

dell’Esposizione Nazionale, e ne rimase vi-

Dovevano passare però tre anni (1887) pri-

Canada su oltre 100 vetrini trasparenti di

vamente impressionato.

ma che il professor Silvestri pensasse di

10x7 cm con progressivo numero di inven-

Come dice Bombicci (1890), per dare un’i-

metterla in vendita. Probabilmente a que-

tario. In ogni vetrino risultavano attaccati

dea della bellezza e importanza di questa

sta decisione pervenne a causa del suo cat-

da 2 a 17 campioni di ambra di diverse di-

raccolta, basterebbero «i qui trascritti pe-

tivo stato di salute.

mensioni, ma per lo più selezionati in base

riodi del libro l’Ambra dell’illustre geologo

La cessione della collezione Silvestri veniva

al colore, alla forma o al tipo di lavorazio-

naturalista prof. A. Stoppani per la loro ine-

ritardata dalle lungaggini della burocrazia

ne. Nel libretto da schizzi conservato si

rente brillantissima potenza descrittiva»:

ministeriale, come risulta dalla corrispon-

possono vedere in 25 pagine tutti i contor-

100

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’


ni dei campioni. Utilizzando sia le schede

tato alla Mostra di Torino solo parte della

zione venduta a Bombicci fu presumibil-

della collezione di Bombicci (1890) che le

collezione: solo cioè le circa 600 ambre

mente la collezione completa, compresa la

sagome disegnate sull’album, si è riusciti a

medie/grandi e trasparenti; mentre la colle-

parte non esposta. Può darsi anche che l’o-

ricostruire per alcuni casi la disposizione originale su vetro (figg. 1a, 1b). Complessivamente il secondo nucleo è costituito da un 25% di ambre grezze, da un 5% semilavorate e da un 70% di ambre lavorate. Per queste ultime si tratta di lavorazione tipica di gioielleria; tranne 35 pezzi, in cui si vede chiaramente un uso precedente (ad esempio perle di collane, pendenti, ecc.), per le restanti non è dato sapere se si tratti di esemplari già pronti per essere usati su montature di gioielli, che Silvestri acquistò quindi già così allo stato attuale, oppure esemplari che lui stesso fece tagliare e lucidare ad uso collezionistico e gemmologico. Per quel che riguarda le dimensioni, 613 sono definibili come piccole (da 0,2 a 1 cm), 403 come medie (da 1 a 4 cm), 34 infine possono essere definite grandi, raggiungendo 14,6 cm. Queste misure rispecchiano una delle caratteristiche tipiche dell’ambra siciliana i cui esemplari sono sempre piccoli. Numerosi sono i campioni con inclusioni organiche. Il professor Emery nel 1890 fece uno screening entomologico su 25 esemplari identificando 67 forme fossili di cui 64 insetti (prevalentemente formiche [27], mosche e zanzare [20] e apiaridi [7]) e 3 aracnidi, tra cui un ragno esposto in vetrina. Relativamente alla descrizione che Stoppani (1886) fa di questa collezione, occorre dire che confrontando numeri e caratteristiche da lui citati con l’esistente in Museo

p 1a, b. Due pagine dal libretto da schizzi che raffigura oltre 600 pezzi della raccolta,

sembra che il professor Silvestri abbia por-

Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

101


riginaria collezione fosse stata integrata,

Il grafico 1 mette in evidenza le diverse

zioni «giallo madera» e «rosso madera»

all’atto della vendita, con altri pezzi, meno

provenienze delle ambre dell’intera colle-

secondo Bombicci sono state date qui se-

belli dal punto di vista estetico, ma assai in-

zione. Come si vede, grandissima parte

parate in due classi, mentre probabilmente

teressanti dal punto di vista didattico-

(87%) della collezione totale è data da am-

Bombicci voleva esprimere delle sfumatu-

scientifico (è sempre presente nelle esposi-

bre siciliane, che costituiscono tutta la col-

re. Va precisato inoltre che la classe ‘nero’

zioni museali di Bombicci questa duplice

lezione Silvestri (secondo nucleo) e una

(1% del totale) è in realtà un rosso molto

valenza), come i campioni grezzi o semila-

parte del primo nucleo, mentre solo il 6%

scuro tendente al nero.

vorati, assieme a quelli con le molte inclu-

viene dall’area baltica e il 2% dall’Appen-

Il grafico 4 indica la percentuale di cam-

sioni di corpuscoli carboniosi opachi, ecc.

nino emiliano-romagnolo.

pioni in rapporto alle inclusioni. Come si

Stoppani infine non fa cenno alla collana

Il grafico 2 sottolinea il diverso modo con

vede quasi 3/4 delle ambre sono limpide,

(fig. 4) che, sia per il peso (171,36 g) che per

cui si presentano le ambre siciliane dell’in-

senza inclusioni, mentre per 1/8 ciascuna si

la descrizione di Bombicci, sembra sia stata

tera collezione. Prevalgono, come si vede,

hanno classi con inclusioni di insetti e con

formata non per essere usata come gioiello,

le ambre lavorate (68%) su quelle grezze

altre inclusioni, per lo più vegetali.

ma piuttosto con funzione di campionario

(26%), mentre assai più limitate (6%) sono

delle «più scelte e tipiche varietà dell’ambra

le ambre semilavorate.

Situazione attuale

di Catania, come esemplari fluorescenti,

Il grafico 3 rappresenta la distribuzione dei

Con il passare del tempo e con il trasferi-

gradazioni di tinte ed inclusioni di corpusco-

colori delle ambre lavorate dell’intera colle-

mento delle collezioni dalla sede iniziale

li carboniosi» (Bombicci, 1890).

zione del Museo. L’interpretazione del co-

del Museo nel Palazzo Malvezzi alla sede

Per avere un quadro generale dell’intera

lore è quella di Bombicci (1890), semplifi-

attuale, avvenuta nel 1907, i due nuclei si

collezione di ambre del Museo comprensi-

cata a quattro colori principali e quindi for-

sono uniti, dando origine di fatto a un’uni-

ve del primo e secondo nucleo vediamo i

se forzata per ragioni di soggettività nella

ca numerosa collezione, peraltro particola-

quattro ‘grafici a torta’ (fig. 2).

valutazione dei colori. Per esempio le di-

rissima e preziosa, costituita prevalente-

1

2

87%

68%

Sicilia

lavorate 6%

Appennino Area baltica 2% 5% 6% 3

70% 1%

grezze

Varie

26% 4

giallo

73%

arancio

limpide 13%

nero

11%

insettifere con altre inclusioni

rosso 18%

semilavorate

14%

p 2. Grafici a torta che evidenziano l’intera collezione del Museo, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

102

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

p 3. Ovoide di colore giallo dorato, superficialmente alterato in una crosta rossastra con numerose inclusioni inorganiche e organiche, fluorescente, zona di Mercato Saraceno, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.


mente, come si è già avuto occasione di dire, da ambre siciliane. Descrizione della vetrina delle ambre In occasione della VII Settimana Nazionale della Cultura Scientifica nel 1997 è stata inaugurata una nuova vetrina tematica che, oltre a triplicare il numero dei campioni esposti rispetto alla precedente ostensione, ne ha esaltato gli aspetti estetici, didattici, storici e scientifici (fig. 5). I 426 campioni, per il 90% siciliani, sono disposti su tre ripiani. In quello più basso si è cercato di riprodurre, dopo oltre un secolo, l’effetto e le emo-

p 4. Collana con probabile funzione di campionario, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

zioni descritte da Stoppani alla mostra per l’inaugurazione della Mole Antonelliana a Torino. La distribuzione concentrica, le sfumature cromatiche, le diverse trasparenze e una appropriata illuminazione, sia in luce trasmessa che riflessa, suscitano sempre nei visitatori una grande meraviglia (figg. 6, 7). Ai lati, a misura anche dei bambini che, come noto, adorano gli insetti nell’ambra, si trovano i campioni entomologici più significativi (fig. 8). Sul ripiano centrale sono state evidenziate tutte le varietà dell’ambra siciliana presenti in collezione: dalle curiose ‘a nuvola’, ‘sugar’, alle rarissime ‘marmorizzate’ dovute a colate successive (fig. 9); dagli esemplari bianchi a quelli tendenti al verde. Unitamente alle diverse conformazioni che l’ambra grezza può assumere durante la fuoriuscita dall’albero: ‘stalattiti’, ‘gocce’, ‘piastrine’, ecc. e la presenza di campioni particolari con inclusioni inorganiche (fig. 10).

p 5. Vetrina delle ambre, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

103


Infine un apposito apparato di illuminazio-

L’ambra di Sicilia: la simetite

ne fornisce a una serie di esemplari neri o

Cenni storici, geologici e lavorazione

rosso bruni, e apparentemente opachi, una

Si ipotizza che già dalla fine dell’Età del

luce concentrata che, attraversandoli verti-

Ferro l’ambra siciliana fosse conosciuta, ma

calmente, dimostra come in realtà essi sia-

che non venisse né lavorata né commercia-

no traslucidi e colorati di rosso scuro inten-

lizzata (Stoppani, 1886) perché si preferiva

so simile «ad una brace» (fig. 11).

importare e lavorare l’ambra baltica che

Il ripiano alto è dedicato all’ambra non si-

generalmente aveva dimensioni di molto

ciliana e quindi sia a quelle appenniniche,

superiori alla siciliana.

anche su matrice, che a quelle baltiche. Il

Il luogo d’origine (giacitura primaria), è

quadro geologico è abbastanza completo

entro arenarie e marne bituminose appar-

essendovi anche campioni su matrice, co-

tenenti al Terziario (Oligocene superiore-

me arenarie con residui organici e marne

Miocene inferiore) cui corrisponde un’età

p 7. Particolare ‘a bottone’ della vetrina

più o meno carboniose, provenienti da di-

di circa 30 milioni di anni. Questi terreni

versi giacimenti europei poco conosciuti.

affiorano in diversi punti nella parte cen-

delle ambre, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

In questo ripiano infine sono stati esposti i reperti archeologici di cui si è detto nel paragrafo sulle ambre dell’area baltica (fig. 12). Un’unica eccezione, per le ambre siciliane, è stata fatta per evidenziare il libretto-catalogo acquerellato descritto scrivendo della collezione Silvestri (figg. 1a, 1b). Parallelamente alla nuova esposizione sono stati effettuate indagini archeometriche volte a confermare la provenienza dei campioni, con l’uso dell’infrarosso per la sua scarsa invasività rapportata alla certezza dei dati ottenuti dal confronto con standard internazionali. La verifica positiva ha riguardato i campioni siciliani mancanti di scheda originale o che sollevavano dubbi, in particolare fra quelli del primo nucleo. Inoltre sulla base del FTIR e PYMS è stata data conferma della provenienza baltica dei campioni archeologici ed è stato possibile fare alcuni interessanti confronti fra i campioni siciliani e quelli appenninici.

104

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

p 6. Vetrina delle ambre, ripiano in basso. La distribuzione concentrica a ‘sole’ e l’illuminazione esaltano le trasparenze dei campioni, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.


trale della Sicilia, nella zona delle Madonie, compresa fra i centri di Petralia, Enna, Nicosia. Il luogo di ritrovamento (giacitura secondaria), è opera prevalente del fiume Simeto, da cui deriva il termine simetite dato alla varietà siciliana dell’ambra, che con i suoi due affluenti, il Salso e il Dìttaimo, incidono questi sedimenti nella parte alta dei loro lunghi corsi, distaccandone i pezzi di ambra. Questa, trascinata a valle dalla corrente, si deposita solo in minima parte nel letto del fiume, mentre il restante va nei sedimenti antistanti la sua foce. Le correnti marine, in

p 8. Campioni entomologici, Bologna,

p10. Ovoide con inclusioni organiche, Bologna,

quel tratto di costa prevalentemente dirette

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

verso sud, contribuiscono a spostare l’ambra verso la parte sud-ovest della Sicilia. Infine, a seguito di mareggiate, l’ambra viene sollevata dai fondali e deposta sui litorali di Catania. Stesso dicasi per il Salso Imerese che trasporta la simetite sulle spiagge di Agrigento; si spiega così perché i periodi di maggior raccolta dell’ambra coincidevano con l’autunno e l’inverno, periodi di grandi mareggiate e di frequenti tempeste. I primi trattati sulla simetite risalgono all’inizio del Seicento quando Pietro Carrera (1639) fece il primo tentativo di classificarla. Nel 1697 è di Boccone la descrizione dei primi ritrovamenti di ambra in varie zone della Sicilia, per esempio a Petralia e a Catania e dintorni, e l’ipotesi sui luoghi di origine. Così ne parlano autorevoli scrittori siciliani. Pietro Carrera, poeta siciliano di Militello V. C. (CT), apprezzato nel Seicento, scriveva nel primo libro delle sue Memorie Historiche della città di Catania, date alla stampa

p 9. Varietà di ambra siciliana denominata ‘marmorizzata’, Bologna, Museo di Mineralogia

nel 1639:

‘Luigi Bombicci’.

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

105


E, per quanto riguarda l’avventuroso viag-

alla spiaggia sicuri sempre di trovare alcun

gio dei pezzi di simetite al mare e la relati-

pezzo d’ambra… Pezzi di due – tre – quat-

va raccolta sulla spiaggia, questo è quanto

tro – e più once sono valutati altrettanti an-

è riportato nel Notiziario del Regno di Sici-

che di oro moneta e il prezzo si accresce,

lia, edito a Palermo dalla Reale Stamperia

ove in alcune di essi si vegga qualche inset-

nel 1793:

to ìmpregionato. Lavorasi l’ambra in Catania eccellentemente e sì riduce col tornio a

E siccome nel principio d’inverno le precipi-

tutto ciò che si vuole ed a vari e leggiadri

tose piogge scorrendo con imperio dalle

ornamenti. Indi è, che vi è tenuta in gran

montagne di Petralia si portano per altri

pregio. Sino le contadine dei contornì di

fiumi al Simeto … pezzi di succino, indi av-

Catania e dei villaggi del Mongibello (Etna)

p 11. La luce evidenzia la trasparenza del

viene che essi, galleggiando per detto fiu-

sognano portare al collo una bella collana

campione, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.

me Simeto sino al mare, e ritrovandolo agi-

di ambra in grosse gocciole, e ciò per usan-

tato in tempesta, vengono da esso rigetta-

za antichissima … Questa usanza vìdesi

ti alla spiaggia, allorché eì lascia molt’alga.

praticata anche ai tempi di Plinio.

La terza memoria dì singolar pregio che ag-

Al cader di queste precipitose piogge molti

giunger devo, è quella dell’ambra, la qual

del popolo marinaresco di Catania e di al-

Le cose, a distanza di oltre due secoli, non

nelle marine di Catania è di tanto grandez-

tro ceto, e spezialmente ragazzi, corrono

sono di molto cambiate (afferma Salvatore

za che a quella di un grosso melarancio si agguaglia; molle se ne ritrovano ma pìcciole, nelle quali sta chiuso e morto un picciolo animaluccio, o formica, o zanzara, o mosca, o pulce o altro simile … altre con una formica;

questa ultima viene approvata da Marziale in quel distico: «cum Phaetontaea formica vagalur in umbra, impliquit. Tenuem succino gutta seram». In questo libro compare anche la prima menzione dei gioielli in simetite. Nella Sicilia Ricercata del palermitano canonico Mongitore, data alle stampe nel 1743, sì legge sull’ambra del Simeto: «Per ordinario, come ho da fedelìssime relazioni, nella stessa Catania se ne fan tabacchiere, gugliere, corone precarie, braccialetti e altri ornameli donneschi».

106

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

p 12. Vetrina delle ambre archeologiche, Bologna, Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’.


Greco in Ambra scrigno del tempo): sime-

portato a individuare, con buona attendi-

tite se ne trova assai meno che allora e,

bilità, la pianta di origine: anziché un al-

quindi, i costi già a quei tempi molto ele-

bero di conifera (pinus) come si pensava,

vati, sono ulteriormente aumentati.

l’ambra siciliana deriverebbe da un’an-

Attualmente la ricerca dell’ambra di Sicilia

giosperma simile a quella delle Magnio-

sulle spiagge dopo una mareggiata si è

liacee, famiglia delle Burseraceae, genere

molto estesa geograficamente, interessan-

Protium, attualmente presente nell’A-

do i litorali del Siracusano e del Ragusano,

mazzonia e utilizzata per l’estrazione del-

mentre i ritrovamenti sulle spiagge di Ca-

la resina.

tania si sono fatti molto più rari. Chi fa

Gianluigi Felice

queste ricerche con sistematicità, a parte i pochi dilettanti appassionati, sono pescatori che si tramandano da generazioni il

Riferimenti bibliografici

mestiere. Le ricerche sono laboriose per la

Ambra. Scrigno del tempo, a cura di Christian Pontin, Monica Celi, Sommacampagna, Cierre Edizioni, 2000, pp. 11-17-24-31-3233-34-46-65-66-67. Archivio del Museo di Mineralogia ‘L. Bombicci’, Università di Bologna. LUIGI BALDACCI, Descrizione geologica dell’isola di Sicilia, Reale Ufficio Geologico, Roma, Tipografia Nazionale, 1886, p. 402. CURT W. BECK, Spectroscopic Investigations of Amber, «Applied Spectroscopy Reviews», 22, 1, 1986, pp. 57-110. CURT W. BECK, H.E. HARTNETT, Sicilian amber, in Amber in Archaeology. Proceedings of the second international conference on amber in archaeology (Liblice 1990), Praha, BeckBouzed Ed., 1993, pp. 36-47. PAOLO BOCCONE, Museo di Fisica e di Esperienze, 1697, in Dell’ambra siciliana. Testi di antichi autori siciliani, 1639-1805, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), pp. 23-27. LUIGI BOMBICCI, Studi sui minerali del Bolognese, «Memorie dell’Accademia delle Scienze di Bologna», s. III, t. I, 1871. LUIGI BOMBICCI, Corso di mineralogia, Bologna, Tipografia Fava e Garagnani, 18752, 2, parte I, pp. 208-210, 517-524.

scarsità del materiale ritrovato e per l’ampiezza del litorale che ogni volta viene esplorato. Normalmente si trovano simetiti grandi quanto un’unghia e molto sottili che i tagliatori spesso rifiutano perché non sì prestano a manufatti ornamentali di alcun genere. Iniziano a essere significativi quantunque rari i pezzi del peso di 5/6 grammi e per chi trova un pezzo da 30 o più grammi esso vale una piccola fortuna. Catania resta ancora l’unico centro isolano in cui, per tradizione, si montano con simetite dei gioielli di grande pregio, ma ben pochi sono gli artigiani che eseguono questi lavori rispettando fedelmente i modelli in auge nel Seicento e nel Settecento, associando l’ambra ad oro, argento e diamanti: sono esemplari splendidi che bastano solo per pochi, fortunati estimatori. È notizia recentissima che sembra sia stato svelato il mistero della ‘pianta madre’ di quest’ambra unica al mondo. Studi recenti sulla composizione dei composti organici dell’ambra siciliana hanno

LUIGI BOMBICCI, La collezione di ambre siciliane posseduta dal Museo di Mineralogia della R. Università di Bologna e nuove considerazioni sull’origine dell’ambra gialla, estratto da «Memorie della Reale accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna», s. 4, t. 10, Bologna, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1890, pp. 473-486. TOMMASO CAMPAILLA, Problemi naturali, 1727, in Dell’ambra siciliana. Testi di antichi autori siciliani, 1639-1805, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), pp. 33-38. GIOVANNI CAPELLINI, Cenni sul Congresso internazionale di Antropologia e di Archeologia preistoriche a Stoccolma nel 1874, Rendiconto dell’Accademia delle Scienze di Bologna, sessione 3 dicembre 1874, Bologna, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1876, pp. 3-39. PIETRO CARRERA, Memorie Historiche della Città di Catania, 1639, in Dell’ambra siciliana. Testi di antichi autori siciliani, 1639-1805, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), pp. 17-18. INNOCENZO DALL’OSSO, Guida illustrata del Museo Nazionale di Ancona con estesi ragguagli sugli scavi dell’ultimo decennio preceduta da uno studio sintetico sull’origine dei Piceni, Ancona, Stabilimento Tipografico cooperativo, 1915, pp. 40-41, 126-127. Dell’ambra siciliana. Testi di antichi autori siciliani, 1639-1805, a cura di Carmelo Erio Fiore, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), p. 128. CARLO EMERY, Le formiche “dell’ambra siciliana” nel Museo Mineralogico dell’Università di Bologna, «Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna», s. 5, 1, 1891, pp. 567-591, 3 tav. FRANCESCO FERRARA, Memorie sopra il lago di Naftia nella Sicilia meridionale, Sopra l’Ambra siciliana, Sopra il miele ibleo, Sopra Nasso e Callipoli, 1805, in Dell’ambra sici-

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

107


liana. Testi di antichi autori siciliani, 16391805, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), pp. 63-128. HEINRICH R. GOEPPERT, Sull’ambra di Sicilia e sugli oggetti in essa rinchiusi, «Atti della Reale Accademia dei Lincei, Memorie della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali», 276, 3, s. 3, 1879, pp. 56-62. O. HELM, H. CONWENTZ, Sull’ambra di Sicilia, «Malpighia», 1, 1866, pp. 49-56. Il dono delle Eliadi. Ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994) a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994 (Studi e documenti di archeologia, Quaderni 4), p. 214. W. KRZEMINSKI, A.W. SKALSKI, Pseudolimnophila siciliana sp. n. from sicilian amber (Diptera, Limoniidae), «Animalia», 10, 1/3, 1983, pp. 303-307. L’ambra siciliana, «Bollettino del Reale Comitato Geologico d’Italia», 3, 1872, p. 374. La simetite, le ambre della Sicilia nelle collezioni del Museo L. Bombicci, Università di

108

Museo di Mineralogia ‘Luigi Bombicci’

Bologna, a cura di G. FELICE, M.R. SAMARIR. TAMBURINI, opuscolo realizzato in proprio per la VII Settimana Nazionale Cultura Scientifica, 17/22 marzo 1997, pp. 1-30. GIOVANNI MALFATTI, Sopra alcuni insetti fossili dell’ambra e del copale, «Atti della Società Italiana di Scienze Naturali», 21, 1878, pp. 1-15. GIOVANNI MALFATTI, Due piccoli Imenotteri fossili “Dell’ambra siciliana”, «Atti della Reale Accademia dei Lincei», s. 3, V, 1881, pp. 80-83. ANTONINO MONGITORE, La Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, 1752, in Dell’ambra siciliana. Testi di antichi autori siciliani, 1639-1805, Catania, Boemi Ed., 1996 (Quaderni di Bibliotheca I), pp. 43-46. «Notiziario del Regno di Sicilia», 1793. A.W. SKALSKI, A new fossil trichogrammatid from the sicilian amber (Hymenoptera, Chalcidoidea, Trichogrammatidae), «Fragmenta Entomologica», 21, 1, 1988, pp. 111-116. TANI,

ANTONIO STOPPANI, L’ambra nella storia e nella geologia, Milano, F.lli Dumolard Ed., 1886 (Biblioteca Scientifica Internazionale, 44), p. 277. ALESSANDRO TOSI, Di un nuovo genere di Apiaria fossile nell’ambra di Sicilia (Meliponorytes succini – M. sicula), «Rivista Italiana di Paleontologia», 1896, pp. 1-6, 1 tav. ANTONIO VEGGIANI, L’ambra appenninica e i rinvenimenti nei pressi di Mercato Saraceno, «Studi Romagnoli», 3, 1952, pp. 529-535. ANTONIO VEGGIANI, Nuovo ritrovamento di ambra gialla nei pressi di Mercato Saraceno, estratto da «Emilia Preromana», 3 (195152), Modena, Stabilimento Poligrafico Artioli, 1953, pp. 3-5. CRISTINA ZILLI, Studio sull’ambra siciliana (simetite) del Museo di mineralogia ‘L. Bombicci’, tesi di laurea, a.a. 1996-1997, pp. 1-106.

Alcuni siti web http://www.emporia.edu/earthsci/amber/geo graph.htm http://www.gplatt.demon.co.uk/typesof.htm


Museo Archeologico Nazionale

Via XX Settembre, 122

Ceramico, le cui raffigurazioni mitologi-

di grani o vaghi che componevano colla-

44100 Ferrara

che adombrano con il proprio linguaggio

ne, sovente alternandosi con le paste vi-

Tel. 0532 66299

celebrativo gli eventi di politica e di pote-

tree, o che vi figuravano come pendenti,

Fax 0532 741270

re dell’Atene del V e di parte del IV seco-

caso – questo – più raro e che comporta-

sba-ero.museoarchferrara@beni-culturali.it

lo a.C.

va (cfr. gli esemplari di seguito schedati)

www.archeobo.arti.beniculturali.it

Spina, centro di deposito e di smistamento

qualche peculiare lavorazione.

delle mercanzie sorto sul fiume, a brevissi-

Fede Berti

Nel recente e nuovo allestimento del Mu-

ma distanza dal mare, fu una peculiare

seo Archeologico Nazionale, che si prefig-

espressione del saldo e lungimirante pote-

ge di presentare presto al pubblico anche

re politico ed economico instaurato dagli

una sezione ‘topografica’ (ovvero una se-

Etruschi nella parte orientale della valle Pa-

zione che introduca alle vicende del Delta

dana e la sua ‘grecità’ risiedette in un

1. Pendagli

ferrarese a partire dalle età preistoriche per

profondo e generalizzato assorbimento

Inv. nn. a - 44877; b - 44878

giungere all’alto Medioevo), i prestigiosi

della cultura attica.

Tipologia: coppia di pendagli

materiali restituiti dai corredi delle sepoltu-

La ricchezza dei corredi che accompagna-

Descrizione: pendagli in ambra a testa

re della città di Spina sono visibili nelle sale

vano i defunti sta nella preponderante

femminile con tutulus recanti fori collocati

del piano nobile.

presenza di vasellame attico figurato e

in a) sulla parte alta del tutulus e in b) uno

Alcuni dei complessi più interessanti sono

non, nei bronzi fusi e laminati di presso-

alla base del mento e uno nella parte infe-

esposti secondo la scansione cronologica

ché esclusiva manifattura padana, nella

riore del copricapo

che contraddistingue la breve e intensa

varia configurazione dei contenitori per

Materiale: ambra

‘vita’ dell’insediamento, compresa tra la

oli ed essenze profumate, nelle oreficerie

Dimensioni: a - alt. 4,5 cm; b - alt. 4,8 cm

fine del VI e il III secolo a.C. Nella correla-

e inoltre nei prodotti più modesti, ma non

Provenienza: necropoli di Spina, tomba

zione degli oggetti che li costituiscono,

per questo meno significativi delle mani-

740 del dosso B di Valle Pega. La sepol-

esposti integralmente, essi esprimono il

fatture fittili locali e nelle suppellettili che

tura a inumazione era femminile, come

variare delle consuetudini attraverso il fil-

a Spina giunsero da altre aree della Peni-

stanno a indicare (oltre ai pendagli d’am-

tro dei differenti ruoli sociali sostenuti dai

sola (il Veneto, il Meridione e la Sicilia, l’E-

bra) un orecchino d’oro a tubo cavo e la

singoli individui nella comunità. E appaio-

truria) e dell’Ellade (Corinto e la Beozia,

conocchia d’osso. Il corredo è composto

no ancora più emblematici, quale indice di

ad esempio).

prevalentemente da ceramica attica figu-

censo e di acculturazione, i vasi monu-

Per ciò che attiene all’ambra, a Spina ne

rata e a vernice nera (kelebe a figure ros-

mentali, sovente presenti, frutto della

disponevano (ma non in alta percentuale)

se con scene dionisiache, coppa a figure

creatività dei più noti e attivi maestri del

le sepolture femminili: trattasi per lo più

nere, askos lenticolare, coppia di oino-

CATALOGO

Museo Archeologico Nazionale

109


Valle Pega (Spina), in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 132 2. Pendaglio Inv. n. 2969 Tipologia: pendaglio di ambra

p 2. Pendaglio a testa di ariete, Ferrara,

Descrizione: il pendaglio è conformato a

Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

testa d’ariete. La base del collo assottigliata è attraversata da una coppia di fori non comunicanti Materiale: ambra Dimensioni: lungh. 5,5 cm

pisside acroma, tre skyphoi, otto piattelli

Provenienza: necropoli di Spina, tomba

in piede. Trattasi di vasellame di preva-

409 di Valle Trebba, a inumazione, fem-

lente produzione locale a vernice nera,

minile, risalente a fine IV- inizi III sec. a.C.

tra cui figurano, non di meno, ‘pezzi’ im-

Il corredo è costituito da tre oinochoai

portati quali una delle oinochoai (con

p 1a. Pendaglio a testa femminile con

con bocca trilobata, ciotole a vernice ne-

motivi vegetali, graffiti e suddipinti, pro-

tutulus, Ferrara, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

ra, tre alabastra di gesso alabastrino, una

veniente dall’Italia meridionale) e uno dei tre skyphoi (con cigno tra palmette, di ‘fabbrica’ etrusca). Su una delle ciotole a vernice nera è presente un graffito di dedica a Dioniso

choai con bocca trilobata e di ciotole con

Collocazione: il pendaglio non è esposto

piede a sguscio, coppetta, piatto) a cui si

Stato di conservazione: buono

associano vasi di produzione locale (cio-

Datazione: fine VI - inizi III secolo a.C.

tolina e coppia di piattelli acromi, piatto

Bibliografia: LUIGI MALNATI, L’ambra in

acromo su piede) un alabastron e una

Emilia Romagna durante l’età del ferro: i

piccola oinochoe di pasta vitrea. Tra i ma-

luoghi della redistribuzione e della pro-

teriali è inoltre presente una protome fit-

duzione, in Ambre. Trasparenze dall’anti-

tile di divinità femminile con polos Collocazione: i pendagli non sono esposti Stato di conservazione: buono Datazione: fine secolo V a.C. Bibliografia: FEDE BERTI, La tomba 740 di

110

Museo Archeologico Nazionale

p 1b. Pendaglio a testa femminile con tutulus, Ferrara, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

co, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, p. 127


Centro Visitatori Alta Velocità

c/o Rocca Sanvitale

importanza, dunque, per lo sviluppo econo-

Il nucleo più antico del complesso, costitui-

Piazza Matteotti, 1

mico del paese, che prevede tra l’altro il po-

to da un edificio di ridotte proporzioni co-

43012 Fontanellato (PR)

tenziamento di alcuni nodi ferroviari metro-

struito con murature in ciottoli fluviali coe-

Tel. 0521 829212

politani e la realizzazione di nuove stazioni,

si con argille fini, identificato verso il mar-

Fax 0521 824647

prendono corpo attraverso immagini d’epo-

gine sud, sembra risalire alla seconda metà

centrovisitatori@tav.it

ca in bianco e nero, riprese a volo d’uccello

del I secolo a.C., vale a dire all’epoca della

www.comune.fontanellato.pr.it

dei cantieri in atto, video, fotografie e mate-

rideduzione coloniaria di Augusto alla fine

riali documentali che riassumono, a partire

delle guerre civili.

Il Centro Visitatori Alta Velocità è stato crea-

dalla Napoli-Portici, le tappe principali dello

La massima espansione data al I secolo

to nel 2005 in un’ala della quattrocentesca

sviluppo della rete ferroviaria nazionale.

d.C., quando una serie di ambienti rettan-

Rocca Sanvitale di Fontanellato, restaurata

Ricostruzioni in 3D illustrano le tratte in corso

golari vennero disposti in maniera paratat-

per l’occasione, per offrire al pubblico la

d’opera e gli aspetti meno evidenti della nuo-

tica attorno a un grande cortile porticato

possibilità di prendere visione delle nuove li-

va ferrovia, quali ad esempio le diverse tipolo-

sui quattro lati. La specifica vocazione fruc-

nee ferroviarie veloci realizzate da TAV, la

gie costruttive e i sistemi di segnalamento eu-

tuaria del settore sud del complesso in

società di Rete Ferroviaria Italiana creata

ropei per la circolazione dei treni ERTMS.

questa fase è evidenziata dalla presenza di

proprio per progettare e realizzare, coordi-

Una postazione multimediale ‘Archeologia

pavimenti in terra battuta, pozzi e resti di

nando l’azione di consorzi o imprese coin-

TAV’ consente inoltre di prendere visione

uno strumentario agricolo ricco e variato.

volte nella costruzione delle opere, questo

delle nuove importanti scoperte archeolo-

L’esistenza di un balneum nel settore di

tipo di collegamenti tra Milano e Napoli, To-

giche fatte in Italia durante gli scavi per la

nord-ovest con pavimentazioni sopraeleva-

rino e Padova, Genova e la rete padana.

sua realizzazione.

te su suspensurae e lacerti di tubuli per ri-

Trattasi, come è noto, di nuove linee ferro-

Ampio risalto è dato, tra le scoperte emilia-

scaldamento consente di identificare inve-

viarie che attraversano l’Italia per oltre 900

ne, al ritrovamento, proprio nel territorio di

ce qui la pars urbana.

Km e di cui è già previsto il prolungamen-

Fontanellato, a Cannetolo, di una villa roma-

Un nuovo impulso edilizio databile alla

to sia verso la Sicilia, sia verso i valichi alpi-

na di circa 2.000 mq di estensione, di cui è

metà del II secolo d.C. portò all’amplia-

ni per collegare in maniera più diretta il

stato effettuato lo scavo scientifico esaustivo

mento del settore ovest e tale assetto,

Mediterraneo all’Europa, pensate per po-

con finanziamenti TAV a cura della Società

stando alle monete recuperate, general-

tenziare la rete su ferro italiana e riequili-

Archeosistemi di Reggio Emilia (responsabile

mente attribuibili agli imperatori Severo

brare il sistema dei trasporti attualmente

di cantiere dottor Massimo Brutti) sotto la di-

Alessandro, Massimino il Trace, Gordiano

sbilanciato a favore delle strade.

rezione scientifica della Soprintendenza per i

Pio e Gallieno, venne mantenuto fino alla

Nel Centro Visitatori la storia e le motivazio-

Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna (di-

seconda metà del III secolo d.C., quando si

ni sottese a questa infrastruttura di grande

rettore lavori dottoressa Manuela Catarsi).

registrarono segni di un progressivo ab-

Centro Visitatori Alta Velocità

111


bandono, probabilmente imputabile alle

IV secolo d.C., dove la strada consolare at-

Per quanto il monile risulti compromesso

scorrerie di Alamanni e Iutungi.

traversava il fiume, e confluiva sulla via Po-

da diverse sbrecciature, che hanno aspor-

È questo del resto il momento storico con-

stumia nei pressi dell’attuale Borgonovo, cir-

tato le teste dei personaggi adulti e la par-

traddistinto anche altrove dallo spopola-

ca 8 chilometri a sud-ovest di Cremona.

te superiore dell’infante, risulta evidente

mento del territorio e dalla fuga delle po-

Tra gli abbondantissimi reperti recuperati

l’accuratezza della fattura nel trattamento

polazioni all’interno delle città che, per

(più di 600 casse di materiale provvisoria-

dei panneggi e dei particolari.

motivi di difesa, si cinsero di mura.

mente conservato in attesa di restauro, nei

Ampiamente trattata in letteratura è stata la

A lungo abbandonata, la villa cadde in ro-

magazzini del Museo Archeologico Nazio-

reale destinazione di questi voluminosi anel-

vina e venne parzialmente sigillata da limi

nale di Parma ad eccezione di pochi, ma si-

li d’ambra, poco pratici ad essere indossati

alluvionali.

gnificativi pezzi esposti in cinque vetrine

per il foro troppo stretto e la forma ingom-

Il sito fu quindi nuovamente occupato tra

del Centro Visitatori TAV di Fontanellato)

brante e spesso rinvenuti in contesti tomba-

la fine del V e gli inizi del VI secolo d.C. al-

oltre a vasellame e ad oggetti d’uso quoti-

li. Di volta in volta è stato messo in dubbio se

lorchè alcune strutture lignee vennero an-

diano sono stati identificati diversi oggetti

fossero stati effettivamente portati come

corate ai ruderi affioranti. A quest’ultima

di pregio, tra i quali anche un anello d’am-

anelli da dito o piuttosto come pendenti nel-

fase si può mettere in relazione anche un

bra di cui si dà di seguito la scheda.

la vita quotidiana, ovvero fossero stati realiz-

piccolo sepolcreto con inumazioni singole

Manuela Catarsi

in fosse terragne, scavate all’interno dello strato alluvionale, che parzialmente ricopriva i crolli esterni al complesso alto-imperia-

ancora funerario, come l’espressione simboCATALOGO

le, una delle quali conteneva un piccolo

1. Anello

bicchiere d’impasto.

Inv. Museo Archeologico Nazionale di

La zona fu quindi abbandonata e ricoperta

Parma n. 45398

da una potente coltre di limi alluvionali,

Tipologia: anello ornamentale

che hanno consentito la conservazione

Descrizione: sullo sfondo liscio della verga,

delle strutture fino ad oggi.

ad andamento circolare e a sezione semiel-

La lunga durata dell’insediamento, che rien-

littica di spessore costante, si stagliano a ri-

trava nell’agro centuriato del municipium ro-

lievo tre figure umane – maschile con tuni-

mano di Fidentia ed era posto circa a quat-

ca al ginocchio, femminile con stola, palla e

tro chilometri a nord della via Emilia in una

cornucopia nella sinistra, infantile apparen-

zona bassa, interposta tra un dosso fluviale

temente ignuda – che si susseguono senza

del fiume Taro ad est e un altro del canale

cesure l’una dopo l’altra, aderenti alla su-

Rovacchia ad ovest, è probabilmente impu-

perficie dell’anello stesso con la parte dor-

tabile alla felice posizione geografica nei

sale del corpo. La sola sequenza tra uomo e

pressi di un asse stradale, ricostruito sulla ba-

fanciullo è interrotta da un motivo orna-

se dei segni riconoscibili nel paesaggio odier-

mentale fitomorfo. La figura femminile, che

no, che si staccava dalla via Emilia nella zona

ad esso si contrappone, sembra pertanto

dell’attuale Castelguelfo, l’antica Mutatio ad

costituire il castone dell’anello o per lo me-

Tarum, citata nell’Itinerario Burdigalense del

no la figura più importante dell’insieme.

112

Centro Visitatori Alta Velocità

zati soltanto a scopo votivo, apotropaico o lica di fedeltà della defunta nei confronti delle divinità infere. La presenza nel nostro, rinvenuto in un con-

p 1a. Anello ornamentale, Centro Visitatori TAV, Rocca Sanvitale, Fontanellato (PR) (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).


testo residenziale, della cornucopia associata

denziano il nucleo sano, da antiche lacune

Aquileia, s.l., Associazione nazionale per

alla figura femminile e di una foglia di vite ai

che hanno interessato la porzione superio-

Aquileia, 2005, p. 39; Ambre. Trasparenze

piedi dell’infante, in cui, per questo, è forse

re della figura del fanciullo e la testa degli

dall’antico, catalogo della mostra (Napoli,

lecito riconoscere un Erote, sembrerebbero

altri personaggi. Diffusa alterazione e cri-

Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-

far propendere per una possibile valenza

stallizzazione superficiale

10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa

apotropaica legata al culto dionisiaco o a Ce-

Datazione: I-II sec. d.C.

Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa,

rere/Fortuna, aumentata dalle proprietà ma-

Bibliografia: La villa romana di Cannetolo

2007; GIUSEPPINA PAVESI, ELISABETTA GAGETTI, Ar-

gico-taumaturgiche di cui si credeva carica in

di Fontanellato, a cura di Manuela Catarsi

te e materia. Studi su oggetti di ornamento

epoca romana l’ambra stessa.

Dall’Aglio, s.l., TAV, Soprintendenza per i be-

di età romana, a cura di Gemma Sena Chie-

Al di là del suo reale utilizzo e dell’esatto si-

ni archeologici dell’Emilia-Romagna, 2005;

sa, Milano, Cisalpino, 2001, pp. 211-307.

gnificato è comunque indubbio che, dato il

MARIA CARINA CALVI, Le ambre romane di

M.C.

costo dell’ambra, un gioiello di tal fatta rappresentava uno status symbol per i suoi possessori e che i proprietari della villa di Cannetolo dovevano, pertanto, figurare tra i maggiorenti del municipium di Fidentia Materiale: ambra di colore rosso - arancio traslucido Dimensioni: diam. max. cm 5,7; diam. foro interno cm 1,5; sp. cm 1,6 Confronti tipologici: l’anello, come s’è detto, scolpito attorno al cerchio, per

p 1c. Particolare della figura femminile

quanto non trovi confronti precisi per il

con stola, palla e cornucopia nella sinistra (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

motivo ornamentale, si può far rientrare nel I tipo della classificazione della Gagetti, che identifica in Aquileia il centro di produzione di questi anelli diffusi in ambito italiano, soprattutto nel settentrione secondo la direttrice est-ovest, costituita dalla via Postumia e i percorsi ad essa afferenti nei pressi di uno dei quali, come si è visto, si trovava la villa di Cannetolo. Provenienza: dalla villa romana di Cannetolo di Fontanellato. US 268. Q 66 rep. 201 Collocazione: Centro Visitatori TAV in Rocca Sanvitale di Fontanellato (PR) Stato di conservazione: danneggiato, oltre che da lievi sbrecciature recenti che evi-

p 1b. Rappresentazione grafica della decorazione. Tratta da La villa romana di Cannetolo di Fontanellato cit., p. 18.

p 1d. Particolare del motivo ornamentale fitomorfo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Centro Visitatori Alta Velocità

113


Galleria, Museo e Medagliere Estense

c/o Palazzo dei Musei

fra i quali i due celebri ritratti del duca Fran-

conio e reperti archeologici fra i quali bron-

Largo Porta Sant’Agostino, 337

cesco I: il busto in marmo di Gian Lorenzo

zetti etruschi e suppellettili di epoca romana.

41100 Modena

Bernini e la tela di Diego Velázquez. Nella Pi-

Tra le rarità collezionistiche si ricordano in

Tel. 059 4395711

nacoteca si trovano opere di epoca compre-

questa sede un uovo di struzzo, una rassegna

Fax 059 230196

sa tra il XIV e il XVIII secolo: dalla scuola mo-

di coralli, cristalli, arredi straordinari e alcuni

sbsae-mo@beniculturali.it

denese del Quattrocento alla scuola ferrarese

oggetti in ambra: il pregevolissimo stipo inte-

www.spsae.mo.beniculturali.it

(Cosmè Tura) e dalla scuola veneta (Verone-

grato con figure in avorio e decorato con sce-

se, Tintoretto, El Greco e Palma il Giovane) al-

ne del Vecchio e Nuovo Testamento, il cofa-

La Galleria Estense, istituita nel 1854 da Fran-

l’ambito nordico, in particolare fiammingo.

netto di bottega tedesca o ungherese del Sei-

cesco V d’Austria Este, riallestita nel 1894 nel

Le raccolte comprendono inoltre manufatti e

cento, acquistato dai duchi, e due statuette

Palazzo dei Musei in piazza Sant’Agostino,

oggetti d’arte applicata come strumenti mu-

raffiguranti Giuditta e Giaele, attribuite a

ospita le raccolte artistiche di proprietà dei

sicali, fra i quali la famosa ‘arpa estense’, ce-

(Johann) Christoph Maucher (1642 Schwäbi-

duchi d’Este in venti sale organizzate secon-

ramiche, terrecotte realizzate fra il Quattro-

sch, Gmünd, Germania-1721 ca., Germa-

do i criteri museografici indicati da Adolfo

cento e il Cinquecento, miniature, vetri, avo-

nia), artista specializzato nella scultura in avo-

Venturi, con un unico percorso in senso cro-

ri, armature e numerosi bronzi di epoca rina-

rio e ambra. Tra gli oggetti d’uso figurano

nologico. Si conservano numerosi tipi di ope-

scimentale. Nel medagliere estense figurano

due coltelli con i manici in ambra e una caf-

re d’arte, dipinti, disegni, bronzi e sculture,

medaglie, placchette, monete e punzoni da

fettiera dello stesso materiale.

p 1. Caffettiera con piede e legatura

p 2a. Cofanetto con cammei, Modena,

p 2b. Particolare del cofanetto con cammei,

in ottone, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

114

Galleria, Museo e Medagliere Estense


p 3. Coltello con manico in ambra, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 4. Coltello con manico in ambra, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 7a-b. Cristoph Maucher (?), statuetta raffigurante Giuditta e particolare, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 5. Forchetta con manico in ambra, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 6. Scatola d’ambra senza coperchio con intagli di figurine e foglie, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 8a-b. Cristoph Maucher (?), statuetta raffigurante Giuditta e particolare, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

Galleria, Museo e Medagliere Estense

115


p 9a-b. Stipo, fronte e retro, con scene del Vecchio e Nuovo Testamento, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le AttivitĂ Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

p 9c-d. Particolari dello stipo con scene del Vecchio e Nuovo Testamento, Modena, Galleria, Museo e Medagliere Estense (su concessione del Ministero per i Beni e le AttivitĂ Culturali - Archivio Fotografico Sbsae di Modena e Reggio Emilia, foto Costantino Ferlauto).

116

Galleria, Museo e Medagliere Estense


Museo Civico Archeologico Etnologico

Viale Vittorio Veneto, 5

territorio modenese che eseguì numero-

CATALOGO

41100 Modena

si scavi nel territorio.

Tel. 059 2033100

Il Museo espone una ricca documentazio-

1. Vaghi

Fax 059 2033110

ne relativa al popolamento della città e

Inv. nn. 5960; 5962; 5956; 5961; 5955;

museo.archeologico@comune.modena.it

del territorio circostante dalla Preistoria al

5957; 5959; 5958; 5963

www.comune.modena.it/

Medioevo.

Tipologia: vaghi discoidali e lenticolari

museoarcheologico

Fra i materiali relativi alle terramare (XVII-

Materiale: ambra

metà XII secolo a.C.) sono conservate perle

Provenienza: terramara di Montale-Ca-

Il Museo Civico di Modena è nato nel

in ambra, mentre all’Età del Ferro e all’Età

stelnuovo Rangone

1871 ad opera di Carlo Boni che ne fu il

Etrusca appartengono numerosi elementi

Datazione: Età del Bronzo Media e Re-

primo direttore. Il nucleo originario risa-

decorativi di fibule e vaghi di collana.

cente (XVII-metà XII sec. a.C.)

le al 1863 quando Giovanni Canestrini, fautore delle teorie evoluzioniste darwiniane in Italia, iniziò gli scavi nelle terramare, villaggi fortificati dell’Età del Bronzo. Le raccolte preistoriche furono presto incrementate da una collezione di storia naturale e da una di tipo industriale che comprendeva materie prime e prodotti utili allo sviluppo economico del territorio. Alla metà degli anni Settanta fu inaugurata la collezione etnologica al fine di comparare le popolazioni primitive attuali ed extraeuropee e le popolazioni primitive del passato per una migliore comprensione dell’organizzazione di quelle società. Il nucleo si incrementò ulteriormente attraverso donazioni di numerosi viaggiatori modenesi. Nel 1894 fu nominato direttore del Museo Arsenio

p 1-2. Vaghi d’ambra dalle terramare di Montale e di Sant’Ambrogio, Età del Bronzo,

Crespellani, archeologo e studioso del

Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico (Archivio fotografico del Museo).

Museo Civico Archeologico Etnologico

117


2. Vago

6. Vaghi

10. Elementi di fibule

Inv. n. 193

Inv. nn. 253341; 253342

Inv. n. 218

Tipologia: vago lenticolare

Tipologia: vaghi o elementi lenticolari

Tipologia: elementi di rivestimento di fibule

Materiale: ambra

Materiale: ambra

di forma discoidale e ovale con fori passanti

Provenienza: terramara di Sant’Ambro-

Provenienza: terramara di Montale-Ca-

circondati da una linea di puntini impressi

gio-Modena

stelnuovo Rangone, scavi 1996-2001,

Materiale: ambra

Datazione: Età del Bronzo Media e Re-

fase II

Provenienza: tomba 1, Fornace Minelli-

cente (XVII-metà XII sec. a.C.)

Datazione: Bronzo Medio 2A, 1550-

Bazzano

1500 a.C.

Datazione: fine VIII-VII sec. a.C.

Inv. nn. 246; 247; 254

7. Vago

11. Fibula

Tipologia: vaghi di cui uno frammentario,

Inv. n. 253388

Tipologia: fibula composita

uno di forma biconica, uno di forma tron-

Tipologia: vago o elemento lenticolare

Descrizione: ad arco rivestito da alcuni va-

coconica

Materiale: ambra

ghi in pasta vitrea e da due vaghi in ambra

Provenienza: terramara di Redù-Nonan-

Provenienza: terramara di Montale-Castel-

Provenienza: Gazzolo, Savignano sul

tola

nuovo Rangone, scavi 1996-2001, fase II

Panaro

Datazione: Età del Bronzo Media e Re-

Datazione: Bronzo Medio 2B, 1550-1450

Datazione: VIII sec. a.C.

cente (XVII-metà XII sec. a.C.)

a.C.

4. Vago

8. Vago

Inv. n. 114

Inv. n. 256919

Provenienza: Mambrina, Savignano sul

Tipologia: vago o elemento

Tipologia: vago o elemento lenticolare

Panaro

Provenienza: terramara di Gorzano-Ma-

Materiale: ambra

Stato di conservazione: frammentario

ranello

Provenienza: terramara di Gaggio-Castel-

Collocazione: conservato in deposito

Collocazione: conservato in deposito

franco

Datazione: VIII sec. a.C.

Datazione: Età del Bronzo Media e Re-

Datazione: Bronzo Medio 2-Bronzo Me-

cente (XVII-metà XII sec. a.C.)

dio 3, 1500-1400 a.C.

3. Vaghi

12. Vago Tipologia: vago o elemento

13. Vago Inv. n. 249756

5. Vaghi

9. Fibule

Tipologia: vago o elemento di forma ovale

Tipologia: vaghi o elementi

Inv. nn. 75016; 75017; 495

Materiale: ambra

Descrizione: vago di Casinalbo frammen-

Tipologia: fibule composite

Provenienza: sepoltura femminile, Casi-

tario, vago di Maranello discoidale

Descrizione: ad arco rivestito da un vago

nalbo-podere Bertelli

Provenienza: terramara di Casinalbo; ter-

d’ambra

Datazione: inizi VII sec. a.C.

ramara di Gorzano-Maranello

Provenienza: tomba 3, podere Fallona-

Collocazione: conservati in deposito

Magazzino; Savignano sul Panaro e Forna-

14. Fibule

Datazione: Età del Bronzo Media e Re-

ce Minelli-Bazzano

Inv. nn. 91377; 91378; 91379; 91380;

cente (XVII-metà XII sec. a.C.)

Datazione: metà VIII sec. e VII sec. a.C.

91395; 91396; 91397

118

Museo Civico Archeologico Etnologico


Tipologia: fibule composite

con vago in ambra; ad arco ingrossato con

Descrizione: 52 vaghi lenticolari di picco-

Descrizione: ad arco rivestito con vago

castone in ambra

le dimensioni, un vago di grandi dimen-

d’ambra, ad arco rivestito da dischi in osso

Materiale: ambra, osso e ambra

sioni di forma arrotondata, quattro pen-

con intarsi in ambra, ad arco rivestito da di-

Provenienza: tomba D, Ca’ Bianca, Savi-

denti a goccia e 19 vaghi discoidali

schi in osso decorati a cerchielli concentrici

gnano sul Panaro

Materiale: ambra

e con intarsi in ambra

Datazione: metà VII sec. a.C.

Provenienza: tomba della Nosadella, Ca-

Provenienza: tomba 1, Ca’ Bianca, Savi-

stelvetro

gnano sul Panaro

17. Vaghi

Datazione: prima metà VII sec. a.C.

Tipologia: vaghi

Datazione: V sec. a.C.

15. Elementi di fibule Inv. nn. 253693; 253694; 253698; 253699 Tipologia: elementi di fibule Descrizione: elementi di rivestimento di fibule di forma discoidale e ovale con fori passanti circondati da una linea di puntini impressi Provenienza: tomba D, Ca’ Bianca, Savignano sul Panaro Datazione: metà VII sec. a.C. 16. Fibule Inv. nn. 157214; 157215; 157216; 157217; 157220; 157224; 157226 Tipologia: fibule composite Descrizione: ad arco rivestito da dischi in osso con intarsi in ambra; ad arco rivestito con nocciolo in ambra; ad arco semplice

p 16. Fibule ad arco rivestito con elementi in

p 17. Vaghi d’ambra dalla tomba

osso e inserti di ambra, necropoli Ca’ Bianca di Savignano sul Panaro, VII secolo a.C., Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico (Archivio fotografico del Museo).

della Nosadella, Castelvetro, V secolo a.C., Modena, Museo Civico Archeologico Etnologico (Archivio fotografico del Museo).

Museo Civico Archeologico Etnologico

119


Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

Via del Museo, 2

1910 e 1912, avevano piuttosto perle di 1

grammi. Quasi sempre sono stati deposti

40050 Monterenzio (BO)

pasta vitrea che d’ambra. Per quanto con-

in corredi femminili, con l’eccezione della

Tel. 051 929766

cerne la prima Età del Ferro, dunque, la

tomba 1 di Monterenzio Vecchio che risul-

Fax 051 929766

documentazione archeologica dell’ambra

ta maschile.

museomonterenzio@yahoo.it

nella valle dell’Idice pare inesistente.

La presenza di ambra nei corredi tombali

www.archeologia.unibo.it

L’ambra invece è sicuramente attestata in

ha dunque una specificità sessuale. Per la

due importanti realtà l’una alla sinistra del-

rarità di attestazioni anche in rapporto alle

Le ambre delle necropoli celticoetrusche della valle dell’Idice

l’Idice, a Monte Bibele, l’altra alla destra di

tombe femminili coeve assume un signifi-

questo torrente, a Monterenzio Vecchio,

cato di selezione sociale, accentuata dalla

Le collezioni del Museo Civico Archeologico

dove sono emerse due necropoli ricche e

più o meno abbondante quantità di ambra

‘Luigi Fantini’ di Monterenzio sono formate

complesse riferibili a due comunità forma-

presente nella parure.

dai materiali e dai complessi archeologici

te da Etruschi, Celti e altri gruppi, vissuti in

Essa ha un valore cronologico, in quanto,

provenienti dalle ricerche e dagli scavi in

questo tratto di vallata appenninica all’in-

rara tra le tombe della fase iniziale del se-

concessione che il Dipartimento di Archeo-

circa tra il 400 e il 250 a.C.

polcreto di Monte Tamburino (V-metà del

logia dell’Università di Bologna ha svolto

La necropoli di Monte Tamburino a Monte

IV secolo a.C.), dopo un vuoto di circa

nella valle dell’Idice a partire dal 1978.

Bibele è associabile a un abitato scoperto

mezzo secolo, si afferma tra gli ultimi de-

Se è vero che la presenza dell’uomo nella

ad alcune centinaia di metri di distanza, in

cenni del IV e gli inizi del III secolo a.C.

vallata risulta documentata sporadicamen-

località Pianella di Monte Savino. A Mon-

te sin dall’età della pietra e sempre più a

terenzio Vecchio, invece, nessuna traccia di

partire dall’Età del Bronzo, è solo nei con-

abitato è stata sinora identificata, mentre è

La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele

testi che appartengono alla seconda Età

possibile che un’area di culto indiziata dal-

La necropoli identificata (fig. 1) su un’area

del Ferro, tra la fine del V e la metà del III

la presenza di un centinaio di vasi miniatu-

di circa 8.000 mq, nella parte alta del ripi-

secolo a.C., che compare l’ambra.

ristici si trovasse ai piedi del pendio, poco

do pendio di Monte Tamburino, ha resti-

Prima, infatti, una fibula inedita di epoca

lontana dal sepolcreto.

tuito – tra le ricerche ufficiali e quelle clan-

villanoviana, proveniente da un corredo

L’ambra conservata al Museo Fantini è

destine – almeno 170 tombe deposte in un

sconvolto, aveva l’arco di filo di bronzo ori-

quasi tutta di provenienza funeraria ed è

arco di tempo che va dalla fine del V-inizi

ginariamente rivestito con elementi non

costituita essenzialmente da perle da colla-

possiamo più dire se di osso, di vetro o

na o da parure in genere e da un eccezio-

d’ambra. E anche le tre fibule ad arco rive-

nale scarabeo con decorazione figurata. In

stito provenienti da corredi villanoviani sco-

tutto si tratta di circa 400 elementi d’am-

perti a Pizzano in località La Valletta, tra il

bra il cui peso complessivo è di circa 300

120

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

1 Monterenzio e la Valle dell’Idice, archeologia e storia di un territorio, catalogo della mostra a cura di Daniele Vitali, s.l., s.n.t., 1983, p. 393.


soprattutto cronologico. Alle tombe a inumazione si interpongono piccoli gruppi di tombe a incinerazione; un gruppo molto numeroso, verso la base del pendio ed esterno a tutto il sepolcreto, comprende per ora le deposizioni più recenti di tutto il sepolcreto4 (secondo quarto-metà del III secolo a.C.). Tutte le tombe a inumazione contenevano un cassone di legno che proteggeva il morto e le offerte che lo accompagnavano.5 La successione lineare e temporale delle tombe a inumazione e la totale assenza di raggruppamenti ci permettono di escludere che a Monte Tamburino la necropoli riunisse dei gruppi o di tipo familiare o di tipo militare. Diverso è invece il caso delle tomp 1. Pianta della necropoli di Monte Tamburino: tombe femminili e corredi con perle d’ambra.

be a incinerazione che – a parte alcune eccezioni – formano gruppi più o meno consistenti, sicuramente intenzionali, che nel

IV alla metà del III secolo a.C. Le tombe più

fase della necropoli è caratterizzata dalle

caso delle tombe di guerriero lasciano pen-

antiche, situate nella parte sommitale del

fosse sepolcrali rettangolari o quadrangola-

sare all’appartenenza a medesime confra-

pendio, sono state o distrutte o fortemen-

ri a fondo piatto contenenti inumazioni.

ternite militari.6

te danneggiate dall’erosione e quindi mol-

Con l’andare del tempo, esauritosi lo spazio

La presentazione e lo studio preliminare dei

to spesso i loro corredi sono incompleti. La

pianeggiante, le tombe furono impiantate

corredi sono stati fatti in occasione dell’edi-

presenza di frammenti di vasi nei terreni di

nel pendio assumendo una forma e un

zione del catalogo scientifico del sepolcreto.7

colluvione indica ancora che un numero

orientamento diverso rispetto alle tombe

Essi sono costituiti da oggetti di parure e di

imprecisabile di tombe è andato perduto.

più antiche. Alla semplice fossa rettangola-

abbigliamento, da oggetti di status sociale,

Le ipotesi formulate dagli scavatori valuta-

re della parte più antica subentra una fossa

da oggetti legati al simposio e al banchetto,

no la consistenza della necropoli di Monte

scavata profondamente nel fianco della

ivi comprese le offerte alimentari carnee.

Tamburino in almeno 190-200 tombe.2

montagna, preceduta da uno stretto corri-

L’organizzazione topografica delle singole

doio lungo alcuni metri.3 È verosimile che si

tombe ha consentito di individuare una stra-

attui una sistemazione della necropoli con

tigrafia orizzontale del sepolcreto nel senso

terrazzi che modellano il pendio e che ven-

che le tombe più antiche, databili alla fine

gono occupati dalle diverse tombe, davanti

del V-inizi del IV secolo a.C., si trovano alla

alle quali si creano delle aree di passaggio.

sommità quasi pianeggiante del monte, di-

Alle quattro principali file di tombe che, le

sposte ordinatamente per file, a una distan-

une dopo le altre, tagliano e discendono il

za reciproca di circa tre metri. Questa prima

pendio, è stato riconosciuto un significato

2

La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele, a cura di Daniele Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi, 19), p. 19. 3 Ivi, p. 17. 4 Ivi, p. 19. 5 Ivi, pp. 21-23. 6 Ivi, pp. 19-21. 7 Ivi.

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

121


Oggetti di parure e di abbigliamento

Oggetti di status sociale

teristico dei corredi maschili e assente in

È a questo primo gruppo che appartengo-

Nei corredi femminili molto spesso si trova-

quelli femminili.

no le perle di vetro o di ambra e i pendagli

no una o più fusaiole, a volte associate con

A testimoniare la presenza delle offerte di

per collane (in 23 tombe), gli orecchini (in

una o due conocchie d’osso e un partico-

cibo nelle tombe, sono i residui delle por-

quattro tombe), i braccialetti (in tre tom-

lare tipo di vaso in ceramica che forse con-

zioni carnee; costate, talvolta anche co-

be), gli anelli digitali (in 12 tombe); e, an-

tenne la sostanza per apprettare i tessuti;

sciotti di maiale, mentre il montone si di-

cora – ma con un ruolo più funzionale – le

in tre casi si ha uno specchio di bronzo de-

mostra raro.

fibule (di bronzo, di ferro e d’argento, in

corato.10

Per la preparazione e il consumo delle be-

8

43 corredi) e le trousses da toilette (net-

L’elemento più evidente, che si afferma

vande, di regola è previsto un grande

taunghie, curaorecchi).

con l’arrivo dei Celti intorno alla metà del

contenitore (olla, cratere, anfora), un at-

I colliers di perle di vetro o di ambra, talo-

IV secolo, è quello della deposizione di ar-

tingitoio (di ceramica o di bronzo /

ra con inserti di osso e, come vedremo,

mi di ferro nelle tombe degli uomini (48

kyathos) e talvolta un colino di bronzo. Di

anche di altro materiale, danno una prima

casi su un’ottantina di tombe individuali

pertinenza esclusivamente maschile oltre

indicazione quanto al sesso femminile del

maschili); lame di spada col fodero, ele-

al kyathos in tre casi accompagnato dal

titolare della tomba, confermato dall’asso-

menti metallici del cinturone, cuspidi di

colino e in due anche dalla teglia di bron-

ciazione con oggetti particolari come fu-

lancia prive o associate al rispettivo pun-

zo, è la kylix, mentre i corredi femminili si

saiole, conocchie o specchi, attributi

tale, giavellotti a lunga asta massiccia con

distinguono

ugualmente femminili. In nove casi – cioè

relativo puntale, frecce per arco (in un ca-

skyphos. Altro elemento che si lega al

un po’ meno della metà del totale – la col-

so). Sono stati rinvenuti anche alcuni scu-

banchetto è il candelabro con fusto di le-

lana è da sola, senza altri elementi che

di di materiale organico e un’arma da di-

gno, di cui si conserva solo la cimasa di

connotino il sesso femminile. In generale

fesa, particolarmente rara, come l’elmo

ferro a bracci generalmente orizzontali a

le collane con una o più perle sono ap-

metallico (sei casi). Altri elementi che ri-

uncino, in 39 tombe12 (29 maschili e 10

pannaggio delle donne di età adulta-adul-

guardano alcuni tra i corredi maschili so-

femminili).

ta/matura e interessano prevalentemente

no lo strigile di bronzo o di ferro, cui di re-

Un oggetto non inseribile in nessuna delle

il settore più antico della necropoli, ad ec-

gola si associa un «vaso a gabbia» di

tre categorie è il frammento di metallo

9

cezione di due insiemi che risultano visibil-

bronzo.

11

mente più recenti: le tombe 77 e 95. Va

per

la

presenza

dello

(bronzo o ferro), posto nella mano dell’inumato o presso di essa, che probabilmen-

sottolineato però che la tomba 77 appar-

Oggetti legati al simposio e al banchetto

te servì da «obolo di Caronte», cioè per

tiene a una bambina di sei-otto anni.

Il servizio corrente per mangiare/bere è

pagare il passaggio nell’Oltretomba.13

La pianta di distribuzione delle collane-fu-

composto da una ciotola media e talora

saiole-conocchie mostra che le tombe del-

da una ciotola più piccola assieme a un

la parte sommitale di Monte Tamburino –

piattello e a un bicchiere d’impasto. Il ser-

che sono anche le più antiche – hanno ge-

vizio per la preparazione delle carni com-

neralmente la collana, da sola o associata

prende il coltello di ferro e gli spiedi, que-

a fusaiole. Queste ultime sono presenti in

st’ultimi piuttosto rari con la comparsa

tutte le fasi della necropoli ma le conoc-

nella fase recente ed esclusivamente in

chie in osso compaiono solamente nelle

contesti maschili. Anche il mortaio, utiliz-

tombe del pendio.

zato per la preparazione del cibo, è carat-

122

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

8

Ivi, p. 24. Tombe 1, 3, 15, 18, 19, 20, 28, 50, 77, 95, 122, 133. 10 Tombe 101, 123, 130. 11 La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele cit., pp. 24-28. 12 Ivi, pp. 28-31. 13 Ivi, pp. 31, 35. 9


La necropoli di Monterenzio Vecchio La scoperta nel 1882 di un elmo di ferro, una lama di spada e una cuspide di lancia, segnalata a G. Gozzadini, «Regio Commissario per i Musei e gli Scavi dell’Emilia e delle Marche», segna l’entrata di Monterenzio Vecchio nella serie di siti archeologici di primaria importanza della valle dell’Idice. L’elmo (privo dei paraguance) e la cuspide di lancia entrarono al Museo Civico Archeologico di Bologna dove ancora oggi sono esposti tra le collezioni di fase gallica.14 La località della scoperta divenne oggetto di periodiche ricognizioni da parte dell’équipe che dal 1978 aveva avviato la ricerca su Monte Bibele. Nel 1988, quando i lavori agricoli intercettarono alcune tombe, fu attuato uno scavo d’emergenza, che permise di scoprire 12 tombe a inumazione più o meno sconvolte, sette delle quali riferibili a una fossa e altre cinque indiziate da resti scheletrici o da materiali concentrati ma fluttuanti nel terreno e slegati da un contesto topografico preciso (fig. 2).15 Dal 1999 ha preso il via un programma di campagne annuali di scavo in concessione al Dipartimento di Archeologia di Bologna e dirette da Daniele Vitali e Thierry Lejars. Della necropoli, posta sul fianco sud-occi-

14

DANIELE VITALI, Tombe e necropoli galliche di Bologna e del territorio, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1992 (Cataloghi delle collezioni del Museo civico archeologico di Bologna, 9), pp. 391392, tavv. 63, 75. 15 DANIELE VITALI, Scavi e scoperte: Monterenzio Vecchio (Bologna), «Studi Etruschi», LVII, 1991, p. 395.

p 2. Pianta della necropoli di Monterenzio Vecchio: tombe femminili e corredi con perle d’ambra.

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

123


dentale della collina, è venuta in luce una

chio tuttavia si ha l’esibizione di una mag-

quasi la copia esatta di due altri corredi fem-

sessantina di tombe in massima parte a

giore ricchezza ed eccezionalità o rarità di

minili di adulte20 (le tombe 49 e 95).

inumazione (l’incinerazione è attestata in

materiali: si possono ricordare, tra gli og-

Nelle tombe femminili a inumazione le per-

tre casi sicuri e due probabili).

getti legati al consumo del vino, la situla

le d’ambra si trovano in posizione funziona-

Anche nella necropoli di Monterenzio Vec-

stamnoide con una straordinaria decora-

le: generalmente nella zona compresa tra il

19

chio si osserva una pianificazione generale

zione plastica figurata della tomba 5, (da-

petto e il collo; in alcuni casi è stato possibi-

dell’area funeraria che fa vedere l’esistenza

tabile alla fine del IV secolo a.C.) o altri va-

le ricomporre l’andamento della collana che

di tre-quattro possibili allineamenti di tom-

si figurati quali il kantharos a figure rosse o

i fenomeni post deposizionali, dopo la chiu-

be, due dei quali si snodano su terrazza-

il duck-askòs dipinto della tomba 2.

sura della tomba, avevano reso più o meno contorto e più o meno discontinuo.

menti artificiali, larghi da sei a sette metri e

La presenza dell’ambra nelle due necropoli

Nella necropoli di Monte Tamburino, dun-

sessantina di metri.16 La logica delle file è analoga a quella di Monte Tamburino; dal-

I contesti tombali che contengono ambra,

ce con gli scavi regolari, la presenza del-

le tombe più antiche (inizio del IV secolo

sono largamente minoritari rispetto al totale

l’ambra è attestata in sei casi.

a.C.) man mano che si scende verso la par-

delle tombe dei due sepolcreti: appena dieci

Nella necropoli di Monterenzio Vecchio, le

te bassa del pendio si arriva alle più recen-

sul totale di circa 250 corredi e soprattutto

tombe che contengono ambra sono quat-

ti, che non sembrano entrare troppo nella

sul totale dei circa 70 corredi femminili.

tro sulla sessantina totale, una dozzina del-

seconda metà del III secolo a.C.

Questa rarità in assoluto fa pensare al si-

le quali femminili. Le tre inumazioni fem-

La necropoli di Monterenzio Vecchio, nono-

gnificato molto particolare che deve avere

minili (tombe A, 2, 7) e l’inumazione ma-

stante sia in parte contemporanea e paralle-

rivestito questo tipo di materiale esotico

schile (tomba 1), hanno restituito perle

la per le componenti etnico-culturali a quel-

nelle due comunità di Monte Bibele e di

analoghe a quelle di Monte Tamburino, ma

la di Monte Tamburino, mostra importanti

Monterenzio Vecchio.

nel caso della tomba 7 alle consuete perle

differenze nella struttura delle tombe. Qui le

In generale l’ambra è riservata ai corredi

si aggiunge anche una eccezionale gemma

fosse rettangolari, coi lati di due-tre metri di

femminili; ma eccezionalmente, nella tom-

d’ambra a scarabeo, rinvenuta in prossi-

lunghezza (eccezionalmente di 3,80 m la

ba di guerriero n. 1 di Monterenzio Vec-

mità della mano destra della defunta.

tomba n. 28) e una larghezza di uno-due,

chio, essa è presente in un corredo ma-

tre metri, sono foderate da muretti a secco

schile, forse con funzione apotropaica e

in pietre locali.17 Il corridoio delle fosse di

protettiva, più che esornativa, se pensiamo

Monte Tamburino qui non è stato attestato

alla sua collocazione accanto a una mano.

in nessun caso. Un elemento comune, inve-

Ma evidentemente occorre riferirsi al quadro

ce, è la presenza della cassa lignea, che a

delle tombe femminili; quando le determina-

Monterenzio Vecchio ha lasciato le tracce

zioni antropologiche hanno potuto stabilire

ben visibili delle assi della copertura e dei

anche l’età di morte delle titolari delle tombe,

lunghi rispettivamente una trentina e una

18

fianchi, ridotte allo stato di carbone (altez-

vediamo che abbiamo a che fare quasi sem-

za interna della tomba tra 0,4 e 0,7 m).

pre con donne adulte e adulte-mature; solo

I materiali e le loro associazioni nella com-

in un caso, a Monte Tamburino, abbiamo

posizione dei corredi sono analoghi a quel-

una bambina (tomba 77 di Monte Tamburi-

li di Monte Tamburino; a Monterenzio Vec-

no) che però ha un corredo di tutto riguardo,

124

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

que, tra le 60 tombe femminili messe in lu-

16 THIERRY LEJARS, VENTURINO NALDI, STÉPHANE VERGER, DANIELE VITALI, Monterenzio (prov. de Bologne): la nécropole celto-ètrusque de Monterenzio Vecchio, «Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Antiquité», 116, 2004, 1, p. 54. 17 Ibidem. 18 Ivi, p. 55. 19 NICOLA BIANCA FABRY, Situla stamnoide di bronzo, in I bronzi degli Etruschi e dei Celti nella valle dell’Idice, a cura di Daniele Vitali, Monterenzio, Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 2006 (Quaderni del Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 3), pp. 8-11. 20 La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele cit., pp. 171-173, 266-267, 323-324.


Nelle tombe A e 2 il carattere delle collane,

conda metà del IV-inizi del III secolo a.C.),

1 farebbe pensare alla funzione di amuleto,

composte da un elevato numero di perle

nelle tre tombe che contenevano fibule di

forse appeso o racchiuso in un’eventuale

(230/46,9 g, 120/25,4 g), mostra affinità con

tipo La Tène (tombe 95, 122) e Certosa del

tasca o contenitore di materiale organico.

la collana della tomba infantile 122 di Monte

tipo evoluto (tombe 77, 95), i vaghi d’am-

Lo studio antropologico di questo scheletro

Tamburino, dove le numerose perle d’ambra

bra, sono in più esemplari (3, 22 e 44 unità)

e dello scheletro femminile della tomba 2

non vengono alternate da elementi di altro

associate a perle di altro materiale (tomba

eseguito da Philippe Charlier mostra che tra

materiale. Nella tomba 7, la composizione

3) ovvero da sole (tombe 95 e 122).

i due personaggi vi è stata sicuramente una

della collana è diversa: le quattro perle d’am-

Tra le tombe più antiche e quelle più re-

parentela. Un’anomalia di posizione relati-

bra, sono associate a un ciondolo ad anfo-

centi dunque si notano differenze, per cui

va al dente 3325 (il canino inferiore non se-

retta in osso e a vaghi di pasta vitrea e osso.

sembrerebbe che nonostante il ‘valore’ che

gue l’andamento semicircolare della dispo-

Una prima differenza emerge fra le tombe

doveva rivestire l’ambra come materia pri-

sizione dei denti, è anteposto all’incisivo e

femminili che contengono ambra e quelle

ma pregiata, la sua presenza nella fase più

al primo molare) è comune e caratterizzan-

che o non la contengono affatto o contengo-

antica vada interpretata non tanto come

te della tomba 2, femminile (24-45 anni) e

no collane formate solamente da alcune per-

manifestazione del lusso e cioè il segnale di

della tomba 1, maschile (18-24 anni) so-

le di vetro. Una seconda differenza, talvolta

uno status sociale elevato, ma piuttosto –

stanzialmente contemporanee (fine del IV-

schiacciante, si osserva poi tra le tombe con

riprendendo un’interpretazione di Nuccia

elementi d’ambra che presentano collane

Negroni Catacchio – come l’adozione più

con giro formato da più di cento grani o col-

personale di una materia dalle funzioni be-

lane formate da pochi o da singoli grani, da

nefiche, terapeutiche e apotropaiche, vista

soli o associati a vaghi di pasta vitrea, a pen-

la natura magica di questo materiale che i

dagli di pietra, d’osso oppure d’argilla.

Greci chiamarono élektron.22

Questo combinare in una stessa collana

Le tombe della fase piena e – attualmente –

materiali diversi non può non far pensare

più recente del sepolcreto di Monterenzio

anche all’utilizzo di perle o pendagli di ma-

Vecchio vedono la parure d’ambra associata

teriale deperibile – ad esempio legno even-

a ricchi servizi da banchetto ed elementi di

tualmente colorato – che dovevano arric-

status sociale elevato, come la poco fre-

chire o integrare l’insieme della collana, o

quente conocchia in osso (tombe A, 2, 7) e

dei braccialetti o di altri elementi della pa-

lo specchio di bronzo nelle tombe 2 e 7,23

rure personale la cui forma originaria tut-

oggetto assai raro, documentato da tre

tavia ci sfugge nel dettaglio.

esemplari. Il fatto che l’ambra si presenti co-

Nei corredi della fase più antica (V-prima

me prodotto di lusso a Monterenzio Vecchio

metà del IV secolo a.C.) e quindi etrusca

è confermato anche dalla grande quantità

della necropoli di Monte Tamburino, le per-

della materia prima utilizzata per la realizza-

le d’ambra si presentano singolarmente, in

zione delle parures cui si aggiunge l’ecce-

associazione con alcuni vaghi di pasta vi-

zionale gemma d’ambra della tomba 7.24

trea21 e con fibule di tipo Certosa (tombe 2,

Abbiamo già detto che la presenza della

3, 41). Invece nella parte bassa del pendio,

perla d’ambra sopra il bacino nelle vicinan-

nel settore più evoluto del sepolcreto (se-

ze della mano del guerriero della tomba n.

21 VINCENZA ORFANELLI, STEFANIA VELLANI, I vetri di Monte Bibele (Monterenzio, Bologna), Venezia, s.n.t., 1992. 22 PLINIO, Nat. Hist. 37/ 38 11, 44 : «Le donne della zona della Gallia Transpadana portano collane di ambra, principalmente come ornamento ma anche a scopo terapeutico, poiché infatti si crede che prevenga le malattie delle tonsille e della gola»; NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’ambra nella protostoria italiana, in Ambra oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri 1978, p. 87. 23 ANNACHIARA PENZO, Specchi di bronzo, in I bronzi degli Etruschi e dei Celti nella valle dell’Idice, a cura di Daniele Vitali, Monterenzio, Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 2006 (Quaderni del Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 3), pp. 14-16. 24 NICOLA BIANCA FABRY, Lo scarabeo della tomba 7 di Monterenzio Vecchio e le parures d’ambra delle necrepoli etrusco-celtiche della Valle dell’Idice, «Ocnus», 17, 2009, pp. 23-28. 25 PHILIPPE CHARLIER, Ostéo-archéologie de deux nécropoles étrusco-celtiques: Monte Bibele et Monterenzio Vecchio (Bologne, Italie). Reconstituiton d’une pathocènose à l’échelle de la vallée de l’Idice, Thèse de doctorat à l’Ecole Pratique des Hautes Etudes Sciences Historiques et Philologiques, décembre 2005, pp. 134-135.

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

125


inizi III secolo a.C.): sarebbero fratello e so-

perle d’ambra e di pasta vitrea azzurra sul-

rella ovvero madre e figlio? Nella tomba

la spalla sinistra.33 In conclusione, anche a

femminile l’ambra è molto abbondante.

Bologna si constatano la relativa rarità di

Oltre che a Monte Tamburino e Monteren-

deporre parures con ambra nelle tombe

zio Vecchio, l’ambra è documentata anche

(cinque sulla ventina di tombe), la situazio-

negli altri sepolcreti attribuiti ai Boi, a Bolo-

ne di eterogeneità nella quantità d’ambra

gna, nelle necropoli Benacci, Benacci Capra-

e nella composizione delle parures e infine,

ra e De Luca e, in un caso sicuramente, anche nella necropoli di Casalecchio ‘zona A’. Gli scavi ottocenteschi delle necropoli galliche di Bologna presentano un quadro che sicura-

come a Monte Tamburino, la presenza di p 3. Scarabeo inciso d’ambra, Monterenzio Vecchio, tomba 7, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (nella pagina foto Costantino Ferlauto).

ambra anche in tombe di bambini. Gli scavi della necropoli di Casalecchio ‘zona A’ segnalano un pendaglio d’ambra ad

mente non rispecchia la situazione antica ma

anello a sezione lenticolare collocato alla

risulta largamente impoverito. Per quanto co-

base del collo34 nella tomba a inumazione

26

nei sepolcreti occi-

con corredo femminile n. 38, datata al ter-

dentali di Bologna si possono riconoscere e

zo venticinquennio del IV secolo a.C. In

contare tra 19 e 22 tombe femminili, due del-

questa necropoli di 96 tombe con corredi

le quali di adolescenti/bambine; sei di tali tom-

contenenti materiali quasi tutti di tipologia

be contengono elementi di parure, cinque con

lateniana, le tombe femminili appaiono ca-

ambra da sola o associata ad altri materiali e

ratterizzate da oggetti d’ornamento come

una solo di vetro. Presentando la situazione in

anelli digitali, pendenti o vaghi di collana35

ordine cronologico: la tomba Benacci 663 del-

ma, poiché gran parte del sepolcreto è an-

nosciamo fino ad oggi

la fine del IV-inizi III secolo a.C. ha una collana di dieci perle d’ambra e quattro di pasta vitrea;

26

si tratta di una ricca tomba con specchio e skyphos suddipinto.27 La tomba Benacci 963, dello stesso periodo, ha una collana con numerose perle di ambra e pasta vitrea cui si aggiunge un pendente di bronzo.28 La coeva tomba Benacci 960 presenta invece una sola perla di vetro sul petto, senza alcuna traccia di ambra.29 La tomba De Luca 30 bis vede segnalati da parte di Zannoni, suo scopritore,

p 4. Scarabeo inciso d’ambra, Monterenzio Vecchio, tomba 7, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’.

due anelli d’ambra più un terzo con infilato un anello di bronzo; la loro posizione sotto il men-

tro e di ambra,31 mentre la De Luca 49 pre-

to dell’inumata e di fianco al cranio ne fanno

senta un collier molto più importante con

rispettivamente una collana e un orecchino.30

21 perle d’ambra, una perla calcarea e una

Più tardi (inizi-prima metà III secolo a.C.) la

di vetro blu.32 Infine, una tomba non data-

tomba Benacci 872 associa una perla di ve-

bile di bambina presenta una collana di

126

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

D. VITALI, Tombe e necropoli galliche di Bologna e del territorio cit. 27 Ivi, pp. 212- 215, tavv. 22-23. 28 Ivi, pp. 322-323. 29 Ivi, pp. 312-315, tav. 43. 30 Ivi, pp. 342-343. 31 Ivi, pp. 245-246, tav. 26. 32 Ivi, p. 345, tav. 50. 33 Ivi, p. 176. 34 JACOPO ORTALLI, La necropoli celtica della zona «A» di Casalecchio di Reno (Bologna). Note preliminari sullo scavo del complesso sepolcrale e dell’area di culto, in L’Europe celtique du Ve au IIIe siècle avant J.-C. Contacts, echanges et mouvements de populations, Actes du deuxième symposium international d’Hautvillers (8-10 octobre 1992), «Memoire de la Société Archéologique Champenoise» 9, 1995, pp. 211-212, figg. 14, 4. 35 Ivi, p. 205.


cora inedita, non possiamo dire se l’ambra

Tali gemme arcaiche con la funzione di si-

Riferimenti bibliografici

avesse una presenza più significativa.

gillo, realizzate soprattutto in corniola, in

Anche nel mondo celtico transalpino, colla-

minor numero in agata e sardonica, e più

ne formate da un numero elevato di perle

raramente in calcedonio, onice, giacinto o

d’ambra compaiono in un numero ristretto

plasma di smeraldo, allo stesso modo di

di necropoli e di tombe. L’area elvetica e l’I-

quelle greche, hanno la forma di scarabeo

talia celtica sembrano le regioni nelle quali

(rarissimamente scaraboide), sono montate

questa parure – con colliers di sola ambra o

in anelli d’oro che consentivano alle pietre

con integrazione di perle di vetro – sia mag-

di ruotare attorno a un perno, per mostrare

giormente diffusa. Possiamo ricordare come

o il lato convesso o quello con l’incisione.

esempio le necropoli di Saint Sulpice o di

L’utilizzo di tali gemme come pendente è

Münsingen-Rain (Berna).36 In quest’ultima,

poco frequente.41

le tombe che contengono tale parure sono

Gli specialisti hanno individuato diversi stili e

poche (tombe 12, 13, 23, 62) e fanno parte

diverse fasi nella produzione glittica etrusca:

delle più antiche del sepolcreto37 (dal LT A

«arcaico» (530-480 a.C.), «severo» (480-

agli inizi del LT B).

430 a.C.) e «libero» (430-320 a.C.) – la cui

JOHN BOARDMAN, MARIE-LOUISE VOLLENWEIDER, Catalogue of the engraved Gems and Finger Rings, in Ashmolean Museum, I, Greek and Etruscan, Oxford, Clarendon Press, 1978. PHILIPPE CHARLIER, Ostéo-archéologie de deux nécropoles étrusco-celtiques: Monte Bibele et Monterenzio Vecchio (Bologne, Italie). Reconstituiton d’une pathocènose à l’échelle de la vallée de l’Idice, Thèse de doctorat à l’Ecole Pratique des Hautes Etudes Sciences Historiques et Philologiques, décembre 2005. PIER LUIGI DALL’AGLIO, Tomba 2, in Monterenzio e la Valle dell’Idice, archeologia e storia di un territorio, catalogo della mostra a cura di Daniele Vitali, s.l., s.n.t., 1983, pp. 200-201.

Se i vaghi d’ambra, malgrado la relativa ra-

fase più recente è detta «di transizione»42 –;

rità con cui li troviamo documentati, ci sem-

cui segue lo «stile libero tardo»43 (350-100

brano più consueti, assai eccezionale invece

a.C.). Un particolare modo di rappresentare

appare la gemma della tomba 7 di Monte-

le figure, detta «a globolo» tra la fine del V

renzio Vecchio, sia per il materiale utilizzato

e gli inizi del II secolo a.C. si affianca alle pro-

– estremamente raro nella produzione di

duzioni dello «stile libero» e «libero tardo».44

gemme – sia per la raffigurazione che è sta-

I temi raffigurati riguardano prevalentemen-

ta intagliata nella faccia piana (figg. 3 e 4).

te divinità ed eroi, personaggi del mito gre-

La produzione delle gemme intagliate in

co ma anche etrusco. Per ciò che di più det-

Etruria ha inizio con la metà del VI secolo

tagliato si riesce a cogliere nel nostro esem-

a.C. ad opera di artigiani greci dell’Asia mi-

plare abbastanza consunto, sembra che ci

nore che impiantarono le proprie botteghe

troviamo nell’ambito dello ‘stile libero’ quin-

38

Ai centri produttivi del-

di in un momento che in parte si sovrappo-

l’Etruria meridionale che Zazoff individua a

ne con la datazione della tomba 7 (ultimo

in terra etrusca.

39

Marina Martelli propo-

quarto del IV secolo a.C.). Resta ancora pro-

ne Tarquinia, in alternativa o complemen-

Cerveteri o Vulci,

blematica l’esatta interpretazione della figu-

tarità agli altri due centri e, tenendo conto

ra stante con candelabro (?) in mano.

dei caratteri etrusco settentrionali dell’alfa-

Nicola Bianca Fabry

beto che compare in alcune legende, candida a tale produzione un centro dell’Etruria settentrionale, Chiusi, dove si trovano molte gemme di questo tipo.40

* Desidero ringraziare la professoressa Nuccia Negroni Catacchio per le cortesi indicazioni che mi ha fornito.

36 GILBERT KAENEL, Recherches sur la période de La Tène en Suisse occidentale. Analyse des sépultures, Lausanne, Bibliothèque historique vaudoise, 1990 (Cahiers d’Archéologie romande, 50); FRANK ROY HODSON, The La Tène Cemetery at Münsingen-Rain, Catalogue and relative chronology, Bern, Stämpfli, 1968 (Acta Bernensia V). 37 Ivi, p. 26, pl. 8, 10, 12, 29. 38 GISELA M.A. RICHTER, The engraved Gems of the Greeks, Etruscans and Romans, London Phaidon, 1971, II, p. 41. 39 PETER ZAZOFF, Etruskische Scarabaen, Mainz am Rhein, 1968. 40 M. MARTELLI, Le arti minori cit., p. 460. 41 Ivi, p. 457. 42 JOHN BOARDMAN, MARIE-LOUISE VOLLENWEIDER, Catalogue of the engraved Gems and Finger Rings, in Ashmolean Museum, I, Greek and Etruscan, Oxford, Clarendon Press, 1978, p. 48; PETER ZAZOFF, Die antiken Gemmen, Munchen, Beck, 1983 (Hadbuch der Archäologie), p. 221. 43 P. ZAZOFF, Etruskische Scarabaen cit., pp. 105117; M. MARTELLI, Le arti minori cit., p. 458. 44 M. MARTELLI , Le arti minori cit., p. 461.

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

127


NICOLA BIANCA FABRY, Situla stamnoide di bronzo, in I bronzi degli Etruschi e dei Celti nella valle dell’Idice, a cura di Daniele Vitali, Monterenzio, Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 2006 (Quaderni del Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 3), pp. 8-11. NICOLA BIANCA FABRY, Lo scarabeo della tomba 7 di Monterenzio Vecchio e le parures d’ambra delle necropoli etrusco-celtiche della Valle dell’Idice, «Ocnus», 17, 2009, pp. 23-28. ADOLF FURTWÄNGLER, Die antiken Gemmen. Geschichte der Steinschneidekunst im klassichen Altertum, I-III, Leipzig-Berlin, Giesecke & Devrient, 1900. FRANK ROY HODSON, The La Tène Cemetery at Münsingen-Rain, Catalogue and relative chronology, Bern, Stämpfli, 1968 (Acta Bernensia V). GILBERT KAENEL, Recherches sur la période de La Tène en Suisse occidentale. Analyse des sépultures, Lausanne, Bibliothèque historique vaudoise, 1990 (Cahiers d’Archéologie romande, 50). T. LEJARS, V. NALDI, STÉPHANE VERGER, DANIELE VITALI, Monterenzio (prov. de Bologne): la nécropole celto-ètrusque de Monterenzio Vecchio, «Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Antiquité», 116, 2004, 1 , pp. 576-588. MARINA MARTELLI, Le arti minori, in Gli Etruschi, catalogo della mostra a cura di Mario Torelli, Milano, Bompiani, 2000, pp. 455-469. NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’ambra nella protostoria italiana, in Ambra oro del Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri 1978, pp. 83-87. VINCENZA ORFANELLI, STEFANIA VELLANI, I vetri di Monte Bibele (Monterenzio, Bologna), Venezia, s.n.t., 1992. JACOPO ORTALLI, La necropoli celtica della zona

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Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

«A» di Casalecchio di Reno (Bologna). Note preliminari sullo scavo del complesso sepolcrale e dell’area di culto, in L’Europe celtique du Ve au IIIe siècle avant J.-C. Contacts, echanges et mouvements de populations, Actes du deuxième symposium international d’Hautvillers (8-10 octobre 1992), «Memoire de la Société Archéologique Champenoise» 9, 1995, pp. 189- 238. ANNACHIARA PENZO, Specchi di bronzo, in I bronzi degli Etruschi e dei Celti nella valle dell’Idice, a cura di Daniele Vitali, Monterenzio, Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 2006 (Quaderni del Museo Archeologico ‘Luigi Fantini’, 3), pp. 14-16. GISELA M.A. RICHTER, The engraved Gems of the Greeks, Etruscans and Romans, 2 voll., London Phaidon, 1968-1971. DANIELE VITALI, Scavi e scoperte: Monterenzio Vecchio (Bologna), «Studi Etruschi», LVII, 1991, pp. 394-395. DANIELE VITALI, Tombe e necropoli galliche di Bologna e del territorio, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1992 (Cataloghi delle collezioni del Museo civico archeologico di Bologna, 9). La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele, a cura di Daniele Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi, 19). PETER ZAZOFF, Etruskische Scarabaen, Mainz am Rhein, 1968. PETER ZAZOFF, Die antiken Gemmen, Munchen, Beck, 1983 (Hadbuch der Archäologie).

Dimensioni e peso: h. cm 1; diam. cm 1,3; g 0,8 Provenienza: Monte Tamburino, tomba 2. La tomba 2 appartiene a una donna adulta dell’età di circa 25-30 anni Contesto: il corredo è costituito da oggetti d’ornamento personale (perla d’ambra, perla di vetro blu opaco, perla di vetro ad occhi, anello digitale di bronzo), abbigliamento (due fibule di bronzo tipo Certosa), da una spiraletta di bronzo in funzione di aes rude, da oggetti di status legati all’attività della filatura (due fusaiole d’impasto), da un servizio di vasellame ceramico (vasetto biconico di pasta grigio beige, skyphos a vernice bruno-rossastra, olla d’impasto, attingitoio di pasta grigia, quattro ciotole d’impasto, bicchiere d’impasto) e da un frammento di balsamario di vetro Osservazioni: la perla d’ambra situata sotto il mento e le due perle di vetro alla sinistra del cranio probabilmente appartenevano a un’unica collana Datazione: V sec. a.C. Bibliografia: PIER LUIGI DALL’AGLIO, Tomba 2, in Monterenzio e la Valle dell’Idice, archeologia e storia di un territorio, catalogo

CATALOGO 1. Perla Inv. n. 36388 Tipologia: perla d’ambra Descrizione: corpo cilindrico schiacciato in corrispondenza del foro passante; colore rosso-bruno opaco

p 1. Perla d’ambra, Monte Tamburino, tomba 2, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto Costantino Ferlauto).


della mostra a cura di Daniele Vitali, s.l.,

co, pendaglio di pietra) e di abbigliamento

s.n.t., 1983, pp. 200-201; La necropoli di

(fibula di ferro tipo Certosa)

Monte Tamburino a Monte Bibele, a cura

Osservazioni: gli oggetti della parure non

di Daniele Vitali, Bologna, Gedit, 2003

sono associati a resti scheletrici, ma dispo-

(Studi e Scavi, 19), pp. 44-47, tav. 2, n. 1

sti sopra una lastra di arenaria, in una situazione analoga a quella della tomba a in-

2. Perla

cinerazione n. 122

Inv. n. 36293

Datazione: V-metà del IV sec. a.C.

Tipologia: perla d’ambra

Bibliografia: La necropoli di Monte Tam-

Descrizione: corpo cilindrico con stretto

burino a Monte Bibele, a cura di Daniele

foro passante; colore bruno opaco

Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi,

Dimensioni e peso: h. cm 1,9; diam. max.

19), pp. 48-50, tav. 4, n. 2

cm 2,4; g 6,2

p 3. Perla d’ambra, Monte Tamburino, tomba 41, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto Costantino Ferlauto).

Provenienza: Monte Tamburino, tomba

3. Perla

3. La tomba 3 è priva di resti ossei e quin-

Inv. n. 57769

Datazione: prima metà del IV sec. a.C.

di non possiamo conoscere né il sesso né

Tipologia: perla d’ambra

Bibliografia: La necropoli di Monte Tam-

l’età del defunto

Descrizione: corpo anulare; colore rosso-

burino a Monte Bibele, a cura di Daniele

Contesto: il corredo risparmiato dall’inter-

bruno opaco

Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi,

vento clandestino è costituito da oggetti

Dimensioni e peso: h. cm 0,35; diam.

19), pp. 145-147, tav. 45, n. 27b

d’ornamento personale (perla d’ambra,

max. cm 0,9; g 0,5

due perle di vetro ad occhi, due perle di ve-

Provenienza: Monte Tamburino, tomba

4. Perle

tro blu opaco, perla di vetro verde-blu tra-

41. La tomba 41 appartiene a una donna

Inv. n. 92164

sparente, perla di vetro verde chiaro opa-

adulta dell’età di 30-35 anni

Tipologia: 22 perle d’ambra

Contesto: il corredo è costituito da og-

Descrizione: la maggior parte delle per-

getti d’ornamento personale (perla d’am-

le ha il corpo sub-sferoidale; le altre han-

bra, anellino di ferro, due perle di vetro

no il corpo discoidale; colore rosso-bruno

blu opaco, perla di vetro blu trasparente),

opaco

da un aes rude (fibula tipo Certosa), da

Dimensioni e peso: h. cm da 0,4 a 0,9;

oggetti di status legati all’attività della fila-

diam. cm da 0,9 a 1,2; peso complessivo

tura (due fusaiole d’impasto) e dal servizio

g 7,2

di vasellame ceramico (olla stamnoide; at-

Provenienza: Monte Tamburino, tomba

tingitoio a v.n.; una ciotola di pasta giallo-

77. La tomba 77 appartiene a una bambi-

rosata e una d’impasto arancione; piattel-

na dell’età di 6-8 anni

lo di pasta grigia; tre bicchieri d’impasto)

Contesto: il corredo è costituito da ogget-

Osservazioni: la perla d’ambra e le perle

ti d’ornamento personale (22 perle d’am-

di vetro con l’anellino in ferro, rinvenuti

bra, 14 perle di vetro blu opaco) e d’abbi-

nella parte alta dello sterno, sono riferibili

gliamento (cinque fibule di bronzo tipo

a una collana

Certosa con catenelle)

p 2. Collana con perla centrale d’ambra, Monte Tamburino, tomba 3, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto Costantino Ferlauto).

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

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bronzo tipo Certosa con catenelle, fibula di ferro tipo La Tène). Osservazioni: le perle d’ambra sono situate sopra l’emitorace destro Datazione: seconda metà del IV sec. a.C. Bibliografia: La necropoli di Monte Tamburino a Monte Bibele, a cura di Daniele Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi, p 4. 22 perle d’ambra, Monte Tamburino, tomba 77, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (in questa pagina e nella successiva foto Costantino Ferlauto).

19), pp. 323-324, tav. 166, n. 1 6. Perle Inv. n. 69271 Tipologia: 44 perle in ambra

Osservazioni: un gruppo di perle d’ambra e

Descrizione: la maggior parte delle perle

pasta vitrea, disposto attorno al collo e sul to-

ha il corpo cilindrico, le altre il corpo sub-

race corrisponde a una collana, mentre un se-

sferoidale e discoidale (entrambi talvolta as-

condo gruppo, situato attorno al polso sini-

sai asimmetrici); colore rosso-bruno opaco

stro, potrebbe essere parte di un braccialetto

Dimensioni e peso: h. cm da 0,3 a 1,2;

p 6. 44 perle d’ambra, Monte Tamburino,

Datazione: metà del IV sec. a. C.

diam. cm da 0,9 a 1,9; peso complessivo

Bibliografia: La necropoli di Monte Tam-

g 36,8

tomba 122, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’.

burino a Monte Bibele, a cura di Daniele

Provenienza: Monte Tamburino, tomba

Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi,

122. La tomba 122 appartiene a un infan-

abbigliamento (due fibule di ferro tipo La Tè-

19), pp. 266-267, tav. 124, nn. 9, 16

te, di sesso non determinabile, dell’età

ne) e da un piattello d’impasto buccheroide

di10 anni +/- 30 mesi

Osservazioni: la collana d’ambra è dispo-

5. Perle

Contesto: il corredo è costituito da oggetti

sta a corona attorno al deposito di ossa in-

Inv. n. 92220

d’ornamento personale (44 perle d’ambra),

cinerate

Tipologia: tre perle d’ambra

Datazione: inizi del III sec. a.C.

Descrizione: corpo cilindrico; colore ros-

Bibliografia: La necropoli di Monte Tam-

so-bruno opaco

burino a Monte Bibele, a cura di Daniele

Dimensioni e peso: h. cm da 0,3 a 0,4;

Vitali, Bologna, Gedit, 2003 (Studi e Scavi,

diam. cm da 0,8 a 0,9; peso complessivo

19), pp. 395-396, tav. 207, n. 2

g 1,2 Provenienza: Monte Tamburino, tomba

7. Perle

95. La tomba 95 appartiene a una donna

Inv. n. 249356

adulta dell’età di 20-25 anni

Tipologia: 230 perle in ambra

Contesto: il corredo è costituito da oggetti d’ornamento personale (tre perle d’ambra) e d’abbigliamento (quattro fibule di

130

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

p 5. Tre perle d’ambra, Monte Tamburino, tomba 95, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’.

Descrizione: collana composta da 230 perle d’ambra degradanti e di forme diverse; i due elementi centrali e maggiori di for-


ma discoidale sono seguiti da elementi più

d’argento), di abbigliamento (due fibule di

8. Perla

piccoli di forma subsferoidale, discoidale o

bronzo tipo Certosa), da oggetti di status

Inv. n. 242010

lenticolare; colore rosso-bruno opaco

legati all’attività della filatura (conocchia in

Tipologia: perla d’ambra

Dimensioni e peso: h. cm da 0,2 a 0,9;

osso) e dal servizio di vasellame ceramico

Descrizione: perla di forma lenticolare;

diam. cm da 0,5 a 2,4; peso complessivo

(ciotole e coppette a v.n.; piattello a tesa

colore bruno opaco

g 46,9

con decorazione dipinta a spina di pesce;

Dimensioni e peso: h. cm 0,6; diam. cm

Provenienza: Monterenzio Vecchio, tom-

anforetta con decorazione a v.n.).

0,9; g 0,9

ba A. La tomba A appartiene a una donna

Osservazioni: le perle d’ambra della lun-

Provenienza: Monterenzio Vecchio, tom-

adulta dell’età di 25-35 anni

ghissima collana erano sopra la spalla sini-

ba 1. La tomba 1 appartiene a un maschio,

Contesto: il corredo della tomba, mano-

stra e parzialmente anche su quella destra

guerriero, dell’età di 18-25 anni

messa nel 1988 dall’aratro, è costituito da

Datazione: seconda metà del IV sec. a.C.

Contesto: il corredo è costituito da armi di

oggetti d’ornamento personale (230 perle

Bibliografia: DANIELE VITALI, Scavi e scoper-

ferro (spada e fodero, anelli di bronzo per

d’ambra, due anelli digitali, uno di bronzo

te: Monterenzio Vecchio (Bologna), «Studi

la sospensione del fodero, puntale e cuspi-

e uno di argento, nove pendagli a occhiali

Etruschi», LVII, 1991, pp. 394-395

de di una lancia e giavellotto, elmo con ap-

p 8a. Perla d’ambra, Monterenzio Vecchio, tomba 1 (disegno dell’autrice).

p 7a. Perle d’ambra, Monterenzio Vecchio,

p 7b. 230 perle d’ambra, Monterenzio

p 8b. Perla d’ambra, Monterenzio Vecchio,

tomba A (1988) (disegno dell’autrice).

Vecchio, tomba A, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’.

tomba 1, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’.

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

131


pliques di bronzo, lamina di bronzo perti-

9. Perle

Provenienza: Monterenzio Vecchio, tom-

nente a un’insegna a fiamma), da oggetti

Inv. n. 242352

ba 2. La tomba 2 appartiene a una donna

legati alla cura del corpo (strigile di bronzo;

Tipologia: 105 perle in ambra

adulta dell’età di 25-45 anni

imboccatura di bronzo per vaso a gabbia),

Descrizione: collana composta da 105

Contesto: il corredo della tomba è costi-

dal servizio da banchetto (una ciotola di

perle d’ambra (di cui quattro in stato

tuito da oggetti d’ornamento personale

pasta depurata, un buccheroide, quattro a

frammentario) di dimensione e forme di-

(105 perle d’ambra, pendagli a occhiale di

v.n.; un piattello buccheroide, due di pasta

verse; l’elemento centrale maggiore ha la

bronzo), di abbigliamento (fibula di ferro),

depurata; olla di pasta depurata, due bic-

forma di un disco schiacciato con le facce

da oggetti di status legati all’attività della

chieri d’impasto, una coppa a v. rossa, una

concavo-convesse; gli elementi che se-

filatura (conocchia in osso, tre fusaiole),

di pasta depurata; mortaio; kylix a v.n.;

guono hanno forma subsferoidale, discoi-

da oggetti legati alla cura del corpo

kantharos a figure rosse; cimasa di cande-

dale e lenticolare; una delle perle mostra

(lekythos ariballica a v.n.; specchio di

labro di ferro e da una perla d’ambra

di essere il riutilizzo di una perla più gran-

bronzo; imboccatura di bronzo per vaso a

Osservazioni: la perla d’ambra era situata

de non riuscita; colore rosso-bruno opaco

gabbia) e dal servizio di vasellame cerami-

sul bacino in prossimità della mano sinistra

Dimensioni e peso: h. cm da 0,3 a 0,9;

co (tre ciotole a v.n.; un piattello bucche-

Datazione: ultimo quarto del IV sec. a.C.

diam. cm da 0,7 a 2,1; peso complessivo

roide, uno di pasta depurata con decora-

Bibliografia: inedita

g 25,4

zione a v.n.; due bicchieri d’impasto, tre coppe buccheroidi; uno skyphos di pasta depurata, uno a v.n.; olla, kantharos e brocca alto adriatica di pasta depurata; duck-askòs dipinto a v.n.; due vasi miniaturistici d’impasto) Osservazioni: le perle d’ambra della collana erano disposte intorno al collo Datazione: ultimo quarto del IV sec. a.C. Bibliografia: inedite 10. Perle Inv. nn. 242152-242155, 242159 Tipologia: cinque perle in ambra Descrizione: forma da globulare a lenticolare; il colore delle perle è rosso-bruno e bruno opaco Dimensioni e peso: h. cm da 0,4 a 1,3; diam. cm da 0,6 a 1,9; peso complessivo g 6,7

p 9a. Collana di perle d’ambra,

p 9b. Perle d’ambra, Monterenzio Vecchio,

Monterenzio Vecchio, tomba 2 (disegno dell’autrice).

tomba 2, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto C. Ferlauto).

132

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

Provenienza: Monterenzio Vecchio, tomba 7. La tomba 7 appartiene a una donna adulta matura, dell’età di oltre 45 anni


no la testa, il protorace e le elitre e tale fatto può essere dovuto alla corrosione dell’ambra; le due coppie di zampe incise sono indicate da tratti obliqui convergenti. La base a fascia su cui poggia lo scarabeo, conserva tracce della decorazione a linee verticali incise Base: la figura intagliata è delimitata da una cornice con residui di zigrinatura a tratti, il cui andamento segue la forma elp 10a. Perle d’ambra, Monterenzio Vecchio,

p 10b. Cinque perle d’ambra, Monterenzio

tomba 7 (disegno dell’autrice).

Vecchio, tomba 7, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto C. Ferlauto).

littica del campo. Al centro figura femminile alata, in posizione frontale, stante su una base a doppia linea. La figura con capelli raccolti, indossa un hymation pan-

Contesto: il corredo della tomba è costi-

11. Scarabeo

neggiato, stretto da una cintura sotto il se-

tuito da oggetti d’ornamento personale

Inv. n. 242147

no. L’ala sinistra è parzialmente visibile

(scarabeo d’ambra; cinque perle d’ambra;

Tipologia: scarabeo in ambra inciso

nella zona compresa tra la spalla destra e

sei perle di pasta vitrea nero opaca; perla

Descrizione: sigillo a forma di scarabeo,

la testa, invece l’ala destra terminante in

e due pendagli a forma d’anfora in osso;

perforato longitudinalmente in asse; inciso

quattro punte di lunghezza diversa si pre-

nove pendagli a occhiali d’argento). Per

a intaglio sulla faccia basale; colore rosso-

senta nella sua integrità. Il braccio destro,

l’abbigliamento è deposta una fibula di

bruno opaco

lacunoso all’estremità, scende lungo il cor-

bronzo tipo La Tène. Gli oggetti di status

Dorso: clipeo non visibile, testa appena ac-

po, il sinistro, piegato al gomito, regge un

sono legati all’attività della filatura (co-

cennata; sul dorso non si osservano le con-

oggetto con tre punte alla base e l’asta

nocchia in osso, fusaiola) e alla cura del

suete linee divisorie incise, le quali separa-

che presenta tre tacche orizzontali e che

p 11a. Vedute dello scarabeo, Monterenzio

p 11b. Scarabeo inciso d’ambra, Monterenzio

Vecchio, tomba 7 (disegno dell’autrice).

Vecchio, tomba 7, Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto C. Ferlauto).

corpo (amphoriskos a v.n.; specchio di bronzo). Il servizio da banchetto è formato da vasellame ceramico (tre ciotole di pasta depurata e tre a v.n.; piattello a v.n.; coppa di pasta depurata; skyphos a v.n. con decorazione suddipinta in rosso; olla di pasta semidepurata; kantharos a v.n. e tre bicchieri d’impasto) e dalla cimasa di candelabro di ferro Osservazioni: le perle d’ambra della collana erano disposte nella zona compresa tra il collo e il petto Datazione: ultimo quarto del IV sec. a.C. Bibliografia: inedite

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’

133


termina con una foglia cuoriforme alla

dell’anello metallico non sono state rileva-

sommità. Per la forma dell’asta, l’oggetto,

te nel corso dello scavo

a prima vista interpretabile come un tri-

Datazione: il corredo è stato deposto nel-

dente, sembra costituire piuttosto un can-

l’ultimo quarto del IV sec. a.C. ma lo sca-

delabro tripode con tre dischi sul fusto

rabeo è più antico (V-IV sec. a.C.)

Dimensioni e peso: h. max. cm 1,75 lung.

Bibliografia: inedito

max. cm 0,95; g 1,05 Provenienza: Monterenzio Vecchio, tom-

12. Ambra geologica

ba 7. La tomba 7 appartiene a una donna

Nodulo materiale: ambra rossiccia

p 12. Ambra geologica della zona di Scanello,

adulta matura dell’età di oltre 45 anni

Provenienza: strati carboniosi di blocchi

Contesto: vedi schede 10, 11, 12, 13, 14.

arenacei inclusi nelle argille scagliose della

Monterenzio, Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’ (foto Costantino Ferlauto).

Osservazioni: lo scarabeo è stato trovato

zona di Scanello presso Loiano

in prossimità della mano destra della de-

Bibliografia: LUIGI BOMBICCI, Montagne e

neralogia dell’Appennino bolognese e sue

funta ed era affiancato da due perle di ve-

vallate del territorio di Bologna. Cenni sul-

dipendenze, Bologna, Tipografia Fava e

tro su ogni lato di piccolo diametro; tracce

la oro-idrografia, geologia, litologia e mi-

Garagnani, 1882, pp. 81, 122

134

Museo Civico Archeologico ‘Luigi Fantini’


Museo Archeologico Nazionale

Piazza della Pilotta, 5

messo di identificare nell’Appennino pia-

cora oggi costituiscono uno dei suoi vanti

43100 Parma

centino nella valle del torrente Chero.

maggiori. Proprio tra i materiali delle terra-

Tel. 0521 233718

Le raccolte del Museo, implementate di an-

mare (ad esempio da Castione Marchesi,

Fax 0521 386112

no in anno coi reperti di scavo, furono in

Castellazzo di Fontanellato (?), Quingento

sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it

epoca napoleonica, quando l’Istituto passò

di San Prospero, Noceto e Parma, oggi

www.archeobo.arti.beniculturali.it

all’amministrazione del Comune, quasi in-

però in gran parte non più rintracciabili) o

teramente depredate e trasferite in Francia.

da tombe protostoriche (ad esempio nel

Contrariamente a una tesi accreditata, i Far-

Una volta caduto l’Impero napoleonico es-

1864 da Fraore pod. Lalatta cinque vaghi

nese, che divennero duchi di Parma nella se-

se vennero però interamente restituite da

discoidali di cui oggi quattro non più iden-

conda metà del Cinquecento per decisione

Maria Luigia d’Austria, alla quale era stato

tificabili; da Pogrile di Monticelli di Monte-

del papa Paolo III, che volle in questo modo

assegnato, a seguito degli accordi stipulati

chiarugolo) cominciano ad affluire i primi

garantire un prospero futuro al figlio natu-

nel Congresso di Vienna, il piccolo ducato

reperti d’ambra in Museo.

rale Pier Luigi e alla sua discendenza, non

di Parma e Piacenza.

Al Pigorini, chiamato ben presto a Roma a

dotarono la città di un Museo di Antichità.

Nel 1817 la sovrana, oltre ad avocare nuo-

ricoprire più alto incarico, successe, secon-

I marmi recuperati a Roma, sul Palatino

vamente allo Stato gli scavi veleiati e il Mu-

do una prassi collaudata, un suo allievo, il

negli scavi degli Orti Farnesiani e di altri

seo, rese quest’ultimo indipendente dalle

Mariotti che, preso più dalla carriera politi-

possedimenti della famiglia, vennero in-

altre istituzioni culturali cittadine e gli de-

ca che dal suo ruolo di direttore – fu sena-

fatti usati esclusivamente per abbellire i

stinò nuovi locali espositivi nel Palazzo del-

tore del Regno e sindaco di Parma – aprì il

palazzi ducali.

la Pilotta, potenziandone le collezioni an-

Museo a collezioni etnografiche e a mate-

Il celebrato ‘Museo Farnese’ trasportato da

che con i reperti che venivano in luce nei

riali eterogenei, frutto più di recuperi occa-

Carlo di Borbone a Napoli doveva essere

numerosi scavi per le grandi opere pubbli-

sionali che di scavi (ad esempio la tomba

quasi esclusivamente costituito da dipinti e

che da lei promosse in città.

con ambre da «fuori Porta S. Barnaba»,

da una pregiata raccolta numismatica.

Il potenziamento delle collezioni proseguì

1882, e del Monte Pelpi presso Bedonia,

Parma ebbe un Museo di Antichità per de-

anche dopo l’unificazione d’Italia. In que-

1878), anche d’epoca medievale, rinasci-

cisione di Filippo di Borbone nel 1760 e la

sto periodo in cui cominciava ad affermar-

mentale e ancora più recenti, che finirono

sua fondazione fu strettamente collegata

si anche nella nostra penisola l’interesse

per snaturarne la primitiva vocazione.

al programma di scavi avviato dal duca nel-

per l’alta antichità delle origini dell’uomo e

Il riallestimento promosso a metà degli an-

lo stesso anno a Veleia una città dell’VIII

la preistoria, il Museo, ad opera del Pigori-

ni Sessanta del secolo scorso dal Frova e dal

Regio Augustea di cui si era persa memo-

ni e dello Strobel, divenne uno dei centri

Mansuelli, che ha privilegiato i materiali an-

ria e che il ritrovamento di una tabula ali-

propulsori del nuovo indirizzo di studi, do-

tichi di collezione al piano nobile dell’Istitu-

mentaria avvenuto nel 1747 aveva per-

tandosi di importantissimi reperti che an-

to e i ritrovamenti dal territorio pre-proto-

Museo Archeologico Nazionale

135


storici e romani al piano terra, ha cercato di riportare il Museo alla funzione originaria. I nuovi indirizzi dell’archeologia moderna e il moltiplicarsi degli scavi e delle indagini per una tutela preventiva hanno fatto sì che negli ultimi trent’anni le collezioni dell’Istituto, sede dipendente della Soprintenden-

LUIGI PIGORINI, Sepolcro romano scoperto nel Comune di Bedonia, «Gazzetta di Parma», XIV, 144, 20 giugno 1878. RENATO SCARANI, Civiltà preromane del territorio parmense, Parma, presso la Deputazione di storia patria per le province parmensi, 1971, pp. 63, 78, 82, 103,106. M.C.

za per i Beni Archeologici dell’Emilia-Roma-

p 1. Vaghi discoidali, Parma, Museo

gna, siano aumentate al punto che sia gli

Castione Marchesi – Fidenza (PR)

spazi espositivi, ma anche i magazzini in

L’abitato di Castione Marchesi, posto nel-

dotazione sono divenuti largamente insuffi-

l’alta pianura parmense, fu indagato nella

cienti ed è diventato impossibile, se non

seconda metà del XIX secolo da P. Strobel

con mostre temporanee, dar conto delle

e L. Pigorini. Nel deposito archeologico di-

nuove importanti scoperte (ad esempio

stinsero due strati (o blocchi di strati), uno

perle d’ambra dagli scavi nelle terramare di

più profondo denominato ‘palafitta’, in cui

grande vago discoidale; conserva due fori

Parma e di Forno del Gallo di Beneceto, PR,

erano conservati abbondanti resti lignei, e

all’esterno in prossimità del margine

pendaglio dal sito ligure del Monte Castel-

uno superiore, ricco di materiali, chiamato

Materiale: ambra baltica

laro di Calestano).

‘terramara’. L’abitato, impiantato nel XVI

Dimensioni: a - diam. cm 5, alt. cm 1,9,

secolo a.C., prosegue sicuramente fino al

diam. foro cm 0,3; b - diam. cm 5,4 alt. cm

Bronzo Recente 1-2.

1,7; diam. foro cm 0,2; c - lungh. cm 3,1;

Riferimenti bibliografici

Tra i materiali recuperati compaiono anche

alt. cm 2,2

MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, La terramara di Parma, «Padusa», XXV, 1989, pp. 237-243, 302. MIRELLA MARINI CALVANI, Guida al Museo Archeologico Nazionale di Parma, Ravenna, Essegi, 2001. MONICA MIARI, L’ambra in area terramaricola, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72. ANGELA MUTTI, Caratteristiche e problemi del popolamento terramaricolo in Emilia occidentale, Imola, University Press, 1993 LUIGI PIGORINI, Sepolcro preromano in Fraore di San Pancrazio, «Gazzetta di Parma», VI, 277, 7 ottobre 1864. LUIGI PIGORINI, Sepolcreto gallico scoperto nelle vicinanze di Parma, Parma, 1867.

15 vaghi d’ambra di forma e dimensioni di-

Confronti tipologici: i grandi vaghi di-

verse; di questi 13 hanno identica patina e

scoidali, di diametro superiore a 4-4,5 cm,

ottimo stato di conservazione e pare dun-

profilo lenticolare biconvesso o piano-

que chiara la loro provenienza dagli strati

convesso sono diffusi sia in territorio ter-

più profondi, umidi, del sito.

ramaricolo che in Romagna a partire dal

Manuela Catarsi

136

Museo Archeologico Nazionale

Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Bronzo Medio 1-2 (Miari 2007) e comCATALOGO

paiono a Micene e nei siti del Peloponneso sud-occidentale a partire dal TEI-II (Hughes-Brock 1998, figg.1, 2). Oggetto di

1. Vaghi

prestigio, sono parte del costume femmi-

Inv. nn. a - 2077; b - 2078; c - 2085

nile, quali dischi fermapieghe di spilloni

Tipologia: tre grandi vaghi discoidali

(Bergonzi 1997), come testimoniato dai

Descrizione: vaghi discoidali di forme di-

corredi della necropoli dell’Olmo di Noga-

verse: a, b - grandi vaghi discoidali irrego-

ra (Salzani 2005).

lari, a profilo asimmetrico, con basi con-

Provenienza: abitato terramaricolo, strato

vesse e depressione circolare intorno al fo-

inferiore, denominato ‘palafitta’

ro su entrambe le facce; c - frammento di

Collocazione: reperti attualmente esposti


nella vetrina dedicata a Castione Marchesi

rie del Museo Civico di Storia Naturale di

0,5; diam. foro cm 0,4; i - diam. cm 1,2; alt.

del Museo Archeologico Nazionale di Parma

Verona», s. 2, Sezione Scienze dell’Uomo,

cm 0,4; diam. foro 0,3; l - diam. cm 1,2; alt.

Stato di conservazione: a, b - buona; c -

8, 2005

cm 0,5; diam. foro cm 0,1

frammentario

Confronti tipologici: i vaghi discoidali

Datazione: XVI-fine XV sec. a.C. (Bronzo

2. Vaghi

semplici, con diametri a scalare compresi

Medio 1-2)

Inv. nn. a - 2076; b - 2075; c - 2079;

tra 4 e 1 cm, risultano tra gli oggetti d’or-

Bibliografia: GIOVANNA BERGONZI, L’ambra

d - 2074; e - 2082; f - 2073; g - 2081;

namento in ambra più diffusi in area terra-

delle terramare nel contesto italiano ed eu-

h - 2084; i - 2072; l - 2071

maricola (Miari 2007). Per questi vaghi non

ropeo, in Le terramare. La più antica civiltà

Tipologia: dieci vaghi discoidali

è possibile avanzare un’interpretazione

padana, catalogo della mostra (Modena

Descrizione: vaghi discoidali di forme di-

funzionale univoca, dal momento che nei

1997) a cura di Maria Bernabò Brea, An-

verse: con basi piane e/o convesse e de-

corredi della necropoli dell’Olmo di Nogara

drea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano,

pressione circolare intorno al foro

sono attestati sia come fermapieghe di

Electa, 1997; HELEN HUGHES-BROCK, Myce-

Materiale: ambra baltica

spilloni, sia come perle di collana o brac-

naean Amber Beads and Ornaments. What

Dimensioni: a - diam. cm 3,5; alt. cm 1;

cialetti, in composizione con vaghi di ma-

can we learn from their shapes – and from

diam. foro cm 0,5; b - diam. cm 2,7; alt. cm

teriali diversi (Salzani 2005).

one another?, in Amber in archaeology, At-

0,7; diam. foro cm 0,2; c - diam. cm 2,9;

Provenienza: abitato terramaricolo, strato

ti del XIII Congresso Uispp, Workshop 7, 6,

alt. cm 1,2; d - diam. cm 2,1; alt. cm 0,8;

inferiore, denominato ‘palafitta’

t. I (Forlì 1996), a cura di Nuccia Negroni

diam. foro cm 0,4; e - diam. cm 2; alt. cm

Collocazione: reperti attualmente espo-

Catacchio, Carl W. Beck, Forlì, Abaco,

0,6; diam. foro cm 0,2; f - diam. cm 1,8;

sti nella vetrina dedicata a Castione Mar-

1998, pp. 491-496; MONICA MIARI, L’ambra

alt. cm 0,7; diam. foro cm 0,2; g - diam. cm

chesi del Museo Archeologico Nazionale

in area terramaricola, in Ambre. Trasparen-

2,3; alt. cm 1,1; h - diam. cm 1,4; alt. cm

di Parma

ze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72; ANGELA MUTTI, NOELLE PROVENZANO,

MARIA GRAZIA ROSSI, MAURO ROTTOLI,

La terramara di Castione dei Marchesi, in Studi e Documenti di Archeologia, V, Bologna, Nuova Alfa, 1988; ANGELA MUTTI, La terramara di Castione Marchesi a Parma, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 73-75, nn. II.1-3; La necropoli dell’età del Bronzo all’Olmo di Nogara, a cura di Luciano Salzani, «Memo-

p 2. Vaghi discoidali, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Museo Archeologico Nazionale

137


Stato di conservazione: a-b, d-f, h - buo-

Materiale: ambra baltica

no, Milano, Electa, 2007, pp. 73-75, nn. II.

na; c, g - frammentario

Dimensioni: a - diam. cm 2; alt. cm 1,3;

14-15; La necropoli dell’età del Bronzo al-

Datazione: XVI-fine XV sec. a.C. (Bronzo

diam. foro cm 0,3; b - diam. cm 1,9; alt.

l’Olmo di Nogara, a cura di Luciano Salza-

Medio 1-2)

cm 0,9; diam. foro cm 0,3

ni, «Memorie del Museo Civico di Storia

Bibliografia: GIOVANNA BERGONZI, L’ambra

Confronti tipologici: i vaghi biconici sono

Naturale di Verona», s. 2, Sezione Scienze

delle terramare nel contesto italiano ed eu-

diffusi in area terramaricola in contesti sia di

dell’Uomo, 8, 2005

ropeo, in Le terramare. La più antica civiltà

Bronzo Medio che del Recente (Miari 2007)

padana, catalogo della mostra (Modena

Provenienza: abitato terramaricolo, strato

1997) a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea

inferiore, denominato ‘palafitta’

Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa,

Collocazione: reperti attualmente esposti

La terramara di Forno del Gallo a Beneceto, Parma

1997; MONICA MIARI, L’ambra in area terra-

nella vetrina dedicata a Castione Marchesi

La terramara di Forno del Gallo a Benece-

maricola, in Ambre. Trasparenze dall’antico,

del Museo Archeologico Nazionale di Parma

to è situata alla periferia nord-orientale di

catalogo della mostra (Napoli, Museo Ar-

Stato di conservazione: a - buona; b -

Parma. Esternamente al nucleo insediati-

cheologico Nazionale, 26 marzo-10 settem-

frammentario

vo centrale con terrapieno esterno (‘vil-

bre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Anto-

Datazione: XVI-fine XV sec. a.C. (Bronzo

laggio piccolo’), demolito da una ‘cava di

nio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-

Medio 1-2)

marna’ ottocentesca, si estende un’area

72; ANGELA MUTTI, NOELLE PROVENZANO, MARIA

Bibliografia: GIOVANNA BERGONZI, L’ambra

del villaggio periferica indagata tra il

GRAZIA ROSSI, MAURO ROTTOLI, La terramara di

delle terramare nel contesto italiano ed eu-

2001 e il 2005 in occasione dei lavori per

Castione dei Marchesi, in Studi e Documen-

ropeo, in Le terramare. La più antica civiltà

l’Alta Velocità. Il villaggio terramaricolo fu

ti di Archeologia, V, Bologna, Nuova Alfa,

padana, catalogo della mostra (Modena

fondato nel Bronzo Medio avanzato

M.M.

1988; ANGELA MUTTI, La terramara di Castio-

1997) a cura di Maria Bernabò Brea, An-

(BM3) e proseguì per tutto il Bronzo Re-

ne Marchesi a Parma, in Ambre. Trasparenze

drea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano,

cente (metà XV-metà XII sec. a.C.). Gli og-

dall’antico, catalogo della mostra (Napoli,

Electa, 1997; MONICA MIARI, L’ambra in area

getti d’ornamento in ambra sono attesta-

Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-

terramaricola, in Ambre. Trasparenze dal-

ti fin dalle fasi più antiche del villaggio,

10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa

l’antico, catalogo della mostra (Napoli,

ma compaiono con maggiore frequenza

Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa,

Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-

nei livelli del BR1 e BR2.

2007, pp. 73-75, nn. II. 4-13; La necropoli

10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa

dell’età del Bronzo all’Olmo di Nogara, a cu-

Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa,

ra di Luciano Salzani, «Memorie del Museo

2007, pp. 68-72; ANGELA MUTTI, NOELLE PRO-

Civico di Storia Naturale di Verona», s. 2, Se-

VENZANO,

zione Scienze dell’Uomo, 8, 2005

LI,

MARIA GRAZIA ROSSI, MAURO ROTTO-

La terramara di Castione dei Marchesi, in

Studi e Documenti di Archeologia, V, Bolo3. Vaghi

gna, Nuova Alfa, 1988; ANGELA MUTTI, La

Inv. nn. a - 2083; b - 2080

terramara di Castione Marchesi a Parma, in

Tipologia: due vaghi biconici

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

Descrizione: vaghi biconici di forme di-

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

verse: a - vago biconico a basi piatte; b -

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007),

vago biconico schiacciato

a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

138

Museo Archeologico Nazionale

p 4. Vago discoidale, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).


CATALOGO

di Forno del Gallo a Beneceto, in Ambre.

lenticolare schiacciato; presenta perfora-

Trasparenze dall’antico, catalogo della

zioni interne orizzontali; c, d, e - vaghi ci-

4. Vago

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

lindrici corti a basi piatte; f - piccolo vago

Inv. n. 46870

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

biconico-schiacciato.

Tipologia: vago discoidale

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Materiale: ambra baltica

Descrizione: vago a profilo piano-convesso

Milano, Electa, 2007, pp. 73-75, nn. II.34-

Dimensioni: a - diam. cm 1,4; alt. cm

Materiale: ambra baltica

35; MONICA MIARI, L’ambra in area terra-

0,45; diam. foro cm. 0,4; b - diam. cm 2,7;

Dimensioni: diam. cm 5x5,2; alt. cm 1,2;

maricola, in Ambre. Trasparenze dall’anti-

alt. cm 0,65; d foro cm 0,35; c - diam. cm

diam. foro cm 0,6x0,5

co, catalogo della mostra (Napoli, Museo

1,15; alt. cm 0,9; diam. foro cm 0,3; d -

Confronti tipologici: per i grandi vaghi

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

diam. cm 1,65; alt. cm 0,8; diam. foro cm

discoidali cfr. supra, Castione Marchesi,

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

0,35; e - diam. cm 1,5; alt. cm 0,5; diam.

scheda 1

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007,

foro cm. 0,4; f - diam. cm 1,4; alt. cm

Provenienza: terramara di Forno del Gal-

pp. 68-72

0,45; diam. foro cm. 0,3

lo, Beneceto, Parma, Lotto II, Sett. F2: US

Confronti tipologici: come i vaghi discoi-

5843 (riporto post BM3)

5. Vaghi

dali (cfr. supra, Castione Marchesi, scheda

Collocazione: Museo Archeologico Nazio-

Inv. nn. a - 40017; b - 40018; c - 40014;

2) anche i vaghi cilindrici e quelli biconici

nale di Parma

d - 40016; e - 48869; f - 40012

appartengono a tipologie che, se pur me-

Stato di conservazione: mutilo

Tipologia: sei vaghi di collana

no diffuse, risultano attestate in area terra-

Datazione: fine XV-XIV sec. a.C. (Bronzo

Descrizione: vaghi di diverse tipologie: a -

maricola (Miari 2007).

Medio 3)

piccolo vago discoidale a basi piatte e bor-

Provenienza: terramara di Forno del Gal-

Bibliografia: PAOLA BIANCHI, La terramara

di arrotondati; b - vago discoidale a profilo

lo, Beneceto, Parma: a - Lotto I, Sett. centrale/ SO: US 644S, q. CO 435 (riporto e superficie d’uso capanne del BM3b); b Lotto I, Sett. centrale/sponda NO: US 679 (superficie d’uso e abbandono); c - Lotto I, Sett. centrale/sponda NO: US 674 (scarico di cenere); d - Lotto I- Sett. centrale/sponda NO: US 680 (riporto che sigilla la fase di BM3b); e - Lotto I, Sett. centrale/sponda NE: US 3 tetto (tetto stratigrafia pedogenizzato BR2/3); f - Lotto I- Sett. Est (crolli riferibili a capanne a terra) Collocazione: Museo Archeologico Nazionale di Parma Stato di conservazione: a, b, c - mutili

p 5. Vaghi di collana, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna). Tratto da Ambre. Trasparenze dall’antico cit., pp. 68-72.

Datazione: a - fine XV-XIV sec. a.C. (Bronzo Medio 3); b, c, d - fine XIV-inizi XIII sec. a.C. (BR1); e, f - fine XIII-metà XII sec. a.C. (BR2)

Museo Archeologico Nazionale

139


Bibliografia: PAOLA BIANCHI, La terramara

pendente ricavato da ciottolo naturale con

foro centrale: il confronto con altri manufatti

di Forno del Gallo a Beneceto, in Ambre.

tracce di lisciatura lungo i bordi, forma ellis-

dotati di fori interni paralleli alle basi potreb-

Trasparenze dall’antico, catalogo della mo-

soidale, sezione piano convessa; circa al cen-

be far pensare a fori di riparazione

stra (Napoli, Museo Archeologico Naziona-

tro è conservato un foro passante artificiale,

Provenienza: terramara di Forno del Gallo,

le, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

che fuoriesce in obliquo; d - pendente di for-

Beneceto, Parma: a - Lotto I, Sett.

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

ma ovale irregolare; sezioni piano-convesse;

centrale/sponda NO: US 674 (scarico di cene-

no, Electa, 2007, pp. 73-75, nn. II.36-38;

bordi lisciati e arrotondati; presenta due fori

re); b - Lotto I, Sett. centrale/sponda SE: US

MONICA MIARI, L’ambra in area terramarico-

passanti di sospensione

144 (da riempimento canalina fondazione

la, in Ambre. Trasparenze dall’antico, cata-

Materiale: ambra baltica

struttura rettangolare); c - Lotto I- Sett. cen-

logo della mostra (Napoli, Museo Archeo-

Dimensioni: a - alt. max cons. cm 3; largh.

trale/sponda SE: UUSS 3, 144; 199 (riempi-

logico Nazionale, 26 marzo-10 settembre

max cons. cm 1,5; diam. foro cm 1; b - alt.

mento canalina fondazione struttura rettan-

2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio

cm 5,6; largh. cm 5,8; sp.max. cm 1,7; diam.

golare e piano d’uso); d - Lotto I, Sett. cen-

Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72

foro cm 0,3; c - alt. cm 6,2; largh. cm 5,15;

trale/sponda NE: US 3 tetto (tetto stratigrafia

sp. max. cm 1,4; diam. foro cm 0,3; d - lun-

pedogenizzato BR 2-3)

6. Pendenti

gh. cm 3,8; largh. cm 2,9; sp. cm 0,6; diam.

Collocazione: Museo Archeologico Nazio-

Inv. nn. a - 40015; b - 40020; c - 40021;

foro sup. cm 0,5; diam. foro inf. cm. 0,35

nale di Parma

d - 40019

Confronti tipologici: i pendenti ovoidali in

Stato di conservazione: frammentari

Tipologia: quattro pendenti

ambra, rinvenuti a Forno del Gallo di Bene-

Datazione: a, b, c - fine XIV-inizi XIII sec. a.C.

Descrizione: pendenti di diverse tipologie: a

ceto in livelli del BR 1 e 2, risultano raramen-

(BR1); d - fine XIII-metà XII sec. a.C. (BR2)

- pendente ellissoidale a sezione biconvessa

te attestati prima del Bronzo Finale (Miari

Bibliografia: PAOLA BIANCHI, La terramara di

schiacciata, con spigoli acuti; il foro, largo e

2007). Probabilmente riconducibili alla stessa

Forno del Gallo a Beneceto, in Ambre. Tra-

regolare con evidenti tracce di lisciatura, è

tipologia sono i due grandi ciottoli forati rin-

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

collocato nella parte stretta del ciottolo; b -

venuti nei livelli del Bronzo Recente 1: i due

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26

pendente ricavato da ciottolo naturale con

manufatti, dal profilo e sezione abbastanza

marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria

tracce di lisciatura lungo i bordi; profilo sub-

irregolari, potrebbero essere ricavati da ciot-

Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa,

triangolare e sezione biconvessa; in alto a si-

toli lisciati conservanti in parte la morfologia

2007, pp. 73-75, nn. II.39-42; PAOLA BIANCHI,

nistra è conservato un foro passante artificia-

naturale. All’interno, uno dei due reperti pre-

PAOLO FERRARI, SIMONE OCCHI, Il villaggio del-

le, perfettamente passante in verticale; c -

senta delle canaline che si intersecano con il

l’età del Bronzo in località Forno del Gallo (Beneceto – Parma), «Acta Naturalia de l’Ateneo parmense», 38, 4, 2003, pp. 179, 191, fig. 6.f; MONICA MIARI, L’ambra in area terramaricola, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

p 6. Pendenti, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna). Tratto da Ambre. Trasparenze dall’antico cit.

140

Museo Archeologico Nazionale

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72 M.M.


Castellazzo di Fontanellato (PR) o Parma città

co, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

CATALOGO

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 70-71, fig. 3 nn. 17-18; G. MONACO,

7. Vaghi

Le collezioni del R. Museo di Antichità di

Inv. nn. a - 1338; b - 1337; c - 1336

Parma, «Aurea Parma», XXI, V, pp. 170-

Tipologia: tre vaghi di collana

178, in part. 171); ANGELA MUTTI, Caratte-

Descrizione: vaghi di forma diversa: a -

p 7. Vaghi di collana, Parma, Museo

ristiche e problemi del popolamento terra-

una perla discoidale irregolare con fram-

Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

maricolo in Emilia occidentale, Imola, Uni-

menti di cuoio entro il foro; b - piccola perla di forma bi troncoconica; c - frammento di perla cilindrica

versity Press, 1993, p. 84 M.C.

Castione Marchesi – Fidenza (PR)

Materiale: ambra baltica Dimensioni: a - diam. cm 2,6, alt. cm 1; b

hanno permesso di recuperare un altro

- diam. cm 1,2, alt. cm 1; c - diam. cm 1,4,

piccolo vago in ambra con perforazione

alt cm 0,7

centrale a Y

Confronti tipologici: si tratta di perle di

Collocazione: reperti attualmente esposti

8. Vago

forme piuttosto comuni in ambito terra-

nella vetrina dedicata al Castellazzo di Fon-

Inv. n. 1719 (= O 14)

maricolo (Miari 2007)

tanellato nella ‘sala Pigorini’ del Museo Ar-

Tipologia: vago di collana

Provenienza: attualmente figurano in

cheologico Nazionale di Parma

Descrizione: perla discoidale con foro

Museo come provenienti dalla terramara

Stato di conservazione: a, b - discreto; c

centrale allungato

del Castellazzo di Fontanellato. Nella se-

- frammentario

Materiale: ambra rosso arancio

conda metà dell’Ottocento all’epoca degli

Datazione: Età del Bronzo medio-recente

Dimensioni: diam. cm 2,5; alt. cm 1,5

scavi non vengono però segnalati mate-

(XV-XIII sec. a.C.)

CATALOGO

riali in ambra da questa terramara e il pri-

Bibliografia: MANUELA CATARSI DALL’AGLIO,

mo a farlo è lo Scarani nella Guida del

La terramara di Parma, «Padusa», XXV,

Museo di Parma nel 1965. In compenso

1989, pp. 237-243, 302; ANTONIO FROVA,

tre perle perfettamente corrispondenti a

RENATO SCARANI, Parma. Museo Nazionale

queste vengono attribuite in precedenza

di Antichità, Parma, La Nazionale, 1965,

dal Monaco (1938) e dalla Laviosa Zam-

tav. LXI nn. 6-7-8, p. 113; PIA LAVIOSA ZAM-

botti (1939) alla terramara di Parma. È

BOTTI,

pertanto ipotizzabile si siano verificate

enee emiliane ad occidente del Reno,

contaminazioni nei depositi del Museo

«Memorie del R. Istituto Lombardo di

p 8. Vago di collana, Parma, Museo

proprio all’epoca del nuovo allestimento

scienze e Lettere – classe di lettere, scien-

voluto da Frova e Mansuelli e che le perle

ze morali e storiche», s. III, XXIV-XV, VII,

Archeologico Nazionale, (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Carta archeologica delle stazioni

effettivamente siano da attribuire alla ter-

1939; MONICA MIARI, L’ambra in area terra-

ramara di Parma, nella quale scavi recenti

maricola, in Ambre. Trasparenze dall’anti-

Museo Archeologico Nazionale

141


Confronti tipologici: si tratta di una for-

cm 1 x lungh. cm 1,8; d - da diam. cm 1,8

Bibliografia: RENATO SCARANI, Civiltà prero-

ma piuttosto comune fin dall’età del Bron-

x alt. cm 1,2 a cm 0,8 x 0,6

mane del territorio parmense, Parma, pres-

zo Recente (Miari 2007)

Confronti tipologici: si tratta di forme

so la Deputazione di storia patria per le

Provenienza: recuperato assieme ad altri

piuttosto comuni sia nella protostoria che

province parmensi, 1971, pp. 77-78.

due, che oggi purtroppo risultano dispersi,

in epoca romana

nei ‘livelli etruschi’ della terramara del

Provenienza: rinvenuti nel 1867 a Pogrile

Conventino di Castione e donato nel 1874

di Monticelli di Montechiarugolo all’inter-

al Museo di Antichità dal signor Ugolotti,

no di un «cumulo di ossa umane … dispo-

proprietario del terreno

ste come in tomba».

Collocazione: reperto conservato nei ma-

Collocazione: reperti conservati nei ma-

gazzini del Museo Archeologico Nazionale

gazzini del Museo Archeologico Nazionale

di Parma

di Parma

10. Vaghi

Stato di conservazione: cattivo con abra-

Stato di conservazione: cattivo

Inv. n. 1708 (= O 5)

sioni invasive su tutta la parte inferiore

Datazione: se è da ritenersi valida l’asso-

Tipologia: 15 vaghi di collana

Datazione: Età del Ferro, facies etrusca (?)

ciazione con un vago di vetro cinerognolo

Descrizione: vaghi interi e due frammenta-

Bibliografia: MUSEO ARCHEOLOGICO NA-

a cinque punte e un frammento di armilla

ri di dimensioni digradanti di cui uno di for-

DI PARMA, Album dei Doni, p. 53

in vetro blu conservati nello stesso sacchet-

ma bitroncoconica schiacciata e i restanti a

to la tomba potrebbe essere datata al La

botticella lenticolare. Credenze superstizio-

Tene C (III sec. a.C.)

se, come attesta Plinio (Nat. Hist. 37,3), at-

ZIONALE

n. 15 M.C.

M.C.

Mozzano di Neviano degli Arduini (PR) CATALOGO

Pogrile di Monticelli di Montechiarugolo (PR) CATALOGO 9. Vaghi Inv. n. 47349 (= O 6) Tipologia: 13 vaghi di collana Descrizione: vaghi di forme diverse: a una bi troncoconica; b - una troncoconica; c - una a botticella; d - sette a ciambella; e - una lenticolare; f - due talmente frammentarie da non poterne definire la forma Materiale: ambra color rosso arancio Dimensioni: a - diam. cm 2,2 x alt. cm 2,2; b - diam. cm 1,9 x alt. cm 1,5; c diam

142

Museo Archeologico Nazionale

p 9. Vaghi di collana, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).


Bibliografia: GIOVANNI BATTISTA PELLEGRINI,

lia sul tetto orbitale sinistro. La tomba faceva

Toponomastica italiana, Milano, Hoepli,

parte di una vasta necropoli, estesa a setten-

1990, p. 317; RENATO SCARANI, Civiltà prero-

trione della colonia romana di Parma e di cui

mane del territorio parmense, Parma, pres-

oggi restano solo pochi materiali, per altro

so la Deputazione di Storia Patria per le

indicativi del suo utilizzo in un arco tempo-

province parmensi, 1971, p. 103

rale compreso tra I sec. a.C. e III sec. d.C. M.C.

Collocazione: reperti conservati nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale

Parma «fuori porta San Barnaba»

di Parma Stato di conservazione: discreto

CATALOGO

Datazione: la tomba, datata in passato all’età protostorica, può essere inquadrata

11. Vaghi

con una certa sicurezza all’età romana an-

Inv. n. 31223

che per la presenza degli astragali che han-

p 10. Vaghi di collana, Parma, Museo

Tipologia: due vaghi di collana

no misure compatibili con ovini di questo

Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Descrizione: vaghi di forma diversa: a -

periodo e non con quelli dell’Età del Ferro,

perla di forma globulare schiacciata; b -

di dimensioni nettamente inferiori. L’asso-

perla a ciambella. Entrambe hanno il foro

ciazione in una tomba infantile di epoca

tondo centrale

romana di astragali e vaghi di collana in

Materiale: ambra rosso arancio

ambra, sempre che non sia dovuta a con-

tribuivano a collane d’ambra il potere di al-

Dimensioni: a - diam. cm 0,21; alt. cm

taminazioni oggi non più controllabili, non

lontanare le affezioni alla gola

0,18; b - diam. cm 0,19; alt. cm 0,17

stupisce. È infatti ben nota la considerazio-

Materiale: ambra color rosso arancio

Confronti tipologici: si tratta di forme

ne in cui era tenuta l’ambra presso i Ro-

Dimensioni: bitroncoconica diam. cm 2,2

piuttosto comuni sia nella protostoria che

mani che se ne servivano sia a scopi tera-

alt. cm 1; a botticella digradanti da lungh.

in epoca romana (Ambre. Trasparenze dal-

peutici che come ornamento o talismano.

cm 2,1 x alt. cm 1,9 a cm 1 x 0,8

l’antico 2007)

Confronti tipologici: si tratta di forme

Provenienza: recuperati nel 1882 assieme a

piuttosto comuni

sei astragali ovini all’interno di una tomba in-

Provenienza: non si conoscono le moda-

fantile in cassa antropomorfa ricavata da le-

lità e i dati esatti del ritrovamento. Dalla

gno di quercia, rinvenuta «fuori Porta San

stessa località il cui toponimo deriva da un

Barnaba» (oggi Barriera Garibaldi) nel corso

prediale d’epoca romana (Mocius o Mu-

dei lavori per la costruzione della linea ferro-

cius/Muttius ) (G.B. Pellegrini 1994) provie-

viaria ‘Parma-Brescia’. I resti umani, rappre-

ne anche un bronzetto d’Ercole

sentati oggi da pochi frammenti cranici e da

p 11. Vaghi di collana, Parma, Museo

Collocazione: reperti esposti nel Museo

vari elementi dello scheletro postcraniale, ad

Archeologico Nazionale di Parma

esclusione di mani e piedi, sono stati riferiti a

Stato di conservazione: discreto

un infante di tre-quattro anni di età affetto

Datazione: epoca romana, I sec. d.C.

da anemia data la presenza di cribra orbita-

Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Museo Archeologico Nazionale

143


Anche agli astragali, impiegati nelle prati-

ma – a botticella, cilindrici, cilindrico con ri-

che di divinazione e nei giochi d’azzardo,

sega mediana e discoidali – di grandezza

veniva attribuita la facoltà di stornare gli

decrescente

influssi negativi. Essi figuravano inoltre tra

Materiale: ambra rosso arancio e giallastra

i divertimenti propri dell’infanzia, soprat-

Dimensioni: a botticella da cm 2,4 x 1,6 a

tutto tra le bambine, perché oltre essere

cm 1,6 x 1; cilindrici da cm 2,2 x 1 a cm 1,7

l’emblema della giovinezza spensierata

x 0,9; discoidali da cm 1,8 a cm 0,6

erano associati a Venere e alle Grazie. Per

Confronti tipologici: si tratta di perle

tutti questi motivi il fatto di trovarli in un

d’ambra abbastanza frequenti in collane

corredo funerario sembra trascendere l’a-

d’epoca romana che venivano indossate,

spetto strettamente ludico per ricollegarsi

secondo una credenza diffusa, oltre che a

ai concetti di azzardo e incertezza insiti nel

scopo ornamentale, anche con funzione

destino umano ed esprimere l’idea di una

terapeutica contro le affezioni alla gola (Li-

giovane vita spenta troppo presto

sta 2007). L’attribuzione di questa collana

Bibliografia: MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, P.

alla tomba del Monte Pelpi non contraste-

p 12. Vaghi di collana, Parma, Museo Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

BRASILI, P. FARRELLO, Corredo funerario, Parma,

rebbe quindi con la datazione gli altri ma-

“fuori porta San Barnaba”, in Aemilia. La cul-

teriali presenti nel corredo funerario

tura romana in Emilia Romagna dal III secolo

Provenienza: anche se sembra se ne sia

a.C. all’età costantiniana, a cura di Mirella

persa da tempo la località di provenienza

Marini Calvani, Venezia 2000, pp. 243-244;

è possibile si tratti dei vaghi di collana

Collocazione: materiali esposti nel Museo

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

rinvenuti nel 1873 nel «Prato del solco»

Archeologico Nazionale di Parma

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

sul Monte Pelpi nei pressi di Bedonia in

Stato di conservazione: buono

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

una sepoltura ad incinerazione in cista la-

Datazione: se l’associazione è valida,

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

pidea in cui oltre a «parecchi grani d’am-

grazie al bollo riconducibile in realtà al-

Milano, Electa, 2007; RENATO SCARANI, Civiltà

bra che formavano senza dubbio un vez-

l’officina del ceramista tardoitalico L. Ra-

preromane del territorio parmense, Parma,

zo» e all’«urna cineraria fittile», furono

sinius Pisanus (Oxè 1968), databile al II-III

presso la Deputazione di storia patria per le

raccolti una «coppa di ceramica aretina

sec. d.C., anche la collana d’ambra si po-

province parmensi, 1971, p. 106

col bollo L. ARPISI (sic)», «un bicchiere di

trebbe ricondurre a una tomba romana di

vetro perfettamente conservato», un

questo periodo

«vasetto unguentario di vetro», «un

Bibliografia: MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

anello e armilla d’argento», «un’armilla

DI

in bronzo in frammenti», «una fibula di

1871-1877, nn. 438-47 (16-VI-1873); LUIGI PI-

bronzo», e un «bottone di vetro». I ma-

GORINI,

M.C.

Monte Pelpi presso Bedonia? CATALOGO

PARMA, Giornale dell’Entrata e dell’Uscita, Sepolcro romano scoperto presso Be-

teriali di questa tomba donati al Museo

donia, «Gazzetta di Parma», XIV, 144, 20 giu-

12. Vaghi

d’Antichità dal dottor Giuseppe Cavallina

gno 1878; RENATO SCARANI, Civiltà preromane

Inv. n. 1706 (= O 3)

di Bedonia, infatti, non costituiscono più

del territorio parmense, Parma, presso la De-

Tipologia: 39 vaghi di collana

un nucleo unitario e di alcuni s’è persa

putazione di storia patria per le province par-

Descrizione: perle d’ambra di diversa for-

l’indicazione di provenienza

mensi, 1971, p. 103; MARINELLA LISTA, L’ambra

144

Museo Archeologico Nazionale


dei romani in Plinio: dal moralismo alla devo-

Dimensioni: a - lungh. cm 1,1; largh. cm

Stato di conservazione: cattivo, altera-

tio, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalo-

0,7; b - diam. cm 0,7

zione e cristallizzazione della superficie e

go della mostra (Napoli, Museo Archeologico

Confronti tipologici: vaghi in ambra as-

con profonde sbrecciature che ne alterano

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

sociati generalmente a perle in pasta vi-

la forma originaria e mettono in evidenza il

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

trea, pietre dure e osso come nel nostro ca-

nucleo sano

Milano, Electa, 2007, pp. 254-259; AUGUST

so figurano in collane rinvenute in necro-

Datazione: Altomedioevo (prima metà VII

OXÈ, Corpus Vasorum Arretinorum, Bonn, Ha-

poli longobarde quali ad esempio quelle di

sec. d.C.)

belt, 1968, p. 375, n. 1558, n. 27

Borgovercelli (NO), Leno (BS), Nocera Um-

Bibliografia: MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIO-

bra (PG), Campochiaro (CB) (M. Rotili

NALE DI PARMA,

2007). Queste presenze, seppure non par-

1929-1955, nn. 1106-1108; MANUELA CA-

ticolarmente numerose, confermano l’at-

TARSI

tenzione che anche le popolazioni guerrie-

altomedievali a Parma e nel suo territorio,

re migrate in Italia nell’Altomedioevo ave-

in Testimonianze archeologiche altome-

M.C.

Parma ‘isolato Mazzini’ CATALOGO

Registro generale di Entrata,

DALL’AGLIO, Evidenze archeologiche

vano per questa resina fossile, forse in virtù

dievali nella provincia di Parma, Parma,

13. Vaghi

delle sue presunte proprietà taumaturgi-

1992, p. 8; I Longobardi in Emilia occiden-

Inv. n. 1808 (= O 72)

che e apotropaiche. La scarsità del mate-

tale, catalogo della mostra (Parma, 15

Tipologia: due vaghi di collana

riale e l’impoverimento tecnico-formale so-

gennaio-18 aprile 1993), a cura di Ma-

Descrizione: piccole perle di forma diver-

no tuttavia un chiaro indice delle sopravve-

nuela Catarsi Dall’Aglio, Sala Baganza,

sa: a - a botticella appiattita; b - globulare

nute difficoltà nel reperimento della mate-

Editoria tipolitotecnica, 1993, p. 49 (dove

appiattita

ria prima in seguito alla forte riduzione dei

per un refuso tipografico è citato 1 solo

Materiale: ambra rosso arancio

traffici commerciali tra l’Europa del Nord e

vago in ambra); GIORGIO MONACO, Orefice-

il mondo Mediterraneo.

rie longobarde a Parma, Parma, s.n.t.,

Provenienza: faceva parte di una collana in

1955, p. 22 nota 29; GIORGIO MONACO,

pasta vitrea, pietre dure, osso e appunto am-

Parma. Rinvenimenti nel centro della città

bra recuperata nel 1948 all’interno di una

romana (Piazza Garibaldi) nel 1948, «No-

sepoltura longobarda, assieme a un anello

tizie degli Scavi di Antichità», 1957, pp.

digitale in filo d’oro attorto e a una crocetta

239-240; MARCELLO ROTILI, L’ambra tra tar-

in lamina d’oro, rinvenuta nei lavori di rico-

da antichità ed alto medioevo, in Ambre.

struzione del dopoguerra nel cosiddetto ‘iso-

Trasparenze dall’antico, catalogo della

lato Mazzini’ vale a dire sul fronte nord

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

p 13. Vaghi di collana, Parma, Museo

orientale dell’antica area forense (oggi piaz-

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

Archeologico Nazionale (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

za Garibaldi)

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Collocazione: reperto conservato nel me-

Milano, Electa, 2007, pp. 290-301 (con

dagliere del Museo Archeologico Naziona-

schede reperti esposti di V. Ceglie) M.C.

le di Parma

Museo Archeologico Nazionale

145


Museo Nazionale di Ravenna

Via San Vitale, 17

Dal 1913-1914 le importanti raccolte han-

si caratterizza per la qualità artistica e il

48121 Ravenna

no sede negli ambienti e nei chiostri dell’ex

valore documentario dei pezzi, la quasi

Tel. 0544 543711

monastero benedettino di San Vitale, una

totalità dei quali proviene dalle campa-

Fax 0544 543732

delle principali abbazie cittadine di cui si

gne di scavo, condotte fra gli anni Ses-

sbap-ra@beniculturali.it

hanno notizie già nel X secolo.

santa e Settanta, nelle necropoli presso

www.soprintendenzaravenna.

Il Museo Nazionale di Ravenna, arricchi-

Classe e San Martino in Gattara (Brisi-

beniculturali.it

tosi gradualmente tramite donazioni pri-

ghella).

vate, acquisizioni, materiali provenienti

Si tratta di elementi pertinenti a corredi fu-

Il Museo Nazionale di Ravenna si è costitui-

da chiese, conventi e palazzi cittadini e

nebri femminili, fra cui un anello con busto

to inizialmente grazie all’erudita attività dei

reperti rinvenuti nel territorio ravennate

muliebre caratterizzato da un’elegante ac-

monaci camaldolesi di Classe che, a partire

in occasione di scavi fortuiti o stratigrafi-

conciatura di età flavia, una collana con

dal XVIII secolo, con raffinato gusto amato-

ci, si configura come un vasto insieme di

perle a goccia e pendaglietti a forma di

riale per l’antico collezionarono numerosi

raccolte eterogenee, riconducibili sostan-

piede, uno spillone con perline d’ambra in-

oggetti d’interesse artistico, antiquario e na-

zialmente a tre gruppi fondamentali: il la-

cisa e un pendente molto lacunoso a for-

turalistico presso il loro monastero cittadino.

pidario, i reperti da scavo e le collezioni

ma di volatile, di seguito descritti nelle sin-

Con la soppressione degli ordini religiosi

d’arte cosiddetta minore, dove predomi-

gole schede.

(1797) le proprietà delle grandi abbazie

na il lascito classense.

Il frammento del XVI-XVII secolo che raffi-

ravennati passarono al Comune e nel

La storia del Museo Nazionale lega quindi

gura un gallo fa invece parte dell’ingente

1804 venne istituito il Museo Classense

le due grandi abbazie di Classe e di San Vi-

collezione di gemme (più di 200 pezzi) do-

Municipale.

tale, intrecciandosi alle trasformazioni dei

nata al Museo Classense da Luisa Murat

Nel 1885, per volere dello scultore Enrico

luoghi e all’evoluzione dei criteri che han-

Rasponi, come risulta dall’inventario del

Pazzi e dei più illustri cittadini ravennati,

no orientato nel tempo le scelte espositive

1896 che riporta «Gemme donate dalla

le prestigiose collezioni furono organizza-

e le metodologie di restauro.

Sig.ra Luisa Murat in Rasponi».

te nel Museo Bizantino, inizialmente alle-

La donazione Rasponi-Murat è una rac-

stito nel refettorio e nella sacrestia dell’ex

Il Museo Nazionale di Ravenna custodi-

colta di materiali provenienti in parte da

chiesa di San Romualdo e diretto dallo

sce, all’interno del suo ricco patrimonio,

rinvenimenti archeologici nei poderi Ra-

stesso Pazzi.

anche alcuni manufatti in ambra, mate-

sponi nel ravennate, in Umbria e in Tosca-

Nello stesso anno il Museo divenne nazio-

riale costantemente presente nelle varie

na e in parte dal mercato antiquario e da

nale, passando sotto la tutela dello Stato,

epoche per le virtù terapeutiche e apo-

acquisti.

al quale gli oggetti vennero affidati in con-

tropaiche a esso attribuite. Si tratta di un

segna perpetua.

nucleo di oggetti che, se pure modesto,

146

Museo Nazionale di Ravenna

Cetty Muscolino


CATALOGO

romane di VI sec. a.C. in Basilicata e nella

drica o biconica e spesso associate a perle

necropoli dell’Età del Ferro di Alfedena in

in pasta vitrea e, a volte, in osso che pos-

1. Collana

Abruzzo

sono raggiungere migliaia di esemplari per

Inv. n. 4245

Provenienza: necropoli di San Martino in

tomba. Le perle di minori dimensioni pote-

Tipologia: elementi di collana

Gattara (Brisighella, RA), tomba 5 - scavo

vano essere applicate alle vesti e ai mantel-

Descrizione: ipotesi ricostruttiva di collana

del 1963 condotto da G. Bermond Monta-

li oppure facevano parte di collane costi-

in ambra composta da 40 elementi pen-

nari. La tomba apparteneva a un individuo

tuite da semplici fili giustapposti o da di-

denti e irregolari (l’uso del tornio per rica-

di sesso femminile. Lo scheletro era situato

stanziatori in ambra e osso

vare vaghi di collana regolari è un’acquisi-

a nord del tumulo che formava la necropo-

zione più tarda) tra cui perle a goccia e

li, fuori da un cerchio di pietre, ma addos-

troncoconiche ornate da scanalature sotto

sato a esso. Il corredo era composto, oltre

al foro e tre pendagli a forma di piede gra-

che dalla collana d’ambra, da una oino-

duati. 23 elementi presentano fori non

choe trilobata di argilla, da due anelli e da

passanti nella parte inferiore, forse sedi di

fibule di bronzo. Altre tombe, fornite di un

ulteriori pendagli. Le tipologie dei vaghi in

ricco corredo comprendente anche ogget-

ambra non differiscono da quelle utilizzate

ti in oro e pertinenti a individui di ceto so-

per gli analoghi in pasta vitrea

ciale elevato, sono venute alla luce duran-

Materiale: ambra del Baltico. Spesso l’am-

te due campagne di scavo successive, del

bra veniva associata nei gioielli a bronzo,

1968 e del 1970. D’altra parte l’ambra

oro, argento, pasta vitrea e faïence

sembra essere appartenuta non solo a con-

Dimensioni: i pendenti hanno una lun-

testi di tombe di personaggi di ceti sociali

ghezza variabile dai 3,3 cm ai 0,5 cm

più elevati, ma, per le sue supposte pro-

Confronti tipologici: le forme elementari

prietà terapeutiche e apotropaiche che la

dei vaghi irregolari a goccia sono comuni a

rendevano di vitale necessità, anche a tom-

tutte le epoche e a tutte le civiltà; essi pos-

be modeste e maschili. Perle in ambra a

sono essere stati importati già lavorati op-

forma di goccia sono state rinvenute anche

pure eseguiti nel luogo di rinvenimento. È

nelle tombe 10 e 13 della necropoli a testi-

probabile che costituissero con il grezzo

moniare un più ampio utilizzo di questo

parte del materiale trasportato dai mercan-

materiale da parte della popolazione di

ti che rifornivano San Martino in Gattara,

San Martino in Gattara. La tomba 10, as-

dove, durante l’Età del Ferro, i Villanoviani-

sieme alla 12, è risultata essere la tomba

Etruschi padani detenevano il controllo

più ricca e quella meglio databile per la

della via dell’ambra dal Baltico al porto

presenza di ceramica attica a figure rosse

p 1. Collana, Ravenna, Museo Nazionale

commerciale di Frattesina Polesine e al por-

(440 a.C.-420 a.C.). Le perle d’ambra, tro-

to fluviale di Adria. La forma di alcuni di

vate numerosissime in contesti di necropo-

questi elementi trova riscontro in parure,

li, si presentano di vario tipo, materiale e

molto più ricche per la presenza di oro e di

colore. Le più frequenti sono quelle di po-

più fili di perle, rinvenute nelle tombe pre-

chi millimetri di diametro con forma cilin-

di Ravenna, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini (Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ravenna, foto Paolo Bernabini).

Museo Nazionale di Ravenna

147


Collocazione: reperto esposto, Museo

principi etruschi di Verucchio, catalogo del-

Materiale: ambra del Baltico

Nazionale di Ravenna

la mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Datazione: fine I sec. d.C.-II sec. d.C.

Stato di conservazione: elementi fram-

1994) a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t.,

Dimensioni: h. del busto 2,1 cm; diame-

mentari e ricomposti

1994, pp. 39-41; La guida del museo e gli

tro massimo 3,5 cm

Datazione: si tratta di una sepoltura fem-

scavi di S. Martino in Gattara, a cura del Co-

Confronti tipologici: simili da un punto

minile a inumazione dell’Età del Ferro (VI-V

mune di Brisighella, s.n., 1970; Magie d’am-

di vista tipologico si segnalano un anello,

sec. a.C.), appartenente a una necropoli di

bra. Amuleti e gioielli della Basilica antica,

con testina muliebre dalla acconciatura di

14 tombe scoperte nel 1963 e caratteriz-

catalogo della mostra (Potenza, 2 dicembre

età adrianea della seconda metà del II sec.

zate da due diverse fasi terminate alla fine

2005-15 marzo 2006), s.l., Soprintendenza

d.C. (Museo Archeologico Nazionale di

del V sec. a.C.: una fase più arcaica, umbra

per i beni archeologici della Basilicata, 2005;

Ferrara), e ancora un anello d’ambra, con

e/o celtica, di VII-VI sec. a.C. e una succes-

Museo Nazionale di Ravenna, a cura di An-

testina femminile dalla acconciatura tipica

siva, celtica, di VI-V sec. a.C., identificabile

na Maria Iannucci, Luciana Martini, Roma,

del periodo traianeo (Museo Archeologico

per la presenza di ricchi oggetti d’importa-

Istituto poligrafico e Zecca dello Stato,

di Aquileia). Infine si segnala un anello

zione come armi da difesa e vasellame di

1993, pp. 100-102; NUCCIA NEGRONI CATAC-

d’ambra, con busto femminile a tutto ton-

bronzo etrusco, ceramica attica e rari bal-

CHIO,

L’ambra nella protostoria italiana, in

do con la tipica acconciatura di età flavia

samari in vetro di origine fenicia. Le sepol-

Ambra oro del Nord, catalogo della mostra

(Savaria Muzeum di Szombathely) a testi-

ture più recenti presenterebbero analogie

(Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Vene-

moniare le due rotte commerciali, lungo le

con le necropoli dei Montironi di Casola

zia, Alfieri 1978, pp. 83-91; ANTONIO VEGGIA-

coste adriatiche e in Pannonia, che si dira-

Valsenio, della valle del Montone di Dova-

NI,

mavano dal centro di produzione aqui-

dola e di Casal Fiumanese nella valle del

pressi di Mercato Saraceno, «Studi Roma-

leiense

Sillaro. Inoltre, anche il modo di seppellire

gnoli», III, 1952, pp. 529-535.

Provenienza: corredo funebre della tom-

L’ambra appenninica e i rinvenimenti nei

F. C.

il defunto con le armi di offesa sulle spalle ha portato a classificare la necropoli come

ba B (femminile) scavata da G. Cortesi nel 1963 presso la chiesa di San Severo, Clas-

appartenente ai Celti, presenti in Italia, se-

2. Anello

se (RA). Le tombe, databili fra il II e IV sec.

condo Livio, già dalla fine del VI secolo a.C.

Inv. n. 9955

d.C., scavate nella necropoli Vicus Saluta-

Per la seconda fase, alla quale appartiene

Tipologia: anello

ris (o necropoli di San Severo) non sono

anche la tomba 5, si può quindi parlare di

Descrizione: anello d’ambra rossa, traspa-

cristiane, ma forse appartenute a un colle-

un gruppo di popolazione celtica, insedia-

rente, con un busto muliebre femminile a tut-

gio di addetti al culto di Attis e Cibele.

tosi in quel luogo a seguito della decaden-

to tondo al posto del castone. Il cerchio, al-

Nella tomba B bisoma sono stati rinvenuti,

za del potere etrusco e impegnato in scam-

l’interno liscio, presenta esternamente lineet-

oltre all’anello, due monete in bronzo, di

bi e rapporti commerciali con l’Etruria to-

te incise e cerchietti bombati. Il volto dai li-

cui una sembra risalire all’epoca di Cara-

scana e adriatica. La ricchezza della necro-

neamenti sommari presenta incisioni e forel-

calla, un vasetto in vetro (portaprofumi?)

poli, che copre un arco cronologico di circa

lini a formare bocca, occhi, iridi e narici. I ca-

incompleto, un’ampollina in vetro giallo a

150 anni, attesta inoltre l’esistenza nella

pelli, alti sulla fronte, sono divisi al centro e le-

forma di conchiglia, una lucerna a forma

zona di un centro appenninico organizzato

gati in una crocchia sopra la nuca, nella tipica

di chiocciola, una minuscola pigna stilizza-

Bibliografia: MARIA GIOVANNA BERTANI, ANNA

acconciatura di età flavia. Questo particolare

ta, altri gusci di pigna e pinoli e frammen-

CHIARA SALTINI, Gli altri oggetti di corredo, in

data il reperto, di probabile produzione aqui-

ti combusti di ossa di animale (materiale

Il dono delle Eliadi. Ambre e oreficerie dei

leiense, alla fine del I sec.-II sec. d.C.

esposto in Museo)

148

Museo Nazionale di Ravenna


Collocazione: esposto, Museo Nazionale

Nazionale per Aquileia», L, 1979, pp. 314-

di Classe, Ravenna, Dante, 1964, pp. 16 ss.

di Ravenna, III saletta dei reperti dagli sca-

328, coll. 321-322, fig. 5; T. BIAVASCHI, Am-

fig. 7; FRIEDRICH HENKEL, Die romischen Fin-

vi di Classe

bre aquileiesi nel Museo Civico di Udine,

geringe der Rheinlande und die benach-

Stato di conservazione: spezzato in più

«Aquileia Nostra: bollettino dell’Associa-

barten Gebiete, Berlin, Verlag Georg Rei-

punti e ricomposto. L’ambra, trovandosi

zione Nazionale per Aquileia», XXII, 1951,

mer, 1913, p. 152, n. 1676, tav. LXII; Mu-

nel terreno a piccole profondità rispetto

pp. 14-22; MARIA CARINA CALVI, L’ambra in

seo Nazionale di Ravenna, a cura di Anna

agli strati profondi dei giacimenti naturali,

epoca romana, in Ambra oro del Nord, ca-

Maria Iannucci, Luciana Martini, Roma,

ha subito un’ossidazione notevole, assu-

talogo della mostra (Venezia, 30 giugno-1

Istituto poligrafico e Zecca dello Stato,

mendo una colorazione rossastra tendente

ottobre 1978), Venezia, Alfieri 1978, pp.

1993, p. 39; MARINELLA PASQUINUCCI, Il com-

al bruno

97-103; MARIA CARINA CALVI, Le ambre ro-

mercio dell’ambra nel mondo romano, in

Bibliografia: LUISA BERTACCHI, Recenti ac-

mane di Aquileia, s.l., Associazione nazio-

Ambra oro del Nord, catalogo della mostra

quisizioni di ambre nel Museo di Aquileia,

nale per Aquileia, 2005; MARIA CARINA CAL-

(Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Ve-

«Aquileia Nostra: bollettino dell’Associa-

VI,

Proposte per lo studio della provenienza

nezia, Alfieri 1978, pp. 92-96; Ravenna e il

zione Nazionale per Aquileia», XXXV,

e della lavorazione dell’ambra, «Aquileia

porto di Classe. Venti anni di ricerche ar-

1964, pp. 52-76, coll. 59-62; FEDE BERTI,

Nostra: bollettino dell’Associazione Nazio-

cheologiche tra Ravenna e Classe, a cura di

Recenti acquisizioni di ambre nel Museo

nale per Aquileia», XLIX, 1978, pp. 190-

Giovanna Bermond Montanari, Imola, Uni-

Archeologico Nazionale di Ferrara, «Aqui-

192, coll. 95-96, fig. 5; GIUSEPPE CORTESI, La

versity Press, 1983, pp. 202-203; ARTURO

leia Nostra: bollettino dell’Associazione

zona e la basilica di S. Severo nel territorio

STENICO, Ambre scolpite, in Arte e Civiltà Romana nell’Italia settentrionale dalla Repubblica alla Tetrarchia, catalogo della mostra (Bologna, 20 settembre-22 novembre 1964), Bologna, Alfa, 1964, pp. 376-386. C.M. 3. Ago Inv. n. 4838 Tipologia: ago crinale (o conocchia simbolica?) Descrizione: spillone composto da 18 perline cilindriche d’ambra incisa con anima in ferro e capocchia in ambra Materiale: ambra del Baltico e ferro Dimensioni: h. 16,3 cm; l. 2,5 cm Confronti tipologici: l’oggetto presenta

p 2. Anello, visto frontalmente e lateralmente, Ravenna, Museo Nazionale di Ravenna, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini (Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ravenna, foto Paolo Bernabini).

forti analogie con uno spillone a testa di chiodo dell’Età del Ferro Provenienza: necropoli delle Palazzette, Classe (RA), a sud della Basilica di Sant’A-

Museo Nazionale di Ravenna

149


mancano la testa e le parti finali delle ali e della coda. Le zampe sono piegate e raccolte vicino al corpo. Le piume sono rese con una serie di incisioni oblique. Al centro piccolo foro passante. La forma risulta appiattita e irregolare, mentre i dettagli sono resi da incisioni più o meno nette. Una

p 3. Ago crinale (o conocchia simbolica?) Ravenna, Museo Nazionale di Ravenna,

maggiore cura è stata usata nella realizza-

Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini (Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ravenna, foto Paolo Bernabini).

zione del lato in vista, anche se il retro presenta incisioni e una lucentezza particolare forse dovuta a un attrito prolungato con

pollinare in Classe, tomba femminile 46,

nale per Aquileia, 2005; MARIA GRAZIA

altra superficie.

scavo del 1970. La necropoli, costituita da

MAIOLI, MARIA LUISA STOPPIONI, Classe e Ra-

Questa tipologia di oggetto poteva funge-

una settantina di tombe, si trovava su una

venna fra terra e mare, Ravenna, ES edi-

re da pendente in collane, da distanziatore

piccola isola ai bordi della valle interna. La

zioni Sirri, 1987, p. 57 fig. 2, pp. 60, 62-

fra perline d’ambra o di pasta di vetro op-

necropoli era costituita da sepolture a inci-

63; Museo Nazionale di Ravenna, a cura di

pure poteva essere fermato, nel caso aves-

nerazione entro ossario o anfora, a bu-

Anna Maria Iannucci, Luciana Martini, Ro-

se più fori, a un tessuto

stum, a inumazione in cassoni in muratura,

ma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato,

Materiale: ambra del Baltico

casse in mattoni, alla cappuccina e in anfo-

1993, pp. 47-48; MARIA LUISA NAVA, Ambre

Dimensioni: h. 2 cm; l. 3,2 cm; spessore

re, databili dalla metà del I al IV-V sec. d.C.

protostoriche del Veneto, in Ambra oro del

0,9 cm

L’isola era a forma di tumulo circolare con

Nord, catalogo della mostra (Venezia, 30

Confronti tipologici: simili da un punto

un diametro di 25 metri ed era collegata

giugno-1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri

di vista tipologico si segnalano una serie di

alla riva da un sentiero pavimentato in

1978, p. 90; MARINELLA PASQUINUCCI, Il com-

mattoni. L’atipicità della necropoli fa ipo-

mercio dell’ambra nel mondo romano, in

tizzare il suo uso da parte di una confra-

Ambra oro del Nord, catalogo della mostra

ternita o di una famiglia

(Venezia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Ve-

Collocazione: esposto, Museo Nazionale

nezia, Alfieri 1978, pp. 92-96; Ravenna e il

di Ravenna, V saletta dei reperti dagli scavi

porto di Classe. Venti anni di ricerche ar-

di Classe

cheologiche tra Ravenna e Classe, a cura di

Stato di conservazione: perline rimonta-

Giovanna Bermond Montanari, Imola, Uni-

te e consolidate

versity Press, 1983, pp. 192, 202-203. P.P.

Datazione: II sec. d.C.?

p 4. Pendente per collana, Ravenna, Museo

Bibliografia: MARIA CARINA CALVI, L’ambra in epoca romana, in Ambra oro del Nord,

4. Pendente

catalogo della mostra (Venezia, 30 giugno-

Inv. n. 7352

1 ottobre 1978), Venezia, Alfieri 1978, pp.

Tipologia: pendente per collana

97-103; MARIA CARINA CALVI, Le ambre ro-

Descrizione: oggetto ornamentale, in am-

mane di Aquileia, s.l., Associazione nazio-

bra rossa opaca a forma di volatile a cui

150

Museo Nazionale di Ravenna

Nazionale di Ravenna, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini (Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ravenna, foto Paolo Bernabini).


grani d’ambra sagomati in forma di perso-

bollettino dell’Associazione Nazionale per

polverizzato e aromatizzato con polvere di

naggi, frutti, forme geometriche e animali,

Aquileia», XLIX, 1978, pp. 189-192, tav. I,

menta, canfora, gelsomino o di altre pian-

tra i quali soggetti definibili genericamente

fig. 6; MARINELLA PASQUINUCCI, Il commercio

te e fiori, prodotta a partire dal XVII seco-

volatili e due colombe, ritrovati in una tom-

dell’ambra nel mondo romano, in Ambra

lo. Spesso il tappo era intarsiato, intagliato,

ba di II sec. d.C. e ora esposti presso il Mu-

oro del Nord, catalogo della mostra (Vene-

scolpito, inciso, laccato, smaltato o dipinto

seo Archeologico Nazionale di Ferrara. E

zia, 30 giugno-1 ottobre 1978), Venezia,

in materiale diverso da quello della botti-

ancora alcune placchette ornamentali per-

Alfieri 1978, pp. 92-96; Ravenna e il porto

glietta; le forme potevano richiamare ani-

tinenti al Museo Archeologico di Aquileia

di Classe. Venti anni di ricerche archeologi-

mali, uova, frutti, sassi o piccoli personag-

Provenienza: podere Chiavichetta, Classe

che tra Ravenna e Classe, a cura di Gio-

gi umani. A metà del XVII secolo se ne ini-

(RA), edificio 3 (magazzino), settore XVI,

vanna Bermond Montanari, Imola, Univer-

ziarono a produrre di poco raffinate perché

sotto il livello dell’acqua, scavi 1974

sity Press, 1983, pp. 202-203.

destinate ai cavalieri mancesi. Dal 1680 al

Collocazione: esposto, Museo Nazionale

P.P.

di Ravenna, III saletta dei reperti dagli sca-

1780 le botteghe artigianali del Palazzo Imperiale Cinese produssero tabacchiere di

vi di Classe

5. Coperchio

alta qualità come articolo da regalo o di

Stato di conservazione: lacunoso in più

Inv. n. 1621

gratifica, mentre in periferia venivano pro-

punti, rotte la testa e le parti finali delle ali

Tipologia: coperchio cilindrico

dotte in materiali estremamente eteroge-

e della coda. L’ambra, trovandosi nel terre-

Descrizione: frammento di coperchio in

nei (vetro, ceramica, pietre semipreziose,

no a piccole profondità rispetto agli strati

ambra opaca, raffigurante un gallo o uccel-

giada, nefrite, corniola, ambra, lapislazzuli,

profondi dei giacimenti naturali, ha subito

lo simile, volto verso sinistra con ala abbas-

turchese, avorio, corno di rinoceronte, bec-

un’ossidazione notevole assumendo una

sata e coda diritta, posto su un terreno re-

co di calao, corallo, madreperla, osso di

colorazione rossastra tendente al bruno

so con erba e sassi. L’intaglio, nell’insieme

tartaruga, lacca rossa e nera, vetro dipinto

Datazione: II sec. d.C., anche se il conte-

abbastanza curato, presenta alcuni punti

internamente, cristallo di rocca, smalto

sto in cui è stato rinvenuto presenta pro-

schematici tanto da far pensare a un pro-

blemi di lettura stratigrafica

dotto orientale, probabilmente cinese (XVII

Bibliografia: FEDE BERTI, Recenti acquisizio-

secolo - stile naturalistico), per l’esportazio-

ni di ambre nel Museo Archeologico Na-

ne. Nella simbologia cinese il gallo, omofo-

zionale di Ferrara, «Aquileia Nostra: bollet-

no di fortunato, veniva utilizzato negli anti-

tino dell’Associazione Nazionale per Aqui-

chi riti contro gli spiriti. Il coperchio veniva

leia», L, 1979, pp. 314-328, coll. 314-328;

avvitato, come si ricava dalla presenza di

MARIA CARINA CALVI, L’ambra in epoca ro-

scanalature della vite incise a mano

mana, in Ambra oro del Nord, catalogo

Materiale: ambra scolpita e incisa. Secondo

della mostra (Venezia, 30 giugno-1 ottobre

un’antica credenza cinese l’ambra era l’ani-

1978), Venezia, Alfieri 1978, pp. 97-103;

ma delle tigri morte ritornate nel mondo

p 5. Frammento di coperchio cilindrico,

MARIA CARINA CALVI, Le ambre romane di

Dimensioni: 1,61x1,80x0,50 cm

Aquileia, s.l., Associazione nazionale per

Confronti tipologici: potrebbe trattarsi

Aquileia, 2005; MARIA CARINA CALVI, Propo-

del coperchio di una tabacchiera a flacone

ste per lo studio della provenienza e della

o ‘Snuff Bottle’ per contenere inizialmente

lavorazione dell’ambra, «Aquileia Nostra:

medicinali e in seguito tabacco da fiuto

Ravenna, Museo Nazionale, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini (Archivio Fotografico Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, Ravenna, foto Paolo Bernabini).

Museo Nazionale di Ravenna

151


cloisonné, guscio di noce di cocco, bambù,

Collocazione: in prossima esposizione,

Bibliografia: MARIA GRAZIA MAIOLI, Le

metallo e ceramica). Tra i vari materiali usa-

Museo Nazionale di Ravenna

gemme della collezione Rasponi nel Mu-

ti l’ambra è uno dei più leggeri e viene

Stato di conservazione: ricomposto da

seo Nazionale di Ravenna, in La gipsote-

considerato dai cinesi come l’emblema del-

tre frammenti, scheggiato e incompleto

ca dell’Accademia di belle arti di Raven-

la longevità. Destinate in parte al Vecchio

Datazione: XVII-XVIII sec. Intense importa-

na: Luisa Rasponi Murat e la collezione

Continente che cominciò ad apprezzare la

zioni di manufatti made in China sotto la di-

delle impronte in gesso di pietre preziose

produzione artistica cinese, in primis attra-

nastia Ming raggiunsero l’Europa grazie al-

dalla Imperiale e regia galleria di Firenze,

verso la porcellana, queste tabacchiere, di

l’intensificarsi degli scambi commerciali che,

a cura di Giovanna Montevecchi, con

diversa grandezza, diventarono oggetti da

a partire dal XVI secolo, coinvolsero i mer-

scritti di Mirella Marini Calvani et al., s.l.,

collezione

canti portoghesi. A questi fu concesso di

s.n.t., 1998; La grande storia dell’arte,

Provenienza: ignota; faceva parte dell’in-

stabilirsi a Macao da dove due volte l’anno

22, Cina, a cura di Filippo Salviati, Sergio

gente collezione di più di duecento gem-

salpavano con navi cariche di prodotti, so-

Basso, Firenze, E-ducation.it, 2006, pp.

me donata da Luisa Murat Rasponi al Mu-

prattutto porcellane che, giunte a Lisbona,

312, 352, fig. 24

seo Classense

venivano acquistate da compratori europei

152

Museo Nazionale di Ravenna

F.C.


Musei Civici

Via Spallanzani, 1 42100 Reggio Emilia

brante polemica alle posizioni espresse dal 2

modenese Arsenio Crespellani.

Tel. 0522 456477 Fax 0522 456476 musei@municipio.re.it http://musei.comune.re.it

così sigillata veniva poi deposta in un pozzetto, o cista litica, rivestito di sfaldature di pietra arenaria.

La collana della tomba 31 del sepolcreto di campo Pianelli di Bismantova

L’urna della tomba 31 appartiene al tipo, piuttosto raro, del vaso situliforme, le cui anse erano state ritualmente spezzate pri-

È dunque con l’Età del Bronzo finale (XII-X

ma della deposizione. Rendendo inservibile

L’ambra nelle collezioni di Archeologia

secolo a.C.) che si può dare inizio alla rasse-

il recipiente per un uso quotidiano, lo si

gna delle ambre presenti nelle collezioni del

proiettava in una dimensione diversa, non

La documentazione offerta dalle collezioni

Museo di Reggio. Il primo complesso sul

più terrena, assieme al defunto che custo-

archeologiche del Museo di Reggio Emilia in

quale non si può non richiamare l’attenzione

diva. L’urna conteneva, oltre alle ceneri, un

materia di manufatti di ambra è forse limi-

è il corredo della tomba 31 del campo Pia-

corredo che distingue per la sua ricchezza

tata nella consistenza, ma non è certo priva

nelli alle falde orientali della Pietra di Bi-

la tomba nel gruppo di cui faceva parte. La

di interesse. Si tratta di testimonianze di

smantova, che risale alla fase più antica del

natura degli oggetti di accompagno fa pen-

provenienza locale, circoscrivibile cioè alla

sepolcreto (XI secolo a.C.). L’esplorazione ar-

sare al defunto come a un individuo di ses-

provincia di Reggio, e a destinazione fune-

cheologica di questo sito, fra i più significati-

so femminile e di rango elevato. Il prestigio

raria, che si distribuiscono fra la protostoria

vi della protostoria italiana, avviata da Gae-

della defunta è reso evidente dalla quantità

e l’età imperiale romana. L’ambra non è per

tano Chierici nella seconda metà del XIX se-

e qualità degli oggetti di ornamento con

il momento attestata nella documentazione

colo, si è prolungata sino ai giorni nostri.

cui era stata onorata dai membri del grup-

relativa alle terramare, che pure ne avevano

La scoperta della tomba 31 è da ascrivere a

po sociale cui lei stessa apparteneva.

conosciuto la diffusione, come provano

un ricercatore locale, poco prima che ini-

Il corredo si compone infatti di due fibule

esemplari noti da contesti di abitato. Le per-

ziasse la campagna di scavi del 1973. Pare

ad arco leggermente ingrossato con due

le in ambra della reggiana terramara Santa

che nel sepolcreto si distinguessero rag-

Rosa di Fodico di Poviglio, pertinenti all’Età

gruppamenti diversi di tombe, nei quali si è

del Bronzo media e recente, sono infatti

tentati di riconoscere il riflesso di legami di

conservate nel Museo di Poviglio.1 Alla di-

parentela. In tutte le 50-60 sepolture sino-

scussione sulla presenza dell’ambra nelle

ra note è documentato il rito funebre della

terramare Gaetano Chierici, fondatore del

incinerazione, che prevede la deposizione

Museo di Storia Patria di Reggio Emilia, ave-

delle ceneri entro urne in ceramica di im-

va dato un significativo contributo, che lo vi-

pasto, spesso di forma biconica, coperte

de contrapporsi non senza accenti di vi-

ciascuna da una ciotola rovesciata. L’urna

1

GIOVANNA BERGONZI, L’ambra delle terramare nel contesto italiano ed europeo, in Le terramare. La più antica civiltà padana, a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi, catalogo della mostra, Milano, Electa, 1997, p. 607. 2 GAETANO CHIERICI, Nuove osservazioni della presenza dell’ambra in terramare, «Bullettino di Paletnologia Italiana», I, 1875, pp. 183-186.

Musei Civici

153


noduli laterali, di un bracciale, di due anel-

consiste in un brevissimo cenno a «una col-

colare evidenza. Sono in ceramica di impa-

li, tutti in bronzo; e di numerosi elementi di

lana rinvenuta in un sepolcro di Brescello»,

sto due frammenti vascolari, uno dei quali

collana, due conchiglie dei mari tropicali

che Carlo Boni dichiarava essere conservata

con un ornato fitomorfo ottenuto median-

(Cypraea) forate, 49 dischetti in osso, ben

nella sua collezione assieme ad altri oggetti

te stampigliatura. La terracotta è rappre-

312 perle in pasta vitrea policroma, cui si

in ambra.3 Qualche dettaglio ulteriore si ri-

sentata da due rocchetti e da una grande

collegano vaghi di ambra. Si tratta di 18

cava da un contributo di Pietro Bortolotti, di

fusaiola. Non mancano perle e distanziato-

elementi in ambra arancione opaca e rosso

tre anni posteriore, che, oltre a contenere i

ri in vetro azzurro e giallo e manufatti in os-

scura, dei quali uno è sferico schiacciato,

riferimenti ad altri oggetti e a ribadire la de-

so (altri distanziatori, elementi di collana,

uno discoidale, cinque sono a botticella, sei

stinazione sepolcrale di quel complesso, ag-

dischi ed elementi di conocchia).

a solcature del ‘tipo Allumiere’, e cinque ad

giunge un significativo cenno al rituale fu-

Ma il corredo conserva anche una notevole

astragalo del tipo detto ‘tesoro di Tirinto’.

nerario, la cremazione, con una situla bron-

parure in ambra opaca di color rosso scuro,

Il corredo di ornamenti della tomba 31 pre-

zea ad uso di cinerario. Al calore del rogo

che, oltre alla fibula già ricordata, annovera

senta associazioni che si osservano anche

funebre si sarebbe dovuta attribuire l’altera-

almeno una collana, un pendaglio e forse

nel ripostiglio di Frattesina di Fratta Polesi-

zione delle superfici degli ornamenti bron-

degli orecchini con pendenti lenticolari. La

ne, documentando la vivacità dei contatti

zei.4 L’elenco delle suppellettili contenute in

collana doveva essere di una foggia estre-

fra la comunità di Bismantova e altri grup-

quel sepolcro sarebbe stato precisato nel

mamente elaborata (Crespellani la descrive

pi contemporanei del versante adriatico

1876 da Crespellani, dopo che il Boni ne

come «composta da circa 100 pezzi»),

della penisola. Le perle in ambra, in parti-

aveva fatto dono al Museo Civico di Mode-

comprendente perle troncoconiche, cilin-

5

colare, appartengono a forme con diffusio-

na. Si deve alla liberalità di Andrea Carda-

driche, schiacciate, ‘a barilotto’, oblunghe,

ne mediterranea, dove solitamente conno-

relli il recente deposito di questo straordina-

a goccia, a bulla, ma anche distanziatori

tano, come a Bismantova, individui di ran-

rio complesso di materiali nelle collezioni ar-

rettangolari ad angoli arrotondati.

go e per lo più di sesso femminile. Le per-

cheologiche del Museo di Reggio.

Il complesso dei materiali rivela una mani-

le tipo Tirinto erano verosimilmente uscite

In effetti l’insieme degli oggetti colpisce per

festa connotazione femminile e la tomba di

da botteghe di artigiani dell’Europa meri-

la ricchezza, che appare straordinaria, spe-

Brescello può senza dubbio essere riferita a

dionale, forse della penisola italiana.

cie se messa in relazione con i ritrovamenti

una donna di alto rango sociale. Sul piano

coevi di un ampio bacino territoriale. Oltre

culturale, i materiali trovano consonanze si-

Tre collane dell’Età del Ferro da Brescello e da Sant’Ilario d’Enza

alla situla, forse con funzione di cinerario,

gnificative in ambito centro settentrionale,

della quale rimangono gli attacchi a doppio

particolarmente sul versante adriatico della

Passando all’Età del Ferro, il complesso di

anello delle anse, si conservano (o vengono

ambre più significativo è certamente quello

menzionati nell’elenco del Crespellani) altri

di Brescello, che oggi è esposto nelle Colle-

oggetti in bronzo, fra cui sei fibule a navi-

zioni di Preistoria e Protostoria del Museo di

cella con bottoni laterali, due fibule ad arco

Reggio, anche se di proprietà del Comune

rivestito di pasta vitrea, altre con arco rive-

di Modena. Le notizie relative a questo rin-

stito in osso o in ambra, un bracciale, alcu-

venimento sono scarse, al punto che si rie-

ni spilloni, un fermaglio di cintura, compo-

scono a stento a definire l’epoca, il luogo e

sto da maschio e femmina, un elemento di

la natura della scoperta. La più antica noti-

pettorale, cui si collegano forse molteplici

zia che sia stata reperita risale al 1865 e

catenelle di filo doppio e semplice, di parti-

154

Musei Civici

3 CARLO BONI, Notizia di alcuni oggetti trovati nelle terremare modenesi, Modena, 1865, p. 10. 4 PIETRO BORTOLOTTI, Scavi di Modena, «Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica», XII, 1868, pp. 211, 213. 5 ARSENIO CRESPELLANI, L’ambra dei sepolcreti e delle terremare del Modenese, Modena, 1876, in Scavi del Modenese (1876-1898), presentazione di Benedetto Benedetti, Modena, AEDES Muratoriana, 1979, pp. 358-364.


penisola, ma anche nell’area di diffusione

cestello in bronzo e due perle in pasta vi-

tombe di membri della gens Iulia, fra cui la

della cultura atestina. Sul piano cronologi-

trea, una gialla e l’altra blu. Uno strumen-

tomba della giovane Iulia Graphis con il suo

co, la tomba costituisce una delle più signi-

tario legato alla filatura, con conocchia e

corredo di oggettini in piombo riproducen-

ficative testimonianze della fase orientaliz-

fuso in bronzo e con tre fuseruole in terra-

ti l’arredo di una casa di bambola. Allo sca-

zante in territorio reggiano, potendo risali-

cotta, completano il complesso.

vo sovrintendeva Albino Umiltà per conto

re alla metà del VII secolo a.C. e rappresen-

Due perle in ambra sono comprese nel cor-

della Deputazione di Storia Patria, in co-

tando una delle testimonianze più antiche,

redo della tomba 5 del sepolcreto messo in

stante collegamento con il Chierici.

se non proprio la più antica in assoluto, che

luce nel terreno Baldi a Sant’Ilario. Si trat-

Nel mese di ottobre, durante le operazioni

siano offerte dalla provincia di Reggio Emi-

tava di una tomba a cremazione, con dolio

di estrazione della palafitta che sosteneva

lia nell’ambito del primo millennio a.C.

utilizzato come ossuario sigillato da un co-

le fondamenta della torre di San Ferdinan-

La restante documentazione di oggetti in

perchio in terracotta. A copertura del poz-

do, si rinvennero alcune tombe a crema-

ambra risalenti all’Età del Ferro è offerta

zetto che custodiva il dolio erano poste

zione, fra le ceneri di una delle quali si rac-

esclusivamente dai sepolcreti di Sant’Ilario

«piccole tegole di argilla nera». Il corredo,

colsero gli 11 manufatti in ambra, assieme

d’Enza, se si esclude qualche oggetto spo-

contenuto nel dolio, era composto da va-

a frutta carbonizzata (una noce, parecchi

radico dall’abitato di Servirola a San Polo

sellame di accompagno, perduto, da tre

datteri, quattro fichi, due noccioli di pe-

d’Enza. Sono perle rinvenute in alcune

bracciali in ferro, sette fibule in bronzo (ne

sca), a oggetti in bronzo (una fibula, un

tombe a cremazione della fase arcaica.

sono conservate una a sanguisuga con fi-

anello) e a sei lucerne, una delle quali con

Dieci perle in ambra lucente di color rosso

gura di volatile sull’arco e una del tipo Cer-

maschera teatrale a rilievo sul disco e altre

scuro, di forma oblunga con un foro pas-

tosa), due di argento, due fermagli di cin-

con i bolli Cassi, Aprio, Iegidi, C. Dessi.

sante longitudinale, componevano una

tura in bronzo, due verghette forse perti-

Le 11 figurine sono in ambra opaca di co-

collana a corredo della tomba 3 del sepol-

nenti a strumenti per la filatura. La tomba

lor arancione, attraversate da fori (anche in

creto delle Fornaci. Si tratta di una sepol-

che, come la precedente, rivela un’eviden-

numero di due o tre) che rendono plausibi-

tura a cremazione, con dolio utilizzato co-

te connotazione femminile, si data nella

le l’ipotesi della cucitura sulla veste fune-

me ossuario, pertinente a una defunta di

seconda metà del VI secolo a.C.

bre o della applicazione sulle pareti di un

elevata condizione sociale, che risale alla

cofanetto. I lati posteriori appaiono leviga-

Le ambre figurate di età imperiale romana da Brescello

ti o semplicemente sbozzati. In due casi

stato deposto all’interno del dolio, sigillato da un coperchio a disco in terracotta, è for-

Il Museo ‘Gaetano Chierici’ di Paletnologia

lium, forse raffigurazioni di attori comici.

mato da oggetti di ornamento e strumenti

custodisce 11 oggetti figurati in ambra, che

Un’altra figurina è conformata a mano at-

da lavoro. Fra i primi, due fibule ad arco

provengono da una tomba a incinerazione

teggiata in un gesto sconcio, forse apotro-

fortemente ribassato, una ad arco ingros-

di Brescello. La scoperta risale al 1863, al-

paico. Le restanti otto figurine riproducono

sato, una ad arco a tutto sesto, una con

lorché i lavori di demolizione delle torri di-

animaletti: un cervo inginocchiato sulle

staffa terminante a coda di rondine, altre

fensive erette nel 1835-1836 dal duca

zampe anteriori con il muso retrospiciente,

fibule frammentarie, tutte in bronzo. Della

Francesco IV d’Este, in corrispondenza del

un cane e un lupo accucciati, una lepre e

stessa materia sono due bracciali a capi

forte di San Ferdinando, misero in luce un

un coniglio intenti a rodere, un cigno, una

aperti terminanti a globetto, un nettaun-

settore della necropoli dell’antica Brixellum,

tartaruga e una cicala.

ghie, più un pezzo di aes rude. Della colla-

a sud-ovest della città, lungo la strada per

Riconducibili a produzione aquileiese, richia-

na facevano parte anche un pendaglio a

Parma. Lo scavo permise il recupero delle

mano analoghe figurine rinvenute rispetti-

metà del VI secolo a.C. Il corredo, che era

rappresentano un uomo avvolto nel pal-

Musei Civici

155


vamente in una tomba a inumazione di Voghenza nel Ferrarese e in un sarcofago di Ariccia. Ne è stata proposta una datazione fra la fine del I e la metà del II secolo d.C. Roberto Macellari

Riferimenti bibliografici Bismantova MANUELA CATARSI, PIER LUIGI DALL’AGLIO, La necropoli protovillanoviana di Campo Pianelli di Bismantova, Reggio Emilia, s.n.t., 1978 (Cataloghi dei Civici Musei di Reggio Emilia, 4), pp. 26-27, 35, 37, 40-41, 45-47, tavv. XX-XXI. ANNA MARIA BIETTI SESTIERI, A proposito del sepolcreto di Bismantova, «Emilia Preromana», 8, 1980, pp. 38-39, 41-42. GIOVANNA BERMOND MONTANARI, MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, Bismantova, in La formazione della città in Emilia Romagna, catalogo della mostra (Bologna, 26 settembre 1987-24 gennaio 1988), a cura di Giovanna Bermond Montanari, Bologna, Nuova Alfa, 1987, pp. 19-20, fig.12. NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’ambra: produzione e commerci nell’Italia preromana, in Italia omnium terrarum parens, a cura di Giovanni Pugliese Carratelli, Milano, Libri Scheiwiller, 1989, p. 660, tav. II. MARIA BERNABÒ BREA, La necropoli di campo Pianelli, in STANISLAO FARRI, Bismantova, Cavalli di Collecchio, Silva, 1995, pp. XLVIII, LIII, LV, LIX, LXI, figg. 6 e 21. MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, Campo Pianelli di Bismantova, in Le terramare. La più antica civiltà padana, catalogo della mostra, a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997, p. 768, fig. 453. GIOVANNA BERGONZI, L’ambra delle terramare nel contesto italiano ed europeo, in Le terramare. La più antica civiltà padana, catalogo del-

156

Musei Civici

la mostra, a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997, p. 608, fig. 349, nn. 15, 20, 21. ANNA MARIA BIETTI SESTIERI, Il territorio padano dopo le terramare, in Le terramare. La più antica civiltà padana, catalogo della mostra, a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997, pp. 765 e 766. MANUELA CATARSI DALL’AGLIO, Corredo della tomba XXXI di Campo Pianelli di Bismantova (Reggio Emilia), in Guerrieri Principi ed Eroi fra il Danubio e il Po dalla Preistoria all’Alto Medioevo, catalogo della mostra, a cura di Franco Marzatico, Paul Gleirscher, Trento, Provincia autonoma, 2004, p. 592, n. 4.34. Brescello, tomba dell’Età del Ferro CARLO BONI, Notizia di alcuni oggetti trovati nelle terremare modenesi, Modena, 1865, p. 10. PIETRO BORTOLOTTI, Scavi di Modena, «Bullettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica», XII, 1868, pp. 211, 213. ARSENIO CRESPELLANI, L’ambra dei sepolcreti e delle terremare del Modenese, Modena, 1876, in Scavi del Modenese (1876-1898), presentazione di Benedetto Benedetti, Modena, AEDES Muratoriana, 1979, pp. 358-364. DANIELE VITALI, L’età del ferro nell’Emilia occidentale; dati, considerazioni e proposte, in Studi sulla città antica. L’Emilia-Romagna, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1983, p. 153, n. 18. ISABELLA DAMIANI, ADRIANO MAGGIANI, ENRICO PELLEGRINI, ANNA CHIARA SALTINI, ALESSANDRA SERGES, L’Età del ferro nel Reggiano, Reggio Emilia, s.n.t., 1992 (Cataloghi dei Civici Musei, 12), p. 66, n. 331, p. 110, nn. 704-705, p. 119, nn. 776-777, p. 120, nn. 788-793, p. 121, n. 802-817, p. 155, n. 1197, pp. 168-169, nn. 1344-1345, pp. 174-175, nn. 1390-1391, pp. 177-178, nn. 1407-1412, pp. 185-189, nn. 1484-1536, 1546-1639, p. 199, n. 1721, p. 200, nn. 1728-1729,

pp. 200-201, nn. 1743-1745, p. 217, pp. 229-231, tavv. XXIX, LI, LV, LVI, LVII, LXXVIII, LXXXVI, LXXXIX, XC, XCII-XCIV, C, CI. LUIGI MALNATI, DIANA NERI, Nuovi dati e problemi aperti sulle fasi villanoviana ed orientalizzante ad occidente di Felsina, «Quaderni del Museo Archeologico Etnologico di Modena. Studi di Preistoria e Protostoria», 1, 1994, pp. 159 e 161, n. 7, fig. 6. Sant’Ilario, tomba 3 delle Fornaci GAETANO CHIERICI, S. Ilario d’Enza, «Notizie degli Scavi di Antichità», 1879, p. 61. ISABELLA DAMIANI, ENRICO PELLEGRINI, ANNA CHIARA SALTINI, Tomba 3, in in Sant’Ilario d’Enza. L’età della colonizzazione etrusca. Strade Villaggi Sepolcreti, catalogo della mostra, a cura di Giancarlo Ambrosetti, Roberto Macellari, Luigi Malnati, Reggio Emilia, s.n.t., 1989, pp. 100-103, tavv. XXV-XXVII. ISABELLA DAMIANI, ADRIANO MAGGIANI, ENRICO PELLEGRINI, ANNA CHIARA SALTINI, ALESSANDRA SERGES, L’Età del ferro nel Reggiano, Reggio Emilia, s.n.t., 1992 (Cataloghi dei Civici Musei, 12), pp. 119-120, nn. 780-784, p. 122, n. 826, p. 126, n. 897, p. 136, nn. 998 e 1000, p. 153, nn. 1165-1166, p. 167, n. 1320, p. 171, n. 1356, p. 183, n. 1438, p. 184, n. 1475, p. 186, nn. 1537-1545, p. 197, n. 1701, p. 199, n. 1723, p. 200, n. 1742, p. 201, n. 1746, tavv. LV, LVIII, LX, LXV, LXXIV, LXXXV, LXXXVII, XCII, XCIII, C, CI. Sant’Ilario, tomba 5 del terreno Baldi GAETANO CHIERICI, PIO MANTOVANI, Notizie archeologiche dell’anno 1872 raccolte e riferite da D. Gaetano Chierici e Pio Mantovani, Reggio Emilia, S. Calderini, 1873, pp. 20-22. ROBERTO MACELLARI, Tomba 5, in Sant’Ilario d’Enza. L’età della colonizzazione etrusca. Strade Villaggi Sepolcreti, catalogo della mostra, a cura di Giancarlo Ambrosetti, Roberto Macellari, Luigi Malnati, Reggio Emilia, s.n.t., 1989, pp. 179-182, tav. LV. ISABELLA DAMIANI, ADRIANO MAGGIANI, ENRICO PEL-


LEGRINI,

0,3; 8) alt. cm 2, diam. cm 0,7-1,5, diam foro

Collocazione: Musei Civici di Reggio Emilia

GES,

ANNA CHIARA SALTINI, ALESSANDRA SERL’Età del ferro nel Reggiano, Reggio Emilia, s.n.t., 1992 (Cataloghi dei Civici Musei, 12), p. 128, n. 931, p. 138, n. 1025, p. 139, nn. 1050, 1056, p. 156, n. 1210, p. 157, n. 1215, p. 185, nn. 1476-1477, tav. LXI, LXVI, LXVII, LXXXI, LXXXVIII, XCII. Brescello, tomba di età imperiale romana GAETANO CHIERICI, Ultime Notizie dello scavo a Brescello, «Gazzetta di Reggio nell’Emilia», 141, 2 novembre 1863. MARIO DEGANI, Ambre figurate da un sepolcro romano di Brescello, «Nuove Lettere Emiliane», 9-11, 1965, pp. 71-73. CATERINA CORNELIO CASSAI, Scheda, in Aemilia. La cultura romana in Emilia Romagna dal III secolo a.C. all’età costantiniana, catalogo della mostra (Bologna, 18 marzo-16 luglio 2000), a cura di Mirella Marini Calvani, Venezia, Marsilio, 2000, pp. 247-249, n. 62, fig. 62.

cm 0,2; 9) alt. cm 2,8, diam. cm 1,4-2, diam

Datazione: Bronzo Finale

foro cm 0,3; 10) alt. am 1,7, diam. am 1,5-

Bibliografia: MANUELA CATARSI, PIER LUIGI

2,5, diam foro cm 0,2; 11) alt. cm 1,5, diam.

DALL’AGLIO, La necropoli protovillanoviana di

cm 0,5-1,5, diam foro cm 0,2; 12) diam. cm

Campo Pianelli di Bismantova, Reggio Emi-

2,6, diam foro cm 0,2; 13) alt. cm 0,2, diam.

lia, s.n.t., 1978 (Cataloghi dei Civici Musei di

cm 0,5, diam foro cm 0,2; 14) alt. cm 1,3,

Reggio Emilia, 4); MANUELA CATARSI DALL’A-

diam. cm 1-1,6, diam foro cm 0,3; 15) alt. cm

GLIO, Campo Pianelli di Bismantova, in Le ter-

1,5, diam. cm 0,9-1,3, diam foro cm 0,4; 16)

ramare. La più antica civiltà padana, catalo-

alt. cm 1,3, diam. cm 0,9, diam foro cm 0,2;

go della mostra, a cura di Maria Bernabò

17) alt. cm 1,3, diam. cm 0,5-1, diam foro cm

Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi,

0,2; 18) alt. cm 1,2, diam. cm 0,7-1, diam fo-

Milano, Electa, 1997; LUIGI MALNATI, DIANA

ro cm 0,2

NERI, «Quaderni del Museo Archeologico Et-

Provenienza: tomba XXXI, Campo Pianel-

nologico di Modena. Studi di Preistoria e

li di Bismantova (RE)

Protostoria», 7.

CATALOGO 1. Vaghi di collana Inv. nn. 67584-67593 Descrizione: 18 vaghi di cui cinque cilindrici con costolatura mediana (Tirinto); cinque cilindrici con costolature trasversali (Allumiere); uno troncoconico con scanalature trasversali (Allumiere); uno sferico; uno discoidale; due cilindrici; uno biconico Materiale: ambra Dimensioni: 1) alt. cm 1,8, diam. cm 1,6-2,3, diam foro cm 0,2; 2) alt. cm 2, diam. cm 1,72,1, diam foro cm 0,3; 3) alt. cm 1,4, diam. cm 2,3, diam foro cm 0,3; 4) alt. cm 1,9, diam. cm 0,9-1,5, diam foro cm 0,3; 5) alt. cm 1,9, diam. cm 1-1,6, diam foro cm 0,3; 6) alt. cm 2,8, diam. cm 0,8-2,2, diam foro cm 0,3;

p 1. Corredo della tomba XXXI con vaghi di collana, Campo Pianelli di Bismantova (RE), Reggio

7) alt. cm 2,3, diam. cm 1,2-1,9, diam foro cm

Emilia, Musei Civici.

Musei Civici

157


p 2. Vaghi di collana, tomba di Iulius Callinicus, necropoli di Brixellum, seconda metà I-II d.C., Reggio Emilia, Musei Civici, Museo ‘Gaetano Chierici’ di Paletnologia (in questa pagina e nella successiva foto Costantino Ferlauto).

158

Musei Civici


2. Vaghi di collana

rate da un sepolcro romano di Brescello,

Inv. nn. 17051, 17053-17056,

«Nuove Lettere Emiliane», 9-11, 1965,

17058-17063

pp. 71-73; LUCIA GERVASINI PIDATELLA, Elen-

Descrizione: 11 elementi figurati di cui ot-

co dei ritrovamenti ordinati per province

to raffigurano animaletti (cervo, topo, le-

e comuni odierni, in Società romana e

pre, cicala, tartaruga, cigno(?), lupo); una

impero tardoantico, III, Le merci, gli inse-

rappresenta una mano in gesto apotropai-

diamenti, a cura di Andrea Giardina, Ro-

co; due rappresentano figure maschili av-

ma-Bari, Laterza, 1986, pp. 585-586 con

volte nel palium

bibliografia; MIRELLA MARINI CALVANI, Ae-

Materiale: ambra di colore arancione un

milia. La cultura romana in Emilia-Roma-

p 3a. Sezione di collana dalla tomba di

po’ opacizzato

gna, dal III secolo a.C. all’età costantinia-

Dimensioni: inv. n. 17051 cervo: largh.

na, Bologna, Marsilio, 2000, pp. 247-

Brescello, metà VII sec. a.C., Reggio Emilia, Musei Civici.

cm 3, lungh. cm 2,4; inv. n. 17053 topo:

249.

largh. cm 3,5, lungh. cm 2,5; inv. n. 17054 lepre: largh. cm 3,5, lungh. cm

3. Elementi di collana

1,7; inv. n. 17055 cicala: largh. cm 1,8,

Descrizione: la collana doveva essere di

lungh. cm 2,6; inv. n. 17056 tartaruga:

una foggia estremamente elaborata (Cre-

largh. cm 3,4; inv. n. 17058 mano: largh.

spellani la descrive come «composta da

cm 2, lungh. cm 3,3; inv. n. 17059 lepre:

circa 100 pezzi»), comprendente perle

largh. cm 3,5, lungh. cm 1,7; inv. n.

troncoconiche, cilindriche, schiacciate, ‘a

17060 cigno (?): largh. cm 3,4, lungh.

barilotto’, oblunghe, a goccia, a bulla,

cm 3,3; inv. n. 17061 uomo: largh. cm

ma anche distanziatori rettangolari ad

1,8, lungh. cm 3,2; inv. n. 17063 uomo:

angoli arrotondati

largh. cm 1,8, lungh. cm 3,7: inv. n.

Materiale: parure in ambra opaca di color

17062 lupo: largh. cm 3,4, lungh. cm 2,4

rosso scuro

Confronti tipologici: di produzione

Provenienza: tomba di Brescello

aquileiese sono confrontabili con esem-

Collocazione: Reggio Emilia, Musei Civici

plari recuperati in una tomba a inumazio-

Datazione: Età del Ferro

p 3b. Vago dalla tomba di Brescello, metà VII sec. a.C., Reggio Emilia, Musei Civici.

p 3c. Distanziatore dalla tomba di Brescello, metà VII sec. a.C., Reggio Emilia, Musei Civici.

ne di Voghenza databile all’età flavia Provenienza: corredo funerario dall’area

4. Vaghi di collana

del Forte di San Ferdinando

Descrizione: forma oblunga con foro lon-

Collocazione: Reggio Emilia, Musei Ci-

gitudinale passante

vici, Museo ‘Gaetano Chierici’ di Palet-

Materiale: ambra lucente di color rosso

nologia

scuro

Stato di conservazione: discreto

Provenienza: Sant’Ilario d’Enza, tomba 3

Datazione: fine I-metà II d.C.

del sepolcreto delle Fornaci

p 3d. Orecchino dalla tomba di Brescello,

Bibliografia: MARIO DEGANI, Ambre figu-

Datazione: metà del VI secolo a.C.

metà VII sec. a.C., Reggio Emilia, Musei Civici.

Musei Civici

159


Le ambre della Collezione Spallanzani

strumento a sua disposizione e probabil-

lingua francese. Tra i tasselli d’ambra e il

mente aveva voluto questo reperto nella

supporto è interposta una sottile lamina di

La Collezione di Lazzaro Spallanzani

collezione proprio per tale particolarità.

argento, allo scopo di esaltare la traspa-

(1729-1799), conservata presso i Musei

Il secondo, numero di inventario 1638, è

renza dell’ambra tramite la luce riflessa

Civici di Reggio Emilia, è una vasta raccol-

un pezzo d’ambra giallo-arancio trasparen-

dall’argento.

ta di «naturali produzioni» e oggetti di ar-

te lavorato in forma di pendente, presumi-

Le scatolette per le pedine, rettangolari e

redo originariamente allestita dallo scien-

bilmente da orecchino: ha una lunghezza

con il coperchio leggermente bombato, fis-

ziato nella propria abitazione di Scandiano

di 2 cm e una forma a goccia sfaccettata,

sato con piccole cerniere di bronzo dorato,

(RE). Essa venne acquisita dal Municipio di

con un foro longitudinale passante. Esso,

sono realizzate in modo analogo alla scac-

Reggio Emilia alla morte dello Spallanzani,

come la dama in ambra e numerosissimi al-

chiera (dimensioni 11x8 cm; h 5 cm). L’in-

nel 1799.

tri pezzi della Collezione, rispecchia il par-

terno è rivestito di velluto rosso.

In essa sono conservati tre campioni di am-

ticolare interesse dello Spallanzani per il

Le pedine (diametro 3 cm) sono 40, 20 di

bra nella raccolta mineralogica e, tra gli

materiale naturale reinterpretato e rielabo-

colore più bruno, realizzate in ambra tra-

oggetti personali dello scienziato, una pre-

rato in forme artistiche.

sparente, 20 più chiare, in ambra opaca.

gevole scacchiera realizzata in ambra.

Il terzo campione, numero di inventario

Recano al centro un inserto circolare for-

1639, di piccole dimensioni (1,3x0,8x0,6

mato da due dischetti d’ambra incisa con

Ambre della raccolta mineralogica

cm), è costituito da ambra grezza di colore

piccole figure di uccelli e di fiori, tra i qua-

Si tratta dei numeri di inventario 1637,

arancio.

li si interpone una lamina d’argento.

1638, 1639 del Catalogo-guida della Col-

La variante del gioco della dama sulla scacchiera a 100 caselle era nata in Francia, do-

In tale catalogo essi vengono registrati nel-

Gioco della dama in ambra a 100 caselle e 40 pedine

la classe III del Regno minerale, Sostanze

Il gioco della dama in ambra della Colle-

metà del Settecento. Anche il pezzo della

combustibili non metalliche, sotto la dicitu-

zione Spallanzani comprende una scac-

collezione Spallanzani è di probabile prove-

ra «Succino o ambra gialla – Carbonio con

chiera e due scatolette, contenenti ciascu-

nienza francese, come testimoniano le

idrocarburi».

na 20 pedine. Nel Catalogo-guida della

scritte incise nei tasselli.

Il numero di inventario 1637 è un bel cam-

Collezione redatto da Alfredo Jona, 1888,

pione di ambra gialla trasparente di forma

esso è inserito nella sezione «Ricordi per-

ovoidale schiacciata, levigato. Misura 5,5

sonali dello Spallanzani» ai numeri di in-

cm di lunghezza per 3,7 cm di larghezza,

ventario 1922 e 1923.

con uno spessore di 1,5 cm. Riveste un

La scacchiera (dimensioni 37x37 cm; h 4

particolare interesse perché in esso sono

cm) è costituita da un supporto di legno la-

contenuti numerosi esemplari di formiche

stronato, sulla porzione superiore e sui lati,

di piccole dimensioni, perfettamente visibi-

con tasselli di ambra trasparente e opaca di

li con una lente o al microscopio. La cosa

diverse tonalità, alternati. Essa poggia su

era stata sicuramente notata dallo Spallan-

quattro piedini in ambra lavorati a tutto

zani. Lo scienziato era infatti estremamen-

tondo. I tasselli trasparenti recano incise

te attento ad ogni aspetto del mondo na-

sulla parte inferiore, e visibili in trasparen-

turale, osservava i suoi reperti con ogni

za, miniature con scene cortesi e motti in

lezione Spallanzani (Alfredo Jona, 1888).

160

Musei Civici

ve fu particolarmente diffusa attorno alla

p Particolare del campione di ambra grezza fotografato al microscopio (inv. n. 1637), Reggio Emilia, Musei Civici.


Essa venne acquistata, non sappiamo dove, da Lazzaro Spallanzani nel 1790, per inserirla nella propria collezione, come riportato in una sua lettera al fratello Niccolò, datata 27 giugno 1790: «mi è riusci-

MARIA FRANCA SPALLANZANI, La collezione naturalistica di Lazzaro Spallanzani: i modi e i tempi della sua formazione (Documenti per la storia delle Arti, dell’Archeologia e delle Scienze a Reggio Emilia 3), Reggio Emilia, s.n.t., 1985.

ro tutto d’ambra veramente principesco».

scienza alla fine del secolo XVIII. Catalogoguida, Reggio Emilia, Stab. Tip. Lit. Degli Artigianelli, 1888; NABORRE CAMPANINI, Storia documentale del Museo di Lazzaro Spallanzani, Bologna, Zanichelli, 1888.

to di fare acquisto pel nostro (museo) di Scandiano, e a prezzo discreto, di un lavo-

ficata e ordinata secondo lo stato della

CATALOGO

Silvia Chicchi

2. Gioco della dama Inv. nn. 1922-1923

1. Campioni in ambra grezza

Descrizione: scacchiera con due scatolet-

Inv. nn. 1637, 1638, 1639

te contenenti ciascuna 20 pedine

Descrizione: campione di forma ovoidale

Materiale: ambra

schiacciata; campione di ambra grezza;

Dimensioni: scacchiera alt. cm 4, lungh.

campione trasparente a forma di pendente

cm 37, largh. cm 37; scatolette per pedine

forse da orecchino

alt. cm 5, lungh. cm 11, largh. cm 8; pedi-

Materiale: ambra gialla trasparente, aran-

ne diam. cm 3

cio e giallo-arancio

Provenienza: Collezione Spallanzani

Denominazione originale: succino o

Collocazione: Reggio Emilia, Musei Civici,

ambra gialla, carbonio con idrocarburi

Collezione Spallanzani

(Classe mineralogica IX - Composti organi-

Datazione: XVIII sec.

ci); tre pezzi

Bibliografia: NABORRE CAMPANINI, Storia do-

Collocazione: Collezione Spallanzani

cumentale del Museo di Lazzaro Spallanza-

Bibliografia: ALFREDO JONA, La collezione

ni, Bologna, Zanichelli, 1888; ALFREDO JONA,

monumentale di Lazzaro Spallanzani classi-

La collezione monumentale di Lazzaro Spal-

p 1a. Campione di ambra grezza giallo

p 1b. Campione di ambra grezza color

p 1c. Campione di ambra giallo-arancio,

trasparente, Reggio Emilia, Musei Civici (foto Costantino Ferlauto).

arancio, Reggio Emilia, Musei Civici (foto Costantino Ferlauto).

Reggio Emilia, Musei Civici (foto Costantino Ferlauto).

Riferimenti bibliografici NABORRE CAMPANINI, Storia documentale del Museo di Lazzaro Spallanzani, Bologna, Zanichelli, 1888. Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani, parte prima, Carteggi, IX, Carteggi con Sgargi… N. Spallanzani, a cura di Pericle Di Pietro, Modena, E. Mucchi, 1988. ALFREDO JONA, La collezione monumentale di Lazzaro Spallanzani classificata e ordinata secondo lo stato della scienza alla fine del secolo XVIII. Catalogo-guida, Reggio Emilia, Stab. Tip. Lit. Degli Artigianelli, 1888. ADALGISA LUGLI, Naturalia et Mirabilia, Milano, Mazzotta, 1983.

Musei Civici

161


lanzani classificata e ordinata secondo lo stato della scienza alla fine del secolo XVIII. Catalogo-guida, Reggio Emilia, Stab. Tip. Lit. Degli Artigianelli, 1888; ADALGISA LUGLI, Naturalia et Mirabilia, Milano, Mazzotta, 1983; MARIA FRANCA SPALLANZANI, La collezione naturalistica di Lazzaro Spallanzani: i modi e i tempi della sua formazione (Documenti per la storia delle Arti, dell’Archeologia e delle Scienze a Reggio Emilia 3), Reggio Emilia, s.n.t., 1985; Edizione Nazionale delle Opere di Lazzaro Spallanzani, parte prima, Carteggi, IX, Carteggi con Sgargi… N. Spallanzani, a cura di Pericle Di Pietro, Modena, E. Mucchi, 1988; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, I.11, p. 44.

p 2. Gioco della dama in ambra a 100 caselle e 40 pedine, Reggio Emilia, Musei Civici.

162

Musei Civici


Museo della Città

Via Luigi Tonini, 1

Tra questi innumerevoli oggetti si contano

Confronti puntuali e studi effettuati in an-

47900 Rimini

113 manufatti in ambra, dei quali circa un

ni passati hanno fatto sì che si scegliesse

Tel. 0541 21482

quarto in stato frammentario.

di identificare i materiali della prima Età

musei@comune.rimini.it

Prima di accennare brevemente alle tipolo-

del Ferro del territorio riminese con il ter-

www.museicomunalirimini.it

gie più attestate, sarà utile valutare un al-

mine «verucchiese», suggerito da Gentili

tro dato di maggior interesse ai fini della ri-

nel 1971, al posto di «villanoviano», per

Le ambre del Museo della Città di Rimini

costruzione storica, quello dei contesti.

l’inequivocabile funzione di Verucchio

Unitamente a ciò, altro aspetto primario è

quale centro promotore e diffusore di una

La vasta documentazione archeologica re-

il confronto tra questi materiali e quelli del-

facies con peculiarità a sé stanti.1 Unita-

lativa alla protostoria riminese, insieme al-

l’importantissimo centro di Verucchio.

mente a ciò si è scelto di adottare un nuo-

l’ormai consistente nucleo di oggetti con-

Il gruppo di reperti provenienti dagli scavi

vo inquadramento cronologico diviso in

servato presso il Museo della Città di Rimi-

Tosi della necropoli del Campo del Tesoro,

tre fasi, in sostituzione della consueta divi-

ni e gli altri musei del circondario (Riccione,

dal fondo Lavatoio e dal fondo Dolci, con-

sione del villanoviano bolognese in quat-

San Marino, San Giovanni in Galilea, ecc.),

servato fino a qualche anno fa nei magaz-

tro. Una cospicua parte della documenta-

forniscono un quadro cronologico e topo-

zini del Museo, è stato consegnato negli

zione materiale conservata presso i ma-

grafico abbastanza ampio per poter essere

anni 1995, 1997 alla Soprintendenza Ar-

gazzini riguarda la fase media e recente

indagato approfonditamente ai fini di

cheologica dell’Emilia-Romagna ai fini del-

(terza e quarta del villanoviano), ovvero un

un’esaustiva ricostruzione delle frequenta-

l’esposizione presso il Museo Archeologico

arco cronologico che va dalla seconda

zioni pre-protostoriche del Riminese.

di Verucchio.

metà dell’VIII al VI secolo a.C.2 (fig. 1).

Attualmente gran parte del materiale rela-

Analizzando ora l’aspetto dei contesti, la

tivo a questo orizzonte cronologico è con-

totalità di essi è di tipo funerario. Le cir-

servato nei magazzini del Museo della

costanze di rinvenimento sono nella

Città di Rimini.

maggior parte casuali, spesso in seguito a

La sezione espositiva inerente l’archeologia

lavori di scasso in proprietà pubbliche e

prevede infatti esclusivamente attestazioni

private, e risalgono agli ultimi anni del

materiali di età romana. Il progetto, già in

XIX secolo, eccezion fatta per i manufat-

atto, di ingrandimento del Museo contemplerà al suo interno un’intera parte dedicata ai rinvenimenti pre-protostorici della zona, il cui vasto nucleo di materiali confluirà in parte nelle nuove vetrine.

p 1. Fibula con arco ornato da nocciolo d’ambra, Rimini, Museo della Città. Tratta da G. SUSINI, A. TRIPPONI, Analisi di Rimini antica cit., tav. XV.

1

GIANCARLO SUSINI, ANDREINA TRIPPONI, Analisi di Rimini antica: storia e archeologia di un museo, Rimini, s.n.t., 1980, p. 56. 2 G. SUSINI, A. TRIPPONI, Analisi di Rimini antica cit., p. 68.

Museo della Città

163


ti di Cerasolo, il cui recupero si data al-

Le tipologie più attestate sono fibule a cor-

Altro contesto interessante è quello di Ce-

l’anno 1979.

po d’ambra, elementi laterali di fibula con

rasolo dove, nella primavera del 1979, so-

Oltre ai contesti noti, di cui si dirà a breve,

foro passante centrale e sottili forellini de-

no state recuperate due ricche tombe

si ha una grande quantità di materiale in-

corativi non passanti, pendagli d’orecchini

sconvolte dai mezzi meccanici durante i la-

dicato genericamente come proveniente

a disco in due varianti, a costa angolosa e

vori per la costruzione di una casa. Oltre a

dall’agro riminese, per il quale non sarà

largo foro centrale oppure bitroncoconici

numerosi vasi di corredo e oggetti metalli-

dunque possibile alcuno studio in relazione

con facce leggermente concave e foro cen-

ci, sono venute alla luce cinque fibule ad

al proprio contesto.

trale più piccolo, vaghi di collana e infine

arco semplice a nocciolo d’ambra e altre

Relativamente a quelli noti, questi abbrac-

passanti di forma cilindrica di piccolissime

tre non perfettamente integre.

ciano un’area compresa tra i due fiumi Ru-

dimensioni.

A questo cospicuo elenco sono da aggiun-

bicone e Marano, oltre ai rinvenimenti ef-

Tra i materiali del Fondo Giuccioli sono pre-

gere i numerosi materiali sporadici che,

fettuati nel Verucchiese (Casalecchio).

senti anche sette esemplari di piastrine ret-

sebbene avulsi dal loro contesto, richiama-

Si tratta nella maggior parte dei casi di pic-

tangolari forate la cui funzione era di di-

no da vicino le tipologie riscontrate nei

coli ma interessanti nuclei di oggetti di cor-

stanziare i fili di collana.

centri di cui si è fatta sopra menzione,

redo funebre quali quelli di Spadarolo, dove nel 1894 si rinvenne un esiguo ma importante gruppo di reperti interpretato erroneamente come ‘ripostiglio’ (trattasi invece di oggetti appartenenti a uno o più corredi funebri), di cui un solo esemplare in ambra (nucleo di fibula); di Ulcedo (Torriana) in cui fu portata alla luce una ricca tomba pubblicata da A. Tosi (una fibula + un pendaglio d’orecchino); di Friano (Coriano), dove furono trovati alcune decine di oggetti tra i quali un esemplare d’ambra (nucleo di fibula); di San Lorenzo in Monte (Covignano) (fig. 2), dove furono rinvenute, tra 23 materiali di vario tipo, tre fibule a corpo d’ambra ben conservate e due pendagli ad anello d’ambra. Più consistenti i due nuclei di Casalecchio di Verucchio, l’uno indicato genericamente come necropoli, l’altro rinvenuto presso un podere di proprietà della famiglia Giuccioli di cui non è noto il contesto, ma che dallo studio dei reperti è certamente da riferirsi a sepolture.

164

Museo della Città

 2. Oggetti da un corredo funerario tra cui tre fibule a corpo d’ambra e due pendagli ad anello d’ambra, San Lorenzo in Monte (Covignano), Rimini, Museo della Città. Tratta da G. SUSINI, A. TRIPPONI, Analisi di Rimini antica cit., tav. XVII.


quindi in massima parte elementi persona-

Materiale: ambra

Provenienza: Spadarolo

li di corredo funebre quali fibule a corpo

Provenienza: Casalecchio (Fondo Giuc-

Collocazione: Rimini, Museo della Città

d’ambra, orecchini, vaghi di collana e gli

cioli)

innumerevoli materiali in stato frammenta-

Collocazione: Rimini, Museo della Città

rio, talvolta troppo piccoli per poter essere

7. nuclei di fibula (1); pendagli di orecchini (1)

identificati.

2. nuclei di fibula (1); elementi laterali di fi-

Materiale: ambra

Sembrano buone, da un sintetico studio

bula (4); perline (44 unico inv.) +inv.654

Provenienza: Ulcedo (Torriana)

preliminare, le premesse per un’indagine

(pasta vitrea, osso, ambra)

Collocazione: Rimini, Museo della Città

più approfondita sulla diffusione di que-

Materiale: ambra; pasta vitrea, osso

sta resina baltica nel territorio romagnolo

Provenienza: Casalecchio (necropoli)

8. frr. non id. (invv. 276-277)

in relazione allo sviluppo, tra VIII e VII se-

Collocazione: Rimini, Museo della Città

Materiale: ambra

colo, di una vera e propria industria dell’ambra a Verucchio.

Provenienza: Verucchio (Le Pegge) 3. nuclei di fibula 8 + 30frr. (unico inv.

Lara Taccini

Riferimenti bibliografici GIANCARLO SUSINI, ANDREINA TRIPPONI,

Analisi di Rimini antica: storia e archeologia per un museo, Rimini, s.n.t., 1980, pp. 54-71. Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994.

CATALOGO

Collocazione: Rimini, Museo della Città

694); pendagli di orecchini (1 fr) Materiale: ambra

9. nuclei di fibula (11+4 frr. unico inv.

Provenienza: Cerasolo

1252); elementi laterali di (fibula 3+2 in

Collocazione: Rimini, Museo della Città

frr. invv. 1173-1250); pendagli di orecchini (6 +6 frr.); placchette (1); vaghi (4);

4. nuclei di fibula (1)

perline (39 unico inv.+52 unico inv.);

Materiale: ambra

anelli (3 frr.); vari (frr. non id. invv. 598-

Provenienza: Friano (Coriano)

831-868-1214-1137-1408)

Collocazione: Rimini, Museo della Città

Materiale: ambra Provenienza: territorio riminese (spora-

5. nuclei di fibula (3); pendagli di orecchini

dici)

(fig. 2)

Collocazione: Rimini, Museo della Città

Materiale: ambra Provenienza: San Lorenzo in Monte (Co-

I materiali di Campo del Tesoro, di Fondo

1. nuclei di fibula (7 + 9frr. unico inv.

vignano)

Lavatoio, di Fondo Dolci di Verucchio sono

1069); elementi laterali di fibula (8 + 1frr.);

Collocazione: Rimini, Museo della Città

stati dati in deposito alla Soprintendenza

pendagli di orecchini (8 + 1frr.); placchette

per i Beni Archeologici dell’Emilia-Roma-

(7); vaghi 3+13 (unico inv.) + 9 (unico inv.)

6. nuclei di fibula (1)

gna ai fini dell’esposizione presso il Museo

+11 (unico inv.); bottoncini (2 unico inv.)

Materiale: ambra

di Verucchio.

Museo della Città

165


Museo Civico Archeologico

Via Sant’Agostino, 14

Verucchio rappresenta in questo quadro

47826 Verucchio (RN)

una felice eccezione, per la straordinaria

Tel. 0541 670222

frequente conservazione dei resti organici

Fax 0541 673266

(legno, tessuti, cuoio, resti di cibo), ma an-

pvoneles@arti.beniculturali.it

che perché è ormai da anni al centro di un

www.comunediverucchio.it/museo/

progetto di catalogazione completa e di studio sistematico dei materiali provenienti

Il ruolo di Verucchio nella circolazione e nella lavorazione dell’ambra durante la prima Età del Ferro in Italia

dalle ricerche degli anni 1969-1972.

L’ambra, usata in Europa fin dalla preistoria,

de di scavi relativamente estesi negli anni

rappresenta un materiale prezioso e dalle va-

Settanta, sono entrate realmente nella let-

lenze mitiche; nell’Età del Ferro italiana la

teratura archeologica solo negli ultimi 10

quantità di ambra che circolava era impo-

anni, anche grazie alla edizione da parte di

nente. La documentazione giunta fino a noi

Gentili degli scavi 1970-19721 e alla atti-

è certamente molto inferiore alla realtà, non

vità scientifica e divulgativa del Museo.

Le necropoli villanoviane di Verucchio, benché note letteralmente da secoli (i primi rinvenimenti risalgono al secolo XVII) e se-

solo per la ovvia sproporzione dei dati che l’archeologia ci restituisce rispetto alla realtà antica, ma anche perché il materiale, per sua stessa natura assai deperibile, lascia spesso tracce non recuperabili. Per ricostruire un panorama, se non completo quantomeno indicativo, della circolazione e dell’artigianato dell’ambra nell’Età del Ferro italiana occorre quindi utilizzare anche testimonianze indirette, come la presenza di castoni vuoti, predisposti per l’alloggiamento di tarsie in ambra su ornamenti, vasellame e armi. Questi materiali però sono raramente oggetto di attenzione anche nelle pubblicazioni specialistiche.

166

Museo Civico Archeologico

1 È ora disponibile l’edizione di G.V. Gentili dei suoi scavi condotti nelle necropoli Lippi e Le Pegge negli anni 1970-1972 (GINO VINICIO GENTILI, Verucchio Villanoviana. Il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, Giorgio Bretschneider Editore, 2003 (Monumenti Antichi dei Lincei, Serie Monografica, VI - LIX della Serie Generale). Si tratta di un’opera di grande significato nella quale vengono messi a disposizione degli studiosi i dati che l’autore ha rilevato al momento dello scavo e un primo catalogo dei materiali. L’importanza dei rinvenimenti avrebbe richiesto la disponibilità di risorse per il restauro e la catalogazione, risorse che Gentili purtroppo non ha avuto a disposizione all’epoca in cui era in condizioni di seguire il lavoro diret-

tamente. Rincresce tuttavia che l’autore non espliciti in alcun modo che l’opera non rappresenta l’edizione completa ma solo una selezione, di cui peraltro non sempre sono chiare le motivazioni, non risultando presentati neppure materiali ormai noti da tempo e visibili in Museo. Nel 1992, quando Gentili era ormai da tempo in pensione, per iniziativa di chi scrive e con l’appoggio dell’allora Soprintendente Piero Guzzo, finanziamenti consistenti furono indirizzati sul ‘progetto Verucchio’. Gentili cui fu allora chiesto di coordinare il gruppo di lavoro considerò tale impegno non compatibile con le sue disponibilità e modalità di lavoro e preferì continuare a lavorare alla pubblicazione che aveva già avviato e ora ha visto la luce. L’opera di revisione, restauro e catalogazione dei corredi allora iniziata e da me coordinata ha portato all’acquisizione di nuovi dati assai rilevanti sotto il profilo quantitativo e qualitativo (basti citare, a titolo di esempio, il catalogo degli oggetti identificati per la tomba del Trono Lippi 89/1972 (Guerriero e Sacerdote. Autorità e comunità a Verucchio nell’età del ferro. La Tomba del Trono, a cura di Patrizia von Eles, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2002 (Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna, 6). Poiché la pubblicazione di Gentili non può essere considerata esaustiva, è in programma, in accordo tra Soprintendenza, Provincia di Rimini e Comune di Verucchio, l’edizione completa sulle necropoli verucchiesi; il prossimo volume dedicato alla necropoli del Lavatoio è attualmente in preparazione. Inoltre nel 2005 sono stati riaperti gli scavi nella necropoli Lippi che, grazie all’adozione di moderne tecniche di scavo e documentazione, forniranno elementi utili alla migliore definizione, se non alla risoluzione di molti problemi aperti. Per una cronologia dei rinvenimenti e relativa bibliografia cfr. PATRIZIA VON ELES, Verucchio. Museo Civico Archeologico, 2 ed. riveduta e aggiornata, Verucchio, s.n.t., 2005.


Pare opportuno pertanto premettere a

si prestano quindi ad analisi sulla gestione 4

questo contributo alcune informazioni ge-

dello spazio sepolcrale.

nerali che permetteranno di comprender-

La ripresa degli scavi5 fornisce l’occasione

ne meglio significato e limiti.

per verifiche dirette sul terreno mirate so-

Le oltre 500 tombe fin qui identificate so-

prattutto a comprendere la struttura delle

no distribuite in vari nuclei sepolcrali di cui

tombe e le modalità di gestione del rituale

quattro sembrano avere consistenza mag-

funerario. Saranno inoltre possibili analisi

giore (Campo del Tesoro-Ripa-Lavatoio,

scientifiche su reperti non ancora sottopo-

Moroni-Semprini-Doccio, Le Pegge, Lippi-

sti a interventi di consolidamento e conser-

Dolci-Gardini-Sotto La Rocca2). Nessuna di

vazione, cosa che riveste particolare impor-

queste necropoli è stata interamente sca-

tanza proprio rispetto all’ambra e agli altri

vata, non se ne conoscono esattamente i

materiali organici.

limiti, e neppure sono stati finora effettua-

Anche se la quantità di ambra restituita dal-

ti accertamenti sulla loro possibile esten-

le necropoli verucchiesi potrebbe contribuire

sione e quindi sulla relativa popolazione

a fornire un quadro non del tutto fedele del-

possibile o presunta. Le nuove campagne

la realtà non pare tuttavia dubbio che Veruc-

di scavo mostrano tuttavia che, almeno in

chio abbia rappresentato un nodo centrale

alcuni settori, la densità delle sepolture è

nella circolazione e nella lavorazione del-

molto alta; d’altro canto la distribuzione

l’ambra per un periodo che dall’inizio dell’-

delle tombe non è uniforme ed è quindi

VIII secolo a.C. arriva fino alla metà del VII se-

possibile che il numero di quelle inesplora-

colo a.C. Oltre che sulla quantità di ambra

te sia ancora difficilmente valutabile.

questa certezza si basa su altri fattori che

L’arco cronologico delle necropoli va dalla

verranno illustrati brevemente di seguito.

3

fine del X al VII sec. a.C., ma lo sviluppo e

L’ambra è utilizzata per produrre o decora-

le modalità d’uso dei diversi nuclei sepol-

re una grande varietà di oggetti, di orna-

crali sembrano essere stati differenti.

mento e non solo. Fin dal momento più

La necropoli Lippi rappresenta la realtà nu-

antico l’ambra è presente in corredi ma-

mericamente più consistente; le tombe in-

schili e femminili. Al IX secolo a.C. sono in-

dividuate, includendo le ultime campagne

fatti databili, nella necropoli del Lavatoio,

2005 e 2006, sono circa 350: la necropoli

la tomba Campo del Tesoro 52 con elmo

è certamente più estesa di quanto fin qui

fittile a speroni e una fibula a carrettino6

indagato e non si hanno quindi elementi per una valutazione numerica complessiva: le ipotesi che si possono avanzare sulla articolazione topografica e cronologica del complesso non possono non risentirne. Tuttavia oltre 300 sono localizzate con esattezza o con buona approssimazione e

2

Di qui in avanti detta ‘necropoli Lippi’. In termini di cronologia assoluta si fa qui riferimento alle recenti proposte di Marco Pacciarelli in Oriente e Occidente: Metodi e discipline a confronto. Riflessioni sulla cronologia dell’età del ferro in Italia, atti dell’Incontro di studi (Roma 30-31 ot3

tobre 2003), a cura di Gilda Bartoloni, Filippo Delpino, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2005, che tengono in considerazione i risultati delle analisi al C14 e dendrocronologiche. Lo sviluppo della facies villanoviana di Verucchio può essere collocato tra un momento avanzato della prima fase del ferro (Primo ferro 1B) e l’orientalizzante pieno. 4 Sulla base della planimetria e dei dati attualmente disponibili sui corredi è stato proposto, ormai dieci anni fa, un primo tentativo di analisi della evoluzione della necropoli in relazione alle dinamiche socio-culturali di quella parte della comunità che in essa deponeva i propri defunti; i dati dei nuovi scavi porteranno certo ad approfondimenti ma allo stato attuale non sembrano inficiare i fondamenti delle analisi allora proposte. (ANGIOLA BOIARDI, PATRIZIA VON ELES, Verucchio, la comunità villanoviana, proposte per un’analisi, in The Iron Age in the Mediterranean Area: Archaeological materials as indicators of social structure and organization, edited by Anna Maria Bietti Sestieri, Venceslas Kruta, XXIII Colloquium, XII Congresso Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche, Forlì, Abaco, 1996, pp. 45-66; A. BOIARDI, P. VON ELES, La Necropoli Lippi di Verucchio. Ipotesi preliminari per una analisi delle strutture sociali, «Archeologia dell’Emilia Romagna», I, 1, 1997, pp. 23-40). 5 Sono state effettuate, ad oggi, due campagne di scavo (2005, 2006) che hanno portato alla individuazione di circa 50 tombe in un’area molto vicina ad alcune delle sepolture scoperte da Gentili nel 1970-1971. 6 Si tratta della fibula con arco serpeggiante a due pezzi, doppio, avvolto intorno a un perno e innestato sull’ago ricurvo e terminante con bottone in ambra, staffa allungata, rinvenuta nella tomba 52 Campo del Tesoro. Si riprende la definizione del tipo data da Fulvia Lo Schiavo nel volume dei PBF da lei dedicato alle fibule dell’Italia Meridionale e della Sicilia, in corso di stampa. Si ringrazia l’autrice anche per le notizie anticipate circa l’inquadramento e la cronologia del tipo (FULVIA LO SCHIAVO, Le fibule dell’Italia Meridionale e della Sicilia (Prähistorische Bronzefunde, Abt. XIV, Bd. VII) cds) ; P. VON ELES, Verucchio. Museo Civico Archeologico cit., p. 52, fig. 42.

Museo Civico Archeologico

167


con perla ferma-ago di ambra e la tomba

ambra dalla già citata tomba Pegge 3, il

schi, dove altri materiali sono preferiti co-

femminile Fondo Ripa 157 con perle di col-

cui corrispettivo in bronzo si può trovare

me indicatori di ricchezza e di rango.

lana associate ad anellini di una particolare

nella tomba Moroni 26.13

La questione della circolazione dell’ambra

lega di bronzo ad alto tenore di stagno.

A livello meramente statistico è stata esa-

può essere affrontata da diversi punti di vi-

La presenza di ambra presumibilmente

minata l’incidenza di oggetti non ornamen-

baltica8 testimonia la prosecuzione di un

tali nelle sepolture verucchiesi, sia maschili

ruolo attivo dell’area romagnola nei cir-

che femminili e si è notato, ad esempio, il

cuiti di scambio, già testimoniato in pre-

fatto che la presenza di tazze cantaroidi

cedenza9 dai ripostigli di Casalecchio10 e

con tarsie d’ambra (fig. 10) in tombe fem-

Poggio Berni.11

minili è spesso accompagnata da quella di

La grande disponibilità di ambra per tutto

asce ad alette,14 o da tazze con elementi a

l’VIII e almeno parte del VII secolo a.C è

traforo,15 tutti elementi dal chiaro richiamo

dimostrata dalla consistenza dei rinveni-

simbolico-rituale e non funzionale.

menti ma anche dall’altissimo livello della

Tutte le classi di materiale sono presenti con

tecnologia raggiunto nelle produzioni ve-

una vasta gamma tipologie ed è indispen-

rucchiesi e legato evidentemente a una

sabile, per comprendere e valutare le mo-

pratica costante. A partire dalla metà del-

dalità di circolazione dell’ambra, conoscere

l’VIII secolo l’ambra diventa non solo

la loro diversa collocazione nel tempo e po-

quantitativamente rilevante (le fibule in

ter individuare e distinguere i tipi peculiari

ambra rappresentano circa il 30% delle fi-

di Verucchio da quelli invece ampiamente

bule presenti), ma viene utilizzata anche

diffusi anche in altri ambiti culturali della

per la realizzazione di una varietà di og-

prima Età del Ferro. Solo un’analisi sistema-

getti d’ornamento quali fibule (figg. 1-6),

tica di questi fattori, insieme allo studio del-

collane (fig. 7), pettorali, orecchini, botto-

la tecnologia può portare a una migliore

ni (fig. 8), fibbie, perle da ricamo, ma an-

comprensione della organizzazione della

che per oggetti simbolici di prestigio fem-

produzione, della distribuzione della mate-

minili, ad esempio fusi o conocchie, e, co-

ria prima e dei prodotti lavorati e del ruolo

me elemento decorativo complementare,

di Verucchio in questo ambito.

in una serie di oggetti diversi sia maschili

La grande quantità di ambra non è l’unico

che femminili come spade, coltelli, petto-

fattore che indica un ruolo di primo piano

rali e cinture in bronzo, vasellame bron-

di Verucchio rispetto ad altri importanti

zeo (fig. 9), morsi equini,12 su cui talvolta

centri dell’Età del Ferro italiana, dove pure

si abbina ad altri materiali quali osso, avo-

il ruolo di prestigio degli oggetti in ambra

rio e pasta vitrea, con risultati cromatici di

è ben noto. La forte incidenza di oggetti in

grande effetto. Non è infrequente che gli

ambra, magari riferibile alle produzioni più

oggetti in ambra si ispirino a oggetti in

semplici (come le fibule a perla), nelle tom-

metallo particolarmente preziosi, basti ci-

be maschili non sembra trovare corrispetti-

tare per tutti l’elemento di pettorale in

vi negli altri contesti villanoviani ed etru-

168

Museo Civico Archeologico

7

P. VON ELES, Verucchio. Museo Civico Archeologico cit., p. 55. 8 Le analisi oggi disponibili effettuate dalla dottoressa Ivana Angelini dell’Università di Milano dimostrano l’uso in Italia nell’Età del Ferro di ambra proveniente dalla Sicilia o dagli Appennini. L’ambra da queste provenienze non sembra tuttavia giungere in maniera stabile e in quantità rilevante. Per questo motivo già prima di disporre di analisi scientifiche sulle ambre di Verucchio si riteneva che l’origine dovesse essere baltica. Oggi questa ipotesi appare confermata dalle prime analisi effettuate dalla stessa dottoressa Angelici anche se il programma prevede molte ulteriori indagini. 9 Non è questa la sede per affrontare la questione assai dibattuta relativa alla natura, organizzazione e struttura di questi scambi; le considerazioni in ANNA MARIA BIETTI SESTIERI, L’Italia in Europa nella prima età del ferro: una proposta di ricostruzione storica, «Archeologia Classica», L, 1998, pp. 15-18, andrebbero parzialmente riviste almeno per quanto riguarda il territorio romagnolo alla luce della individuazione di numerosi insediamenti del Bronzo Recente e Finale. 10 GABRIELLA MORICO, Il ripostiglio protovillanoviano di Casalecchio (RN), in Quando Forlì non c’era, catalogo della mostra, a cura di Giovanna Bermond Montanari, Meri Massi Pasi, Luciana Prati, Forlì, Abaco, 1997. 11 GABRIELLA MORICO, Il ripostiglio di Poggio Berni, catalogo della mostra (Rimini, dicembre 1984-aprile 1985), Roma, Paleani, 1984. 12 Si citano a livello esemplificativo gli esemplari provenienti dalle tombe XX/1970 Lippi e 23/1971 Le Pegge. 13 P. VON ELES, Verucchio. Museo Civico Archeologico cit., pp. 76, 84. 14 Tombe 26, 31 e 47 Lippi 1972. 15 Tomba Le Pegge 4.


sta. In primo luogo, se è evidente la valen-

per proporre una analisi tipologica dei ma-

za economica di un bene notoriamente

teriali ma pare necessario, prima di fornire

prezioso, non se ne possono dimenticare i

alcune informazione tecnologiche, quan-

connotati simbolici: il tentativo è quindi

tomeno indicare dei raggruppamenti preli-

quello di verificare se, nell’ambito del villa-

minari ad ogni classificazione. La prima di-

noviano romagnolo, siano riconoscibili ele-

stinzione possibile è quella tra i pochi

menti che permettano di individuare valen-

esemplari di fibule in bronzo, per lo più ri-

ze distinte da quelle del prestigio. In un

feribili a tipologie ben note, ‘arricchite’ con

quadro di questo genere il controllo del-

l’inserimento di tarsie in ambra. Questi

l’ambra avrebbe potuto assumere un diver-

tentativi19 di inserire elementi ad effetto

so e più ampio significato, riconducibile

coloristico particolare sono estremamente

anche alla sfera rituale.

interessanti, in quanto rappresentano pro-

Ciò che soprattutto indica Verucchio come

babilmente i precedenti delle fibule a ca-

il principale centro di lavorazione e smista-

stoni in osso e ambra; è probabile che le fi-

mento dell’ambra sono le caratteristiche

bule a sanguisuga, che già presentavano

della produzione. A Verucchio è documen-

problemi certamente dovuti al peso20, si

tata, oltre a una larghissima varietà tipolo-

siano rivelate inadatte a questa innovazio-

gica, anche una pluralità di tecnologie che

ne, come dimostra il numero estremamen-

dimostrano tutte un livello molto alto di

te esiguo di esemplari rinvenuti, nonostan-

elaborazione creativa e tecnica. Anche la

te i tentativi di risolvere il problema del pe-

lavorazione delle classi apparentemente

so alloggiando le tarsie in una anima di ce-

più semplici, come le fibule a perla, rivela

ra;21 la sperimentazione tuttavia ebbe luo-

in realtà una grande cura del dettaglio nel-

go con diverse tipologie di fibule e trovò

la morfologia e nell’esecuzione, che non si

poi una possibile applicazione nelle più tar-

trovano ad esempio nelle più tarde produ-

de fibule cave a staffa lunga con castoni

zioni picene.

16

sulla sola faccia superiore dell’arco.22

Non mancano esemplari che testimoniano

Tra le fibule in cui il bronzo costituisce so-

sperimentazioni che non paiono avere se-

lamente il supporto che sorregge il corpo

guito: ad esempio tipi in bronzo con tarsie

esterno variamente conformato si distin-

in ambra di cui sono noti rari esempi, sia

guono le fibule maschili ad arco serpeg-

pure di fogge alquanto diversa, anche in

giante o a drago,23 le fibule con corpo co-

17

ambito etrusco e laziale. Altre tecniche si

stituito da una perla centrale in ambra, di

possono ritenere al momento peculiari di

variabili dimensioni e forma, affiancata tal-

Verucchio.

volta lateralmente da elementi discoidali o

La maggior parte delle indicazioni tecnolo-

troncoconici, presenti principalmente, ma

giche viene dall’analisi delle fibule18 che

non esclusivamente, in tombe femminili, e

rappresentano la classe di oggetti più nu-

fibule esclusivamente femminili con arco

merosa e variabile. Non è questa la sede

composto da molteplici elementi.

16 Si fa qui riferimento alle produzioni picene con perle d’ambra, che spiccano per peso e dimensioni, raggiungendo in taluni casi anche i 65 cm di lunghezza e il chilo di pesantezza, ma appartengono a livello morfologico ai più semplici gruppi tipologici del repertorio villanoviano. Tutt’altra tecnologia è evidentemente quella che produce ambre figurate. Si veda da ultimo il contributo NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’Ambra, in Piceni. Popolo d’Europa, Roma, De Luca, 1999, pp. 100-103, con relativa bibliografia. 17 Si citano due esemplari particolarmente significativi rinvenuti in una tomba da Narce (ADOLFO COZZA, ANGELO PASQUI, Carta Archeologica d’Italia (1881-1897). Materiali per l’Agro Falisco, II, 2, Firenze, Olschki, 1981, n.15) e nella tomba Ya di Veio (Notizie degli scavi 1970). 18 È attualmente in corso, in collaborazione con le restauratrici della Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna Monica Zanardi e Micol Siboni, uno studio approfondito di tali tecniche reso possibile ora dalla disponibilità di materiali provenienti dai nuovi scavi 2005-2006 non precedentemente sottoposti a restauri e ricomposizioni. 19 La sperimentazione non fu evidentemente limitata a Verucchio: si può ad esempio ricordare, tra i materiali editi, la fibula dalla tomba Ya,Veio NSc 1970, fig. 46. di Veio Quattro Fontanili, databile alla fase veiente di poco successiva alla metà dell’VIII secolo; dello stesso corredo fa parte anche una fibula ad arco rivestito composito con incavi a cerchielli, tipologicamente affine al nostro tipo 28 (Ya, Veio NSc 1970, fig. 47.) 20 Nelle fibule a sanguisuga più antiche è frequentissima la riparazione della parte posteriore dell’arco all’attacco della molla. 21 La fibula della tomba Pegge 3 conteneva sotto le tarsie di ambra un riempimento in cera ancora conservato. 22 P. VON ELES, Museo Civico Archeologico. Verucchio, Rimini, Provincia di Rimini, 1996, tavv. 116117, nn. 1425-1428. 23 Il termine ‘castone’ viene qui utilizzato secondo il significato che assume tradizionalmente nelle descrizioni archeologiche, anche se è più corretto parlare di tarsie per gli elementi inseriti e di castoni per i relativi alloggiamenti. La terminologia esatta viene adottata nella descrizione tipologica.

Museo Civico Archeologico

169


Le fibule ad arco composito presentano

o all’interno del nucleo di ambra prece-

pi nelle tombe più ricche e forse dotate di

una gamma morfologica vastissima: gli

dentemente svuotato.

ruoli particolari;

elementi che le compongono, anche in

Allo stato attuale della ricerca è stata verifi-

• l’incidenza rilevante di tipi di fibule più

questo caso sono inseriti e sorretti da un

cata in parte la tecnica adottata nelle fibule

semplici (fibule ad arco rivestito con perlo-

arco di verga sottile di bronzo. Vi sono fi-

a tarsie dove, sulla superficie di fondo del ca-

ne d’ambra) in tombe maschili;

bule composte esclusivamente da elemen-

stone di osso viene steso uno strato di una

• l’esistenza di oggetti non legati all’abbi-

ti in ambra, altre con dischi d’ambra in-

sostanza ancora da identificare, che serve da

gliamento decorati con ambra in tombe

frammezzati da sottili dischetti di avorio,

supporto per la decorazione a linee scure di-

ricche;

altre in cui si alternano in numeri diversi di-

sposte con sintassi per lo più, ma non esclu-

• la presenza di tecnologie diverse fin qui

schi di ambra e di osso; i dischi di osso re-

sivamente, a motivi geometrici. Questa tec-

non documentate altrove.

cano perlopiù castoni per l’alloggiamento

nica compare a volte anche in una tipologia

di tarsie in ambra.24 Oltre alla struttura vi

di fibule al momento non conosciuta al di

Tutto ciò induce a ipotizzare un ruolo ege-

sono molteplici tecniche decorative. Innan-

fuori di Verucchio. Si tratta di pochi esem-

mone giocato da Verucchio nella gestione

zitutto occorre considerare il risultato colo-

plari, che sembrerebbero prodotte per una

dell’ambra tra l’VIII e gli inizi del VII secolo

ristico ottenuto mediante l’abbinamento di

specifica committenza: sono presenti infatti

a.C. Tale gestione era probabilmente con-

materiali diversi come l’osso e l’ambra. Al

esclusivamente in poche tombe femminili

trollata da quegli stessi committenti cui si

motivo coloristico si aggiungono talvolta

particolarmente ricche. In ogni tomba gli

deve la presenza di oggetti eccezionalmen-

effetti plastici nei casi in cui la superficie

esemplari, generalmente presenti in coppie

esterna dell’arco è trattata con solcature o

uguali, si differenziano da tutti gli altri quan-

quando la perla d’ambra è forata trasver-

to a conformazione di castoni e tarsie. In

salmente o longitudinalmente, con inseri-

queste fibule, spesso di dimensioni molto

mento ai lati di pomellini d’ambra.

grandi i castoni in osso anziché essere costi-

La complessità della decorazione è data

tuiti da segmenti a sezione piena hanno una

innanzitutto dalla varietà del gioco delle

struttura a lastrine: l’interno dell’arco è cavo

tarsie che combinano elementi rettangola-

e al momento non è noto da cosa fosse sor-

ri con altri a cerchi concentrici e in alcuni

retta la verga di bronzo che teneva insieme

casi a elementi conici. Molto importante

la fibula e formava staffa, molla e spillone.25

agli effetti decorativi è anche la trasparen-

Alla produzione di oggetti semplici destina-

za dell’ambra che permette interventi

ti a una vasta circolazione si affiancavano

molto raffinati come quello di praticare

probabilmente lavorazioni molto sofisticate

minuscoli forellini lungo il perimetro inter-

e raffinate, legate a tradizioni o gusti loca-

no dei segmenti in ambra, ottenendo in

li, realizzate in pochissimi esemplari e non

questo modo un effetto ‘scintillio’ che ne

destinate a circolare fuori di Verucchio.

esalta la luminosità. Grazie alla trasparen-

Da quanto illustrato finora emerge che si

za dell’ambra è stata sviluppata un’altra

possono considerare caratteristiche pecu-

tecnica molto sofisticata, attualmente in-

liari di Verucchio:

corso di studio che prevede la presenza di

• la diffusione prevalente dell’ambra in

decorazioni ‘dipinte’ al disotto delle tarsie

contesti ascritti a donne, con particolari ti-

170

Museo Civico Archeologico

24 La maggior parte dei tipi di fibule in ambra presenti a Verucchio è documentata anche in molti altri contesti di VIII e VII secolo. Spesso tuttavia, in mancanza di una visione diretta dei materiali, è difficile stabilire confronti puntuali con riferimento a una precisa tipologia quale quella da noi elaborata. Ciò sia per lo stato di conservazione generalmente assai precario dell’ambra sia perché, come è noto, molto spesso nelle edizioni dei complessi dell’Età del Ferro italiana i ‘materiali minori’, fra i quali rientrano generalmente le fibule, sono documentati poco e male (per lo più con foto scarsamente utilizzabili). Il fatto che buoni confronti per i materiali verucchiesi siano reperibili nella necropoli dei Quattro Fontanili di Veio è probabilmente dovuto proprio al livello di edizione della necropoli veiente. 25 È in corso di indagine una coppia di fibule rinvenute nella campagna 2005; prima di ogni intervento di restauro si è provveduto infatti a campionare la parte centrale apparentemente ‘vuota’ per verificare se siano individuabili tracce della originaria sostanza di riempimento.


te raffinati nelle tombe dei personaggi do-

pensare a uno scambio in un ambito ap-

zia infatti a partire da questo momento,

minanti, con valenze che, come già ipotiz-

partenente più alla sfera del dono che a

con tipologie nuove e con tecniche che,

zato in precedenza nello studio sulla tom-

quella dell’economia.

come già accennato, nulla più hanno a che vedere con le produzioni di Verucchio.26

ba del Trono, ne segnalano il ruolo in ambiti che riguardano il controllo della produ-

Alla luce delle conoscenze attuali, tra la fa-

zione e degli scambi, non disgiuntamente

se avanzata del Primo Ferro 1 e l’orientaliz-

dalla sfera religiosa e rituale.

zante antico, Verucchio si pone come il cen-

Dal punto di vista del modello di gestione

tro in cui non solo vi è la maggiore quantità

dei circuiti di lavorazione e distribuzione,

di ambra conservata (cosa che potrebbe es-

per quanto riguarda il periodo in cui Ve-

sere del tutto accidentale), ma soprattutto

rucchio sembra avere svolto un ruolo cen-

in cui è documentato un artigianato estre-

trale, tra l’VIII e gli inizi del VII secolo a.C.,

mamente specializzato che lavora per una

è possibile pensare alla circolazione paral-

committenza raffinata ed esigente.

lela, su aree ampie, sia di pezzi finiti di

Dopo questo periodo il ‘sistema del villano-

semplice fattura (perle e perline sferoidali,

viano di Verucchio’ subisce un evidente col-

cilindriche, distanziatori, dischi per orec-

lasso, certamente da mettersi in relazione

chini), sia di pezzi semilavorati da assem-

con le mutate condizioni della presenza

blare successivamente a livello locale, per-

greca in Adriatico e una conseguente rior-

mettendo la realizzazione di prodotti finiti

ganizzazione dei ruoli dei diversi centri e

rispondenti a richieste differenziate. È pro-

dei circuiti di scambi. Non è questa la sede

babilmente questo il caso dei dischi digra-

per cercare di dare una spiegazione di que-

danti in ambra per il rivestimento di fibule

sta crisi, evidentemente legata oltre che ai

con arco a sanguisuga a segmenti, fami-

fattori esterni anche alla organizzazione so-

glia tipologica di vastissima diffusione, con

cio-economica della realtà verucchiese, an-

una morfologia estremamente uniforme

cora basata su una struttura aristocratico-

per quanto riguarda i singoli dischi che le

gentilizia: la gestione del potere da parte di

compongono, ma con una certa variabilità

gruppi elitari, al cui interno probabilmente

nelle rielaborazioni e/o assemblaggi locali.

esistono situazioni dinamiche e alternanze,

Certamente vi erano anche scambi dimo-

non consente a Verucchio di inserirsi con

strabili, ad esempio per quanto riguarda

forza sufficiente nella mutata realtà storica

Veio, come Verucchio caratterizzata da

dando luogo a una crisi irreversibile.

una presenza massiccia di oggetti d’am-

Si può qui osservare che, in coincidenza

bra; nel caso in cui oggetti particolari ap-

con questa crisi, sembrano verificarsi an-

paiono in entrambi i siti, i dati numerici

che modifiche radicali nei circuiti di distri-

sembrano confermare che si tratta di

buzione e lavorazione dell’ambra. Entro la

scambi di singoli oggetti: le caratteristiche

seconda metà del VII secolo ha termine il

di ricchezza e complessità delle tombe in

ruolo di Verucchio quale centro egemone:

cui tali oggetti sono stati rinvenuti fanno

la grande diffusione di ambra in Piceno ini-

Patrizia von Eles Consegnato per la stampa a dicembre 2006

Riferimenti bibliografici ANNA MARIA BIETTI SESTIERI, L’Italia in Europa nella prima età del ferro: una proposta di ricostruzione storica, «Archeologia Classica», L, 1998, pp. 1-67. ANGIOLA BOIARDI, PATRIZIA VON ELES, Verucchio, la comunità villanoviana, proposte per un’analisi, in The Iron Age in the Mediterranean Area: Archaeological materials as indicators of social structure and organization, edited by Anna Maria Bietti Sestieri, Venceslas Kruta, XXIII Colloquium, XII Congresso Internazionale di Scienze Preistoriche e Protostoriche, Forlì, Abaco, 1996, pp. 45-66. ANGIOLA BOIARDI, PATRIZIA VON ELES, La Necropoli Lippi di Verucchio. Ipotesi preliminari per una analisi delle strutture sociali, «Archeologia dell’Emilia Romagna», I, 1, 1997, pp. 23-40. ANGIOLA BOIARDI, PATRIZIA VON ELES, Fibule in ambra di Verucchio: appunti per uno studio sulla produzione e la tecnologia, in Fibulae. Dall’età del Bronzo all’alto medioevo. Tecnica e tipologia, a cura di Edilberto Formigli, Firenze, Polistampa, 2003, pp. 107-124. ADOLFO COZZA, ANGELO PASQUI, Carta Archeologica d’Italia (1881-1897). Materiali per l’Agro Falisco, II, 2, Firenze, Olschki, 1981. Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994.

26

N. NEGRONI CATACCHIO, L’Ambra cit., pp. 100-103.

Museo Civico Archeologico

171


PATRIZIA VON ELES, Museo Civico Archeologico. Verucchio, Rimini, Provincia di Rimini, 1996. PATRIZIA VON ELES, Museo Civico Archeologico. Verucchio, 2 ed. riveduta e aggiornata, Rimini, Provincia di Rimini, 1998. PATRIZIA VON ELES, Verucchio. Museo Civico Archeologico, 2 ed. riveduta e aggiornata, Verucchio, s.n.t., 2005. Fibulae. Dall’età del Bronzo all’alto medioevo. Tecnica e tipologia, a cura di Edilberto Formigli, Firenze, Polistampa, 2003. La formazione della città in Emilia Romagna, catalogo della mostra (Bologna, 26 settembre 1987-24 gennaio 1988), a cura di Giovanna Bermond Montanari, Bologna, Nuova Alfa, 1987, pp. 95-96. GINO VINICIO GENTILI, Verucchio Villanoviana. Il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, Giorgio Bretschneider Editore, 2003 (Monumenti Antichi dei Lincei, Serie Monografica, VI - LIX della Serie Generale). Guerriero e Sacerdote. Autorità e comunità a Verucchio nell’età del ferro. La Tomba del Trono, a cura di Patrizia von Eles, Firenze, All’Insegna del Giglio, 2002 (Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna, 6). Oriente e Occidente: Metodi e discipline a confronto. Riflessioni sulla cronologia dell’età del ferro in Italia, atti dell’Incontro di studi (Roma 30-31 ottobre 2003), a cura di Gilda Bartoloni, Filippo Delpino, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2005. MARCO PACCIARELLI, Osservazioni sulla cronologia assolut del bronzo finale e della prima età del ferro, in Oriente e Occidente: Metodi e discipline a confronto. Riflessioni sulla cronologia dell’età del ferro in Italia, atti dell’Incontro di studi (Roma 30-31 ottobre 2003), a cura di Gilda Bartoloni, Filippo Delpino, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, 2005, pp. 81-90. FULVIA LO SCHIAVO, Le fibule dell’Italia Meridiona-

172

Museo Civico Archeologico

le e della Sicilia, (Prähistorische Bronzefunde, Abt. XIV, Bd. VII) cds. GABRIELLA MORICO, Il ripostiglio di Poggio Berni, catalogo della mostra (Rimini, dicembre 1984-aprile 1985), Roma, Paleani, 1984. GABRIELLA MORICO, Il ripostiglio protovillanoviano di Casalecchio (RN), in Quando Forlì non c’era, catalogo della mostra, a cura di Giovanna Bermond Montanari, Meri Massi Pasi, Luciana Prati, Forlì, Abaco, 1997. NUCCIA NEGRONI CATACCHIO, L’Ambra, in Piceni. Popolo d’Europa, Roma, De Luca, 1999, pp. 100-103.

CATALOGO

Provenienza: Verucchio, necropoli Moroni/1969, tomba 16 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villanoviano verucchiese nella Romagna orientale ed il sepolcreto Moroni, in Studi e documenti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa, 1985, n. 8 p. 55, tav. XXIII; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 53 p. 144

1. Fibula composita Inv. n. 8406

2. Orecchini

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rive-

Inv. nn. 8410-850

stito con perla centrale a contorno ovoida-

Descrizione: cerchi spiraliformi di tre giri

le allungato, rivestito lateralmente da due segmenti terminali digradanti. La perla presenta un foro trasversale forse per l’inserimento di pomellini Materiale: bronzo, ambra Dimensioni: lungh. cm 5,1, largh. cm 3,7, spess. cm 2,7

p 1. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 2. Orecchini, Verucchio, Museo Civico

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).


con filigrana in oro che sorreggono un

Dimensioni: lungh. cm 1- 2,2

pendaglio in ambra a disco

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

Materiale: oro e ambra

ni/1969, tomba 19

Dimensioni: diam cm 6 e 5,5

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Archeologico

pi/1970, tomba 22

Stato di conservazione: alcuni integri, al-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

tri frammentari

Archeologico

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANA-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

p 4. Fibula composita, Verucchio, Museo

RI,

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della

viano verucchiese nella Romagna orientale

mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e ore-

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

ficerie dei principi etruschi di Verucchio,

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

catalogo della mostra (Verucchio, 16 lu-

1985, nn. 11-12 p. 63, tav. XXVII; Ambre.

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

glio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio

Trasparenze dall’antico, catalogo della mo-

Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, nn. 609-

stra (Napoli, Museo Archeologico Naziona-

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

610 p. 168, figg. 34-35 p. 186

le, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

no, Electa, 2007, III. 54 p. 144

no, Electa, 2007, III. 55 p. 144

Descrizione: 23 vaghi fusiformi decrescenti

4. Fibula composita

5. Fibula composita

Materiale: ambra

Inv. n. 8518

Inv. n. 8519

Descrizione: fibula in bronzo con arco ri-

Descrizione: fibula in bronzo con arco ri-

vestito da una perla d’ambra di forma rom-

vestito da una perla d’ambra di forma

boidale

ovoidale

Materiale: bronzo, ambra

Materiale: bronzo, ambra

Dimensioni: lungh. cm 5,8, largh. cm 4,1

Dimensioni: lungh. cm 2, largh. cm 5

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

ni/1969, tomba 23

ni/1969, tomba 23

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Archeologico

Archeologico

Stato di conservazione: lacunosa

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

viano verucchiese nella Romagna orientale

viano verucchiese nella Romagna orientale

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

1985, n. 24 p. 74, tav. XXXIII; GIOVANNA

1985, n. 23 p. 74, tav. XXXIII; Ambre. Tra-

BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

altri reperti della mostra, in Il dono delle

3. Vaghi di collana Inv. n. 8445

p 3. Vaghi di collana, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

173


Dimensioni: lungh. cm 3,6, cm 4,1 Provenienza: Verucchio, necropoli Moroni/1969, tomba 23 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villanoviano verucchiese nella Romagna orientale

p 5. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 6. Fibule composite, Verucchio, Museo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etru-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villa-

Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etru-

schi di Verucchio, catalogo della mostra

noviano verucchiese nella Romagna orien-

schi di Verucchio, catalogo della mostra

(Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a

tale ed il sepolcreto Moroni, in Studi e do-

(Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a

cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t.,

cumenti di archeologia, Bologna, Nuova

cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994, n.

1994, n. 602 p. 168, fig. 94b p. 205; Am-

Alfa, 1985, n. 25 p. 74, tav. XXXIII; GIO-

604 p. 168, fig. 96 p. 206; Ambre. Traspa-

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

VANNA

BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO

renze dall’antico, catalogo della mostra

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

principi etruschi di Verucchio, catalogo

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Milano, Electa, 2007, III. 56 p. 144

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 otto-

no, Electa, 2007, III. 58, p. 145

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e documenti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa, 1985, n. 26 p. 74, tav. XXXIII; GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il dono delle

bre 1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., 6. Porzioni di fibule composite

s.n.t., 1994, p. 168, n. 603, fig. 95 p. 206;

Inv. n. 8520

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

Descrizione: parti di fibule con arco in

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

bronzo rivestito da segmenti decrescenti in

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007),

ambra

a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

Materiale: bronzo, ambra

no, Milano, Electa, 2007, III. 57 p. 145

Dimensioni: lungh. cm 5,6-6,4 Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

7. Fibula composita

ni/1969, tomba 23

Inv. n. 8521

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Descrizione: parte di fibula con arco in

Archeologico

bronzo rivestito da segmenti decrescenti in

Stato di conservazione: lacunose

ambra alternati con dischetti in osso

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Materiale: bronzo, ambra, osso

174

Museo Civico Archeologico

p 7. Fibula composita, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).


con staffa lunga. Nell’arco è infilato un filo in bronzo che regge un dischetto in ambra Materiale: bronzo e ambra Dimensioni: lungh. cm 11,3, alt. cm 4,2, largh. cm 3,7; lungh. cm 8,4, alt. cm 4,6, largh. cm 3,7 Provenienza: Verucchio, necropoli Moroni/1969, tomba 26 Collocazione: Verucchio, Museo Civico

p 8. Orecchino, Verucchio, Museo Civico

p 9. Fibula a sanguisuga, Verucchio, Museo

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

8. Orecchino

9. Fibula

catalogo della mostra (Verucchio, 16 lu-

Inv. n. 8523

Inv. n. 8616

glio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio

Descrizione: pendente di orecchino a

Descrizione: fibula a sanguisuga, con

Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, nn. 612-

disco con sezione romboidale

staffa allungata e arco rivestito da un nu-

613 p. 168, figg. 102-103 p. 208

Materiale: ambra

cleo in ambra trasparente

Dimensioni: diam. cm 2,6, spess. cm

Materiale: bronzo a ambra

0,8

Dimensioni: lungh. cm 11,8, alt. cm 3,7,

Provenienza: Verucchio, necropoli Mo-

spess. cm 2,8

roni/1969, tomba 23

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

ni/1969, tomba 26

Archeologico

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Stato di conservazione: lacunoso

Archeologico

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANA-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Vil-

RI,

Archeologico Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della

mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio,

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della

lanoviano verucchiese nella Romagna

mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e ore-

orientale ed il sepolcreto Moroni, in Stu-

ficerie dei principi etruschi di Verucchio,

di e documenti di archeologia, Bologna,

catalogo della mostra (Verucchio, 16 lu-

Nuova Alfa, 1985, p. 74 n. 20; Ambre.

glio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio

Trasparenze dall’antico, catalogo della

Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 611 p.

mostra (Napoli, Museo Archeologico

168, fig. 101 p. 207

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, An-

10. Fibule

tonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.

Inv. nn. 8617, 8618

59, p. 145

Descrizione: fibule a navicella, in bronzo

p 10. Fibule a navicella, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

175


11. Orecchini

n. 614 p. 168-169, fig. 104 p. 208; Am-

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

Inv. n. 8679

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

1985, n. 36 p. 94, tav. XLVIII; GIOVANNA BER-

Descrizione: pendenti di orecchini a disco

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

MOND

Materiale: ambra

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

tri reperti della mostra, in Il dono delle Elia-

Dimensioni: diam. cm 3

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

di: ambre e oreficerie dei principi etruschi

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

Milano, Electa, 2007, III. 62 p. 146

di Verucchio, catalogo della mostra (Veruc-

ni/1969, tomba 27

MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli al-

chio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

12. Fibula composita

Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994,

Archeologico

Inv. n. 8680

n. 615 p. 169, fig. 105 p. 209; Ambre. Tra-

Stato di conservazione: lacunosi

Descrizione: fibula in bronzo con arco ri-

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

vestito da perla di forma romboidale

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

Materiale: bronzo, ambra

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

viano verucchiese nella Romagna orientale

Dimensioni: lungh. cm 4, spess. cm 0,8

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

no, Electa, 2007, III. 61, p. 146

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

ni/1969, tomba 27

1985, n. 35 p. 94, tav. XLVIII; GIOVANNA BER-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

13. Fibula composita

Archeologico

Inv. n. 8681

tri reperti della mostra, in Il dono delle Elia-

Stato di conservazione: lacunosa

Descrizione: piccola fibula in bronzo con

di: ambre e oreficerie dei principi etruschi

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

arco rivestito da perla in ambra di forma

di Verucchio, catalogo della mostra (Veruc-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

ovoidale

chio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di

viano verucchiese nella Romagna orientale

Materiale: ambra, bronzo

Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994,

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

Dimensioni: lungh. cm 2,9, largh. cm 1,9

MOND

MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli al-

Provenienza: Verucchio, necropoli Moroni/1969, tomba 27 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villanoviano verucchiese nella Romagna orientale ed il sepolcreto Moroni, in Studi e documenti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa, 1985, p. 94 n. 37, tav. XLVIII; GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO p 11. Orecchini, Verucchio, Museo Civico

p 12. Fibula composita, Verucchio, Museo

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

176

Museo Civico Archeologico

GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ot-


p 13. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 14. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 15. Tazzina biansata, Verucchio, Museo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

tobre 1994), a cura di Maurizio Forte,

viano verucchiese nella Romagna orientale

ficerie dei principi etruschi di Verucchio,

MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 616 p. 169,

ed il sepolcreto Moroni, in Studi e docu-

catalogo della mostra (Verucchio, 16 lu-

fig. 105 p. 209; Ambre. Trasparenze dal-

menti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa,

glio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio

l’antico, catalogo della mostra (Napoli,

1985, p. 94, n. 39, tav. XLVIII; Ambre. Tra-

Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 617 p.

Museo Archeologico Nazionale, 26 mar-

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

169, fig. 106 p. 209

zo-10 settembre 2007), a cura di Maria

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano,

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

16. Fibula composita

Electa, 2007, III. 60 p. 146

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Inv. n. 9539

no, Electa, 2007, III. 63, p. 146

Descrizione: arco in verga di bronzo con

14. Fibula composita

elemento centrale in osso decorato con tre

Inv. n. 8683A

15. Tazzina biansata

castoni circolari a tarsie in ambra, affianca-

Descrizione: parte di fibula ad arco rivesti-

Inv. n. 8755

to da segmenti decrescenti in ambra

to da segmenti decrescenti d’osso con tar-

Descrizione: presenta due anse divaricate

sie d’ambra

nella parte inferiore, decorate sulla parte

Materiale: bronzo, ambra

superiore da bottoncini conici in ambra

Dimensioni: lungh. cm 2-3,2, largh. cm 2-

Materiale: ceramica di impasto

2,5

Dimensioni: alt. cm 5,4, bocca cm 8,3

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

Provenienza: Verucchio, necropoli Moro-

ni/1969, tomba 27

ni/1969, tomba A

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Archeologico

Archeologico

Stato di conservazione: lacunosa

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANA-

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

RI,

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e ore-

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della

p 16. Fibula composita, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

177


Materiale: ambra, bronzo, osso

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Dimensioni: alt. cm 1,9, lungh. cm 6, lar-

pi/1970, tomba 21

gh. cm 2,4

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Archeologico

pi/1970, tomba 14

Stato di conservazione: lacunosa

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Archeologico

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

Stato di conservazione: lacunosa

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

p 17. Fibule composite, Verucchio, Museo

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, nn. 505-508 p. 159; GINO VINICIO

2003, n. 13 p. 129, tav. 55, tav. CIX; Am-

GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

località Le Pegge e la necropoli al piede della

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

2003, nn. 6-9 p. 142, tav. CXXVI; Ambre.

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

Trasparenze dall’antico, catalogo della mo-

Milano, Electa, 2007, III. 31, p. 135

s.n.t., 1994, nn. 505-508 p. 159; GINO VINICIO

stra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Ma-

17. Fibule composite

località Le Pegge e la necropoli al piede della

ria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Elec-

Inv. nn. 9613 a-b

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

ta, 2007, III. 34-35, pp. 135-136

Descrizione: fibule con arco rivestito da

2003, nn. 6-7 p. 142, tav. CXXVI; Ambre.

segmenti in osso con castoni per tarsie in

Trasparenze dall’antico, catalogo della mo-

ambra rettangolari e ad anello

stra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

Materiale: ambra, bronzo, osso

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Ma-

Dimensioni: a - alt. cm 2,6, lungh. cm

ria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Elec-

5,4, largh. cm 2,4; b - alt. cm 2,5, lungh.

ta, 2007, III. 32-33, pp. 135-136

cm 5,3, largh. cm 2,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

18. Fibule composite

pi/1970, tomba 21

Inv. nn. 9613 c-d

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Descrizione: fibule con arco rivestito da

Archeologico

segmenti in osso con castoni per tarsie in

Stato di conservazione: lacunosa

ambra rettangolari e ad anello

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Materiale: ambra, bronzo e osso

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

Dimensioni: c - alt. cm 1,9, lungh. cm 3.9,

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

largh. cm 2,1; d - alt. cm 1,6, lungh. cm

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

3,5, largh. cm 1,7

178

Museo Civico Archeologico

p 18. Fibule composite, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).


Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 35 p. 42, tav. 6, tav. XXII p 19. Orecchini, Verucchio, Museo Civico

21. Pettorale

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Inv. n. 142497 Descrizione: placca rettangolare lavorata a giorno con cornice e decorata esternamente da pomelli sferici incastrati a chiodino Materiale: ambra

19. Orecchini

Dimensioni: cm 6,7x4,7

Inv. nn. 9862-9865

Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

Descrizione: pendenti di orecchini

Pegge/1970, tomba 3

Materiale: ambra Dimensioni: diam. tra cm 4,9 e 1,6; spess. tra cm 1,5 e 0,6 Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le Pegge/1970, tomba 3

p 20. Fibula e rocchetti, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 32 p. 42, tav. 6 20. Fibula Inv. n. 9872 Descrizione: di forma ovale decorata sopra con fitte scanalature Materiale: ambra Dimensioni: lungh. cm 5,1; largh. cm 3,1 Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

p 21. Pettorale, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i

Pegge/1970, tomba 3

Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

179


Pegge e la necropoli al piede della Rocca

cheologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Na-

2003, n. 65 p. 44, tav. 9

va, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.25, p. 134

22. Bottoncini Inv. n. 9917

23. Bottoncini

Descrizione: bottoncini (n. 57) troncoco-

Inv. n. 9918

nici con foro passante a ‘V’

Descrizione: bottoncini (103 interi e

Materiale: ambra

frammenti) bitroncoconici con foro pas-

Dimensioni: alt. cm 0,6-1, diam. cm 1,3-2,5

sante a ‘V’

Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

Materiale: ambra

Pegge/1970, tomba 4

Dimensioni: diam. cm 0,8

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

Archeologico

Pegge/1970, tomba 4

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo

Stato di conservazione: integri

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

della mostra (Napoli, Museo Archeologi-

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Archeologico

co Nazionale, 26 marzo-10 settembre

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Stato di conservazione: integri

2007), a cura di Maria Luisa Nava, Anto-

chio villanoviana: il sepolcreto in località

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

nio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.26,

Le Pegge e la necropoli al piede della

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

p. 134

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-

chio villanoviana: il sepolcreto in località

neider, 2003, n. 17 p. 48, tav. 11, tav.

Le Pegge e la necropoli al piede della

24. Fibula composita

XXVI; Ambre. Trasparenze dall’antico, ca-

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-

Inv. n. 9960

talogo della mostra (Napoli, Museo Ar-

neider, 2003, n. 18 p. 48, tav. XXVII; Am-

Descrizione: arco in bronzo rivestito da

p 24. Fibula composita, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

una perle d’ambra ovoidale, affiancata da dischetti in osso Materiale: ambra e bronzo Dimensioni: alt. cm 2, lungh cm. 3,9, largh cm. 2 Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le Pegge/1970, tomba 5 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. p 22. Bottoncini, Verucchio, Museo Civico

p 23. Bottoncini, Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

180

Museo Civico Archeologico

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-


neider, 2003, n. 18 p. 51, tav. 14, tav.

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

XXXI; Ambre. Trasparenze dall’antico, ca-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Archeologico

talogo della mostra (Napoli, Museo Ar-

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Stato di conservazione: lacunose

cheologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Na-

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

va, Antonio Salerno, Milano, Electa,

2003, n. 19 p. 52, tav. 14, tav. XXXI; Am-

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

2007, III. 27, p. 134

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

mostra (Napoli, Museo Archeologico Na-

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

25. Fibula composita

zionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

2003, nn. 20-21 p. 52, tav. 15, tav. XXXI;

Inv. n. 9961

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

Descrizione: arco in bronzo rivestito da

Milano, Electa, 2007, III. 28, p. 134

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

una perla centrale a mandorla decorata so-

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007),

pra da fitte scanalature e sotto da un mo-

26. Fibule composite

a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

tivo a triangoletti inscritto, affiancata da

Inv. nn. 9962-9963

no, Milano, Electa, 2007, III. 29-30, p. 134

due segmenti digradanti in ambra

Descrizione: arco in bronzo rivestito da

Materiale: ambra e bronzo

cinque segmenti decrescenti in osso con

27. Nucleo di fibula a sanguisuga

Dimensioni: alt. cm 2,2, lungh. cm 4, lar-

incavi di forma circolare e rettangolare per

Inv. n. 10397

gh. cm 2,5

l’inserimento delle tarsie in ambra

Descrizione: nucleo formato da segmenti

Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

Materiale: ambra, bronzo e osso

digradanti in osso con castoni circolari e

Pegge/1970, tomba 5

Dimensioni: alt. cm 3,9, lungh. cm 7,7,

rettangolari per l’inserimento delle tarsie in

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

largh. cm 4,6

ambra

Archeologico

Provenienza: Verucchio, sepolcreto Le

Materiale: bronzo, ambra e osso

Stato di conservazione: lacunosa

Pegge/1970, tomba 5

Dimensioni: lungh. cm 8,1; largh. cm 4,5

p 25. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 26. Fibule composite, Verucchio, Museo

p 27. Fibula a sanguisuga, Verucchio Museo

Civico Archeologico. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

181


Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

Le Pegge e la necropoli al piede della

ge/1970, tomba 24

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

neider, 2003, n. 44 p. 100, tav. 50, tav.

Archeologico

LXXXI

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le

29. Nucleo di fibula a sanguisuga

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

Inv. n. 10399

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Descrizione: nucleo formato da segmenti

2003, nn. 41-43 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI

digradanti in osso con castoni di forma circolare e rettangolare per l’inserimento del-

p 30. Orecchini, Verucchio, Museo Civico

28. Fibula a sanguisuga

le tarsie in ambra

Inv. n. 10398

Materiale: bronzo, ambra e osso

Descrizione: nucleo formato da segmenti

Dimensioni: lungh. cm 6; largh. tra cm

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

digradanti in osso con castoni di forma cir-

3,8 e 2,5

colare e rettangolare per l’inserimento del-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

le tarsie in ambra

ge/1970, tomba 24

30. Orecchini

Materiale: bronzo, ambra e osso

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Inv. nn. 10400-10457

Dimensioni: lungh. cm 7,1, largh. cm 3,8

Archeologico

Descrizione: pendenti a grandi dischi con

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

facce leggermente concave a costa ango-

ge/1970, tomba 24

chio villanoviana: il sepolcreto in località

losa

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Le Pegge e la necropoli al piede della

Materiale: ambra

Archeologico

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-

Dimensioni: diam. cm 6,6; spess. cm 1,7

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

neider, 2003, nn. 46-49 p. 100, tav.

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

chio villanoviana: il sepolcreto in località

LXXXI

ge/1970, tomba 24 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 55 p. 100, tav. 50, tav. LXXX 31. Perline

p 28. Fibula a sanguisuga, Verucchio, Museo

p 29. Fibula a sanguisuga, Verucchio, Museo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

182

Museo Civico Archeologico

Inv. n. 10401 Descrizione: numeroso gruppo di perline a cilindretto Materiale: ambra Dimensioni: alt. cm 0,2 ca.


Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn. 27-39 p. 99, tav. 49, tav. LXXXI 33. Fibula Inv. n. 10403 Descrizione: rivestimento di arco di fibula p 31. Perline, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

di forma cilindroide affusolata Materiale: ambra Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh. tra cm 4,4 e 1,5

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

32. Fibula

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

ge/1970, tomba 24

Inv. n. 10402

ge/1970, tomba 24

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Descrizione: rivestimento di arco di fibula

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Archeologico

di forma cilindroide affusolata

Archeologico

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Materiale: ambra

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh.

chio villanoviana: il sepolcreto in località

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

tra cm 4,4 e 1,5

Le Pegge e la necropoli al piede della Roc-

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

ca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

2003, n. 18 p. 99, tav. 49, tav. LXXIX

ge/1970, tomba 24

2003, nn. 27-39 p. 99, tav. 49, tav. LXXXI 34. Fibula Inv. n. 10407 Descrizione: rivestimento di arco di fibula di forma ovale Materiale: ambra Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh. tra cm 4,4 e 1,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

p 32. Fibula, Verucchio, Museo Civico

p 33. Fibula, Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

ge/1970, tomba 24 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località

Museo Civico Archeologico

183


re longitudinali leggermente convergenti agli estremi. Ai lati dovevano aggiungersi dei segmenti digradanti di raccordo all’arco della fibula Materiale: ambra Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh. tra cm 4,4 e 1,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Le Pegp 34. Fibula, Verucchio, Museo Civico

ge/1970, tomba 24

p 36. Fibula, Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Le Pegge e la necropoli al piede della Roc-

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

Materiale: ambra

ca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh.

2003, nn. 27-39 p. 99, tav. 49, tav. LXXXI

2003, nn. 27-39 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI

tra cm 4,4 e 1,5

35. Fibula

36. Fibula

ge/1970, tomba 24

Inv. n. 10408

Inv. n. 10409

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Descrizione: nucleo di forma ovoidale de-

Descrizione: rivestimento di arco di fibula

Archeologico

corato nella parte mediana da nove solcatu-

di forma romboidale

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn. 27-39 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI 37. Fibula Inv. n. 10412 Descrizione: rivestimento di arco di fibula di forma ovoidale Materiale: ambra Dimensioni: lungh. tra cm 7,1-4,5; largh. tra cm 4,4 e 1,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Le Pegge/1970, tomba 24 Collocazione: Verucchio, Museo Civico p 35. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e

Archeologico

le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio

184

Museo Civico Archeologico


p 37. Fibula, Verucchio, Museo Civico

p 39. Fibula, Verucchio Museo Civico

p 40. Fibula, Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

villanoviana: il sepolcreto in località Le Peg-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

ge e la necropoli al piede della Rocca Mala-

ge/1970, tomba 24

2003, nn. 41-43 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI

testiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn.

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

27-39 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI

Archeologico

40. Fibula

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Inv. n. 10451

38. Passanti rettangolari

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Descrizione: nucleo di fibula a sanguisuga

Inv. n. 10415

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

formato da segmenti digradanti in osso

Descrizione: passanti per collana a sezione

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

con incavi a occhio, a tondo e rettangolari

trapezoidale (13) attraversati sui fianchi da fo-

2003, n. 54 p. 100, tav. 50, tav. LXXX

per l’inserimento delle tarsie in ambra

ri: uno da otto, due da nove, gli altri da dieci

Materiale: bronzo, ambra e osso

Materiale: ambra

39. Fibula

Dimensioni: lungh. cm 8,8; largh. cm 4,5

Dimensioni: lungh. tra cm 4,4 e 5; largh.

Inv. n. 10450

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

tra cm 1,3 e 1,6

Descrizione: nucleo di fibula a sanguisuga

ge/1970, tomba 24

formato da segmenti digradanti in osso

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

con castoni a occhio, a tondo e rettango-

Archeologico

lari per l’inserimento delle tarsie in ambra

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio

Materiale: bronzo, ambra e osso

villanoviana: il sepolcreto in località Le Peg-

Dimensioni: lungh. cm 8,4; largh. cm 4,5

ge e la necropoli al piede della Rocca Mala-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

testiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn.

ge/1970, tomba 24

41-43 p. 99, tav. 50, tav. LXXXI

p 38. Passanti per collana, Verucchio Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico

41. Fibula

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Inv. n. 10452

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Descrizione: nucleo di fibula a sanguisuga

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

formato da segmenti digradanti in osso

Museo Civico Archeologico

185


Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn. 46-49 p. 100, tav. LXXXI 43. Fibula Inv. n. 10454 Descrizione: nucleo di fibula formata da segmenti digradanti in osso con castoni di forma circolare e rettangolare per l’inserimento delle tarsie in ambra Materiale: bronzo, ambra e osso Dimensioni: lungh. cm 3,8; largh. tra cm p 41. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e

3,8 e 2,5

le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Pegge/1970, tomba 24

con castoni circolari e rettangolari per l’in-

Materiale: bronzo, ambra e osso

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

serimento delle tarsie in ambra

Dimensioni: lungh. cm 4; largh. tra cm

Archeologico

Materiale: bronzo, ambra e osso

3,8 e 2,5

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio

Dimensioni: lungh. cm 7,1 e 7,5; largh.

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

villanoviana: il sepolcreto in località Le Peg-

cm 3,8

ge/1970, tomba 24

ge e la necropoli al piede della Rocca Mala-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

testiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn.

ge/1970, tomba 24

Archeologico

46-49 p. 100, tav. LXXXI

p 42. Fibula, Verucchio, Museo Civico

p 43. Fibula, Verucchio, Museo Civico

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn. 44-45 p. 100, tav. 50, tav. LXXXI 42. Fibula Inv. n. 10453 Descrizione: nucleo di fibula formata da segmenti digradanti in osso con castoni di forma circolare e rettangolare per l’inserimento delle tarsie in ambra

186

Museo Civico Archeologico


Dimensioni: lungh. cm 3,8, largh. cm 3,4, alt. cm 2,8 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1972, tomba 13 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomp 44. Fibula, Verucchio, Museo Civico

p 45. Conocchia composita, Verucchio,

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

ba 13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 225 pp. 105-106, tav. XXXIX;

44. Fibule

piatta e fusto a elementi cilindrici solcati

G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il se-

Inv. n. 10455

da gruppi di tre anelli trasversali distan-

polcreto in località Le Pegge e la necro-

Descrizione: nuclei di fibule formate da

ziati

poli al piede della Rocca Malatestiana,

segmenti digradanti in osso con castoni di

Materiale: bronzo e ambra

Roma, G. Bretschneider, 2003, p. 178 n.

forma circolare e rettangolare per l’inseri-

Dimensioni: lungh. cm 16; diam. cm 0.9;

28, tav. 86, tav. CLXVII; Ambre. Traspa-

mento delle tarsie in ambra

alt. testa cm 1 e diam. cm 3,4

renze dall’antico, catalogo della mostra

Materiale: bronzo, ambra e osso

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

Dimensioni: lungh. cm 3,6; largh. tra cm

ge/1970, Tomba 24

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

3,8 e 2,5

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Provenienza: Verucchio, necropoli Le Peg-

Archeologico

no, Electa, 2007, III. 36, p. 137

ge/1970, tomba 24

Stato di conservazione: lacunosa

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Archeologico

chio villanoviana: il sepolcreto in località

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Veruc-

Le Pegge e la necropoli al piede della

chio villanoviana: il sepolcreto in località Le

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretsch-

Pegge e la necropoli al piede della Rocca

neider, 2003, n. 51 p. 100, tav. LXXXI

Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, nn. 46-49 p. 100, tav. LXXXI

46. Fibula Inv. n. 11123

45. Conocchia composita

Descrizione: fibula in bronzo con arco ri-

Inv. n. 151142

vestito da perla centrale in ambra di forma

Descrizione: anima in filo di bronzo, te-

ovoidale

sta a cono rovesciato superiormente

Materiale: bronzo e ambra

p 46. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

187


Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t.,

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

1994, n. 226 p. 106, tav. XXXIX, fig. 63

Archeologico

p. 195; G.V. GENTILI, Verucchio villanovia-

Stato di conservazione: lacunosi

na: il sepolcreto in località Le Pegge e la

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

necropoli al piede della Rocca Malatestia-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba

na, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 29

13, in Il dono delle Eliadi: ambre e orefice-

p. 178, tav. 86, tav. CLXVII; Ambre. Tra-

rie dei principi etruschi di Verucchio, cata-

sparenze dall’antico, catalogo della mo-

logo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15

stra (Napoli, Museo Archeologico Nazio-

ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte,

nale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

s.l., s.n.t., 1994, n. 227 p. 106, tav. XXXIX,

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Saler-

fig. 64 p. 195; G.V. GENTILI, Verucchio villa-

no, Milano, Electa, 2007, III. 37, p. 137

noviana: il sepolcreto in località Le Pegge e

p 47. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

la necropoli al piede della Rocca Malate48. Fibula

stiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n.

Inv. n. 11125

30 p. 178, tav. 86, tav. CLXVII; Ambre. Tra-

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rive-

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

stito da perla centrale a contorno legger-

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

mente romboidale. Alle estremità laterali vi

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

47. Fibula

sono due pomellini mobili

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Inv. n. 11124

Materiale: bronzo e ambra

no, Electa, 2007, III. 38, p. 138

Descrizione: fibula in bronzo con arco ri-

Dimensioni: lungh. cm 5, largh. cm 3,2

vestito da perla centrale in ambra a con-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

49. Conocchia composita

torno romboidale allungato, lascia intrave-

pi/1972, tomba 13

Inv. nn. 11128-11129

dere una laminetta interna decorata con

Descrizione: conocchia con anima in

motivi geometrici

bronzo rivestita da segmenti in ambra. La

Materiale: bronzo e ambra

capocchia è formata da due coni sovrap-

Dimensioni:lungh. cm 4, largh. cm 3,2

posti uniti da sottili elementi anulari, men-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

tre il gambo è costituito da più elementi a

pi/1972, tomba 13

sezione poligonale

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

Materiale: bronzo e ambra

Archeologico

Dimensioni: diam. testa cm 3,5, lungh.

Stato di conservazione: lacunosa

cm 10,5

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba 13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di

188

Museo Civico Archeologico

pi/1972, tomba 13 p 48. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: frammentaria Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.


Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

pi/1972, tomba 13

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

Collocazione: Verucchio, Museo Civico

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Archeologico

1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t.,

Stato di conservazione: lacunoso, man-

1994, n. 230 p. 106, tav. XXXVIII; G.V. GEN-

cano di staffa e ago

TILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in lo-

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

calità Le Pegge e la necropoli al piede della

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

p 49a. Conocchia composita, Verucchio,

2003, n. 33 p. 178, tav. 87, tav. CLXVII; Am-

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazio-

1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t.,

nale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura

1994, n. 231 p. 106, tav. XXXIX; G.V. GENTI-

di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

LI,

no, Electa, 2007, III. 45, p. 138

calità Le Pegge e la necropoli al piede della

Verucchio villanoviana: il sepolcreto in lo-

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

p 49b. Particolare del gambo, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

50. Fibula

2003, n. 34 p. 178, tav. 87, tav. CLXVII; Am-

Inv. n. 11130

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rive-

mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazio-

stito da segmenti decrescenti in osso con

nale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura

castoni circolari e rettangolari per inseri-

di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

menti di tarsie in ambra

no, Electa, 2007, III. 39, p. 138

Materiale: bronzo, ambra e osso Dimensioni: lungh. cm 6,6, largh. cm 4

51. Fibula composita Inv. n. 11131 Descrizione: fibula in bronzo ad arco rivestito da segmenti decrescenti in osso con castoni circolari e rettangolari per inserimenti di tarsie in ambra Materiale: bronzo, ambra e osso Dimensioni: lungh. cm 7,4, largh. cm 3,9 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1972, tomba 13

p 49c. Particolare della capocchia, Verucchio,

p 50. Fibula, Verucchio, Museo Civico

Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa, mancano di staffa e ago Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Museo Civico Archeologico

189


Dimensioni: lungh. cm 5,6, largh. cm 2,4; lungh. cm 6, largh. cm 2,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1972, tomba 13 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunose Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba 13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie p 51. Fibula composita, Verucchio, Museo

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

p 53. Passanti per collana, Verucchio, Museo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, nn. 233-234 p. 106, tav. XXXIX; G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepol-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba

creto in località Le Pegge e la necropoli al pie-

catalogo della mostra (Napoli, Museo Ar-

13, in Il dono delle Eliadi: ambre e orefice-

de della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bret-

cheologico Nazionale, 26 marzo-10 settem-

rie dei principi etruschi di Verucchio, cata-

schneider, 2003, nn. 36-37 p. 178, tav. 87,

bre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Anto-

logo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15

tav. CLXVII; Ambre. Trasparenze dall’antico,

nio Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 41-42,

ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte,

p. 138

MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 232 p. 106, tav. XXXIX; G.V. GENTILI, Verucchio villano-

53. Passanti

viana: il sepolcreto in località Le Pegge e la

Inv. n. 11134

necropoli al piede della Rocca Malatestia-

Descrizione: passanti rettangolari a sezione

na, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 35 p.

trapezoidale, uno con nove e l’altro con dieci

178, tav. 87, tav. CLXVII; Ambre. Traspa-

fori passanti. Si tratta di passanti che distan-

renze dall’antico, catalogo della mostra

ziavano fili di perle

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale,

Materiale: ambra

26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

Dimensioni: lungh. cm 4,5, largh. cm 2,5

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Mila-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

no, Electa, 2007, III. 40, p. 138

pi/1972, tomba 13 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

52. Fibule composite Inv. nn. 11132-11133 Descrizione: fibule in bronzo con arco rivestito da elementi in osso con castoni rettangolari e ad anello per tarsie in ambra Materiale: bronzo, ambra e osso

190

Museo Civico Archeologico

cheologico p 52. Fibule composite, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Stato di conservazione: integri Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba 13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo


della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, La tomba

s.n.t., 1994, n. 235 p. 106, tav. XLI; G.V. GEN-

13, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

TILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in lo-

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

calità Le Pegge e la necropoli al piede della

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

2003, n. 38 p. 178, tav. 87, tav. CLXVII; Am-

s.n.t., 1994, n. 236 p. 106, tav. XLI; G.V. GEN-

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

TILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in lo-

mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazio-

calità Le Pegge e la necropoli al piede della

nale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider,

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano,

2003, n. 39 p. 178, tav. 87, tav. CLXVII; Am-

Electa, 2007, III. 43, p. 138

bre. Trasparenze dall’antico, catalogo della

p 55. Passanti per collana, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazio-

s.n.t., 1994, n. 518 p. 160, tav. LX; G.V. GEN-

54. Orecchini

nale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di

TILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in lo-

Inv. nn. 11135-11136

Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano,

calità Le Pegge e la necropoli al piede della

Descrizione: pendenti di orecchini a disco in

Electa, 2007, III. 43, p. 138

Rocca Malatestiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 14 p. 196, tav. CLXXIX; Ambre. Tra-

ambra con sezione romboidale Materiale: ambra

55. Passanti

sparenze dall’antico, catalogo della mostra

Dimensioni: diam. cm 4,8 e cm 4,7

Inv. n. 11266

(Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Descrizione: dieci passanti rettangolari a se-

marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria

pi/1972, tomba 13

zione trapezoidale con fori passanti. Si tratta

Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa,

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

di elementi per collana utilizzati per distanzia-

2007, III. 47, p. 141

cheologico

re i fili di perle

Stato di conservazione: lacunosi

Materiale: ambra

56. Passanti

Dimensioni: lungh. cm 2,2-4

Inv. n. 11267

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Descrizione: dieci passanti rettangolari a se-

pi/1972, tomba 20

zione trapezoidale con fori passanti. Si tratta

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

di elementi per collana utilizzati per distanzia-

cheologico

re i fili di perle

Stato di conservazione: quattro integri,

Materiale: ambra

due ricomposti e altri lacunosi

Dimensioni: lungh. cm 2,2-4

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

pi/1972, tomba 20

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

cheologico

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

Stato di conservazione: quattro integri,

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

due ricomposti e altri lacunosi

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

p 54. Orecchini, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

191


Stato di conservazione: alcuni integri, altri frammentari Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della p 56. Passanti per collana, Verucchio, Museo

mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994),

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 520 p. 160, tav. LX; G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge e la necropoli al piede della Rocca Mala-

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

testiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 16

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra,

p. 196, tav. CLXXX; Ambre. Trasparenze dal-

in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei

l’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

principi etruschi di Verucchio, catalogo della

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settem-

mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994),

bre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio

a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t.,

Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 46, p. 141

1994, n. 519 p. 160, tav. LX; G.V. GENTILI, Ve-

p 57. Vaghi di collana, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

s.n.t., 1994, n. 533 p. 161, tav. LXI, fig. 81 p.

rucchio villanoviana: il sepolcreto in località Le

58. Fibula

201; G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il se-

Pegge e la necropoli al piede della Rocca Mala-

Inv. n. 11392

polcreto in località Le Pegge e la necropoli al

testiana, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 15

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rivesti-

piede della Rocca Malatestiana, Roma, G.

p. 196, tav. CLXXIX; Ambre. Trasparenze dal-

to da un nucleo cilindroide in ambra sormon-

Bretschneider, 2003, n. 30 p. 211, tav. CXCI

l’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

tato da due ocherelle divergenti

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settem-

Materiale: ambra

59. Perle

bre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio

Dimensioni: lungh. cm 3,8, alt. cm 2,7

Inv. n. 11455

Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 47, p. 141

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Descrizione: nucleo di perle cilindriche pro-

pi/1972, tomba 27

babilmente utilizzate per ricamare le vesti

57. Vaghi di collana

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

Materiale: ambra

Inv. nn. 11273-11274

cheologico

Dimensioni: diam. medio cm 0,3

Descrizione: vaghi fusiformi di grandezza

Stato di conservazione: lacunosa, manca-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

decrescente

no staffa e ago

pi/1972, tomba 31

Materiale: ambra

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

Dimensioni: cm 2, 2-4

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

cheologico

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

Stato di conservazione: lacunose

pi/1972, tomba 20

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

cheologico

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

192

Museo Civico Archeologico


p 60. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa p 58. Fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e orefice-

CA-SAER, s.n.t., 1994, n. 540 p. 161, tav.

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

rie dei principi etruschi di Verucchio, catalo-

LXI; G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il se-

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

go della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ot-

polcreto in località Le Pegge e la necropoli al

1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t.,

tobre 1994), a cura di Maurizio Forte, MB-

piede della Rocca Malatestiana, Roma, G.

1994, n. 53 p. 74, fig 48-49 p. 191, tav. XIX;

Bretschneider, 2003, n. 23 p. 218, tav. CXC-

G.V. GENTILI, Verucchio villanoviana: il sepol-

VII; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalo-

creto in località Le Pegge e la necropoli al pie-

go della mostra (Napoli, Museo Archeologi-

de della Rocca Malatestiana, Roma, G. Bret-

co Nazionale, 26 marzo-10 settembre

schneider, 2003, n. 51 p. 241, tav. CCXV

2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 50, p. 142

61. Fibula composita Inv. n. 13404

p 59. Perle, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

60. Fibula

Descrizione: fibula con arco serpeggiante in

Inv. n. 11682

bronzo rivestito da segmenti in ambra deco-

Descrizione: fibula con arco rivestito da seg-

rati con dischetti contornati da forellini e fer-

menti di osso digradanti con intagli rettango-

mati da un globetto

lari a crocetta e a T per tarsie in ambra

Materiale: ambra, osso e bronzo

Materiale: bronzo, ambra e osso

Dimensioni: alt. cm 5; lungh. cm 9,5; largh.

Dimensioni: lungh. cm 6,4; spess. cm 2,7

cm 3,6

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

pi/1972, tomba 47

pi/1972, tomba 85

Museo Civico Archeologico

193


von Eles, Firenze, All’insegna del Giglio, 2002, p. 174, tav. XVII,3 (Quaderni di Archeologia dell’Emilia-Romagna, 6) 63. Fibula Inv. n. 138148 Descrizione: arco serpeggiante di fibula composito con elementi in ambra decorati a p 61. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 62. Bottoncini, Verucchio, Museo Civico

rilievo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Materiale: ambra e bronzo Dimensioni: lungh. cm 4,5 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1988, tomba A

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

cheologico

cheologico

cheologico

Stato di conservazione: manca parte dell’a-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio

Stato di conservazione: lacunosa

go

villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

Datazione: primi del VII sec.a.C.

e la necropoli al piede della Rocca Malatestia-

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Verucchio

na, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 6 p.

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

villanoviana: il sepolcreto in località Le Pegge

302, tav. CCLXXV; Guerriero e sacerdote.

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

e la necropoli al piede della Rocca Malatestia-

Autorità e comunità a Verucchio nell’età del

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 otto-

na, Roma, G. Bretschneider, 2003, n. 13 p.

ferro. La Tomba del Trono, a cura di Patrizia

bre 1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-

286, tav. 130, tav. CCLIX; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.51, p. 143 62. Bottoncini Inv. n. 13827 Descrizione: nell’insieme almeno 145 bottoncini conici di ambra di dimensioni diverse, con fori passanti a ‘V’ e tre piccoli cilindri perforati Materiale: ambra Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

p 63. Arco di fibula, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i

pi/1972, tomba 89

Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

194

Museo Civico Archeologico


SAER, s.n.t., 1994, n. 631 p. 171, figg. 118-

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

199 p. 212; Guerrieri, principi ed eroi fra il

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

Danubio e il Po dalla preistoria all’alto Me-

s.n.t., 1994, n. 633 p. 171; Guerrieri, principi

dioevo, catalogo della mostra, a cura di Fran-

ed eroi fra il Danubio e il Po dalla preistoria al-

co Marzatico, Paul Gleirscher, Trento, Provin-

l’alto Medioevo, catalogo della mostra, a cu-

cia autonoma, Castello del Buonconsiglio,

ra di Franco Marzatico, Paul Gleirscher, Tren-

Monumenti e collezioni provinciali, 2004, n.

to, Provincia autonoma, Castello del Buon-

363 pp. 605-606

consiglio, Monumenti e collezioni provinciali, 2004, pp. 605-606

64. Fibula ad arco serpeggiante Inv. n. 138149

p 65. Fibula ad arco serpeggiante,

66. Fibula ad arco serpeggiante

Descrizione: resta la parte superiore dell’ar-

Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Inv. n. 138151

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t., 1994, n.

bastoncello trasversale terminante a dischetti

pi/1988, tomba A

632 p. 172; Guerrieri, principi ed eroi fra il Da-

Materiale: bronzo e ambra

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

nubio e il Po dalla preistoria all’alto Medioevo,

Dimensioni: lungh. cm 10

cheologico

catalogo della mostra, a cura di Franco Marza-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

tico, Paul Gleirscher, Trento, Provincia autono-

pi/1988, tomba F

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra,

ma, Castello del Buonconsiglio, Monumenti e

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei

collezioni provinciali, 2004, pp. 605-606

cheologico

co formata da cilindretti in ambra Materiale: bronzo e ambra Dimensioni: lungh. cm 3,4

principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994),

Descrizione: formata da un filo in bronzo rivestito da cilindretti in ambra con scanalature longitudinali lungo tutto l’arco. Presenta un

Stato di conservazione: lacunosa 65. Fibula ad arco serpeggiante

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

Inv. n. 138150

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

Descrizione: fibula simile alla precedente di

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

dimensioni più piccole Materiale: bronzo e ambra Dimensioni: lungh. cm 2,2 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1988, tomba A Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico p 64. Fibula ad arco serpeggiante, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Stato di conservazione: frammentaria Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mostra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

p 66. Fibula ad arco serpeggiante, Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Museo Civico Archeologico

195


dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

1994), a cura di Maurizio Forte, s.l., s.n.t.,

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

1994, n. 634 p. 171, figg. 120-121 p. 213;

s.n.t., 1994, n. 635 p. 171, fig. 122 p. 213.

Guerrieri, principi ed eroi fra il Danubio e il Po dalla preistoria all’alto Medioevo, catalogo

68. Bottoni conici

della mostra, a cura di Franco Marzatico, Paul

Inv. nn. 138153-138154

Gleirscher, Trento, Provincia autonoma, Ca-

Descrizione: sono formati da due elementi

stello del Buonconsiglio, Monumenti e colle-

in avorio discoidali aggettanti. Il disco in bas-

zioni provinciali, 2004, n. 363 pp. 605-606

so ha una decorazione a linee oblique e la parte centrale è in ambra. L’altro è frammen-

p 69. Gancio, Verucchio, Museo Civico

67. Disco

tario, ma simile al precedente

Inv. n. 138152

Materiale: avorio e ambra

Descrizione: presenta una faccia piana e

Dimensioni: diam. cm 2,9, alt. cm 1,7; diam.

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

una leggermente convessa. I bordi sono rial-

cm 2,8, alt. cm 1,4

zati e presentano 11 forellini

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Materiale: ambra

pi/1988, tomba A

s.n.t., 1994, nn. 636-637 p. 171, figg. 123-

Dimensioni: diam. cm 4,3

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

124 pp. 213-214

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

cheologico

pi/1988, tomba A

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

69. Gancio di cintura

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

Inv. n. 138155

cheologico

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

Descrizione: gancio costituito da due paral-

Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI,

dei principi etruschi di Verucchio, catalogo

lelepipedi che nella faccia principale presen-

GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre

tano inserti in ambra

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie

1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER,

Materiale: avorio e ambra Dimensioni: largh. cm 5,9, alt. cm 5,3, spess. cm 1,3 Provenienza: Verucchio, necropoli Lippi/1988, tomba A Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Bibliografia: GIOVANNA BERMOND MONTANARI, GINO VINICIO GENTILI, Gli altri reperti della mo-

p 67. Disco in ambra per decorare tessuti,

p 68. Bottoni conici, Verucchio, Museo Civico

Verucchio, Museo Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

196

Museo Civico Archeologico

stra, in Il dono delle Eliadi: ambre e oreficerie dei principi etruschi di Verucchio, catalogo della mostra (Verucchio, 16 luglio-15 ottobre 1994), a cura di Maurizio Forte, MBCA-SAER, s.n.t., 1994, n. 638 p. 171, fig. 125 p. 214


71. Fibula composita

72. Fibula composita

Inv. n. 139302

Inv. n. 139203

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rive-

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rivesti-

stito con tre segmenti centrali digradanti in

to con tre segmenti centrali digradanti in os-

osso con castoni e tarsie rettangolari e cir-

so con castoni e tarsie rettangolari e circolari

colari in ambra e due segmenti in ambra a

in ambra e due segmenti in ambra a ciascuna

ciascuna estremità. Tutti i segmenti sono

estremità. Tutti i segmenti sono separati da

separati da sottili dischetti in osso

sottili dischetti in osso

Materiale: bronzo, ambra e osso

Materiale: bronzo, ambra e osso

Dimensioni: lungh. cm 10, largh. cm 3,7,

Dimensioni: lungh. cm 9,2, largh. cm 3,5,

p 70. Fibula composita, Verucchio, Museo

spess. cm 3,5

spess. cm 3,3

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

Provenienza: Verucchio, necropoli Lip-

pi/2005, tomba 23

pi/2005, tomba 23

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

Collocazione: Verucchio, Museo Civico Ar-

cheologico

cheologico

Stato di conservazione: lacunosa

Stato di conservazione: lacunosa

70. Fibula composita

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C.

Inv. n. 139264

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Bibliografia: Ambre. Trasparenze dall’an-

Descrizione: fibula in bronzo ad arco rivesti-

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

tico, catalogo della mostra (Napoli, Museo

to di segmenti decrescenti in ambra alternati

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 set-

a dischi in osso

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

tembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava,

Materiale: bronzo e ambra

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.

Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III.

Dimensioni: lungh. cm 5,1; largh. cm 3,7

49, p. 141

48, p. 141

p 71. Fibula composita, Verucchio, Museo

p 72. Fibula composita, Verucchio, Museo

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Civico Archeologico (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna).

Provenienza: Verucchio, necropoli Moroni/1969, tomba 11 Collocazione: Verucchio, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: lacunosa Datazione: fine VIII-inizi VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villanoviano verucchiese nella Romagna orientale ed il sepolcreto Moroni, in Studi e documenti di archeologia, Bologna, Nuova Alfa, 1985, pp. 473-475; Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, III. 52, p. 143

Museo Civico Archeologico

197


Museo Civico del Belriguardo

c/o Castello di Belriguardo

compone di numerosi ambienti e che era

Via Provinciale

fiancheggiato da una strada. Dall’edificio,

44019 Voghiera (FE)

costruito secondo una tipologia docu-

Tel. 0532 328511

mentata anche altrove e rappresentata

Fax 0532 818030

dall’alzato in materiali lignei e argilla su

cultura@comune.voghiera.fe.it

zoccolo di laterizio, provengono oggetti

www.comune.voghiera.fe.it

del tutto particolari quali il diploma classiario di Lucio Bennio Beuza e altri manu-

Il Museo espone, dal 1993, i corredi sepol-

fatti di bronzo, oltre che una cospicua va-

crali ritrovati nella necropoli monumentale

rietà di vasi.

di età romana (I-III sec. d.C.) riportata in lu-

Un gruppo di inumazioni in fosse terragne

ce dagli scavi condotti dalla Soprintenden-

e una grande fornace per laterizi presenti

za per i Beni Archeologici dell’Emilia-Ro-

anch’essi nel ‘fondo tesoro’ connotano poi

magna ai margini dell’attuale centro di Vo-

quest’ultimo come area sepolcrale gravi-

ghenza. Con gli oggetti prevalentemente

tante in periodo altomedievale verso la vi-

fittili e di vetro provenienti dalle 67 tombe

cina chiesa e come area produttiva in età

figurano anche le epigrafi che, per alcune,

presumibilmente rinascimentale.

ne segnalavano l’ubicazione e che, sulla

Nel Museo del Belriguardo, oltre agli og-

base del dato onomastico, consentono di

getti ritrovati nelle tombe altomedievali te-

gettar luce sulla struttura sociale dell’anti-

sté menzionate, è inoltre visibile uno speci-

co insediamento.

men delle produzioni fittili rinascimentali

Nel 1998, il Museo si è arricchito di ulte-

provenienti dal territorio e una collezione

riori sezioni, in cui è confluita parte dei re-

archeologica donata da un privato.

perti ritrovati nel cosiddetto ‘fondo teso-

Fede Berti

ro’ e nel territorio. Se questi ultimi sono il frutto di ritrovamenti casuali, i primi pro-

Riferimenti bibliografici

vengono da campagne di scavo condotte

Voghenza. Una necropoli di età romana nel territorio ferrarese, Ferrara, ed. Tipografia Artigiana, 1984. DANIELA BALDONI, Una collezione archeologica nel Museo di Belriguardo, Ferrara, Liberty House, 1989.

tra il 1984 e il 1988 nell’area che corrisponde presumibilmente all’abitato romano. Vi sono stati ritrovati infatti i resti di un edificio privato (una domus?) che si

198

Museo Civico del Belriguardo

MARIA BOLLINI, Alcune note sul diploma della flotta di Ravenna, in Novedades de Epigrafia Juridica Romana. En ultimo decenio. Actas del Coloquio Internactional A.I.E.G.L., a cura di Carmen Castillo, Pamplona, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Navarra, 1989, pp. 153-161. D. PUPILLO, Diffusione di modelli culturali: la stele di Ulpia Atenaide da Voghenza, «Musei Ferraresi», 17, 1990/1991, pp. 43-50. La necropoli altomedievale di Voghenza. Studio antropologico multidisciplinare, «Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara», supplemento al vol. 68, a.a. 1990-1991, Ferrara 1992. OTTORINO BACILIERI, Storia archeologica di Voghenza e del suo territorio, Ferrara, Arstudio, 1994. Uno sguardo sul passato. Archeologia nel Ferrarese, catalogo della mostra, a cura di Fede Berti, Firenze, All’insegna del giglio, 1995. La raccolta archeologica nella Delizia di Belriguardo. Nuovi studi, Atti del convegno archeologico (Voghiera, giugno 1998), Ferrara, Arstudio, 1998. D. PUPILLO, Ferrara cum agro, «Supplementa italica», n.s., 17, 1999, pp. 121-205. FEDE BERTI, Piccoli bronzi di età romana da Voghenza, in Commerci e produzione in età antica nella facsia costiera fra Ravenna e Adria, «Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferrara», supplemento al vol. 78, a.a. 2000-2001, Ferrara 2001, pp. 81-105. Studi di antichità e di archeologia voghentine, «Atti dell’Accademia delle Scienze di Ferra-


ra», supplemento al vol. 83, a.a. 2005-2006, Ferrara 2006, in particolare gli articoli di: - D. CASTALDO, La “tromba” bronzea di Castaldo, pp. 7-9; - FEDE BERTI, Nuove considerazioni sulla cronologia (e funzione) dell’edificio romano in Voghenza, pp. 25-63; - ANNA LINA MORELLI, I materiali numismatici, pp. 65-83.

Collocazione: esposti nel Museo Civico

1979, coll. 313-327, coll. 313-322, figg. 1-

del Belriguardo

4; F. BERTI, La necropoli romana di Voghen-

Stato di conservazione: buono

za, in Voghenza. Una necropoli di età ro-

Datazione: scorcio del I d.C.

mana nel territorio ferrarese, Ferrara, ed.

Bibliografia: FEDE BERTI, Recenti acquisizio-

Tipografia Artigiana, 1984, pp. 127-129,

ni di ambre nel Museo Archeologico Na-

fig. 68

zionale di Ferrara, «Aquileia nostra», L,

F.B.

CATALOGO

1. Elementi di collana (?) Inv. Museo Archeologico Nazionale di Ferrara n. 45140 Tipologia: probabili elementi di collana Descrizione: 30 elementi sagomati in forma di testina con berretto frigio, di personaggi ammantati (cinque), di animali quali volatili (tre), colombi (due), un bucranio, lepri (tre), un crostaceo, un granchio, un delfino, un cane, una tartaruga, una capretta, uno scoiattolo, frutti (quattro); vi sono inoltre un vago rismatico e uno ellissoidale Materiale: ambra rossa trasparente e gialla opaca Dimensioni: dimensioni variabili a seconda delle forme e dei soggetti (2-37 mm) Provenienza: tomba 37. Inumazione di adolescente in cassa formata da semisequipedali e coperta da tegole, quattro delle quali con bolli degli imperatori Tiberio e Nerone, e databile alla fine I sec. d.C. in base al dato numismatico (asse di Domiziano del 92-96 d.C.). Il corredo si compo-

p 1. Elementi di collana (?) sagomati, tomba 37, fine I sec. d.C., Voghiera, Museo Civico

ne di un incensiere e di una lucerna a ca-

del Belriguardo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

nale aperto

Museo Civico del Belriguardo

199


2. Anelli configurati

Materiale: a - ambra opaca con striature

Inv. Museo Archeologico Nazionale

gialle; b - ambra rossa opaca

Nazionale di Ferrara, «Aquileia nostra», L, 1979, coll. 322-326, figg. 5-9; F. BERTI, La

di Ferrara, nn. a - 45181; b - 45182

Dimensioni: diam. a - 22 mm; b - 47 mm

necropoli romana di Voghenza, in Vo-

Tipologia: coppia di anelli digitali confi-

Provenienza: tomba 58. Cremazione di-

ghenza. Una necropoli di età romana nel

gurati

retta in fossa terragna. Il corredo è com-

territorio ferrarese, Ferrara, ed. Tipografia

Descrizione: a - l’anello è a torciglione. Il

posto da uno svariato numero di incen-

Artigiana, 1984, pp. 155-159, figg. 93, 94

castone è costituito da una testa femmini-

sieri e di lucerne a disco variamente con-

F.B.

le con elaborata acconciatura formata da

figurate, da una coppa in argilla grigia e

trecce multiple che si sovrappongono for-

da una moneta non leggibile. Uno spillo-

3. ‘Scettro’

mando una sorta di corona sulla fronte e

ne e due aghi d’osso, assieme agli anelli

Inv. Museo Archeologico Nazionale

raccogliendosi sulla sommità del capo. Ve-

in ambra, connotano la sepoltura come

di Ferrara n. 46333

ste panneggiata; b - vi sono rappresentati

femminile

Tipologia: ‘scettro’

una Nike che indossa una corta veste, un

Collocazione: la coppia di anelli è esposta

Descrizione: è costituito di due parti. La

erote che conduce al passo due cavalli ag-

nel Museo Civico del Belriguardo

prima, irrigidita da un sottile perno metal-

giogati a un carro e una coppia di eroti, di-

Stato di conservazione: buono

lico, è formata da grani cilindrici, di irrego-

sposti l’uno contro i piedi dell’altro, i qua-

Datazione: età adrianea

lare lunghezza, e presenta grani lenticolari

li sorreggono rispettivamente una corona

Bibliografia: FEDE BERTI, Recenti acquisi-

decorati da incisioni concentriche. A una

e una palma

zioni di ambre nel Museo Archeologico

delle estremità figura un breve terminale sagomato. L’altra parte si compone di 32 perle cilindriche irregolari con tre lenticolari, due alle estremità e una mediana Materiale: ambra rossa, opaca Dimensioni: lungh. della parte rigida 20 cm Provenienza: tomba 23. Cremazione diretta con copertura alla cappuccina, databile verso la metà del II sec. d.C. sulla base del dato numismatico. Il corredo è infatti è costituto da tre assi di Adriano (rispettivamente degli anni 118-122, 134-138, 117-138) e da un dupondio o asse di Antonino Pio a nome di Faustina I (post 141 d.C.), da quattro vasetti a pareti sottili, un incensiere, numerosissime lucerne a disco variamente de-

p 2a. Anello a torciglione, tomba 58, età

p 2b. Anello con castone a forma di testa

corate, due balsamari a bulbo di vetro. La

adrianea, Voghiera, Museo Civico del Belriguardo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

femminile tomba 58, età adrianea, Voghiera, Museo Civico del Belriguardo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

sepoltura era di individuo di sesso femmini-

200

Museo Civico del Belriguardo

le, come indica la presenza di una perla di pasta vitrea e di alcune laminette d’oro probabilmente cucite sulla veste o sul velo


II sec. d.C sulla base del dato numismatico, offerto da due assi di Antonino Pio risalenti rispettivamente agli anni 138-139 e 138161 d.C. Tale datazione è comprovata dal nome dell’imperatore impresso anche su tre dei mattoni messi in opera nella cassa. Compongono il corredo un vasetto a pareti sottili e una olletta di vetro, un cofanetto di legno rivestito esternamente con fogli di pergamena (sono conservate le borchie, parti delle catenelle di sospensione e la serratura in metallo) e piccoli manufatti in osso (aghi e spilloni, una spatolina, dischetti forati). Ornap 3. Scettro, tomba 23, 141 d.C., Voghiera, Museo Civico del Belriguardo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

menti quali un anellino d’oro e due perline prismatiche connotano il sesso della defunta Collocazione: esposte nel Museo Civico del Belriguardo

Collocazione: esposto nel Museo Civico

cucchiaio incavato, tondeggiante, inciso in

Stato di conservazione: buono

del Belriguardo

senso longitudinale; b - di forma è analo-

Datazione: metà ca. del II sec. d.C.

Stato di conservazione: buono

ga alla precedente ma con impugnatura

Bibliografia: FEDE BERTI, La necropoli ro-

Datazione: attorno al 141 d.C.

non lavorata

mana di Voghenza, in Voghenza. Una ne-

Bibliografia: FEDE BERTI, La necropoli ro-

Materiale: ambra rossa trasparente

cropoli di età romana nel territorio ferrare-

mana di Voghenza, in Voghenza. Una ne-

Dimensioni: lungh. a - 16,7 cm; b - 12,2 cm

se, Ferrara, ed. Tipografia Artigiana, 1984,

cropoli di età romana nel territorio ferrare-

Provenienza: tomba 45. La cremazione in

pp. 138-141, fig. 83 e tav. 29

se, Ferrara, ed. Tipografia Artigiana, 1984,

cassa laterizia è databile alla metà circa del

F.B.

pp. 106-110, tav. XXIV F.B. 4. Spatole Inv. del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, nn. a - 46479; b 46480 Tipologia: coppia di spatole Descrizione: a - l’impugnatura è ritorta, il

p 4. Coppia di spatole, tomba 45, metà del II sec. d.C. ca., Voghiera, Museo Civico del Belriguardo (su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, foto Costantino Ferlauto).

Museo Civico del Belriguardo

201



Altre collezioni



Seminario Vescovile di Bedonia, Museo di Storia Naturale

Via don Stefano Raffi, 30

tura (biblioteche, musei, osservatorio

gioni e ore del giorno differenti. Il Museo

43041 Bedonia (PR)

astronomico, stazione meteorologica).

ospita un frammento di ambra geologica,

Tel. 0525 824420-824621

La raccolta del Museo di Storia Naturale si

proveniente da Santo Domingo, che pre-

Fax 0525 820004

deve a monsignor Silvio Ferrari, economo

senta varie inclusioni di colore scuro non

seminariobedonia@provincia.parma.it

del Seminario e insegnante di scienze, e

meglio identificabili.

www.unitapastoralealtavaltaro-ceno.it

ospita la collezione mineralogica, malacologica e zoologica dedicata ai Vertebrati.

L’edificio che ospita il Seminario fu inaugu-

Vi è inoltre una ricostruzione del ‘gabinet-

rato nel 1846 ad opera di don Agazzi e

to del naturalista di fine secolo’, omaggio

dell’arciprete di Bedonia, don Stefano Raf-

alla figura del naturalista ottocentesco,

fi, per fornire una sede consona alla scuo-

pioniere nella ricerca del sapere naturalisti-

la cattolica che già sorgeva in paese e che

co. La seconda sala del Museo è dedicata

raccoglieva numerosi giovani delle vicine

agli ambienti naturali dell’alta valle del Ta-

valli. Nel 1981 cessa l’attività di insegna-

ro dove gli esemplari sono presentati co-

mento e il Seminario diventa punto d’in-

me parte di un ecosistema. Vi sono inoltre

contro e formazione gruppi, luogo di in-

quattro diorami che raffigurano la fagge-

contri culturali (Centro studi Cardinal Ca-

ta, il castagneto, la siepe e il fiume e ri-

p Frammento di ambra, Bedonia, Seminario

saroli, sala convegni) e luogo di studi e cul-

producono scorci reali della vallata, in sta-

Vescovile, Museo di Storia Naturale.

Seminario Vescovile di Bedonia, Museo di Storia Naturale

205


Museo Civico Medievale

Via Manzoni, 4

dedicata agli avori gotici di manifattura fran-

Provenienza: area mesoamericana (Colle-

40121 Bologna

cese e del Rinascimento e Barocco italiani, ai

zione Cospi, 1667-1680: 19).

Tel. 051 2193916-2193930

vetri di Murano, alle armi, alle testimonianze

Collocazione: Bologna, Museo Civico Me-

Fax 051 232312

della corte bentivolesca tra cui lo stocco di Lu-

dievale

museiarteantica@comune.bologna.it

dovico Bentivoglio, il corno bentivolesco, la

Stato di conservazione: mancano l’apice

www.comune.bologna.it/iperbole/

coppia di fiasche. Un’ampia sezione è dedi-

del ciuffo sulla sommità della testa e la par-

MuseiCivici

cata alla scultura bolognese in bronzo rinasci-

te terminale delle zampe

mentale e barocco (modello per il Nettuno

Datazione: cultura tardo azteca, XVI sec.

Il Museo Civico Medievale di Bologna ha se-

del Gianbologna, San Michele Arcangelo del-

Bibliografia: LAURA LAURENCICH MINELLI, ALES-

de dal 1985 presso il quattrocentesco Palaz-

l’Algardi, busto di Gregorio XV Ludovisi del

SANDRA

zo Ghisilardi, una delle testimonianze più rile-

Bernini), oltre che all’arte della miniatura rap-

oggetti americani ancora a Bologna, «Il Car-

vanti dell’architettura dell’età dei Bentivoglio.

presentata da una rassegna di celebri corali,

robbio», 7, 1981, pp. 220-229; L. LAURENCI-

Conserva opere provenienti dalla WUN-

da libri liturgici (XIII-XIV) e dagli statuti delle

CH

DERKAMMER del marchese Cospi, summa di mi-

società delle arti e delle corporazioni.

lezione Cospi, estratto da «Atti e memorie

rabilia naturali e artificiali tra i quali lo splen-

FILIPETTI, Il Museo cospiano e alcuni

MINELLI, Dispersione e recupero della col-

della Deputazione di storia patria per le pro-

dido uccellino in ambra proveniente dall’area

Riferimenti bibliografici

vince di Romagna», n.s., 33, 1982, Bologna,

mesoamericana; dalla raccolta del generale

Introduzione al Museo Civico Medievale. Palazzo Ghisilardi-Fava, Bologna, Comune, 1985. Palazzo Ghisilardi. Il sogno rinascimentale di un notaio bolognese, Ferrara, Edisai, 2004.

1983, pp. 207-226; Terra Ameriga: il mondo

Marsili, composta soprattutto da armi, e dal fondo Palagi (1860). Il nucleo più rilevante del Museo è costituito dalle testimonianze della vita civica bolognese dall’altomedioevo (VII-IX) al XIV secolo, rappresentato da una

nuovo nelle collezioni emiliano-romagnole, a cura di L. Laurencich Minelli, Bologna, Grafis, 1992, scheda n. 29 p. 137

CATALOGO

ricca collezioni di oggetti e opere d’arte, tra le

1. Uccellino in ambra

quali si segnalano in questa sede la statua di

Inv. n. 1907

Bonifacio VIII (1301) e il piviale di manifattura

Descrizione: ottenuto mediante lavorazione

inglese con Storie della Vita di Cristo e della

a tutto tondo, con foro passante nel becco e

Vergine (inizi sec. XIV). Alle collezioni si ag-

fra le zampe forse per inserirlo su di un sup-

giunge la serie delle arche dei Dottori dello

porto. È citato solo nell’ultimo inventario sei-

Studio, tra gli esempi più pregevoli della scul-

centesco del Museo Cospiano

tura funeraria tra XIII e XV secolo fiorita nella

Dimensioni: lungh. max cm 8,2; alt. max

p 1. Uccellino in ambra, Bologna, Museo

città universitaria. Una sezione del museo è

cm 2,5; diam. max cm 1,8

Civico Medievale (foto Riccardo Vlahov).

206

Museo Civico Medievale


Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’

c/o Palazzo Piella

e la sua storia fino all’epoca moderna. A

Corso Martiri, 204

conclusione dell’esposizione vi sono due

Castelfranco Emilia (MO)

plastici ricostruttivi: uno rappresenta la

Tel. 059 959367

successione stratigrafica relativa alla co-

Fax 059 959366

struzione della via Aemilia, l’altro mostra

museocivico@comune.castelfranco-

una tomba a pozzetto di epoca villanovia-

emilia.mo.it

na completa di corredo funerario.

www.comune.castelfranco-emilia.mo.it Il Museo Civico Archeologico di Castel-

CATALOGO p 1. Fibula, Castelfranco Emilia, Museo

franco Emilia conserva reperti in bronzo,

Civico Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, IBC).

ceramica e osso dell’Età del Bronzo e del

1. Fibula (Tovoli 100 A)

Ferro e di epoca romana, oltre a ceramiche

Inv. n. 128858

decorate medievali-rinascimentali. La col-

Descrizione: fibula ad arco semplice leg-

lezione offre al visitatore uno spaccato

germente ribassato, con spirali fermaperle

54; Guida al Museo Civico Archeologico

della storia di Castelfranco Emilia dall’epo-

sulla staffa e rivestito con perle in ambra e

di Castelfranco Emilia, a cura di Luca Ce-

ca pre-protostorica fino alla fondazione

pasta vitrea scura, molla a doppio avvolgi-

sari, Diana Neri, Comune di Castelfranco

del Borgo Franco nel XIII secolo d.C.

mento, staffa breve simmetrica

Emilia, 2006, p. 69

Dai reperti provenienti dal territorio data-

Materiale: bronzo, ambra, pasta vitrea

bili all’Età del Bronzo si passa a quelli del-

Dimensioni: lungh. cm 3,4; spessore arco

2. Fibula

l’Età del Ferro provenienti dallo scavo del-

cm 0,2

Inv. n. 128827

la necropoli e dell’abitato al ‘Galoppa-

Provenienza: Castelfranco Emilia, tom-

Descrizione: fibula in bronzo ad arco ri-

toio’. Fra questi sono esposti due fibule e

ba 22

bassato in verghetta a sezione rettangolare,

uno spillone in bronzo e ambra. Alla se-

Collocazione: Castelfranco Emilia, Museo

rivestito con un grande vago in ambra a se-

conda Età del Ferro risalgono invece i re-

Civico Archeologico

zione circolare e pareti laterali oblique, ai

perti provenienti dal villaggio etrusco-cel-

Stato di conservazione: integro

cui lati si trovano due sottilissimi vaghi cir-

tico del ‘Forte Urbano’. L’età romana è te-

Datazione: X-VIII sec. a.C.

colari in osso. Manca di staffa e ardiglione

stimoniata da epigrafi, un cippo miliario e

Bibliografia: LUIGI MALNATI, DIANA NERI, La

Materiale: bronzo, ambra, osso

materiali provenienti da alcune necropoli.

necropoli e l’abitato villanoviano “Al Ga-

Dimensioni: lungh. cm 3,8; spessore arco

Il percorso espositivo si conclude con la

loppatoio” di Castelfranco Emilia, Firen-

0,12; diametro vago in ambra 1,4; lar-

nascita del Borgo Franco (XIII secolo d.C.)

ze, All’Insegna del Giglio, 2001, pp. 51-

ghezza massima vago in bronzo 0,9

Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’

207


p 2. Fibula ad arco ribassato, Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, IBC).

3. Spillone

Collocazione: Castelfranco Emilia, Museo

Inv. n. 128836

Civico Archeologico

Descrizione: spillone in bronzo a sezione

Stato di conservazione: integro, vago in

circolare, con capocchia decorata da due

ambra leggermente fessurato

serie distanziate di spiraline tra le quali è

Datazione: VIII sec. a.C.

infilato un vago in ambra

Bibliografia: Guida al Museo Civico Ar-

Materiale: bronzo e ambra

cheologico di Castelfranco Emilia, a cura di

Dimensioni: lunghezza 12.7 cm; spessore

Luca Cesari, Diana Neri, Comune di Ca-

0.2 cm

stelfranco Emilia, 2006, p. 68

Provenienza: Castelfranco Emilia, tomba 20 B

Provenienza: Castelfranco Emilia, tomba 10 Collocazione: Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico Stato di conservazione: mutilo. mancante di staffa ed ardiglione; vaghi in osso leggermente sfaldati; vago in ambra con scheggiature e fratturazioni

u 3. Spillone,

Datazione: VIII sec. a.C.

Castelfranco Emilia, Museo Civico Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

Bibliografia: Guida al Museo Civico Archeologico di Castelfranco Emilia, a cura di Luca Cesari, Diana Neri, Comune di Castelfranco Emilia, 2006, p. 67

208

Museo Civico Archeologico ‘Anton Celeste Simonini’


Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea

Corso Garibaldi, 2

CATALOGO

48018 Faenza (RA) Tel. 0546 691710-700

1. Bastone

www.sistemamusei.ra.it

Descrizione: bastone da passeggio composto da una canna con anello alla base in

Il museo nacque nel 1904 quando fu alle-

ferro, pomello in ambra e fascetta di otto-

stita in modo permanente una mostra de-

ne lavorato al di sotto del pomello. È ap-

dicata al contributo dei faentini al Risorgi-

partenuto a Giuseppe Mazzini secondo

mento italiano. Si arricchì nel corso degli

una dichiarazione d’autenticità firmata da

anni con documenti e cimeli della Prima

Aurelio Saffi conservata presso il Museo

p 1a. Particolare del pomello in ambra,

guerra mondiale. Il nucleo più importante

del Risorgimento

che va dall’età napoleonica all’Unità d’Ita-

Materiale: ottone, ambra, ferro

Faenza, Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea (foto Andrea Scardova).

lia comprende stampe, fotografie, dipinti,

Dimensioni: diam. cm 3,5; lungh. cm 88

proclami, locandine, armi, bandiere e

Collocazione: Faenza, Museo del Risorgi-

uniformi. Fra questi è presente un bastone

mento e dell’Età Contemporanea

da passeggio appartenuto a Giuseppe

Datazione: sec. XIX

q 1b. Bastone da passeggio, Faenza, Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea (foto Andrea Scardova).

Mazzini con pomello in ambra.

Riferimenti bibliografici PATRIZIA TAMASSIA, Faenza Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea, in Musei in Emilia-Romagna, Bologna, Editrice Compositori, 2000, p. 152.

Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea

209


Museo Civico di Storia Naturale

Via De Pisis, 24

metà del Settecento dal canonico Mare-

dell’ex ospedale Sant’Anna. La vera rina-

44121 Ferrara

scotti al preesistente Museo Civico e in al-

scita del Museo sarebbe però avvenuta

Tel. 0532 203381

cuni esemplari zoologici di provenienza

nel secondo dopoguerra, quando il Co-

Fax 0532 210508

africana. Determinante, per le sorti del

mune affidò l’istituto alle cure di Mario F.

museo.storianaturale@comune.fe.it

nuovo museo, fu la decisione del Consiglio

Canella, professore dell’Università di Fer-

www.comune.fe.it/storianaturale

Comunale di affidarne la direzione, assie-

rara, già da tempo divenuta statale. Sot-

me alla cattedra di Storia Naturale, a Gal-

to la sua direzione, che egli mantenne fi-

Le origini del Museo risalgono all’istituzio-

dino Gardini. Questo avveniva nel 1864:

no al 1978, gli ingenti materiali ottocen-

ne dell’insegnamento di Storia Naturale

pochi anni dopo, il 26 maggio del 1872, il

teschi, recuperati e restaurati, furono in-

presso la Civica Università di Ferrara nel

Museo di Storia Naturale di Ferrara veniva

tegrati da nuove acquisizioni e presentati

1862. Il nucleo attorno al quale il nuovo

solennemente inaugurato nei locali dell’ex

in un nuovo allestimento, per l’epoca va-

museo si sarebbe sviluppato era a quel

convento delle Martiri di via Roversella.

lido ed efficace soprattutto dal punto di

tempo molto modesto, consistendo nella

Sotto la direzione di Gardini le collezioni

vista didattico, articolato in nove sale,

collezione di minerali donata attorno alla

del Museo crebbero fino a contare più di

che fu aperto al pubblico nel 1952.

74.000 esemplari di zoologia, mineralogia,

Tappe importanti dal rinnovamento del

geologia, paleontologia ed etnografia,

Museo sono state conseguite, in seguito,

frutto soprattutto di donazioni di beneme-

a partire dalla metà degli anni Ottanta;

riti ferraresi residenti all’estero. Figure im-

esse sono consistite, nel 1987, nell’inau-

portanti di donatori furono Elia Rossi, An-

gurazione della stazione di Ecologia; nel

gelo Castelbolognesi, Enea Cavalieri, An-

1989, nell’apertura al pubblico della bi-

gelo Fiorini e, unico a non aver mai lascia-

blioteca; nel 1994, nella costituzione del-

to l’Italia, lo scultore e paleontologo Ange-

la sezione didattica, negli anni divenuta

lo Conti, al quale si deve la donazione di

attivissima; nel 1997, nella realizzazione

una consistente raccolta di fossili pleistoce-

del bookshop e, nel 1999, nell’inaugura-

nici di Monte Mario. Dopo il pensiona-

zione di ‘Ambiente Terra’, prima sezione

mento del Gardini, nel 1892, il Museo fu

del nuovo progetto espositivo del Museo.

chiuso al pubblico.

Realizzata con criteri museografici non

Dopo un prolungato periodo di abbando-

convenzionali, ‘Ambiente Terra’ vuole es-

no, nel 1937 il Museo venne riallestito in

sere una guida alla lettura della diversità

una nuova sede, quella attuale, ricavata

ambientale del mondo in cui viviamo e

dall’ingegnere Carlo Savonuzzi in un’ala

delle sue trasformazioni nel tempo.

p 1. Uno dei rari noduli d’ambra provenienti dal famoso giacimento fossilifero della Pesciara di Bolca (Verona, Eocene inferiore), Ferrara, Museo Civico di Storia Naturale (foto E. Trevisani).

210

Museo Civico di Storia Naturale


Tra i pezzi più rilevanti dell’itinerario di vi-

ambra in matrice (12x9 mm) con resti ve-

ca (0,8 g), databile all’Eocene; un’ambra

sita meritano segnalazione i calchi di ple-

getali da Cava Rossi - Monte di Malo (VI),

baltica lucidata con Chironomus sp. (2,9

siosauro e del cranio di tirannosauro, la

databile al Cuisiano sup.; tre noduli di

g), databile all’Eocene; un’ambra lavora-

oramai rarissima foca monaca, l’orso po-

ambra in matrice (2x2-4x4-5x6) con resti

ta (18,5 g); un copale con impronte ve-

lare, il formichiere gigante e, nella ricca

vegetali da Cava Rossi - Monte di Malo

getali (67,2 g); copale (n. 2: 41,9 + 15.6

collezione ornitologica, la coppia di con-

(VI), databili al Cuisiano sup.; un nodulo

g); un’ambra con colamenti (48,2 g);

dor delle Ande e gli esemplari di uccelli

di ambra (20x6 mm) in matrice da Pe-

un’ambra con inclusione indeterminata

del paradiso.

sciara di Bolca - VR (2° livello a pesci) dal

(3.3 g).

Oltre alle collezioni esposte al pubblico, il

Cuisiano sup.; un nodulo di ambra

Museo si è dotato di ricche collezioni di

(28x14x6; peso 1,4 g) da Belluno (T. Ar-

studio, articolate in numerose sezioni.

do, località Borgo Pra), databile all’Eoce-

Costituitesi attorno ai materiali prove-

ne inf.; parte di un nodulo di ambra di ol-

nienti dalle ricerche effettuate dal Mu-

tre 5 cm in matrice da Belluno (T. Ardo,

seo, che per la parte zoologica interessa-

località Borgo Pra), databile all’Eocene

no in prevalenza gli ambienti umidi di

inf.; un’ambra baltica lucidata con formi-

Enrico Trevisani

pianura, si sono nel tempo grandemente incrementate anche in seguito a importanti donazioni. Degna di nota, in particolare, è la raccolta entomologica che conta attualmente oltre mezzo milione di esemplari. Numerose sono le ambre fossili conservate in Museo fra le quali: grani di ambra (n. 34-0,7 g) provenienti dal Rifugio Dibona (Tofane), databili al Carnico sup. (limite Julico-Tuvalico); campioni di matrice con ambre millimetriche, bivalvi e gasteropodi (n. 4) da Rumerlo (Cortina d’Ampezzo), databili al Carnico sup.; un nodulo di ambra (22x4 mm) in matrice da Pesciara di Bolca - VR (1° livello a pesci), databile al Cuisiano sup.; un nodulo di ambra in matrice (19x3 mm) con resti vegetali da Cava Rossi - Monte di Malo (VI), databile al Cuisiano sup.; un nodulo di ambra in matrice (7x4 mm) con resti vegetali da Cava Rossi - Monte di Malo (VI),

p 2. Gocce d’ambra isolate e in matrice (Dolomiti, Triassico superiore), Ferrara, Museo Civico

databile al Cuisiano sup.; un nodulo di

di Storia Naturale (foto R. Appiani).

Museo Civico di Storia Naturale

211


Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’

Università degli Studi di Ferrara

scheletrici cranici dall’australopiteco all’uo-

Corso Ercole I d’Este, 32

mo moderno e una ricca documentazione

44100 Ferrara

della produzione di strumenti litici e di arte

Tel. 0532 293731

mobiliare. La sezione di Paleontologia degli

pnr@unife.it

Invertebrati contiene fossili illustrati da ap-

www.museoferrara.unife.it

parati didattici, mentre la sezione di Geologia storica è costituita da ricostruzioni strati-

La nascita del Museo risale al 1964, anno

grafiche ambientali relative alle sequenze

del trasferimento dell’ex Istituto di Geologia

mesozoiche e cenozoiche delle Dolomiti e

all’attuale sede di Palazzo Turchi di Bagno.

p Dittero incluso in ambra, Eocene

del Veneto. Nella sala degli Invertebrati è

Fu realizzato dal professor Piero Leonardi,

superiore, Ferrara, Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’.

conservato un nodulo in ambra (dimensioni

geologo, paleontologo e naturalista veneziano, titolare dal 1949 della prima cattedra

l’Eocene superiore e proveniente dal Mar

di Geologia dell’Ateneo di Ferrara. Egli con-

raccolta e sono divisi in quattro sezioni: la

siderò i reperti geologici, paleontologici e

sala di Paleontologia dei Vertebrati com-

preistorici strumenti indispensabili per la di-

prende fossili disposti secondo un ordine

dattica delle Scienze della Terra, delle Scien-

evolutivo. Al centro si trovano alcuni schele-

ze Naturali e dei Beni Culturali. I materiali

tri come l’elefante e l’ippopotamo nani del-

che compongono le diverse collezioni del

la Sicilia, lo stambecco e l’orso delle caver-

Museo sono frutto di un’intensa attività di

ne. La sezione di Preistoria conserva resti

212

circa 3x5 cm) con insetti inclusi, risalente al-

Museo di Paleontologia e Preistoria ‘Piero Leonardi’

Baltico (Palmnicken, Prussia orientale).

Riferimenti bibliografici GIOVANNI BATTISTA PESCE, Ferrara Museo GeoPaleontologico, in Musei in Emilia-Romagna, Bologna, Editrice Compositori, 2000, pp. 136-137.


Museo dei Fossili

Via Costa, 2

mente. Nelle vetrine propedeutiche al

ostriche. La sala dei Minerali conserva mi-

43036 Fidenza (PR)

Museo sono conservate dentro un conte-

nerali raccolti in tutto il mondo (pirite

Tel. 0524 526326

nitore piccole gocce amorfe in ambra

dall’Isola d’Elba, diopside dalla Germa-

paleofid@libero.it

senza inclusioni (3-5 mm di diamentro)

nia, ametista dal Brasile, opale dallo Sti-

http://xoomer.alice.it/paleosito

provenienti dal Mar Baltico.

rone, ecc.).

Nella prima sala sono conservati reperti Il Museo è dedicato principalmente ai

provenienti da tutto il mondo (lastre di

fossili emersi nel torrente Stirone e si ar-

belemniti, nummuliti, pesci, ecc.) accanto

ticola in tre sale: sala dello Stirone, della

a quelli databili dal Tortoniano al Pleisto-

Paleobotanica, dei Minerali. Da ottobre

cene inferiore, disposti in ordine cronolo-

2009 è in funzione anche un’aula didat-

gico, oltreché geografico. Nella sala della

tica nella quale gli studenti, con visita

Paleobotanica sono conservati fossili ve-

guidata, possono osservare da vicino e

getali provenienti dal torrente Stirone

toccare i reperti fossili, apprendendo in

(bacche, semi e frutti recuperati e identi-

modo semplice e diretto i primi elementi

ficati dal paleobotanico tedesco dottor

di paleontologia. Le caratteristiche dei re-

H.J. Gregor), dall’Italia e dal mondo fra i

perti esposti nelle vetrine sono spiegate

quali rilevante è un tronco fossile di Juni-

p Gocce amorfe senza inclusioni, Fidenza,

in una scheda che le descrive sintetica-

perus (ginepro), incrostato di balani e

Museo dei Fossili.

Museo dei Fossili

213


Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’

Palazzo del Merenda

getti di uso quotidiano come ceramica co-

Corso della Repubblica, 72

mune e da mensa, pesi da telaio, lucerne,

47100 Forlì

vetri e suppellettili in bronzo.

Tel. 0543 712606-609

Il Museo ospita infine alcuni straordinari

Fax 0543 712618

pezzi di epoca teodoriciana (VI secolo) tra

servizio.pinacoteca.musei@comune.

i quali il mosaico policromo a motivi mari-

forli.fc.it

ni proveniente dall’aula absidata della

www.cultura.comune.forli.fc.it

grandiosa ‘villa’ di Meldola.

Il Museo Archeologico si forma a Forlì nel-

Riferimenti bibliografici

l’ultimo trentennio dell’Ottocento ad ope-

LUCIANA PRATI, Il sepolcreto di Rocca San Casciano, in Quando Forlì non c’era. Origine del territorio e popolamento umano dal Paleolitico al IV sec. a.C., catalogo della mostra, a cura di Giovanna Bermond Montanari, Meri Massi Pasi, Luciana Prati, Forlì, Abaco, 1996, pp. 337-343.

ra di Antonio Santarelli, che diede organicità all’eterogenea raccolta antiquaria, effettuando importanti recuperi nel territorio e vaste campagne di scavo nei siti della Bertarina di Vecchiazzano, Villanova e San

p 1a. Vaghi in ambra, Forlì, Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’.

Varano. Il Museo è ospitato attualmente al piano terra del Palazzo del Merenda secondo l’ordinamento dato nel 1960 da

CATALOGO

Guido Achille Mansuelli, Giancarlo Susini e Raffaele Turci.

1. Vaghi

I materiali conservati offrono una panora-

Descrizione: lenticolari, sub cilindrici (38)

mica completa del popolamento nel terri-

Materiale: ambra

torio forlivese dal Paleolitico inferiore al VI-

Provenienza: corredo di sepoltura femmi-

VII secolo d.C.

nile da Rocca San Casciano, località Meleto

Numerosi sono i materiali che si riferiscono

Collocazione: Forlì, Museo Civico Archeo-

alla romana Forum Livi, quali mosaici pro-

logico ‘Antonio Santarelli’

venienti dall’area urbana e soprattutto og-

Datazione: fine IV-inizi III sec. a.C.

214

Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’

p 1b. Disegno dei vaghi, Forlì, Museo Civico Archeologico ‘Antonio Santarelli’ (disegno C. Sangiorgi).


Museo di San Domenico

via Sacchi, 4

vale di Villa Clelia 1979, mostra della ne-

Confronti tipologici: i cosiddetti ‘tintinna-

40026 Imola (BO)

cropoli umbra di Montericco 1981, mostra

buli’ sono in realtà pendagli cerimoniali che,

Tel. 0542 602609

degli scavi compiuti tra il 1977 e il 1992 e

per la preziosità del materiale e per la forma,

Fax 0542 602608

la mostra sugli scavi del quinquennio

forse da collegare a quella dell’ascia, dove-

1999-2003).

vano essere un segno di particolare prestigio Laura Mazzini

Museo Archeologico

CATALOGO

per le donne che ne facevano sfoggio Provenienza: Imola, podere Comezzano presso la chiesa di Sellustra, 1893

Il Museo Archeologico di Imola è attual-

1. Tintinnabulo e mazzuolo

Collocazione: Imola, Museo Archeologico

mente in fase di progettazione, nei pros-

Inv. nn. a-3789; b-3790

Datazione: prima Età del Ferro, cultura vil-

si anni troverà spazio nel complesso di

Descrizione: tintinnabulo dalla forma sva-

lanoviana

San Domenico, esponendo il frutto di ol-

sata in bronzo traforato con inserti in ambra

Bibliografia: Il Museo di San Domenico.

tre un secolo di intense ricerche effettua-

e mazzuolo traforato con inserti in ambra

Restauri, scavi, studi, progetti, a cura di

te nel territorio imolese. Le sue origini ri-

Materiale: bronzo e ambra

Claudia Baroncini, Laura Mazzini, Oriana

salgono a una prima raccolta di archeolo-

Dimensioni: alt. a-cm. 17,8; largh. max cm.

Orsi, Claudia Pedrini, Imola, Musei Civici di

gia formatasi nel convento di San France-

17,8; alt. b-cm. 9,7; largh. max cm. 4,1

Imola, 2004.

p 1a. Tintinnabulo, Imola, Museo ‘Giuseppe

p 1b. Mazzuolo, Imola, Museo ‘Giuseppe

Scarabelli’.

Scarabelli’.

sco in continuità con la sistemazione antiquaria di reperti posti nella loggia della biblioteca francescana ove ancora oggi si trova una raccolta epigrafica di iscrizioni latine e greche inserite in una decorazione prospettica settecentesca. Intorno al 1960 si inaugurò la nuova sezione di Archeologia, Numismatica e Ceramica già chiusa alla fine degli anni Ottanta del Novecento per problemi conservativi. In seguito il Museo archeologico non ha più avuto possibilità di esporre il ricco patrimonio archeologico del proprio territorio, se non in occasione di esposizioni temporanee (mostra degli scavi del sito altomedie-

Museo di San Domenico

215


Museo ‘Giuseppe Scarabelli’

2. Vago Inv. 2906

Il Museo nasce nel 1857 con la donazio-

Tipologia: grande vago discoidale a profi-

ni alla collettività di alcune pregevoli col-

lo lenticolare, faccia superiore convessa,

lezioni naturalistiche, arricchite in seguito

appiattita intorno al foro, faccia inferiore

da altre di archeologia preistorica ed et-

lievemente convessa, quasi piatta

nografia. Tra i donatori la figura più si-

Materiale: ambra di colore rossastro

gnificativa, cui è intitolato il museo, è

Dimensioni: alt. cm 1, diam. cm 4,7,

quella di Giuseppe Scarabelli, pioniere

diam. foro cm 0,4

della geologia dell’Appennino, che iniziò

Confronti tipologici: il vago discoidale è in-

gli studi di preistoria italiana. Del museo,

terpretabile probabilmente come elemento

attualmente in riallestimento, è visitabile

fermapieghe di spillone come si desume da

la sola sezione di archeologia, temporaneamente aperta al pubblico nel complesso conventuale della chiesa di San

p 1. Vago discoidale da San Giuliano di Toscanella di Dozza Imolese, Imola, Museo ‘Giuseppe Scarabelli’.

Domenico. Le raccolte archeologiche

esemplari completi rinvenuti in coeve tombe a inumazione del Veronese. Il vago d’ambra è un indicatore sociale di alto rango che presuppone una complessa rete di scambi e

esposte sono il frutto degli scavi compiu-

commerci tale da permettere la circolazione

ti da Scarabelli nella seconda metà del-

Confronti tipologici: cfr. successivo

di merci pregiate come l’ambra del Baltico.

l’Ottocento nei due villaggi del Monte

Provenienza: villaggio dell’Età del Bron-

Provenienza: villaggio dell’Età del Bronzo

Castellaccio e di San Giuliano di Tosca-

zo di San Giuliano di Toscanella di Dozza

di Monte Castellaccio di Imola

nella e nel complesso della grotta del Re

Collocazione: Imola, Museo ‘Giuseppe

Collocazione: Imola, Museo ‘Giuseppe

Tiberio. La sezione è inoltre arricchita dal-

Scarabelli’

Scarabelli’

la collezione di manufatti litici risalenti al

Datazione: Bronzo Medio (XVII-XIV sec.

Datazione: Bronzo Medio (XVII-XIV sec.

Paleolitico inferiore raccolti sui colli imo-

a.C.)

a.C.)

lesi dallo stesso Scarabelli e da Giuseppe

Bibliografia: MARCO PACCIARELLI, Manu-

Cerchiari, altra importante figura di stu-

fatti di bronzo e ambra di Monte Castel-

dioso e collezionista imolese.

laccio, in La collezione Scarabelli, 2, Prei-

Laura Mazzini CATALOGO

storia, a cura di M. Pacciarelli, Casalecchio di Reno, Grafis, 1996, pp. 282-284; M. PACCIARELLI, Manufatti in ambra, in La collezione Scarabelli, 2, Preistoria, a cura

1. Vago

di M. Pacciarelli, Casalecchio di Reno,

Inv. 3270

Grafis, 1996, p. 350; Ambre. Trasparenze

Tipologia: grande vago discoidale piano

dall’antico, catalogo della mostra (Napo-

convesso con piccolo foro verticale al

li, Museo Archeologico Nazionale, 26

centro

marzo-10 settembre 2007), a cura di Ma-

Materiale: ambra

ria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano,

Dimensioni: alt. cm 1,3, diam. cm 4-4,2

Electa, 2007, p. 80 II. 43 e II. 44

216

Museo di San Domenico

p 2. Vago discoidale da Monte Castellaccio di Imola, Imola, Museo ‘Giuseppe Scarabelli’.


Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale

Piazza Matteotti, 28

e fossili. L’ambra modenese, scura e im-

Prignano sulla Secchia (MO) databili al-

41054 Marano sul Panaro (MO)

pura, conserva raramente organismi in-

l’Oligo-Miocene, presentano frustoli ve-

Tel. 059 744103

trappolati. Le tre arenarie conservate in

getali all’interno dei quali si trova l’ambra

Fax 059 744103

Museo, provenienti da Castelvecchio di

fossile.

museo@cisniar.it www.cisniar.it Il Museo ospita numerose collezioni zoologiche, ma anche geo-paleontologiche, botaniche, micologiche e lichenologiche. Le sale espositive, suddivise con criterio didattico, presentano attraverso vetrine e diorami i principali aspetti ecologici e naturalistici dei diversi ambienti del territorio: zone umide, praterie, ambienti ipogei, forestali e rocciosi. Vi sono anche molti reperti di epoca recente, grazie alla donazione di alcune importanti raccolte come la collezione ‘Brandoli’; sono conservati inoltre numerosi oggetti provenienti dal Modenese e dalle province limitrofe appartenenti a molluschi, pesci, coralli, crostacei e resti vegetali. La sezione mineralogica, grazie al contributo delle raccolte ‘Affranti’ e ‘Malavolti’, possiede una delle più importanti e complete collezioni di minerali del nostro territorio. Nelle sale espositive è possibile inoltre seguire la dinamica di formazione dei vari tipi di rocce relativi alla crosta terrestre

p Arenaria con frustoli vegetali da Castelvecchio di Prignano sulla Secchia (MO),

(vulcaniche, sedimentarie, metamorfiche)

Marano sul Panaro, Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale (dono Rino Affranti).

Museo Civico di Ecologia e Storia Naturale

217


Museo Nazionale Etrusco ‘Pompeo Aria’

Via Porrettana sud, 15

prospetto una faccia che dovrebb’essere

Riferimenti bibliografici

40043 Marzabotto (BO)

umana e femminile [...]. Un’altra ambra,

Tel. e fax 051 932353

foggiata a muso aguzzo e con larghe corna

GIOVANNI GOZZADINI, Di ulteriori scoperte nell’antica necropoli a Marzabotto nel Bolognese, Bologna, Tipografia Fava e Garagnani, 1870, pp. 46-47 e tav. 15. ATTILIO MASTROCINQUE, L’ambra e l’Eridano. Studi sulla letteratura e sul commercio dell’ambra in età preromana, Este, Zielo, 1991, p. 121.

museonazionaletrusco@arti.beniculturali.it

che dalla fronte si rivolgono in basso, pare

www.archeobologna.beniculturali.it/

una testa d’ariete e sembra lo siano ezian-

marzabotto

dio ognuna delle altre due ambre più piccole… Tre altre testine d’ambra erano ripo-

Il Museo è situato presso l’area archeologi-

ste dentro un’arca, che, per molti oggetti

ca costituita da Pian di Misano e dall’acro-

d’ornamento in oro e per uno specchio, do-

poli di Misanello. Le prime campagne di

veva senza dubbio contenere una donna.

scavo, affidate a Giovanni Gozzadini, furo-

Queste testine sono intagliate tutte di pro-

no finanziate dai conti Aria allora proprieta-

spetto : una è quasi identica a quella che

ri dell’intero Pianoro di Misano. Il nucleo ini-

dovrebb’essere umana e femminile, un’al-

ziale si è arricchito grazie a recenti campa-

tra è simile, ma di forme più rotonde, ed ha

gne di scavo. Nella prima sala sono illustra-

due grosse e rigide ciocche di capelli che

te le caratteristiche geografiche e geologi-

scendonle dietro le orecchie oltre il mento e

che del territorio e i materiali scampati al-

le incorniciano il volto; la terza non diversi-

l’incendio del 1944. Degli oggetti in ambra,

fica se non per avere la faccia molto oblun-

completamente distrutti, possediamo sola-

ga e l’acconciatura meglio determinata e

mente le notizie del Gozzadini: «… Toccai

cospicua. Leggiadramente intagliata è per

già d’alcuni pezzi d’ambra figurati, rinvenu-

contro un’altra ambra, tratta dall’arca più

ti in una cista ossuaria, i quali probabilmen-

ricca d’oggetti d’oro, ed è a dolersi che una

te furono adoperati e come vezzo di moni-

parte, foggiata quasi a corpo di pesce, an-

le e come amuleti. I due più grandi rappre-

dasse stritolata e perduta. Rappresenta una

sentano teste muliebri di profilo in mezzo

bella testa equina in mezzo tondo, la qua-

tondo rilevato, col capo coperto da una

le, sì perché presso il collo è scabra come la

specie di tutulo ad apice triangolare. L’inta-

pelle zigrina, sì per la foggia della parte per-

glio è eseguito con diligenza, ma da mano

duta, parmi possa indicare un ippocampo,

poco ammaestrata nel disegno, gli occhi as-

simbolo di malo principio rappresentato

sai grandi ed a mandorla hanno un caratte-

spesso nei monumenti funerei ed in ispecie

re arcaico. In un pezzo minore è figurata di

in quelli di Tarquinia …».

218

Museo Nazionale Etrusco ‘Pompeo Aria’

p Oggetti in vetro e ambra, disegno dal vero di C. Nannini, tratto da G. GOZZADINI, Di ulteriori scoperte nell’antica necropoli cit., tav. 15.


Museo di Nonantola

Via Marconi, 11

tografie, oggetti legati alla storia più re-

41015 Nonantola (MO)

cente e comunque uniti dal fatto di ave-

Tel. 059 896555-896656

re avuto origine, tutti, nel medesimo ter-

1. Vago di collana

info@museodinonantola.it

ritorio.

Inv. 201061

www.museodinonantola.it

Il Museo è stato pensato come museo di-

Materiale: ambra

dattico, rivolto al turista e al cittadino no-

Dimensioni: diam. cm 1,9; spessore cm 1,1

Il Museo di Nonantola è ospitato nella

nantolano, ma soprattutto alle scuole e

Provenienza: frutto di ricerche superficia-

nuova sede della Torre dei Bolognesi ed è

agli studenti. Questa volontà si esplica in

li nella zona della terramara di Redù

costruito su fili conduttori che si dipana-

molti modi diversi: con la scelta di arredi

Collocazione: Museo di Nonantola

no seguendo un ordine cronologico che

‘interattivi’ da muovere, toccare e scoprire

Datazione: Bronzo Medio

va dall’età contemporanea all’Età del

(pannelli scorrevoli o a libro, cassettiere),

Bronzo: l’evoluzione del borgo, le trasfor-

con l’uso di un linguaggio univoco e chia-

mazioni del paesaggio e lo sviluppo della

ro, con disegni ricostruttivi immediati e ef-

comunità degli uomini di Nonantola. Da

ficaci, con una scelta di colori che si ricolle-

questa riflessione il nome di ‘Museo di

gano al mondo del borgo e del territorio

Nonantola’. Il Museo nasce con l’intento

rurale, le due anime del Museo.

ben preciso di raccontare la storia della

Tutto questo attraverso i cinque piani della

Comunità e del territorio e del loro forte

torre: un invito a scoprire sale, sfogliare e

intreccio, per valorizzare in modo unita-

scorrere pannelli, aprire cassetti fino all’a-

rio beni culturali anche molto diversi tra

prirsi del belvedere su un paese in costan-

loro: reperti archeologici, documenti, fo-

te movimento e cambiamento.

CATALOGO

p 1. Vago di collana, Bronzo Medio, Nonantola, Museo di Nonantola (foto Costantino Ferlauto).

Museo di Nonantola

219


Musei Civici di Palazzo Farnese

Piazza Cittadella, 29

antica scavati a Casa Gazza di Travo, so-

scoperta della necropoli rinvenuta alle

29100 Piacenza

no presentati gli oggetti rinvenuti a parti-

porte di Pontenure databile al VI secolo.

Tel. 0523 492661-2

re dalla fine del secolo scorso alle porte di

Nel sotterraneo del torrione S-W della Citta-

Fax 0523 492659

Piacenza (Le Mose). Particolare rilievo

della è esposto il fegato etrusco, il reperto

musei.farnese@comune.piacenza.it

hanno i resti degli abitati della cultura dei

più noto e prestigioso delle collezioni civiche.

www.musei.piacenza.it

Vasi a Bocca Quadrata e Chassey Lagoz-

Si tratta di un modello in bronzo di fegato

za, alcune sepolture e i corredi della ne-

ovino, rinvenuto nel 1877 a Ciavernasco di

cropoli del Neolitico Medio.

Settima, in comune di Gossolengo (PC). Da-

Altri interessanti ritrovamenti neolitici, tra

tato alla fine del II-inizi del I secolo a.C. era

Il Museo Archeologico, fondato nel 1885,

i quali spicca un grande vaso di produ-

legato alla divinazione, opera degli aruspici,

è in corso di realizzazione. Attualmente è

zione nord-alpina riferito alla cultura di

che consisteva nell’esame dell’organo della

aperta la Sezione di preistoria e protosto-

Pfyn, sono localizzati a Vignola di Fioren-

vittima sacrificata. La straordinaria importan-

ria ospitata al pianoterra della Cittadella

zuola oltre ai reperti delle Mose datati al-

za del pezzo sta nella serie di iscrizioni di no-

Viscontea.

l’Età del Rame (finora pressoché ignota).

mi di divinità che sulla faccia piana dell’og-

All’inizio dell’esposizione il plastico della

Grande spazio è dedicato all’Età del Bron-

getto sono organizzate in modo da riflettere

provincia documenta la distribuzione del

zo: dal prestigioso status symbol rappre-

l’ordinamento del cielo secondo gli Etruschi.

popolamento dalla comparsa dell’uomo

sentato dai pugnali a manico fuso di Ca-

fino all’epoca della romanizzazione, av-

stel San Giovanni, alla palafitta di Chiara-

viata nel 218 a.C. con la fondazione del-

valle della Colomba, l’unica localizzata nel

la colonia di Placentia.

piacentino, alle terramare, i grandi inse-

Le testimonianze più remote risalgono al

diamenti fortificati (XVI-XIII secolo a.C.)

Paleolitico antico, cui si data, ad esem-

scavati da Luigi Scotti alla fine dell’Otto-

pio, una grande ascia a mano; le succes-

cento. Di notevole interesse sono infine le

sive vetrine propongono i millimetrici

cinque spade in bronzo deposte nel Po se-

strumenti in selce del Mesolitico (IX-VI

condo un rituale ben testimoniato in tutta

millennio a.C.) e i prodotti in diaspro fab-

Europa. Chiude la rassegna la storia di un

bricati dalle officine del Monte Lama atti-

insediamento d’altura, il Groppo di Vacca-

ve fino all’età del Rame.

rezza in comune di Bobbio, frequentato

Nelle sale dedicate al Neolitico (VI-IV mil-

dal Neolitico Medio alla tarda età romana.

lennio a.C.), oltre al consistente nucleo di

La sala destinata all’Età del Ferro è in at-

reperti ceramici e litici relativi alla fase

tesa di essere riallestita alla luce della

Museo Archeologico

220

Musei Civici di Palazzo Farnese

p 1. Vago di collana, Piacenza, Museo Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, IBC).


CATALOGO 1. Vago di collana Inv. n. P970 Descrizione: vago di forma biconica con foro circolare passante Materiale: ambra Dimensioni: diam. cm 2,1 Provenienza: raccolta Pallastrelli Collocazione: Piacenza, Museo Archeologico Stato di conservazione: integro

p 2. Pendaglio con piccolo foro passante,

p 3. Vago di collana, Piacenza, Museo

Piacenza, Museo Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, IBC).

Archeologico (Catalogo del Patrimonio culturale dell’Emilia-Romagna, IBC).

Inv. n. P971

Stato di conservazione: frammantario

foro circolare passante. Una delle due fac-

Descrizione: pendaglio di forma allungata

Datazione: Bronzo Medio

ce presenta scheggiature

con piccolo foro passante

Bibliografia: ANGELO GHIRETTI, Preistoria in

Materiale: ambra

Materiale: ambra

Appennino: le valli parmensi di Taro e Ceno,

Dimensioni: diam. cm 1,9

Dimensioni: largh. cm 2,4; lungh. cm

Parma, Grafiche Step, 2003, p. 128 fig. 150

Provenienza: ignota

Datazione: Bronzo Medio 2. Pendaglio

Collocazione: Piacenza, Museo Archeo-

2,3 Provenienza: raccolta Pallastrelli

3. Vago di collana

logico

Collocazione: Piacenza, Museo Archeo-

Inv. n. 1578

Stato di conservazione: integro

logico

Descrizione: vago di forma discoidale con

Datazione: III-II sec. a.C.

Musei Civici di Palazzo Farnese

221


Museo Archeologico della Val Tidone

c/o Rocca Municipale

Tidone. È composto da tre sale: nella prima

Piazza Mensi, 54

sono raccolti i fossili della zona e alcuni og-

29010 Pianello Val Tidone (PC)

getti provenienti da collezioni private, nel-

Tel. 0523 994111

la seconda reperti neolitici, dell’Età del Ra-

Fax 0523 994223

me, del Bronzo e del Ferro, nella terza so-

http://archeomuseovaltidone.it/index.htm

no infine visibili sia reperti romani, databili

email: associazionepandora@virgilio.it

tra il I secolo a.C. e il tardo impero, sia materiali di epoca medievale.

La collaborazione instauratasi tra la Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’EmiliaRomagna e i volontari della locale Associa-

CATALOGO

zione Pandora ha consentito di dare vita

p 1. Vago di collana, Pianello Val Tidone, Museo Archeologico della Val Tidone (foto Giampiero Aradelli).

nel 1999 al Museo Archeologico di Pianel-

1. Vago di collana

lo. Inaugurato nel nuovo allestimento a

Inv. n. 18705

maggio 2009, è ospitato nei sotterranei

Materiale: ambra

Collocazione: Museo Archeologico della

della Rocca Municipale di Pianello e acco-

Provenienza: scavo dell’abitato romano

Val Tidone

glie le testimonianze di interesse storico-ar-

individuato presso l’attuale cimitero di

Stato di conservazione: frammentario

cheologico rinvenute nel bacino della Val

Pianello

Datazione: 50 a.C.-fine I/II sec. d.C.

222

Museo Archeologico della Val Tidone


Museo della Terramara di Santa Rosa

Via Parma, 1 42028 Poviglio (RE) Tel. 0522 960426 Fax 0522 960152 terramara.museo@katamail.com www.comune.poviglio.re.it La terramara di Santa Rosa di Poviglio (RE) ha restituito diversi frammenti di vaghi

MONICA MIARI, L’ambra in area terramaricola, in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno, Milano, Electa, 2007, pp. 68-72. Le terramare. La più antica civiltà padana, catalogo della mostra (Modena 1997), a cura di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997.

mara di Santa Rosa di Poviglio, Settore Sud, strati basali Collocazione: Museo della Terramara Santa Rosa di Fodico di Poviglio (RE) Stato di conservazione: frammentario Datazione: metà XVI-metà XV sec. a.C. (Bronzo Medio 2) Bibliografia: PAOLO BELLINTANI, MARIA BERNABÒ BREA, GAETANO RANIERI, Oggetti ornamentali in

d’ambra discoidali a profilo lenticolare, provenienti sia da livelli del Bronzo Medio

Provenienza: villaggio piccolo della terra-

CATALOGO

materiali diversi, in MARIA ADELIA BERNABÒ BREA, MAURO CREMASCHI, Il villaggio piccolo

2 del Villaggio piccolo (cfr. Bellintani, Bernabò Brea, Ranieri 2004, p. 605) che da

1. Vago discoidale

della terramara di Santa Rosa di Poviglio.

quelli del Bronzo Recente del Villaggio

Inv. 90S US4

Scavi 1987-1992, Firenze, Istituto italiano di

grande (cfr. Le terramare, pp. 347 e 350).

Descrizione: piccolo vago discoidale a

preistoria e protostoria, 2004 (Origines), pp.

Dallo strato sommitale del Bronzo Recente

profilo lenticolare

599-607; GIOVANNA BERGONZI, L’ambra delle

avanzato del Villaggio grande provengono,

Materiale: ambra baltica

terramare nel contesto italiano ed europeo,

invece, alcuni dischetti di ambra impervi, di

Dimensioni: diam. cm 1,4; alt. cm 0,4;

in Le terramare. La più antica civiltà padana,

cui uno con incisione a occhio di dado (cfr.

diam. foro cm 0,3

catalogo della mostra (Modena 1997), a cu-

Le terramare, p. 350), pertinenti a inserzio-

Confronti tipologici: i vaghi discoidali

ra di Maria Bernabò Brea, Andrea Cardarelli,

ni decorative (cfr. Miari 2007).

semplici, con diametri a scalare compresi

Mauro Cremaschi, Milano, Electa, 1997;

tra 4 e 1 cm, risultano tra gli oggetti d’or-

MONICA MIARI, L’ambra in area terramaricola,

Monica Miari

namento in ambra più diffusi in area terra-

in Ambre. Trasparenze dall’antico, catalogo

Riferimenti bibliografici

maricola (Miari 2007).

della mostra (Napoli, Museo Archeologico

PAOLO BELLINTANI, MARIA BERNABÒ BREA, GAETANO RANIERI, Oggetti ornamentali in materiali diversi, in MARIA ADELIA BERNABÒ BREA, MAURO CREMASCHI, Il villaggio piccolo della terramara di Santa Rosa di Poviglio. Scavi 1987-1992, Firenze, Istituto italiano di preistoria e protostoria, 2004 (Origines), pp. 599-607.

Per questi vaghi non è possibile avanzare

Nazionale, 26 marzo-10 settembre 2007), a

un’interpretazione funzionale univoca, dal

cura di Maria Luisa Nava, Antonio Salerno,

momento che nei corredi della necropoli

Milano, Electa, 2007, pp. 68-72; La necro-

dell’Olmo di Nogara sono attestati sia co-

poli dell’età del Bronzo all’Olmo di Nogara, a

me fermapieghe di spilloni, sia come perle

cura di Luciano Salzani, Verona, Museo Civi-

di collana o braccialetti, in composizione

co di Storia Naturale, 2005.

con vaghi di materiali diversi (Salzani 2005)

M.M.

Museo della Terramara di Santa Rosa

223


Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’

Via Matteotti, 27

collezioni del Museo sono disposte su tre

Collocazione: Museo e Biblioteca ‘France-

47030 San Giovanni in Galilea,

piani: al primo piano trova posto la sezio-

sco Renzi’, Sala del Barilozzo, vetrina C

Borghi (FC)

ne Protostorica dove sono esposti alcuni

Stato di conservazione: mutilo

Tel. 0541 939028

oggetti in ambra: un pendaglio, due

Datazione: VIII-VII sec. a.C.

Fax 0541 939028

orecchini, una fibula a navicella e due ad

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

museorenzi@libero.it

arco rivestito.

viano della Romagna orientale con epicentro Verucchio, in Romagna protostorica,

www.museorenzi.it La nascita del Museo si deve a don Fran-

CATALOGO

Atti del convegno (San Giovanni in Galilea, 20 ottobre 1985), s.l., s.n.t., 1987, p. 32

cesco Renzi, dapprima cappellano della chiesa di Castelvecchio, poi rettore della

1. Pendaglio

2. Orecchini

Pieve di San Giovanni in Galilea. Egli in-

Inv. n. 9751

Inv. nn. 9752, 9753

fatti raccolse documenti storici, monete,

Descrizione: pendaglio di forma discoida-

Descrizione: anelli di sospensione a dop-

reperti archeologici e paletnologici, fin-

le con foro centrale

pio filo di verghetta a due avvolgimenti

ché, nel 1885, per favorire una più cor-

Materiale: ambra rossastra

con capi a tremulo, agganciati ad anelli

retta organizzazione dei materiali, fu

Dimensioni: diametro cm 4, spessore cm 1

d’ambra con ampio foro centrale e profilo

inaugurato il ‘Museo e Biblioteca Renzi’,

Provenienza: Masrola, Fondo Furano di

a spigolo

favorito dal senatore archeologo Giusep-

Gorolo

Materiale: bronzo e ambra

p 1. Pendaglio, San Giovanni in Galilea,

p 2. Orecchini, San Giovanni in Galilea,

Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

pe Fiorelli, direttore degli scavi di Pompei. L’ultima guerra causò gravi distruzioni al Museo, con la perdita o il trafugamento di parte delle sue collezioni. La riorganizzazione e riapertura al pubblico avvenne nel 1968 ad opera del direttore del Museo professor Sergio Foschi, con il coordinamento del professor Giancarlo Susini. Successivamente il Museo si è arricchito col materiale proveniente dagli scavi dell’antica pieve e di un insediamento dell’Età del Ferro alla Ripa Calbana (una collina a poca distanza da San Giovanni). Le

224

Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’


Dimensioni: diam. anelli in bronzo cm 3,6; diam. dischi in ambra cm 3,4 Provenienza: Masrola, Fondo Furano di Gorolo Collocazione: Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’, Sala del Barilozzo, vetrina C Stato di conservazione: ricomposto Datazione: VIII-VII sec. a.C. Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villanoviano della Romagna orientale con epicen-

p 4. Fibula ad arco rivestito, San Giovanni in

p 5. Fibula ad arco rivestito, San Giovanni in

tro Verucchio, in Romagna protostorica,

Galilea, Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

Galilea, Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

Stato di conservazione: mutilo

viano della Romagna orientale con epicen-

Atti del convegno (San Giovanni in Galilea, 20 ottobre 1985), s.l., s.n.t., 1987, p. 32 3. Fibula a navicella

Datazione: VII-VI sec. a.C.

tro Verucchio, in Romagna protostorica,

Inv. n. 9754

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

Atti del convegno (San Giovanni in Galilea,

Descrizione: fibula con arco a losanga con

viano della Romagna orientale con epicen-

20 ottobre 1985), s.l., s.n.t., 1987, p. 32

castone d’ambra centrale romboidale e

tro Verucchio, in Romagna protostorica,

quattro bottoni agli angoli

Atti del convegno (San Giovanni in Galilea,

5. Fibula ad arco rivestito

Materiale: bronzo e ambra rossastra

20 ottobre 1985), s.l., s.n.t., 1987, p. 32

(Tovoli 102 B)

Dimensioni: largh. cm 1,6; alt. 3,1

Inv. n. 9756

Provenienza: Masrola, Fondo Furano di

4. Fibula ad arco rivestito

Descrizione: arco di filo a sezione qua-

Gorolo

Inv. n. 9755

drangolare rivestito di dischi digradanti in

Collocazione: Museo e Biblioteca ‘France-

Descrizione: arco di filo a sezione qua-

ambra

sco Renzi’, Sala del Barilozzo, vetrina C

drangolare rivestito di dischi digradanti

Materiale: bronzo e ambra rossastra

d’ambra. La parte finale dell’arco presenta

Dimensioni: diam. cm 1,8; lungh. cm 5

un ingrossamento troncoconico per bloc-

Provenienza: Masrola, Fondo Furano di

care i dischi

Gorolo

Materiale: bronzo e ambra rossastra

Collocazione: Museo e Biblioteca ‘France-

Dimensioni: alt. cm 3,7; diam. cm 1,6;

sco Renzi’, Sala del Barilozzo, vetrina C

lungh. cm 4,6

Stato di conservazione: mutilo

Provenienza: Masrola, Fondo Furano di

Datazione: VIII-VII sec. a.C.

Gorolo

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villa-

Collocazione: Museo e Biblioteca ‘France-

noviano della Romagna orientale con epi-

sco Renzi’, Sala del Barilozzo, vetrina C

centro Verucchio, in Romagna protostori-

Stato di conservazione: mutilo

ca, Atti del convegno (San Giovanni in

Datazione: VII-VII sec. a.C.

Galilea, 20 ottobre 1985), s.l., s.n.t.,

Bibliografia: GINO VINICIO GENTILI, Il Villano-

1987, p. 32

p 3. Fibula a navicella, San Giovanni in Galilea, Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’ (Catalogo del Patrimonio culturale dell’EmiliaRomagna, IBC).

Museo e Biblioteca ‘Francesco Renzi’

225


Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’

Via Fratelli Canova, 49

La sala dedicata all’Uomo offre ricostruzio-

Il percorso si conclude con la sezione dedi-

40068 San Lazzaro di Savena (BO)

ni a grandezza naturale dei nostri progeni-

cata all’Età del Ferro, preceduta dalla rico-

Tel. 051 465132

tori, dagli Ominidi all’Homo erectus, prima

struzione di una capanna villanoviana a

Fax 051 465132

specie umana che popola il pedeappenni-

pianta ovale, con tetto a quattro spioventi.

museodonini@libero.it

no bolognese, ai Neandertaliani rappresen-

Qui sono esposti corredi funebri provenien-

www.comune.sanlazzaro.bo.it/

tati in scene di vita quotidiana, che fanno

ti da diverse località della pianura e della

rete_civica

da cornice alle testimonianze archeologi-

collina bolognese; alcuni fra questi vengo-

che rinvenute nel territorio.

no da un gruppo di tombe messe in luce tra

Il Museo, intitolato allo speleologo bolognese Luigi Donini, scomparso prematuramente, illustra la storia più antica dell’area dei Gessi del territorio bolognese sia dal punto di vista geologico e naturalistico che del popolamento umano sull’Appennino bolognese. Numerosi sono i resti fossili di vertebrati (erbivori, carnivori, uccelli) rinvenuti all’interno degli inghiottitoi carsici formatisi nei Gessi, di cui il più rilevante è quello di Cava Filo. Una serie di reperti illustra le principali caratteristiche del sistema carsico dei Gessi: forme di cristalizzazione e fossili, fra i quali noduli di ambra provenienti dagli strati marnoso-argillosi interposti alle bancate di gesso. Fanno da sfondo le sagome tridimensionali a grandezza naturale di animali che hanno abitato il territorio nell’Ultimo Glaciale (bisonte delle steppe e il gigantesco cervide chiamato megacero e, fra i carnivori, due

p 1. Noduli d’ambra fossile in matrice marnoso-argillosa, Scanello di Loiano - Monghidoro,

iene maculate).

San Lazzaro di Savena, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ (foto Costantino Ferlauto).

226

Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’


Uomini, ambienti, animali prima della storia, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’, s.l., s.n.t., 2003.

Materiali e documenti per un Museo della preistoria: San Lazzaro di Savena e il suo territorio, a cura di Fiamma Lenzi, Gabriele Nenzioni, Carlo Peretto, Bologna, Nuova Alfa, 1985. Dal paleolitico al Neolitico. Viaggio attraverso gli strumenti della preistoria, a cura di Fiamma Lenzi, s.l., s.n.t., 1991.

Il tempo e la natura. Culture e insediamenti preistorici nella zona dei Gessi, a cura di Fiamma Lenzi, Gabriele Nenzioni, San Lazzaro di Savena, Museo archeologico ‘Luigi Donini’, 1991. Lettere di pietra. I depositi pleistocenici del margine appenninico bolognese. Sedimenti, industrie fauna, a cura di Fiamma Lenzi e Gabriele Nenzioni, Bologna, Editrice Compositori, 1996. Il Museo archeologico Luigi Donini, s.l., s.n.t., 1999.

p 2. Vago d’ambra di forma cilindrica per

p 3. Fibula a sanguisuga con arco

p 4. Fibule con arco rivestito da nocciolo

fibule ad arco rivestito, necropoli di Caselle di San Lazzaro, tomba 3, metà VII secolo a.C., San Lazzaro di Savena, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ (foto Costantino Ferlauto).

losangiforme a castone, necropoli di Caselle di San Lazzaro, tomba 25, primi decenni VII secolo a.C., San Lazzaro di Savena, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ (foto Costantino Ferlauto).

d’ambra, necropoli di Caselle di San Lazzaro, tomba 26, primi decenni VII secolo a.C., San Lazzaro di Savena, Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’ (foto Costantino Ferlauto).

il 1988 e il 1990 in località Caselle (San Lazzaro) e conservano alcune fibule in ambra.

Riferimenti bibliografici

Museo della Preistoria ‘Luigi Donini’

227


Palazzo della Cultura

Piazza Garibaldi, 19

mineraria, fu un grande cultore della cono-

scritti, estratti di natura scientifica, mate-

47030 Sogliano al Rubicone (FC)

scenza tesa alla scoperta del proprio terri-

riale fotografico e diapositive. Inoltre

Tel. 0541 817350-320

torio. Si interessò di subsidenza, paleocli-

contiene numerosi reperti fossili e mine-

Fax 0541 948866

matologia e inquinamento ambientale.

rari, fra cui il prezioso ovoide d’ambra di

cultura@comune.sogliano.fc.it

La collezione è costituita da due sezioni –

625 grammi recuperato dal Veggiani

www.comune.sogliano.fc.it

una documentaria e una mineralogica –

presso Campaolo, frazione di Sogliano al

allestite all’interno di sei splendide sale

Rubicone.

Collezione Veggiani

affrescate. La raccolta è formata da oltre

Antonio Veggiani, laureato in Ingegneria

5.000 volumi di cultura generale, mano-

CATALOGO

1. Ovoide Materiale: ambra con inclusioni vegetali e animali Dimensioni: peso 625 g Provenienza: Campaolo Collocazione: Palazzo della Cultura, Sogliano al Rubicone Datazione: Oligocene superiore-aquitaniano Bibliografia: ANTONIO VEGGIANI, L’ambra appenninica nei pressi di Mercato Saraceno, «Studi Romagnoli», III, 1952, pp. 529-535; A. VEGGIANI, Nuovo rinvenimento di ambra gialla nei pressi di Mercato Saraceno, «Emilia Preromana», III, 1951-1952, pp. 133-135; A. VEGGIANI, Ancora sull’ambra di Campaolo presso Mercato Saraceno, Faenza, Fratelli Lega p 1. Particolare della vetrina contenente l’ovoide in ambra, Sogliano al Rubicone, Palazzo

Editori, 1964 (Quaderni degli Studi Ro-

della Cultura, Collezione Antonio Veggiani.

magnoli, I).

228

Palazzo della Cultura


Conservazione e restauro dell’ambra Florence Caillaud

Natura e origine L’ambra è il prodotto della fossilizzazione della resina di conifere presenti nelle foreste che coprivano parte delle terre emerse durante ere geologiche lontane (dal Giurassico in poi). La resina più o meno viscosa emessa dall’albero per riparare le sue ferite o i danni provocati da un incendio, dopo una fase di parziale essiccazione, diventa un composto solido di tipo copale. Solo dopo l’invecchiamento per milioni di anni al riparo dell’aria, in particolari condizioni di pressione e temperatura, diventa ambra, un materiale molto particolare, essendo un ‘fossile’ di composizione ancora organica, come la lignite, derivata dalla parziale carbonificazione di vegetali, che ha tuttavia caratteristiche completamente diverse. È un polimero complesso ad alto peso molecolare, composto da catene di Carbonio - Idrogeno - Ossigeno (formula indicativa C10 H16 O), associati con altri elementi minori quali zolfo, idrocarburi aromatici e terpenici e piccole frazioni inorganiche. Ricordiamo la frequente esistenza di inclusioni di organismi vegetali o animali, particolarmente insetti intrappolati milioni di anni fa nella resina fresca, conservati così bene da estrarne il DNA, grazie probabilmente al ruolo delle sostanze terpeniche presenti nell’ambra. La sua composizione esatta varia secondo la provenienza, fatto questo estremamente importante per la ricerca archeologica che, tramite le analisi di composizione, ne può identificare l’origine, mappando così gli scambi nell’antichità (vie dell’ambra).

Quantitativamente, la maggiore parte dell’ambra antica, dalla preistoria all’antichità classica, sembra originaria dei giacimenti della zona del mare Baltico, dove veniva raccolta o estratta, e si caratterizza per un alto tenore di acido succinico (dal 3 all’8%). È stata usata anche l’ambra di altri giacimenti locali più recenti (Miocene) e sicuramente più sporadici, specie in epoca preistorica.1 Quest’ambra risulta generalmente molto ossidata e fragile: la sua composizione di tipo ‘retinico’ la rende probabilmente meno resistente al degrado e potrebbe incidere sulla percezione moderna dell’utilizzo in antico delle varie ambre, con un fattore di conservazione differenziale. Lavorazione L’ambra ha caratteristiche uniche di colore, trasparenza e lucentezza, oltre alla capacità di caricarsi di elettricità statica, che le conferirono un alone quasi magico in antico e la resero un bene estremamente desiderabile. È presente in ambito archeologico sotto forma di elementi decorativi di vari oggetti di parure o di particolare prestigio (fibule, collane, inserti vari), spesso in associazione con altri materiali che ne esaltano il colore e la trasparenza. Le dimensioni degli elementi variano da pochi millimetri a diversi centimetri e sono limitate comunque dalla gran-

1 FRANÇOISE CHAVIGNER, Intervention sur le terrain: le mobilier, in La conservation en archéologie, a cura di Marie-Claude Berducou, Paris, Masson, 1990, pp. 73-74.

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dezza e dall’omogeneità del nodulo di ambra grezza, che solo in rari casi può raggiungere alcuni chilogrammi.2 La lavorazione dell’ambra è di tipo meccanico: è una resina tenera ma compatta e non particolarmente fragile, che ben si presta a operazioni di taglio, foratura, lucidatura, ecc. Potrebbe essere stata sfruttata la capacità dell’ambra di ammorbidirsi a caldo (diventa termoplastica verso 150 °C) per modellarla meglio ed evitare perdite del prezioso materiale, benché prove sperimentali svolte recentemente non abbiano confermato l’opportunità di tale tecnica, mentre hanno verificato che il riscaldamento ne esalta il colore.3 Alterazione Benché vecchia di milioni di anni, l’ambra di provenienza archeologica è tutt’altro che stabile e va soggetta a un degrado che può comprometterne la leggibilità e talvolta l’esistenza. Di matrice essenzialmente organica, è molto sensibile a fattori ambientali quali presenza d’ossigeno e di inquinanti, umidità, temperatura, radiazione ultravioletta.

L’alterazione dell’ambra – i cui meccanismi non sono del tutto chiariti in ragione della natura complessa del polimero – è fondamentalmente un’ossidazione che provoca la rottura dei legami chimici della molecola e si manifesta con i seguenti aspetti: - scurimento e opacizzazione della materia precedentemente trasparente, - micro-fessurazioni (craquelé), aumento della porosità, disgregazione, pulverulenza e distacco di scaglie di superficie. Come per molti paleo-materiali, non sono del tutto chiare le relazioni tra condizioni di interramento, composizione dell’ambra e tipologia del degrado: i vaghi di una collana, presumibilmente di composizione simile e vicini tra loro in giacitura, presentano spesso un stato di conservazione molto diverso, che può variare da perfettamente compatto e trasparente a biancastro e pulverulente.

2

RODNEY R. BAIRD, www.ancientroute.com/resource/stone/amber.htm, 2000. ALESSANDRO PACINI, Studi e esperimenti su preziosi policromi antichi, s.l., s.n.t., 2004, pp. 74-83. 3

p 1. Fibula in bronzo e ambra, dopo il restauro. Necropoli di Savignano

p 2. Elementi di fibule con arco rivestito in ambra prima del

Cà Bianca (tomba D, inv. 15; cm 3). Si notano l’opacizzazione e la pulverulenza derivanti dalla parziale cristallizzazione.

restauro. Necropoli di Savignano Cà Bianca (tomba D, inv. 49; cm 3). Malgrado l’estrema frammentazione, il rimontaggio dei frammenti permetterà il recupero di tre vaghi decorati quasi completi.

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Conservazione e restauro Un punto fondamentale è il recupero sullo scavo dell’ambra, che richiede la massima tempestività e cautela nel prelievo e nel condizionamento provvisorio: in effetti l’ambra umida (waterlogged) rischia una veloce distruzione per disidratazione se la sua essiccazione non è progressiva e controllata. Il reperto va posto in un contenitore chiuso, con un’imbottitura umida non putrescibile che gli garantisca sia supporto fisico che stabilità igrometrica. Deve essere frequentemente controllato e portato in tempi brevi a un laboratorio di restauro per la sua stabilizzazione e l’eventuale consolidamento. La regola generale dell’intervento minimo, per cui il consolidamento va effettuato solo se assolutamente necessario, è particolarmente importante per l’ambra in ragione del rischio di interazione del consolidante con le analisi fisico-chimiche per l’autenticazione e la ricerca della provenienza;4 per questo è opportuno campionare una piccola scaglia d’ambra (dell’ordine del milligrammo) prima del consolidamento del resto del reperto. L’ambra molto degradata, fragile e a rischio di rottura, può necessitare di consolidamento già dal momento del suo recupero oppure in seguito all’adattamento con l’ambiente post-ritrovamento. In passato, per consolidare o incollare ambra, oppure per l’integrazione di lacune, sono state utilizzate sostanze varie, talvolta di natura simile all’ambra come il copale, oppure la paraffina, la cera d’api o la gelatina; il loro pessimo invecchiamento ha provocato ai reperti danni pressoché irreversibili; più recentemente, dagli anni Sessanta ad oggi si è fatto ricorso a polimeri sintetici, principalmente acetato di polivinile, copolimeri acrilici in soluzione o dispersione. La parziale solubilità dell’ambra nei solventi polari, in primis alcool ed etere, talvolta sfruttata per ripristinare fratture

p 3. Coppia di fibule in bronzo, osso e ambra. Necropoli di Savignano Cà Bianca (tomba D, inv. 50; cm 3). Prelevate sullo scavo con il sedimento per consentire un migliore recupero in laboratorio; sono molto incomplete e il rivestimento di ambedue è abraso, schiacciato e deformato.

p 4. La stessa coppia di fibule dopo l’intervento di restauro: estrazione dal sedimento, consolidamento contestuale, velinatura provvisoria con carta giapponese e incollaggio dei frammenti.

4 DAVID THICKETT, PIPPA CRUICKSHANK, CLARE WARD, The conservation of amber, «Studies in conservation», 40, 4, 1995, pp. 217-226.

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recenti tramite ‘auto saldatura’ delle superfici combacianti, consiglia la scelta di un consolidante acrilico solubile in solvente poco polare, come il Paraloid B 72® o il Paraloid B 67® in acetone o dimetilbenzene (compatibilmente con la sua tossicità), oppure in alcuni casi il Primal in dispersione acquosa. Il consolidante preparato in concentrazione sufficiente (circa 10-20% P/V) deve essere applicato in piccole quantità, evitando un’eccessiva imbibizione che renderebbe fragile ulteriormente l’ambra degradata. L’incollaggio può essere effettuato con lo stesso polimero usato come consolidante a maggiore concentrazione (40-50% P/V).

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Rimane comunque preferibile un intervento di conservazione preventiva che limiti i traumi fisici-chimici e le manipolazioni tramite un corretto supporto e/o imballaggio, senza contaminare l’ambra con sostanze la cui stabilità e la cui reversibilità non sono prova di secoli. Una recente indagine sull’invecchiamento artificiale di ambra baltica ‘moderna’ ha dimostrato l’importanza dell’ossigeno ma anche di un livello estremo di umidità relativa per evitare reazioni d’ossidazione. Si raccomanda quindi di conservare i reperti d’ambra in condizioni medie e stabili di temperatura e umidità relativa, a riparo dalla luce ultravioletta che scatena l’ossidazione.


Apparati



Le fonti letterarie Beatrice Orsini

Le caratteristiche dell’ambra

co, s’accende come una torcia e alimenta una fiamma grassa e odorosa; poi diventa vischiosa come la pece o la resina.

Xenophon, Anabasis, II, 3, 15

I datteri di palma che si possono trovare in Grecia, là venivano assegnati ai servi mentre quelli utilizzati dai padroni erano scelti; meravigliosi per bellezza e dimensioni, simili nel colore all’ambra. [...] Theophrastus, De lapidibus, V, 28, 2-4

[il «lingurio»] possiede una proprietà particolare, quella di attrarre corpi, come l’ambra, e non soltanto, come dicono alcuni, fuscelli e foglie, ma anche, come diceva Diocle, pezzi di rame e di ferro, purché piccoli. Tacitus, Germania, XLV, 8 [8] Si naturam sucini admoto igni temptes, in modum taedae accenditur alitque flammam pinguem et olentem; mox ut in picem resinamve lentescit. Se, per saggiare la composizione dell’ambra, la avvicini al fuo-

Martialis, Epigrammata, III, 65 Quod spirat tenera malum mordente puella, quod de Corycio quae venit aura croco; vinea quod primis floret cum cana racemis, gramina quod redolent, quae modo carpsit ovis; quod myrtus, quod messor Arabs, quod sucina trita, pallidus Eoo ture quod ignis olet; gleba quod eastivo leviter cum spargitur imbre, quod madidas nardo passa corona comas: hoc tua, saeve puer Diadumene, basia fragrant. Quid si tota dares illa sine invidia? L’odore della mela morsa da una leggiadra fanciulla, del venticello che si leva dal croco di Coricio; della vigna quando fiorisce cenerina per i primi grappoli, dell’erba appena brucata dalla pecora; il profumo del mirto, del mietitore arabo, dell’ambra tritata, del fuoco impallidito per l’incenso orientale; delle zolle leggermente bagnate dalla pioggia d’estate; della corona che si è adattata alle chiome stillanti nardo: di tutto questo avvampano i tuoi baci, Diadumeno, crudele giovincello. Cosa sarebbe se me li dessi tutti senza animosità? Martialis, Epigrammata, V, 37 Puella senibus voce dulcior cycnis, […] fragravit ore quod rosarium Paesti, quod Atticarum prima mella cerarum, quod sucinorum rapta de manu gleba; adhuc recenti tepet Erotion busto, quam pessimorum laxa amara fatorum sexta peregit hieme, nec tamen tota, nostros amores gaudiumque lususque. […]

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Bimba per me dalla voce più dolce/dei cigni […] Dalla bocca mandava una fragranza / come quella ch’esala / dai rosari di Pesto, / ovver dal primo miele/dei favi dell’Attica / o quale emana da una palla d’ambra / tolta di mano. / Messo di fronte a lei a paragone / sfigurava il pavone, / sgradevole sembrava lo scoiattolo, / un uccello comune la fenice. / Tiepido ancora è il corpo di Erotion / nel sepolcro recente, / lei che la legge amara / del più crudel destino / nel sesto dei suoi inverni non compiuto, / portò via da noi, / lei ch’era il nostro amore, / la gioia ed il trastullo. Martialis, Epigrammata, XI, 8 Lassa quod hesterni spirant opobalsama dracti, / Ultima quod curvo quae cadit aura croco; / Poma quod hiberna maturescentia capsa, / Arbore quod verna luxuriosus ager; / De Palatinis dominae quod Serica prelis, / Sucina virginea quod regelata manu; / Amphora quod nigri, sed longe, fracta Falerni, / Quod qui Sicanias detinet hortus apes; / Quod Cosmi redolent alabastra focique deorum, / Quod modo divitibus lapsa corona comis: / Singula quid dicam? non sunt satis; omnia misce: / Hoc fragrant pueri basia mane mei. / Scire cupis nomen? si propter basia, dicam. / Iurasti! nimium scire, Sabine, cupis. L’odore che spirano i recenti balsami di un vaso di profumi, quello che manda l’ultimo goccio del getto di zafferano; il profumo delle mele che maturano d’inverno nella cassa, quello del campo ricco di alberi primaverili; il profumo delle vesti regali di seta uscite dagli armadi del palazzo, il profumo dell’ambra riscaldata dalla mano di una vergine; quello che viene da un’anfora di scuro Falerno, che s’è rotta lontano, quello di un giardino che attira le api siciliane; l’odore dei vasi del profumiere Cosmo, dei divini altari, della corona appena caduta da una bella chioma… Perché dire le cose una per una? Non basta; mescola tutto: ecco il profumo dei baci del mio ragazzo al mattino. Vuoi saperne il nome? Te lo dirò, ma solo per i baci. Hai giurato. Vuoi sapere troppo, Sabino.

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Il commercio dell’ambra Tacitus, Germania, XLV, 5-6 [5] […] Nec quae natura, quaeve ratio gignat, ut barbaris, quaesitum compertumve; diu quin etiam inter cetera eiectamenta maris iacebat, donec luxuria nostra dedit nomen. Ipsis in nullo usu; rude legitur, informe profertur, pretiumque mirantes [6] accipiunt. [...] [Gli Estii] Barbari come sono, non si son posti il problema e non hanno accertato né la natura di questa sostanza né quale causa la produca; anzi è rimasta a lungo confusa tra gli altri rifiuti del mare, finché la nostra mania di lusso non le ha dato un nome. Essi non sanno che farsene: la raccolgono grezza, ce la danno così com’è, e ne ricevono, stupiti, il compenso. [...] Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 45 Sexcentis M pass. fere a Carnunto Pannoniae abesse litus id Germaniae ex quo invehitur percognitum nuper. Vivitque eques Romanus ad id comparandum missus ab Iuliano curante gladiatorum munus Neronis principis, qui et commercia ea et litora peragravit, tanta copia invecta ut retia coercendis feris podium protegentia sucinis nodarentur, arma vero et libitina totusque unius diei adparatus [in variatione pompae singulorum dierum] esset e sucino. La distanza da Carnunto, in Pannonia, alle coste della Germania, da dove si importa l’ambra, è di circa 600 miglia: il fatto è stato accertato da poco, ed è ancora vivo il cavaliere romano inviato a procurarsela da Giuliano, quando questi fu incaricato di curare lo spettacolo di gladiatori dato dall’imperatore Nerone. Egli attraversò i mercati e le coste e ne riportò una quantità così grande che le reti protettive che tenevano lontane le fiere dal podio erano annodate con pezzi d’ambra, e inoltre le armi e le barelle e tutto l’apparato di ciascun giorno (dal momento che lo sfarzoso allestimento ogni giorno cambiava) erano ornati d’ambra.


L’Eridano e le isole Elettridi Hesiodus, Theogonia, vv. 338-340

[...] Teti partorì all’Oceano i fiumi vorticosi, il Nilo e l’Alfeo e l’Eridano dai profondi vortici, lo Strimone ed il Meandro e l’Istro dalla bella corrente. [...] Aeschylus, Heliades, frg. 107M

[...] Le donne di Adria, avevano consuetudine di lamenti. [...]

stagno e di rame, lavorate in modo antico. Si narra che queste siano lavori di Dedalo, ricordo degli antichi, che Minosse fuggendo dalla Sicilia e da Creta verso questi luoghi gettò via. Si dice anche che queste isole siano state formate dal fiume Eridano. C’è anche una palude, sembra, vicino al fiume dove l’acqua è calda: l’odore esaltato da quella è di profondo e pesante, e nessun essere vivente beve da quelle né uccello la sorvola, perché cadrebbe e morirebbe. La zona in circolo misura duecento stadi [ca. 37 km.], in larghezza fino a dieci [ca. 1,8 km.]. I locali raccontano che in quella palude è caduto Fetonte colpito da un fulmine. Nella stessa ci sono molti pioppi, dai quali cade la cosiddetta ambra. Pseudo-Scylax, 21

Pseudo-Aristoteles, Mirabilium auscultationes, 836a, 24-836b, 12

In questa regione (cioè la Liburnia) ci sono queste isole, che io posso menzionare per nome (ce ne sono molte altre prive di nome). L’isola di Istria di 310 stadi in lunghezza e 120 in larghezza. Le Elettridi e le Mentoridi. Queste isole sono grandi. Herodotus, Historiae, III, 115, 1

Nelle isole Elettridi, le quali si trovano nella parte più interna dell’Adriatico, si dice che ci siano poste due statue, di

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Apollonios Rhodios, Argonauticon, IV, vv. 504-506

[1] Queste dunque sono le estremità del mondo in Asia e in Libia. Invece, sulle estremità del mondo in Europa, verso occidente, non posso parlare con sicurezza: quanto a me, infatti, non ammetto che i barbari chiamino Eridano un fiume che sfocia nel mare verso il vento Borea, da cui si racconta che verrebbe l’ambra, né conosco l’esistenza delle isole Cassiteridi, da cui ci proverrebbe lo stagno. [2] Da un lato, infatti, il nome stesso Eridano indica che si tratta di un nome greco e non barbaro, inventato da qualche poeta; d’altro lato, sebbene me ne dia cura, non riesco a sentire da nessuno, il quale l’abbia visto con i propri occhi, che al di là dell’Europa esista un mare. In ogni caso, lo stagno e l’ambra ci provengono da una estremità del mondo. Herodotus, Historiae, IV, 32, 1

[...] Salirono subito in nave, e fecero forza sui remi, / senza tregua, finché arrivarono all’isola sacra di / Elettride, ultima fra tutte, accanto al corso dell’Eridano. [...] Apollonius Rhodius, Argonauticon, IV, vv. 625-636

Di là entrarono nel profondo corso del Rodano, / che si getta nell’Eridano, e nel confluire le acque / rimbombano e ribollono. Questo fiume, sorgendo dall’estremità della terra, / dove sono le porte e le dimore della notte, / da una parte si scarica sulle coste / dell’Oceano, dall’altra sfocia nel mar Ionio, / dall’altra attraverso sette bocche emette la sua corrente nel mare Sardonio / e nel suo golfo sconfinato. Pseudo-Scymnos, vv. 369-374, 394-395

Degli Iperborei non discorrono né gli Sciti né gli altri abitanti di questo continente, a eccezione degli Issedoni. Ma io credo che anch’essi non dicano niente, altrimenti ne parlerebbero pure gli Sciti, come parlano degli uomini con un occhio solo. Si fa menzione degli Iperborei in Esiodo e anche in Omero, negli Epigoni, ammesso che Omero abbia effettivamente composto tale poema.

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[…] In vortici rabbiosi, travolgendo le selve, straripa Erídano il re dei fiumi e per tutti i campi trascina con le stalle gli animali.

Viene poi il mare chiamato Adriatico. Teopompo ne descrive la posizione, dicendo che forma un istmo verso il Ponto; in esso si trovano isole assai simili alle Cicladi, le cosiddette Assirtidi, le Elettridi e le Liburnidi. […] Al di là di costoro (i Traci Istri) abitano gli Ismeni e i Mentori, l’Eridano, che offre il bellissimo elettro: si dice che esso sia formato da lacrime pietrificate, dallo stillare della brillante resina dei pioppi. Sostengono alcuni che qui sia caduto Fetonte, abbattuto da un fulmine: perciò la maggior parte degli abitanti veste di nero in segno di lutto. La regione vicina è abitata da Pelaghi e Liburni. Cicero, Arati Phaenomena, vv. 144-148 Namque etiam Eridanum cernes in parte locatum / caeli, funestum magnis cum viribus amnem, / quem lacrimis maestae Phaethontis saepe sorores / sparserunt, letum maerenti voce canentes. / Hunc Orionis sub laeva cernere planta serpentem poteris, proceraque vincla videbis, quae retinent Pisces caudarum a parte locata, Flumine mixta retro ad Pistricis terga reverti. Infatti anche l’Eridano scorgerai, collocato in una parte del cielo, fiume funesto dalle forti correnti, che spesso le meste sorelle di Fetonte sparsero di lacrime, cantandone con triste voce la morte. Potrai vederlo serpeggiare sotto il piede sinistro d’Orione, e vi scorgerai le lunghe catene che imbrigliano i pesci dalla parte della coda tornare alle spalle della Balena, dopo essersi mischiati al Fiume. Vergilius, Georgicae, I, vv. 481-483 […] Proluit insano contorquens vertice silvas / fluviorum rex Eridanus camposque per omnis / cum stabulis armenta tulit.-

Vergilius, Georgicae, IV, vv. 368-372 […] / et caput, unde altus primum se erumpit Enipeus, / unde pater Tiberinus, et unde Aniena fluenta / saxosusque sonans Hypanis Mysusque Caicus / et gemina auratus taurino cornua voltu / Eridanus, quo non alius per pinguia culta / in mare purpureum violentior effluit amnis […] e la fonte onde erompe il profondo Enipèo e l’Ipane sonoro tra i sassi ed il Miso Caìco, la fonte del Tevere padre e d’Aniene e dorato le corna col volto taurino Eridano, di cui non c’è fiume che più si riversi violento per fertili vaste campagne nel mare purpureo. Germanicus, Aratea, vv. 363-374 Amnem, qui Phaethonta suas deflevit ad undas, / postquam patris equos non aequo pondere rexit, / vulnere reddentem flammas Iouis; hunc, nova silva, / planxere ignotis maestae Phaethontides ulnis. / Eridanus medius liquidis interiacet astris. / Huius pars undae laevum ferit Orionis / lapsa pedem procul. Ambobus qui piscibus unus / vincula conectit, nodus cristam super ipsam / aequoreae pristis radiat. Sunt ubera caelo / sidera non ullam specie reddentia formam / sub leporis latus, aversam post denique puppim / inter et Eridani flexus clavum que carinae. Fiume nelle cui acque Fetonte si piegò dopodiché non governò con la giusta autorità i cavalli del padre, pagò con una ferita i fulmini di Giove; qua nella nuova foresta, le sorelle di Fetonte tristi piansero con braccia mai viste. Eridano giace in mezzo alle limpide costellazioni. La parte della sua onda che scivola colpisce il piede sinistro del vicino Orione. Lontano un solo nodo [lo] imprigiona ad entrambi i pesci, nodo che illumina sopra la stessa cresta della balena. Ci sono nel cielo stelle libere che non restituiscono nell’aspetto alcuna forma sotto il fianco della Lepre infine die-

Le fonti letterarie

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tro la Nave voltata indietro e fra la sinuositĂ di Eridano e il chiodo della Carena. Plinius, Naturalis Historia, III, 152 Iuxta eas Electridas vocavere in quibus proveniret sucinum, quod illi electrum appellant, vanitatis Graecae certissimum documentum, adeo ut quas earum designent haut umquam constiterit. Vicino a queste furono dette Elettridi le isole in cui si produceva l’ambra, che in greco si chiama elettro. Questa è una prova evidente della superficialitĂ dei Greci: non si è infatti mai saputo con certezza quali fra le molte isole della zona essi abbiano designato con questo nome.

Lucianus, De saltatione, 55

[55] In Italia ci sono l’Eridano, Fetonte e le sorelle divenute pioppi, addolorate e piangenti lacrime di ambra. Pausanias, Graeciae descriptio, I, 4, 1 ! "

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Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 32 Diligentiores eorum Electridas insulas in mari Hadriatico esse dixerunt, ad quas delaberetur Pado. Qua appellatione nullas umquam ibi fuisse certum est, nec vero ullas ita positas esse, in quas quidquam cursu Padi devehi posset. Nam quod Aeschylus in Hiberia (hoc est in Hispania) Eridanum esse dixit eundemque appellari Rhodanum, Euripides rursus et Apollonius in Hadriatico litore confluere Rhodanum et Padum, faciliorem veniam facit ignorati sucini tanta ignorantia orbis. Tra gli scrittori greci, quelli che volevano essere piĂš precisi hanno detto che ci sono, nel mare Adriatico, certe isole Elettridi alle quali l’ambra arriva trasportata dal Po. Ăˆ certo che non ci furono mai in quei luoghi isole con questa denominazione, nĂŠ situate in posizione tale che una cosa, quale che fosse, potesse esservi trasportata dal corso del Po. In effetti, se Eschilo dice che l’Eridano si trova in Iberia, cioè in Spagna, e che esso si chiama anche Rodano, e ancora se Euripide e Apollonio fanno confluire il Rodano e il Po sulla costa dell’Adriatico, una tale ignoranza della geografia rende piĂš scusabile la loro ignoranza dell’ambra.

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Questi Galati abitano le parti piĂš remote dell’Europa [‌], presso un mare vasto, che non è navigabile fino ai suoi estremi confini, con maree e grandi flutti e una fauna che in nulla somiglia a quella degli altri mari; la loro terra è attraversata dal fiume Eridano, sul quale si crede che le figlie di Elio piangano la disgrazia toccata al fratello Fetonte. Il nome Galati si affermò tardi: in antico, fra di essi e presso gli altri popoli, era corrente il nome di Celti. Pseudo-Apollodorus, Bibliotheca, II, 11, 114-115


[114] Eracle attraversa l’Illiria e si dirige verso il fiume Eridano; giunse presso le Ninfe, figlie di Zeus e di Temi: esse gli rivelano dove si trova Nereo. [115] Eracle lo colse nel sonno e, benché assumesse forme di ogni genere, riuscì a legarlo e non lo liberò prima di aver saputo da lui dove si trovavano le mele e le Esperidi. Quando l’ebbe saputo, si mosse attraverso la Libia. Avienus, Arati Phaenomena, vv. 780-803 Quin et caeruleo Flumen quoque gurgite manans / astra inter sedesque deum pars aequoris esse / credidit Ausonii. Namque hunc dixere priores / Eridanum, Venetos late qui lapsus in agros / Alpino Hadriacos impellit gurgite fluctus. / Hic fusum caelo quondam Phaethonta sub undas / excepit senior, leve cum sensere iugales / aetherii rectoris onus, cumque ignifer axis / tramite sub mundi mortales sprevit habenas. / Didita tum late texere incendia terras, / astra vorax ignis, flammae sola cuncta coquebant, / donec fata sui miseratus Iuppiter orbis / redderet aetherii Phoebo moderamina cursus. / Illum prolixis durae Phaethontides ulnis / planxerunt, rediit supero pax aurea mundo, / Eridanumque senem nutu Iovis omniparentis / astra receperunt. Pharium pars altera Nilum / commemorat, largo segetes quod nutriat amni / arentisque locos unda fecundet alumna, / vel quod de medii prolapsus parte diei / vastus in aequoreas pelagi sese inferat undas. / Iste pedem laevum rutili subit Orionis, / fusaque quae geminos adstringunt vincula Pisces / Eridani coeunt anfractibus. E certo anche il Fiume, scorrendo con ceruleo vortice tra gli astri e le sedi degli dei, ha consegnato la parte che è del mare Ausonio. E infatti questo gli antenati chiamarono Eridano, il quale straripato abbondantemente per i campi veneti, spinge i flutti alpini vorticosamente nell’Adriatico. Lì cadde dal cielo sotto le onde Fetonte quando sostituì il padre, poiché i cavalli aggiogati percepirono il peso leggero del conducente celeste, e in quanto il cavallo indiano portatore del fuoco lungo il percorso della sfera celeste di-

sprezzava le briglie mortali. Allora ricoprirono ovunque la terra incendi diffusi, il fuoco vorace arrostiva tutti gli astri e le terre, finché Giove, commosso dal destino del suo mondo, restituì a Febo il timone del carro celeste. Le Fetontidi lo piansero sulle dure braccia allungate, tornò un’aurea pace sul mondo, e le stelle accolsero il vecchio Eridano al comando di Giove creatore di tutto. Altra parte ricorda il Nilo dal Faro, che nutre vasti campi coltivati con l’acqua, e l’onda istruita feconda luoghi aridi, oppure che, caduto nella parte meridionale del giorno, porta le sue onde immense nelle distese dell’oceano. Questo passa sotto il piede leggero del rosso Orione, e, le catene fluttuanti che stringono i Pesci gemelli si uniscono ai meandri dell’Eridano. Avienus, Arati Phaenomena, vv. 1166-1169 Quin et cum Scorpius acer / nascitur Oceano, quidquid per sidera aquarum / ad speciem Eridanus pater exspuit, abditur alta / Tethye et Occidui tegitur Padus aequore ponti. E certo quando il pungente Scorpione nasce dall’Oceano, qualsiasi forma d’acqua il padre Eridano espelle lungo le stelle, si nasconde nelle profondità di Teti e il Po si copre con la distesa del mare Occidentale. Claudianus, Panegyricus Probino et Olybrio consulibus, vv. 253-260 [Tiber:] Currat qui sociae roget in conviva mensae / indigenas fluvios, Italis quicumque suberrant / montibus Alpinasque bibunt de more pruinas, / Vulturnusque rapax et Nar vitiatus odoro / sulphure tardatusque suis erroribus Ufens / et Phaethonteae perpessus damna ruinae / Eridanus flavaeque terens querceta Maricae / Liris et Oebaliae qui temperat arva Galaesus. [Tevere:] Corra chi chiede come commensale di un banchetto d’alleati i fiumi indigeni, qualsiasi scorra sotto le montagne d’Italia e beva d’abitudine le nevi alpine, e l’impetuoso Volturno, e il Nera corrotto dall’odore sulfureo, e l’Ufente rallentato dai suoi meandri, e l’Eridano che sop-

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porta le conseguenze della disgrazia fetontidea, e il Liri che leviga i querceti della bionda Marica, e il Galeso che prepara i campi dell’Ebalia [Taranto]. Claudianus, Panegyricus de sexto consulatu Honorii Augusti, vv. 146-177 Undosa tum forte domo vitreisque sub antris / rerum ignarus adhuc ingentes pectore curas / volvebat pater Eridanus: quis bella maneret / exitus, imperium ne Iovi legesque placerent / et vitae Romana quies, an iura perosus / ad priscos pecudum damnaret saecula ritus? / Talia dum se cum movet anxius, advolat una / Naiadum resoluta comam, conplexaque patrem, / “en Alaricus” ait, “non qualem nuper ovantem / vidimus; exangues, genitor, mirabere vultus. / Percensere manum tantaque ex gente iuvabit / reliquias numerasse breves. Iam desine maesta / fronte queri, Nymphasque choris iam redde sorores”. / Dixerat; ille caput placidis sublime fluentis / extulit et totis lucem spargentia ripis / aurea roranti micuerunt cornua vultu. / Non illi madidum vulgaris harundine crinem / velat honos; rami caput umbravere virentes / Heliadum totisque fluunt electra capillis. / Palla tegit latos umeros, curruque paterno / intextus Phaethon glaucos incendit amictus, / fultaque sub gremio caelatis nobilis astris / aetherium probat urna decus. Namque omnia luctus / argumenta sui Titan signavit Olympo: / mutatumque senem plumis et fronde sorores, / et fluvium, nati qui vulnera lavit anheli; / stat gelidis Auriga plagis; vestigia fratris / germanae servant Hyades, Cycnique sodalis / Lacteus extentas aspergit Circulus alas; / stelliger Eridanus sinuatis flexibus errans / clara Noti convexa rigat gladioque tremendum / gurgite sidereo subterluit Oriona. / Hoc deus effulgens habitu prospexit euntes / deiecta cervice Getas; tum talia fatur: / “sicine mutatis properas, Alarice, reverti / consiliis? Italae sic te iam paenitet orae? / Nec iam cornipedem Thybrino gramine pascis, / ut rebare tuum, Tuscis nec figis aratrum / collibus? O cunctis Erebi dignissime poenis, / tu ne Giganteis urbem temptare

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deorum / adgressus furiis? Nec te meus, inprobe, saltem / terruit exemplo Phaethon, qui fulmina praeceps / in nostris efflavit aquis, dum flammea caeli / flectere terrenis meditatur frena lacertis / mortalique diem sperat diffundere vultu? / Crede mihi, simili bacchatur crimine, quisquis / adspirat Romae spoliis aut Solis habenis”. Allora per caso all’ondosa dimora e ai vetri sotto le grotte, ancora ignaro dei fatti, il padre Eridano meditava grandi affanni nel cuore: quale esito sarebbe risultato dalla guerra, il potere e le leggi non sarebbero dispiaciute a Giove e la quiete della vita romana, o, detestati i diritti, avrebbe condannato le generazioni all’antico rito delle bestie? Mentre preoccupato rimugina tali cose tra sé, giunge volando una Naiade dai capelli sciolti e, abbracciando il padre, dice: “ecco Alarico! Non come l’abbiamo visto poco tempo fa esultante: sarai sorpreso, padre, del suo volto pallido. Gioverà esaminare la forza e enumerare gli scarsi resti dalla moltitudine di popolo. Ora smetti di lamentarti con la fronte corrucciata, e già rendi le sorelle Ninfe alla danza”. Così disse; egli sollevò il capo dai placidi ruscelli in alto e spargendo luce alle sponde brillarono le corna dorate sul volto rugiadoso. A lui non orna la capigliatura bagnata una volgare di volgare canna; il capo ombreggiano rami verdeggianti delle Eliadi e fluisce ambra da tutti i capelli. Un mantello copre le spalle ai lati, e col carro paterno Fetonte intessuto incendia il verde vestito, e sostenuta sotto il petto con nobili stelle cesellate un’urna celeste conferma l’onore. E infatti il Titano lasciò impressa nell’Olimpo tutti gli articoli del suo lutto: e il vecchio mutato in piume, e le sorelle in fronde, e il fiume, che lavò le ferite del figlio che provoca affanni; è fisso l’Auriga nelle gelide plaghe; le impronte del fratello conservano le sorelle carnali Iadi, e del compagno Cigno la Via Lattea cosparge le ampie ali; l’Eridano portatore di stelle, errando con curve sinuose, irriga le chiare volte di Noto e con spada terribile in un vortice stellare scorre sotto Orione. La divinità brillante in questo abito guardava i Goti che arrivavano con la testa china; allora dice così: “così dunque,


cambiati i propositi, t’affretti a ritornare, Alarico? CosĂŹ adesso ti penti delle coste d’Italia? NĂŠ ormai fai pascolare il di corno zoccolato con l’erba tiberina, che consideravi tua, nĂŠ conficchi l’aratro nei colli toscani? O di ogni sofferenza di Erebo degnissimo, perchĂŠ non tenti l’assalto alla cittĂ degli dei con la pazzia dei Giganti? Neppure ti ha spaventato con l’esempio il mio Fetonte, che esalò il fulmine precipitando nelle nostre acque, quando pensava di manovrare le briglie fiammeggianti del cielo con braccia terrene e sperava di diffondere il giorno con volto mortale? Credimi, imperversa con simile crimine chi aspira al bottino di Roma o alle redini del Soleâ€?. Servius, Commentarius in Vergilii Georgica, I, 482 [‌] “Fluviorum rex Eridanusâ€?: Padum dicit. “Fluviorumâ€? autem “rexâ€? per Italiam, aut certe per totum orbem, secudnum quod dicit Lucanus, qui ait cum de isto flumine loqueretur “non minor hic Nilo, si non per plana iacentis / Aegypti Libycas Nilus stagnaret harenas; / non minor hic Histro, nisi quod, dum permeat orbem, / Hister casuros in quaelibet aequora fontes /accipit et Scythicas exit non solus in undasâ€?. [‌] “L’Eridano re dei fiumiâ€?: si indica il Po. “Re dei fiumiâ€? in Italia, o certamente in tutta la terra, secondo ciò che afferma Lucano, che dice parlando di questo fiume [II, 416-420]: “esso non sarebbe inferiore al Nilo, se il Nilo non dilagasse sulle sabbie libiche attraverso le pianure dell’Egitto; non sarebbe inferiore all’Istro, se l’Istro, mentre percorre il mondo non ricevesse sorgenti destinate a gettarsi in tutt’altri mari, e non sboccasse da solo sulle onde sciticheâ€?. Servius, Commentarius in Vergilii Georgica, IV, vv. 371-372 [‌] “Eridanusâ€?: fluvius Italiae, qui et Padus vocatur. “Purpureumâ€? autem nigrum ex altitudine accipimus: nam Padus non in rubrum mare, sed iuxta Ravennam in Adriaticum cadit. Et “purpureumâ€? Graecum est epitheton: [Mare rubrum

etiam dixit] Homerus “ξΚĎƒ à Νι Ď€ÎżĎ Ď†Ď…Ď Ă ÎľĎƒĎƒÎą

; unde apparet Victorinum hoc loco errasse, qui “purpureum mareâ€? Rubrum esse dixit, quod est iuxta Indiam. “Purpureumâ€? altum et per hoc nigrum, tropice. Legitur et “influitâ€?. [‌] “Eridanoâ€?, fiume dell’Italia, detto anche Po. “Purpureoâ€? invece lo intendiamo come scuro per la profonditĂ : infatti il Po sfocia non nel mar Rosso ma nell’Adriatico in prossimitĂ di Ravenna. E “purpureoâ€? è un epiteto greco: Omero “nel mare purpureoâ€?; da cui appare come Vittorino abbia sbagliato in questo passaggio, perchĂŠ ha detto che il “mare purpureoâ€? è il Rosso, che invece è presso l’India. “Purpureoâ€? anche per questo, profondo e scuro, metaforicamente. Si legge anche “scorre dentroâ€?. Servius, Commentarius in Vergilii Aeneidem, VI, vv. 659-660 “Unde superne plurimus Eridani per silvam volvitur amnisâ€?. Eridanus Aratus in caelo esse dicit, haud longe a ceto. Hic et in terris est, qui in Italia, id est Venetia, Padus vocatur: quem alii etiam ad inferos volunt tendere, alii nasci apud inferos et exire in terras. Ideo autem ista finguntur, quia de Appennini parte oritur, quae spectat infernum mare et tendit usque ad superum. Ergo hic sensus est: canebant in locis, “unde superneâ€?, id est ad superos, “plurimus Eridani amnis per silvam volviturâ€?: namque veri simile est, quoniam legimus de Aristaeo omnia sub magna labentia flumina terra spectabat diversa locis. Et congrue: nam omnis umor ex terrae nascitur venis. Alii Eridanum pro quocumque accipiunt et dicunt “kat’exokènâ€? dictum: nam legimus fluviorum rex Eridanus. Et amant poetae pro appellatione ponere magnae rei proprietatem, ut alibi poculaque inventis Acheloia miscuit uvis. Melius tamen est si distinguamus “unde superne plurimusâ€?, unde ad superos plurimus, id est magnus, “amnis volvitur per silvam Eridaniâ€?, id est populos. Fabula namque haec est: Eridanus Solis filius fuit. Hic a patre inpetrato curru agitare non potuit, et cum eius errore mundus arderet, fulminatus in Italiae fluvium cecidit: et tunc a luce ardoris sui Phaeton

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appellatus est, et pristinum nomen fluvio dedit: unde mixta haec duo nomina inter Solis filium et fluvium invenimus. Postea eius sorores flendo in populos versae sunt, ut in decimo “populeas inter frondes umbramque sororum”. Et hoc Vergilius: nam alii in alias arbores dicunt. […] “Da dove quassù nella terra sorgendo il fiume Eridano, ricco di acque, scorre la selva ed esce”. Arato dice che l’Eridano era in cielo, non lontano dalla costellazione della Balena. Si trova anche sulla terra, in Italia, nella regione veneta, dove è detto Po. Altri dicono che giunga agli inferi, altri che nasca presso gli inferi e affiori sulla terra. Ma queste affermazioni sono inventate, perché nasce dalla parte degli Appennini rivolta al mare Inferiore [Tirreno] e giunge nel mare Superiore [Adriatico]. Quindi così è percepito: celebravano nei luoghi, “da dove quassù nella terra”, cioè alla superficie, “il fiume Eridano, ricco di acque, scorre la selva ed esce”; è infatti verosimile che, poiché leggiamo da Aristeo che sotto tutta la terra scorrendo grandi fiumi, si osservavano in luoghi diversi. E conseguentemente infatti ogni liquido nasce dalle vene della terra. Altri accolgono l’Eridano dappertutto e dicono che è chiamato “per l’eccellenza”: infatti leggiamo Eridano re dei fiumi. E i poeti amano per declamazione porre la caratteristica della grandiosità, come altrove mescolò con uva un vaso d’acqua dell’Acheloo trovato. È tuttavia meglio se distinguiamo “Da dove quassù nella terra ricco di acque”, da dove moltissimo alla superficie, cioè grande, “sorgendo il fiume Eridano scorre la selva” cioè i pioppi. Infatti la storia è questa: Eridano era il figlio del Sole. Egli, supplicato il padre ne ottenne il carro che non poté guidare, e col suo vagare bruciò il mondo, cadde fulminato in un fiume d’Italia. E quindi dal calore della sua luce fu chiamato Fetonte, e diede l’antico nome al fiume: da cui abbiamo trovato mischiati questi due nomi tra il figlio del Sole e il fiume. Successivamente le sue sorelle, piangendo, furono mutate in pioppi, perciò nel decimo [v. 190] “tra le fronde dei pioppi e le ombre delle sorelle”. E così Virgilio: infatti altri dicono che furono mutate in altri alberi.

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Servius, Commentarius in Vergilii Aeneidem, VIII, 77 [Tiber] “Hesperidum fluvius regnator aquarum”. Bene addidit “Hesperidum”, id est Italicarum: nam Eridanus rex est fluviorum Hesperiae, ut fluviorum rex Eridanus. [Tevere] “Fiume re delle acque degli Esperidi”. Ha fatto ad aggiungere “degli Esperidi”, cioè degli Italici: infatti l’Eridano è il re dei fiumi d’Esperia, perché l’Eridano è il re dei fiumi. Nonnus, Dionysiaca, XI, vv. 22-23, 32-37

Concedi a questo fiume [il Pattolo] un onore olimpico pari quello che Fetonte concede all’Oceano, gettandovi i suoi rosei raggi. […] Oh, se l’onda dell’Eridano scorresse anche qui, fanciullo, quelle onde rese preziose dalle lacrime delle Eliadi, potrei così immergere le tue membra nell’oro e nell’ambra! Ma poiché vivo così lontano da questo fiume occidentale, mi recherò nella vicina città di Alibe, dove non lontano il Geudi trascina in un luccicante biancore le sue acque preziose.

L’impiego in medicina Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 44 Pado vero adnexa fabula est evidente causa, hodieque Transpadanorum agrestibus feminis monilium vice sucina gestantibus, maxume decoris gratia, sed et medicinae, creditur quippe tonsillis resistere et faucium vitiis, vario


genere aquarum iuxta Alpis infestante guttura hominum. La storia è certo associata al Po per una ragione evidente: ancora oggi le contadine transpadane portano oggetti d’ambra a mo’ di monili, soprattutto per ornamento, ma anche per le sue proprietà medicinali; si crede infatti che l’ambra sia efficace contro le tonsilliti e le malattie della gola, perché la natura delle acque in prossimità delle Alpi provoca infezioni di vario tipo alla gola degli uomini. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XII, 51 Infantibus adalligari amuleti ratione prodest. Callistratus prodesse etiam cuicumque aetati contra lymphationes tradit et urinae difficultatibus potum adalligatumque. Hic et differentiam novam attulit appellando chryselectrum, quod sit coloris aurei et matutino gratissimi adspectus, rapacissimum ignium, si iuxta fuerint, celerrime ardescens. Hoc collo adalligatum mederi febribus et morbis, tritum cum melle ac rosaceo aurium vitiis et, si cum melle Attico teratur, oculorum quoque obscuritati. Stomachi etiam vitiis vel per se farina eius sumpta vel cum mastiche pota ex aqua. Sucina et gemmis quae sunt tralucidae adulterandis magnum habent locum, maxume amethystis, cum tamen omni, ut diximus, colore tinguantur. Callistrato dice che, ingerita liquida o portata come amuleto, è utile, a ogni età, anche contro gli attacchi di delirio e la stranguria. Egli ha anche introdotto una nuova varietà definendo criselettro un tipo d’ambra che è del colore dell’oro e la mattina ha un aspetto delizioso, ma che, se c’è un fuoco vicino, vi si attacca immediatamente e brucia in un attimo. Portata al collo come amuleto quest’ambra curerebbe le febbri e le malattie; tritata invece e mescolata al miele e olio di rose sarebbe un rimedio contro le malattie delle orecchie e, se tritata con miele dell’Attica, anche contro l’oscuramento della vista, e ancora contro le malattie dello stomaco, sia presa da sola in polvere sia bevuta in acqua con mastice. L’ambra ha un ruolo importante anche nella creazione delle false gemme trasparenti, in particolare delle ametiste, anche se, come abbiamo detto, la si tinge in tutti i colori.

Le invenzioni dei poeti Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 31 Occasio est vanitatis Graecorum detegendae: legentes modo aequo perpetiantur animo, cum hoc quoque intersit vitae scire, non quidquid illi prodidere mirandum. Phaethontis fulmine icti sorores luctu mutatas in arbores populos lacrimis electrum omnibus annis fundere iuxta Eridanum amnem, quem Padum vocavimus, electrum appellatum, quoniam sol vocitatus sit Elector, plurimi poètae dixere primique, ut arbitror, Aeschylus, Philoxenus, Euripides, Nicander, Satyrus. Quod esse falsum Italiae testimonio patet. Qui si offre l’occasione di svelare le menzogne dei Greci; che i miei lettori abbiano solo l’animo di pazientare, perché anche questo è importante sapere per la nostra condotta: non tutto ciò che essi hanno raccontato merita ammirazione. La storia di come, quando Fetonte fu colpito dal fulmine, le sue sorelle per il dolore furono trasformate in pioppi, e di come, tutti gli anni, sulle rive del fiume Eridano, che noi chiamiamo Po, esse facciano sgorgare lacrime d’ambra [electrum], chiamata così perché il Sole era comunemente detto “il Brillante” [Elector]; questa storia l’hanno raccontata tanti poeti, e per primi, credo, Eschilo, Filosseno, Euripide, Nicandro, Satiro. E che sia una falsità è evidente dalla testimonianza dell’Italia.

Il mito di Fetonte Hesiodus, Theogonia, vv. 986-991

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E poscia procreò con Cèfalo un fulgido figlio, Fetonte, eccelso eroe, mortale che un Nume sembrava. Lui giovinetto, nel fiore degli anni piú tenero e vivo, fanciullo ingenuo, trasse l’amica del riso Afrodite, lontano, lo recò nei sacri suoi templi, lo fece dei templi suoi ministro notturno, e fra i Dèmoni insigne. Heraclitus, De incredibilibus, 36

Sulle Eliadi. Si racconta che esse da esseri umani sono state trasformate in pioppi. Non da loro stesse, ma a causa del dolore per il fratello si gettarono nell’Eridano. Per la qual cosa i cercatori, giungendo presso il fiume e non trovandole, tre tronchi dei pioppi indicarono per coloro che sono state tramutate in alberi. [I cui nomi sono Febe, Lampete, Egle]. Plato, Timaeus, 22c-22d

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Quella storia che presso di voi si racconta, vale a dire che un giorno Fetonte, figlio del Sole, dopo aver aggiogato il carro del padre, poiché non era capace di guidarlo lungo la strada del padre, incendiò tutto quel che c’era sulla terra, e lui stesso fu ucciso colpito da un fulmine, viene raccontata sotto forma di mito, ma in realtà si tratta della deviazione dei corpi celesti che girano intorno alla terra e che determina in lunghi intervalli di tempo la distruzione, mediante una grande quantità di fuoco, di tutto ciò che è sulla terra. Allora quanti abitano sui monti e in luoghi elevati e secchi muoiono più facilmente di quanti abitano presso i fiumi e il mare: e il Nilo, che ci è salvatore nelle altre cose, anche in quel caso ci salva da quella calamità mediante l’inondazione. Apollonius Rhodius, Argonauticon, IV, vv. 595-629


giunse al popolo sacro degli Iperborei / e lasciò il cielo splendente per le minacce del padre, / irato a causa del figlio che gli partorì Coronide, / nella splendida Lacerea, presso le rive del fiume Amiro. / Questo è ciò che si racconta tra quegli uomini. / Gli eroi non avevano voglia di bere né di mangiare; / la loro mente non andava ai piaceri. Durante il giorno / giacevano affranti, sfiniti dall'odore cattivo / che mandavano le correnti dell'Eridano dal corpo riarso di Fetonte, intollerabile; e poi la notte / sentivano i gemiti acuti, il triste lamento / delle Eliadi. E le lacrime delle Eliadi correvano / sopra le acque, come fossero gocce di olio. / Di là entrarono nel profondo corso del Rodano, che si getta nell'Eridano, e nel confluire le acque / rimbombano e ribollono.

La nave era corsa lontano / a vela: entrarono profondamente nel corso del fiume Eridano, / là dove un tempo Fetonte, colpito al cuore dal fulmine ardente, / e bruciato a metà, cadde dal carro del Sole / nelle acque di questa profonda palude, ed essa ancor oggi / sala dalla ferita bruciante un tremendo vapore: / nessun uccello può sorvolare quelle acque / spiegando le ali leggere, ma spezza il suo volo / e piomba in mezzo alle fiamme. Intorno, le giovani / Eliadi, infelici, mutate negli alti pioppi, / effondono tristi lamenti, e dai loro occhi / versano al suolo le gocce d'ambra splendente. / Le gocce si asciugano sopra la sabbia ai raggi del sole, / e quando le acque della nera palude tracimano a riva, sotto il soffio sonoro del vento, / rotolano tutte insieme verso l'Eridano / e i suoi flutti agitati. I Celti hanno inventato una storia, / che sono le lacrime del dio Apollo, il figlio di Leto, / a formare i vortici, lacrime sparse un tempo, infinite, / quando

Cicero, De officiis, II, 94 Ac ne illa quidem promissa servanda sunt, quae non sunt iis ipsis utilia, quibus illa promiseris. Sol Phaetonti filio, ut redeamus ad fabulas, facturum se esse dixit, quidquid optasset. Optavit, ut in currum patris tolleretur; sublatus est; atque is ante quam constitit ictu fulminis deflagravit; quanto melius fuerat in hoc promissum patris non esse servatum. Ma non devono esser mantenute neppure quelle promesse che non sono di utilità a coloro ai quali sono state fatte. Per ritornare ai miti, il Sole disse al figlio Fetonte che avrebbe esaudito qualunque suo desiderio; egli volle salire sul cocchio del padre; vi fu fatto salire. Ma prima di mettersi a sedere fu colpito e bruciato da un fulmine. Quanto sarebbe stato meglio che in questo caso non fosse stata mantenuta la promessa paterna! Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, V, 23, vv. 2-5

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gnato dall’accaduto, colpì Fetonte con un fulmine e riportò il sole al suo corso normale. Allora Fetonte cadde sulla terra alla foce del fiume conosciuto come Po, ma anticamente chiamato Eridano, e le sue sorelle, piangendo insieme per il dolore della sua morte, a causa dell’eccessivo dolore subirono una metamorfosi nella loro natura, cioè diventarono pioppi. [4] Questi pioppi, alla stessa stagione, ogni anno, stillano lagrime che si induriscono, ragione per cui gli uomini le chiamano ambra, la quale per brillantezza supera qualsiasi altra cosa della stessa natura, ed è comunemente usata in connessione con il lutto per la morte dei giovani. [5] Ma poiché i creatori di questa favola hanno sbagliato tutti, e i loro argomenti sono stati confutati da ciò che è stato scoperto in tempi successivi, noi dobbiamo fare attenzione solo ai racconti veritieri; il fatto è che l’ambra, raccolta sull’isola menzionata, è portata dagli abitanti sul continente opposto, ed è trasportata attraverso il continente in regioni a noi sconosciute, come abbiamo provato.

[2] Infatti, molti poeti e storici affermano che Fetonte, figlio di Elio, mentre era ancora un ragazzo, persuase il padre a concedergli per un solo giorno il suo carro a quattro cavalli; Elio acconsentì alla sua richiesta, ma, non appena guidò il carro, Fetonte non fu in grado di mantenere il controllo delle redini, e i cavalli, disdegnando il ragazzo, lasciarono il loro percorso abituale; dapprima, vagando nel cielo, vi appiccarono il fuoco e crearono quel circolo che ora è chiamato Via Lattea, poi, dopo avere incendiato in un’ampia area della terra abitata, bruciarono completamente non poche regioni. [3] Per questo Zeus, indi-

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Lucretius, De rerum natura, II, 397-405 […] cum Phaëtonta rapax vis solis equorum aethere raptavit toto terrasque per omnis. at pater omnipotens ira tum percitus acri magnanimum Phaëtonta rapenti fluminis ictu deturbavit equis in terram, solque cadenti obvius aeternam succepit lampada mundi disiectosque redegit equos iunxitque trementis, inde suum per iter recreavit cuncta gubernans, scilicet ut veteres Graium cecinere poëtae. […] allontanandosi Fetonte dal suo carro la forza sfrenata dei cavalli del sole lo trascinò per tutto il cielo e su tutte le terre. Ma il padre onnipotente colto da un’ira irrefrenabile con un improvviso colpo di fulmine rovesciò Fetonte ambizioso sulla terra, ed il sole andandogli incontro mentre cadeva, raccolse l’eterna fiaccola del mondo e ricondusse i cavalli e li riaggiogò ancora frementi, quindi li fece rientrare nel loro corso riordinando ogni cosa, come appunto cantarono gli antichi poeti dei Greci.


Vergilius, Aeneis, X, vv. 189-193 […] namque ferunt luctu Cycnum Phaethontis amati, populeas inter frondes umbramque sororum dum canit et maestum Musa solatur amorem, canentem molli pluma duxisse senectam linquentem terras et sidera uoce sequentem. […] Raccontano che Cicno per il lutto dell’amato Fetonte, mentre cantava tra le fronde di pioppo e l’ombra delle sorelle e con la Musa consola il mesto amore, assunse una vecchiezza biancheggiante di morbida pima lasciando le terre e seguendo con la voce le stelle. Ovidius, Metamorphoses, I, vv. 748-779 huic Epaphus magni genitus de semine tandem / creditur esse Iovis perque urbes iuncta parenti/templa tenet. fuit huic animis aequalis et annis / Sole satus Phaethon, quem quondam magna loquentem/nec sibi cedentem Phoeboque parente superbum/non tulit Inachides “matri” que ait “omnia demens/credis et es tumidus genitoris imagine falsi.” / erubuit Phaethon iramque pudore repressit / et tulit ad Clymenen Epaphi convicia matrem / “quo” que “magis doleas, genetrix” ait, “ille ego liber, / i lle ferox tacui! pudet haec opprobria nobis / et dici potuisse et non potuisse refelli. / at tu, si modo sum caelesti stirpe creatus, / ede notam tanti generis meque adsere caelo!” / dixit et inplicuit materno bracchia collo / perque suum Meropisque caput taedasque sororum / traderet oravit veri sibi signa parentis. / ambiguum Clymene precibus Phaethontis an ira / mota magis dicti sibi criminis utraque caelo / bracchia porrexit spectansque ad lumina solis / “per iubar hoc” inquit “radiis insigne coruscis, / nate, tibi iuro, quod nos auditque videtque, / hoc te, quem spectas, hoc te, qui temperat orbem, / Sole satum; si ficta loquor, neget ipse videndum / se mihi, sitque oculis lux ista novissima nostris! / nec longus labor est patrios tibi nosse penates./unde oritur, domus est terrae contermina nostrae: / si modo fert animus, gradere et scitabere ab ipso!” / emicat extemplo laetus post talia matris / dicta suae Phaethon et

concipit aethera mente / Aethiopasque suos positosque sub ignibus Indos / sidereis transit patriosque adit inpiger ortus. Da lei si crede che, fecondata dal grande Giove, / sia nato Èpafo, che in diverse città ha santuari / insieme alla madre. Pari a lui per fierezza ed anni era Fetonte, / il figlio del Sole; e un giorno che questi, orgoglioso d’avere Febo / come padre, si vantava d’essergli superiore, / il nipote d’Inaco non lo tollerò: “Sciocco”, gli disse, “in tutto / tu credi a tua madre e vai superbo di un padre immaginario”. / Avvampò Fetonte, e pieno di vergogna represse l’ira, / riferendo alla madre, Clìmene, quella calunnia; disse: / “E a tuo maggior dolore, madre mia, io che sono così impulsivo, / così fiero, m’imposi di tacere: non sopporto che qualcuno / abbia potuto insultarmi così, senza che potessi ribattere! / Ma tu, se è vero che discendo da stirpe celeste, / dammi prova di questi natali illustri e rivendicami al cielo.” / Disse e intorno al collo della madre cinse le braccia, / scongiurandola, per il suo e il capo di Mèrope, per le nozze / delle sorelle, di dargli testimonianza del suo vero padre. / Non si sa se spinta dalle preghiere di Fetonte o più dall’ira / per l’accusa rivoltale, Clìmene levò al cielo / entrambe le braccia e fissando la luce del Sole: / “Per questo fulgore splendido di raggi abbaglianti,” disse, / “che ci vede e ci ascolta, io ti giuro, figliolo, / che tu sei nato da questo Sole che contempli e che regola / la vita in terra. Se ciò che dico è menzogna, mai più mi consenta / di guardarlo e sia questa luce l’ultima per i miei occhi! / Del resto non ti sarà fatica trovare la casa paterna: / la terra in cui risiede confina con la nostra, là dove sorge. / Se questo hai in animo, va’ e chiedi a lui stesso”. / Balza lieto Fetonte alle parole della madre / e, tutto preso dall’idea del cielo, lascia / la terra dei suoi Etiopi, attraversa l’India che si stende / sotto la vampa del sole, e di slancio arriva dove sorge il padre. Ovidius, Metamorphoses, II, vv. 19-400 Quo simul adclivi Clymeneia limite proles / venit et intravit dubitati tecta parentis, / protinus ad patrios sua fert vestigia vulnus / consistitque procul; neque enim propiora fere-

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bat / lumina: purpurea velatus veste sedebat / in solio Phoebus claris lucente smaragdis. / a dextra laevaque Dies et Mensis et Annus / Saeculaque et positae spatiis aequalibus Horae / Verque novum stabat cinctum florente corona, / stabat nuda Aestas et spicea serta gerebat, / stabat et Autumnus calcatis sordidus uvis / et glacialis Hiems canos hirsuta capillos. / Ipse loco medius rerum novitate paventem / Sol oculis iuvenem, quibus adspicit omnia, vidit / “quae” que “viae tibi causa? quid hac” ait “arce petisti, / progenies, Phaethon, haud infitianda parenti?” / ille refert: “o lux inmensi publica mundi, / Phoebe pater, si das usum mihi nominis huius, / nec falsa Clymene culpam sub imagine celat, / pignora da, genitor, per quae tua vera propago / credar, et hunc animis errorem detrahe nostris!” / dixerat, at genitor circum caput omne micantes / deposuit radios propiusque accedere iussit / amplexuque dato “nec tu meus esse negari / dignus es, et Clymene veros” ait “edidit ortus, / quoque minus dubites, quodvis pete munus, ut illud / me tribuente feras! promissi testis adesto / dis iuranda palus, oculis incognita nostris!” / vix bene desierat, currus rogat ille paternos / inque diem alipedum ius et moderamen equorum. / Paenituit iurasse patrem: qui terque quaterque / concutiens inlustre caput “temeraria” dixit / “vox mea facta tua est; utinam promissa liceret / non dare! confiteor, solum hoc tibi, nate, negarem. / dissuadere licet: non est tua tuta voluntas! / magna petis, Phaethon, et quae nec viribus istis / munera conveniant nec tam puerilibus annis: / sors tua mortalis, non est mortale, quod optas. / plus etiam, quam quod superis contingere possit, / nescius adfectas; placeat sibi quisque licebit, / non tamen ignifero quisquam consistere in axe / me valet excepto; vasti quoque rector Olympi, / qui fera terribili iaculatur fulmina dextra, / non agat hos currus: et quid Iove maius habemus? / ardua prima via est et qua vix mane recentes / enituntur equi; medio est altissima caelo, / unde mare et terras ipsi mihi saepe videre / fit timor et pavida trepidat formidine pectus; / ultima prona via est et eget moderamine certo: / tunc etiam quae me su-

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biectis excipit undis, / ne ferar in praeceps, Tethys solet ipsa vereri. / adde, quod adsidua rapitur vertigine caelum / sideraque alta trahit celerique volumine torquet. / nitor in adversum, nec me, qui cetera, vincit / inpetus, et rapido contrarius evehor orbi. / finge datos currus: quid ages? poterisne rotatis/obvius ire polis, ne te citus auferat axis? / forsitan et lucos illic urbesque deorum / concipias animo delubraque ditia donis / esse: per insidias iter est formasque ferarum! / utque viam teneas nulloque errore traharis, / per tamen adversi gradieris cornua tauri / Haemoniosque arcus violentique ora Leonis / saevaque circuitu curvantem bracchia longo / Scorpion atque aliter curvantem bracchia Cancrum. / nec tibi quadripedes animosos ignibus illis, / quos in pectore habent, quos ore et naribus efflant, / in promptu regere est: vix me patiuntur, ubi acres / incaluere animi cervixque repugnat habenis.– / at tu, funesti ne sim tibi muneris auctor, / nate, cave, dum resque sinit tua corrige vota! / scilicet ut nostro genitum te sanguine credas, / pignora certa petis: do pignora certa timendo / et patrio pater esse metu probor. adspice vultus / ecce meos; utinamque oculos in pectora posses / inserere et patrias intus deprendere curas! / denique quidquid habet dives, circumspice, mundus / eque tot ac tantis caeli terraeque marisque / posce bonis aliquid; nullam patiere repulsam. / deprecor hoc unum, quod vero nomine poena, / non honor est: poenam, Phaethon, pro munere poscis! / quid mea colla tenes blandis, ignare, lacertis? / ne dubita! dabitur (Stygias iuravimus undas), / quodcumque optaris; sed tu sapientius opta!” / Finierat monitus; dictis tamen ille repugnat / propositumque premit flagratque cupidine currus. / ergo, qua licuit, genitor cunctatus ad altos / deducit iuvenem, Vulcania munera, currus. / aureus axis erat, temo aureus, aurea summae / curvatura rotae, radiorum argenteus ordo; / per iuga chrysolithi positaeque ex ordine gemmae / clara repercusso reddebant lumina Phoebo. / Dumque ea magnanimus Phaethon miratur opusque / perspicit, ecce vigil nitido patefecit ab ortu / purpureas Aurora fores et plena rosarum /


atria: diffugiunt stellae, quarum agmina cogit / Lucifer et caeli statione novissimus exit. / Quem petere ut terras mundumque rubescere vidit / cornuaque extremae velut evanescere lunae, / iungere equos Titan velocibus imperat Horis. / iussa deae celeres peragunt ignemque vomentes, / ambrosiae suco saturos, praesepibus altis / quadripedes ducunt adduntque sonantia frena. / tum pater ora sui sacro medicamine nati / contigit et rapidae fecit patientia flammae / inposuitque comae radios praesagaque luctus / pectore sollicito repetens suspiria dixit: / “si potes his saltem monitis parere parentis / parce, puer, stimulis et fortius utere loris! / sponte sua properant, labor est inhibere volentes. / nec tibi derectos placeat via quinque per arcus! / sectus in obliquum est lato curvamine limes, / zonarumque trium contentus fine polumque / effugit australem iunctamque aquilonibus arcton: / hac sit iter–manifesta rotae vestigia cernes– / utque ferant aequos et caelum et terra calores, / nec preme nec summum molire per aethera currum! / altius egressus caelestia tecta cremabis, / inferius terras; medio tutissimus ibis. / neu te dexterior tortum declinet ad Anguem, / neve sinisterior pressam rota ducat ad Aram, / inter utrumque tene! Fortunae cetera mando, / quae iuvet et melius quam tu tibi consulat opto. / dum loquor, Hesperio positas in litore meta s/ umida nox tetigit; non est mora libera nobis! / poscimur: effulget tenebris Aurora fugatis. / corripe lora manu, vel, si mutabile pectus / est tibi, consiliis, non curribus utere nostris! / dum potes et solidis etiamnum sedibus adstas, / dumque male optatos nondum premis inscius axes, / quae tutus spectes, sine me dare lumina terris!” / Occupat ille levem iuvenali corpore currum / statque super manibusque leves contingere habenas / gaudet et invito grates agit inde parenti. / Interea volucres Pyrois et Eous et Aethon, / Solis equi, quartusque Phlegon hinnitibus auras / flammiferis inplent pedibusque repagula pulsant. / quae postquam Tethys, fatorum ignara nepotis, / reppulit, et facta est inmensi copia caeli, / corripuere viam pedibusque per aera motis / obstantes scindunt nebulas pen-

nisque levati / praetereunt ortos isdem de partibus Euros. / sed leve pondus erat nec quod cognoscere possent / Solis equi, solitaque iugum gravitate carebat; / utque labant curvae iusto sine pondere naves / perque mare instabiles nimia levitate feruntur, / sic onere adsueto vacuus dat in aera saltu s/ succutiturque alte similisque est currus inani. / Quod simulac sensere, ruunt tritumque relinquunt / quadriiugi spatium nec quo prius ordine currunt. / ipse pavet nec qua commissas flectat habenas / nec scit qua sit iter, nec, si sciat, imperet illis. / tum primum radiis gelidi caluere Triones / et vetito frustra temptarunt aequore tingui, / quaeque polo posita est glaciali proxima Serpens, / frigore pigra prius nec formidabilis ulli, / incaluit sumpsitque novas fervoribus iras; / te quoque turbatum memorant fugisse, Boote, / quamvis tardus eras et te tua plaustra tenebant / Ut vero summo despexit ab aethere terras / infelix Phaethon penitus penitusque iacentes, / palluit et subito genua intremuere timore / suntque oculis tenebrae per tantum lumen obortae, / et iam mallet equos numquam tetigisse paternos, / iam cognosse genus piget et valuisse rogando, / iam Meropis dici cupiens ita fertur, ut acta / praecipiti pinus borea, cui victa remisit / frena suus rector, quam dis votisque reliquit. / quid faciat? multum caeli post terga relictum, / ante oculos plus est: animo metitur utrumque/et modo, quos illi fatum contingere non est, / prospicit occasus, interdum respicit ortus, / quidque agat ignarus stupet et nec frena remittit / nec retinere valet nec nomina novit equorum. / sparsa quoque in vario passim miracula caelo / vastarumque videt trepidus simulacra ferarum. / est locus, in geminos ubi bracchia concavat arcus / Scorpius et cauda flexisque utrimque lacertis / porrigit in spatium signorum membra duorum: / hunc puer ut nigri madidum sudore veneni / vulnera curvata minitantem cuspide vidit, / mentis inops gelida formidine lora remisit. / Quae postquam summum tetigere iacentia tergum, / exspatiantur equi nulloque inhibente per auras / ignotae regionis eunt, quaque inpetus egit, / hac sine lege ruunt altoque sub aethere fixis / incur-

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sant stellis rapiuntque per avia currum / et modo summa petunt, modo per declive viasque / praecipites spatio terrae propiore feruntur, / inferiusque suis fraternos currere Luna / admiratur equos, ambustaque nubila fumant. / corripitur flammis, ut quaeque altissima, tellus / fissaque agit rimas et sucis aret ademptis; / pabula canescunt, cum frondibus uritur arbor, / materiamque suo praebet seges arida damno. / parva queror: magnae pereunt cum moenibus urbes, / cumque suis totas populis incendia gentis / in cinerem vertunt; silvae cum montibus ardent; / ardet Athos Taurusque Cilix et Tmolus et Oete / et tum sicca, prius creberrima fontibus, Ide / virgineusque Helicon et nondum Oeagrius Haemus: / ardet in inmensum geminatis ignibus Aetne / Parnasosque biceps et Eryx et Cynthus et Othrys / et tandem nivibus Rhodope caritura Mimasque / Dindymaque et Mycale natusque ad sacra Cithaeron. / nec prosunt Scythiae sua frigora: Caucasus ardet / Ossaque cum Pindo maiorque ambobus Olympus / aeriaeque Alpes et nubifer Appenninus. / Tum vero Phaethon cunctis e partibus orbem / adspicit accensum nec tantos sustinet aestus / ferventisque auras velut e fornace profunda / ore trahit currusque suos candescere sentit;/et neque iam cineres eiectatamque favillam / ferre potest calidoque involvitur undique fumo, / quoque eat aut ubi sit, picea caligine tectus / nescit et arbitrio volucrum raptatur equorum. / Sanguine tum credunt in corpora summa vocato / Aethiopum populos nigrum traxisse colorem; / tum facta est Libye raptis umoribus aestu / arida, tum nymphae passis fontesque lacusque / deflevere comis; quaerit Boeotia Dircen, / Argos Amymonen, Ephyre Pirenidas undas; / nec sortita loco distantes flumina ripas / tuta manent: mediis Tanais fumavit in undis / Peneosque senex Teuthranteusque Caicu s/ et celer Ismenos cum Phegiaco Erymantho / arsurusque iterum Xanthos flavusque Lycormas, / quique recurvatis ludit Maeandros in undis, / Mygdoniusque Melas et Taenarius Eurotas. / arsit et Euphrates Babylonius, arsit Orontes / Thermodonque citus Gangesque et Phasis et Hister; / aestuat Alpheos, ripae Spercheides ar-

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dent, / quodque suo Tagus amne vehit, fluit ignibus aurum, / et, quae Maeonias celebrabant carmine ripas / flumineae volucres, medio caluere Caystro; / Nilus in extremum fugit perterritus orbem / occuluitque caput, quod adhuc latet: ostia septem / pulverulenta vacant, septem sine flumine valles. / fors eadem Ismarios Hebrum cum Strymone siccat / Hesperiosque amnes, Rhenum Rhodanumque Padumque / cuique fuit rerum promissa potentia, Thybrin. / dissilit omne solum, penetratque in Tartara rimis / lumen et infernum terret cum coniuge regem; / et mare contrahitur siccaeque est campus harenae, / quod modo pontus erat, quosque altum texerat aequor, / exsistunt montes et sparsas Cycladas augent. / ima petunt pisces, nec se super aequora curvi /tollere consuetas audent delphines in auras; / corpora phocarum summo resupina profundo / exanimata natant: ipsum quoque Nerea fama es t/ Doridaque et natas tepidis latuisse sub antris. / ter Neptunus aquis cum torvo bracchia vultu / exserere ausus erat, ter non tulit aeris ignes. / Alma tamen Tellus, ut erat circumdata ponto, / inter aquas pelagi contractosque undique fontes, / qui se condiderant in opacae viscera matris, / sustulit oppressos collo tenus arida vultus / opposuitque manum fronti magnoque tremore / omnia concutiens paulum subsedit et infra, / quam solet esse, fuit fractaque ita voce locuta est: / “si placet hoc meruique, quid o tua fulmina cessant, / summe deum? liceat periturae viribus ignis / igne perire tuo clademque auctore levare! / vix equidem fauces haec ipsa in verba resolvo”; / (presserat ora vapor) “tostos en adspice crines / inque oculis tantum, tantum super ora favillae! / hosne mihi fructus, hunc fertilitatis honorem / officiique refers, quod adunci vulnera aratri / rastrorumque fero totoque exerceor anno, / quod pecori frondes alimentaque mitia, fruges / humano generi, vobis quoque tura ministro? / sed tamen exitium fac me meruisse: quid undae, / quid meruit frater? cur illi tradita sorte / aequora decrescunt et ab aethere longius absunt? / quodsi nec fratris nec te mea gratia tangit, / at caeli miserere tui! circumspice utrumque: / fumat uterque polus!


quos si vitiaverit ignis, / atria vestra ruent! Atlas en ipse laborat / vixque suis umeris candentem sustinet axem! / si freta, si terrae pereunt, si regia caeli, / in chaos antiquum confundimur! eripe flammis, / si quid adhuc superest, et rerum consule summae!” / Dixerat haec Tellus: neque enim tolerare vaporem/ulterius potuit nec dicere plura suumque / rettulit os in se propioraque manibus antra; / at pater omnipotens, superos testatus et ipsum, / qui dederat currus, nisi opem ferat, omnia fato / interitura gravi, summam petit arduus arcem, / unde solet nubes latis inducere terris, / unde movet tonitrus vibrataque fulmina iactat; / sed neque quas posset terris inducere nubes / tunc habuit, nec quos caelo demitteret imbres: / intonat et dextra libratum fulmen ab aure / misit in aurigam pariterque animaque rotisque / expulit et saevis conpescuit ignibus ignes./ consternantur equi et saltu in contraria facto / colla iugo eripiunt abruptaque lora relinquunt: / illic frena iacent, illic temone revulsus / axis, in hac radii fractarum parte rotarum / sparsaque sunt late laceri vestigia currus. / At Phaethon rutilos flamma populante capillos / volvitur in praeceps longoque per aera tractu/ fertur, ut interdum de caelo stella sereno / etsi non cecidit, potuit cecidisse videri. / quem procul a patria diverso maximus orbe / excipit Eridanus fumantiaque abluit ora. / Naides Hesperiae trifida fumantia flamma / corpora dant tumulo, signant quoque carmine saxum: / hic : sitvs : est : phaethon : cvrrvs : avriga : paterni / qvem : si : non : tenvit : magnis : tamen : excidit : avsis / Nam pater obductos luctu miserabilis aegro / condiderat vultus, et, si modo credimus, unum / isse diem sine sole ferunt: incendia lumen/praebebant aliquisque malo fuit usus in illo. / at Clymene postquam dixit, quaecumque fuerunt/in tantis dicenda malis, lugubris et amens / et laniata sinus totum percensuit orbem / exanimesque artus primo, mox ossa requirens / repperit ossa tamen peregrina condita ripa / incubuitque loco nomenque in marmore lectum / perfudit lacrimis et aperto pectore fovit. / nec minus Heliades fletus et, inania morti / munera, dant lacrimas, et caesae pectora pal-

mis / non auditurum miseras Phaethonta querellas / nocte dieque vocant adsternunturque sepulcro. / luna quater iunctis inplerat cornibus orbem; / illae more suo (nam morem fecerat usus) / plangorem dederant: e quis Phaethusa, sororum/maxima, cum vellet terra procumbere, questa est / deriguisse pedes; ad quam conata venire / candida Lampetie subita radice retenta est; / tertia, cum crinem manibus laniare pararet, / avellit frondes; haec stipite crura teneri, / illa dolet fieri longos sua bracchia ramos, / dumque ea mirantur, conplectitur inguina cortex/perque gradus uterum pectusque umerosque manusque / ambit, et exstabant tantum ora vocantia matrem. / quid faciat mater, nisi, quo trahat inpetus illam, / huc eat atque illuc et, dum licet, oscula iungat? / non satis est: truncis avellere corpora temptat / et teneros manibus ramos abrumpit, at inde/sanguineae manant tamquam de vulnere guttae. / “parce, precor, mater,” quaecumque est saucia, clamat, / “parce, precor: nostrum laceratur in arbore corpus/iamque vale”–cortex in verba novissima venit. / inde fluunt lacrimae, stillataque sole rigescunt / de ramis electra novis, quae lucidus amnis / excipit et nuribus mittit gestanda Latinis. / Adfuit huic monstro proles Stheneleia Cycnus, / qui tibi materno quamvis a sanguine iunctus, / mente tamen, Phaethon, propior fuit. ille relicto / (nam Ligurum populos et magnas rexerat urbes) / imperio ripas virides amnemque querellis / Eridanum inplerat silvamque sororibus auctam, / cum vox est tenuata viro canaeque capillos / dissimulant plumae collumque a pectore longe / porrigitur digitosque ligat iunctura rubentis, / penna latus velat, tenet os sine acumine rostrum. / fit nova Cycnus avis nec se caeloque Iovique / credit, ut iniuste missi memor ignis ab illo; / stagna petit patulosque lacus ignemque perosus / quae colat elegit contraria flumina flammis / Squalidus interea genitor Phaethontis et expers / ipse sui decoris, qualis, cum deficit orbem, / esse solet, lucemque odit seque ipse diemque / datque animum in luctus et luctibus adicit iram / officiumque negat mundo. “satis” inquit “ab aevi / sors mea principiis fuit inrequieta, pi-

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getque / actorum sine fine mihi, sine honore laborum! / quilibet alter agat portantes lumina currus! / si nemo est omnesque dei non posse fatentur, / ipse agat ut saltem, dum nostras temptat habenas, / orbatura patres aliquando fulmina ponat! / tum sciet ignipedum vires expertus equorum / non meruisse necem, qui non bene rexerit illos.” / Talia dicentem circumstant omnia Solem / numina, neve velit tenebras inducere rebus, / supplice voce rogant; missos quoque Iuppiter ignes / excusat precibusque minas regaliter addit. / colligit amentes et adhuc terrore paventes / Phoebus equos stimuloque dolens et verbere saevit / (saevit enim) natumque obiectat et inputat illis. Quando per un erto sentiero qui giunse il figlio di Clìmene, / appena entrato nella dimora del padre putativo, / subito si diresse al suo cospetto, ma fermandosi / a una certa distanza: più vicino non ne avrebbe sostenuto / il fulgore. Avvolto in un manto purpureo, Febo sedeva / su un trono tutto sfolgorante di smeraldi luminosi: / ai suoi lati stavano il Giorno, il Mese e l’Anno, / i Secoli e le Ore disposte a uguale distanza fra loro; / e stava la Primavera incoronata di fiori, / stava l’Estate, nuda, che portava ghirlande di spighe, / stava l’Autunno imbrattato di mosto / e l’Inverno gelido con i bianchi capelli increspati. / Al centro, con quegli occhi che scorgono tutto, il Sole / vide il giovane sbigottito dalla meraviglia e: / “Perché sei venuto?” gli disse. “Cosa cerchi in questa rocca, / Fetonte, figliolo mio che mai potrei rinnegare?”. / E quello: “O luce, che a tutto l’universo appartieni, / Febo, padre mio, se mi concedi d’usare questo nome / e se Clìmene non cela una colpa sotto falsa effigie, / dammi testimonianza, genitore, che mi rassicuri / d’essere tuo figlio, e strappami questa incertezza dal cuore”. / A queste parole il genitore depose i raggi / che gli sfolgoravano intorno al capo, l’invitò ad avvicinarsi / e abbracciandolo gli disse: “Non c’è ragione per negare / che tu sia mio e che il vero riferì Clìmene sulla tua nascita. / E perché tu non abbia dubbi, chiedimi quello che vuoi: / da me, da me l’avrai; e alla mia promessa sia testimone / quella palude

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misteriosa su cui giurano gli dei”. / Non appena tacque, il figlio gli chiese il cocchio, col permesso / di guidare per tutto un giorno i cavalli dai piedi alati. / Si pentì il padre suo di aver giurato, e scuotendo più volte / il capo luminoso, esclamò: “Folle fu la mia proposta, / se questo hai in mente. Oh, fosse lecito eludere le promesse! / Credi, figliolo, questa è l’unica cosa che vorrei rifiutarti. / Ma dissuadere è permesso: colma di rischi è la tua richiesta. / Un’enormità chiedi, Fetonte, un dono che non s’addice / né alle tue forze né ai tuoi anni in fiore. Il tuo destino / è d’essere mortale, e non da mortale è ciò che desideri. / Senza saperlo pretendi più di quanto sia lecito / concedere ai celesti. Presuma ognuno ciò che gli piace, / ma nessuno, tranne me, saprebbe reggersi su quel carro / di fuoco. Neppure il signore dell’immenso Olimpo, / che con mano tremenda scaglia micidiali folgori, / saprebbe guidare quel cocchio. E chi c’è più grande di Giove? / Ripida all’inizio è la via, tanto che a fatica s’inerpicano / i cavalli freschi al mattino; a metà altissima è nel cielo / e molte volte io stesso mi spavento a guardare di lassù / il mare e la terra, col cuore che batte di paura e sgomento; / l’ultimo tratto è una china a strapiombo, che richiede mano ferma: / allora perfino Teti, che mi accoglie in fondo alle onde, / teme sempre ch’io possa a picco giù precipitare. /Aggiungi poi che senza sosta il cielo ruota vorticosamente, / trascinando con sé, strette in orbite veloci, le stelle. / Io lo fronteggio, senza che il suo impeto, come in genere accade, / mi travolga, e corro in senso contrario alla corrente del suo moto. / Immagina di avere il cocchio: che farai? saprai opporti / al rotare dei poli, senza che il flusso del cielo ti sommerga? / Pensi forse che lì ci siano boschi sacri, / città di dei o sacrari ricchi di offerte? / Attraverso insidie e visioni di mostri avviene il tuo viaggio, / e per quanto tu segua la via giusta senza mai sbagliare, / dovrai pure avventurarti tra le corna del Toro che hai di fronte, / contro l’arciere di Emonia, tra le fauci violente del Leone, / contro lo Scorpione che inarca in un gran cerchio le sue chele / velenose e il Cancro che in altra direzione le ri-


chiude. / Facile non ti sarà reggere cavalli / così focosi per le fiamme che hanno in petto / e spirano da bocca e froge: a stento obbediscono a me, / quando esplode il loro istinto e il collo si ribella alle briglie. / Attento dunque, che non sia io, figliolo, il colpevole di un dono / così funesto e, finché siamo in tempo, muta il tuo proposito. / Chiedi una prova certa che ti convinca d’essere nato / dal mio sangue? Io te la do col mio timore: / lo sgomento di un padre attesta che lo sono. Guarda, guarda / il mio volto: potessi figgermi gli occhi nel cuore / e cogliervi tutta l’ansia che solo un padre ha in petto! / Forza, guarda intorno di quante cose è ricco l’universo, / e di tanti e così grandi beni di cielo, terra e mare / chiedi ciò che vuoi: nulla, nulla ti rifiuterò! / Da questo solo ti svio, che in verità ha nome castigo, / non tributo d’affetto: un castigo, Fetonte mio, mi chiedi in dono. / Perché, insensato, mi getti le braccia al collo per blandirmi? / Non dubitare, avrai (l’ho giurato sulla palude stigia) / qualunque cosa desideri, ma esprimi un desiderio più saggio”. / Il monito era concluso, ma quello non vuol sentire ragioni / e insiste nel suo proposito, smaniando per la voglia del carro. / E allora il genitore, dopo avere indugiato tutto il possibile, / conduce il giovane al cocchio, sublime dono di Vulcano. / D’oro era l’asse, d’oro il timone, d’oro il cerchione / delle ruote e d’argento la serie dei raggi; / lungo i gioghi, topazi e gemme poste in fila / per il riflesso del Sole emanavano sfavillanti bagliori. / E mentre l’audace Fetonte ammira in tutti i suoi particolari / quell’opera, ecco che all’erta dal lucore di levante / l’Aurora spalanca le sue porte purpuree e l’atrio colmo / di rose: fuggono le stelle, che Lucifero raduna / in schiere, lasciando per ultimo il campo celeste. / Come il Titano lo vide avviarsi verso terra e il mondo tingersi / di rosso, la falce nebulosa della luna quasi svanire, / ordinò alle Ore in attesa di aggiogare i cavalli. / Rapide le dee eseguono l’ordine e dal fondo delle stalle / traggono i destrieri sazi di succo d’ambrosia, che spirano / fuoco, e adattano loro i morsi tintinnanti. / Allora il padre unse il viso del figlio con un unguento magico / rendendolo

immune dall’aggressione delle fiamme, / gli pose fra i capelli i raggi e, rinnovando i suoi sospiri / presaghi di sventura, col cuore inquieto gli disse: / “Se almeno riesci a seguire i consigli di tuo padre, / evita la frusta, figliolo, e serviti piuttosto delle briglie. / Già tendono a correre: il difficile è frenare la loro foga. / E non scegliere la via che incrocia tutte le cinque zone: / c’è una pista che con ampia curva si snoda obliquamente / nello spazio limitato di tre zone, senza toccare / né il polo australe, né l’Orsa legata agli Aquiloni; / seguila: vedrai con chiarezza i solchi delle ruote. / E perché il cielo e la terra ricevano il giusto calore, in basso / non spingere il cocchio e non lanciarlo oltre misura nell’etere: / spostandoti troppo in alto bruceresti le dimore celesti, / in basso la terra: a mezza via puoi andartene senza alcun rischio. / Bada poi che sterzando troppo a destra le ruote non ti conducano / nelle spire del Serpente o a sinistra nei recessi dell’Altare: / tienti fra loro. Per tutto il resto m’affido alla Fortuna, / che ti aiuti e pensi a te, spero, meglio di quanto tu sappia fare. / Mentre ti parlo, la notte umida ha raggiunto la meta posta / sulle coste di Esperia. Non ci sono concessi indugi: / siamo attesi; disperse le tenebre, l’Aurora risplende. / Afferra le briglie! Ma se puoi mutare intenzione, / serviti dei miei consigli, non del mio cocchio, / finché lo puoi e ancora qui sei su terreno solido, finché / alla cieca sul carro che purtroppo hai scelto non hai posto piede. / Lascia che sia io a illuminare la terra e tu osserva al sicuro!”. / Balza il figlio col suo giovane corpo sul cocchio volante, / ritto in piedi, felice di stringere finalmente nelle mani / le briglie, e di lassù ringrazia il genitore contrariato. / Intanto gli alati cavalli del Sole, Eòo, Pirois, Èton / e Flègon, l’ultimo, riempiono l’aria di nitriti / e di fiamme, scalpitando di fronte alla barriera. / Non appena Teti, che non sa quale destino attenda il nipote, / l’apre, schiudendo a loro gli spazi del cielo immenso, / quelli si lanciano fuori, scalciando le zampe nell’aria / squarciano la cortina di nebbie e sollevandosi sulle ali / superano gli Euri che nascono nelle stesse regioni. / Ma leggero è il carico, non quello che i ca-

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valli del Sole / conoscono, e il giogo manca del piglio solito; /così, come la chiglia delle navi senza la giusta zavorra / ondeggia e per eccessiva leggerezza sbanda sul mare, / il cocchio, privo del peso consueto, sobbalza nell’aria / con scossoni immani, quasi fosse vuoto del tutto. / Appena se ne accorgono, i quattro destrieri si scatenano, / lasciano la pista battuta e più non corrono ordinati. / Lui si spaventa e non sa da che parte tirare le briglie in mano, / non sa dov’è la strada e, se anche lo sapesse, come imporsi a loro. / Per la prima volta allora ai raggi solari arse l’Orsa gelida, / che invano, perché interdetto, tentò d’immergersi nel mare; / e il Serpente, sospeso in prossimità dei ghiacci polari, / che prima intorpidito dal freddo non spaventava alcuno, / s’infiammò e a quel fuoco fu preso da una furia mai vista. / E anche tu, Boote, raccontano che fuggisti sconvolto, / benché fossi lento e impacciato dal tuo carro. / Quando poi dalla vetta del cielo l’infelice Fetonte / si volse a guardare in basso la terra lontana, così lontana, / impallidì, di fulmineo sgomento gli tremarono i ginocchi / e pur fra tanta luce un velo di tenebra gli calò sugli occhi. / Ora mai vorrebbe aver toccato i cavalli di suo padre, / ora si pente d’avere appreso i natali e vinto con le suppliche; / ora figlio di Mèrope vorrebbe che lo dicessero e intanto / è trascinato via, come dalle raffiche di Borea una nave, / che il pilota rinunci a governare rimettendosi agli dei. / Che fare? Alle spalle s’è lasciato buona parte del cielo, / ma più ve n’è davanti. Nella mente misura i due tratti: / ora scruta l’occidente che il destino gli vieta / di raggiungere, ora si volta a guardare l’oriente. / Incapace a decidere, resta di pietra, non lascia le redini / e non ha la forza di tirarle, i nomi stessi ignora dei cavalli. / In più, dispersi nel cielo screziato, in ogni luogo vede / prodigi e, inorridito, fantasmi di animali mostruosi. / V’è un punto dove lo Scorpione incurva le sue chele / in due archi e dalla coda alle branche, strette a fòrcipe, / stende le sue membra nello spazio di due costellazioni. / Quando il ragazzo lo vede che, asperso tutto di nero veleno, / minaccia di colpirlo con la punta dell’aculeo, / sconvolto dal gelo

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del terrore lascia andare le briglie; / e appena queste, allentandosi, sfiorano la loro groppa, / i cavalli smarriscono la strada e senza freno alcuno vagano / per l’aria di regioni ignote e, dove li spinge la foga, / lì in disordine rovinano, cozzano contro le stelle infisse / nella volta del cielo, trascinando il carro in zone inesplorate. / Ora balzano in alto, ora si gettano giù a capofitto / per sentieri scoscesi in spazi troppo vicini alla terra. / Con stupore la Luna guarda i cavalli del fratello passare / sotto i suoi e le nuvole che fumano combuste. / Nei punti più alti la terra è ghermita dal fuoco, / si screpola in fenditure e, seccandosi gli umori, inaridisce; / si sbiancano i pascoli, con tutte le fronde bruciano le piante / e le messi riarse danno esca alla propria rovina. / Di inezie mi dolgo: con le loro mura crollano città immense / e gli incendi riducono in cenere coi loro abitanti / regioni intere. Bruciano coi monti i boschi, / bruciano l’Ato, il Tauro di Cilicia, il Tmolo, l’Eta / e l’Ida, un tempo zampillante di sorgenti e ora inaridito, / l’Elicona delle Muse e l’Emo, prima che vi regnasse Eagro; / bruciano l’Etna, fuoco su fuoco, in un rogo immenso, / i due gioghi del Parnaso, l’Èrice, il Cinto, l’Otri / e il Ròdope, finalmente sgombro di neve, il Dìndimo, / il Mimante, il Mìcale e il Citerone, destinato ai riti sacri. / Nemmeno i suoi ghiacci salvano la Scizia: il Caucaso brucia / con l’Ossa, il Pindo e l’Olimpo che entrambi li sovrasta, / le Alpi che si confondono col cielo e l’Appennino con le nubi. / E così, dovunque guardi, Fetonte vede / la terra in fiamme e più non resiste a quell’immenso calore: / respira folate infuocate, che sembrano uscire dalla gola / d’una fornace ed avverte il suo cocchio farsi incandescente. / Non riesce più a sopportare le ceneri e le faville / che si sprigionano, un fumo afoso tutto l’avvolge / e, immerso in quella caligine di pece, non sa più dove sia / o dove vada, trascinato com’è in balia dei cavalli alati. / Fu allora, così dicono, che il popolo degli Etiopi divenne, / per l’afflusso del sangue a fior di pelle, nero di colore; / fu allora che la Libia, privata d’ogni umore, divenne / un deserto; fu allora che le ninfe, i capelli al vento, rimpiansero / fonti e laghi: in-


vano la Beozia cerca la fonte Dirce, / Argo Amìmone, Èfire la vena di Pirene. / Neppure i fiumi che hanno avuto in sorte sponde distanti fra loro / si salvano: il Tànai fuma persino al centro della sua corrente, / e così il vecchio Peneo, il Caìco di Teutrante, / il rapido Ismeno, l’Erimanto di re Fegeo / e lo Xanto, destinato a nuove fiamme, il biondo Licorma, / il Meandro che gioca a rendere tortuose le sue acque, / il Mela di Migdonia e l’Eurota di Tènaro. / Arde anche l’Eufrate di Babilonia, arde l’Oronte, / il vorticoso Termodonte, il Gange, il Fasi e l’Istro. / Ribolle l’Alfeo e dello Sperchìo bruciano le rive; / l’oro che il Tago trascina col suo flusso scorre fuso dal fuoco, / mentre gli uccelli acquatici, che riempiono di canti / le sponde di Meonia, avvampano in mezzo al Caìstro. / Fugge atterrito il Nilo ai margini del mondo / e nasconde il capo dove ancora è celato; in polvere si spengono / le sue sette foci: sette alvei senza una goccia d’acqua. / Uguale sorte in Tracia prosciuga l’Ebro e lo Strìmone, / e in Occidente i fiumi Po, Rodano, Reno / e il Tevere a cui fu promesso il dominio del mondo. /In ogni luogo il suolo si spacca e attraverso gli squarci la luce / penetra nel Tartaro, atterrendo con Proserpina il re degli Inferi. / Il mare si contrae e dove c’era l’acqua, ora vi sono / distese d’arida sabbia; e i monti, dissimulati nei fondali, / ora affiorano moltiplicando l’arcipelago delle Cicladi. / Negli abissi si rifugiano i pesci, e i delfini, che per natura / s’inarcano nell’aria, non s’azzardano più a balzare sull’acqua; / corpi esanimi di foche galleggiano riversi / a livello del mare; e si dice che persino Dòride e Nèreo / con le figlie cercassero rifugio nel tepore delle grotte; / tre volte Nettuno, torvo in volto, cercò di sollevare / dall’acqua le braccia e tre volte non resse al fuoco dell’aria. / Alla fine la madre Terra, circondata com’era dal mare, / fra quelle onde e le fonti consunte, che dov’era luogo / cercavano di rintanarsi nelle sue viscere oscure, / riarsa sollevò a fatica il volto sino al collo, / si portò una mano alla fronte e con un gran sussulto, / che fece tremare ogni cosa, si assestò un poco più in basso / di dove è solita stare, e con voce roca disse: / “Se questo è de-

ciso e l’ho meritato, o sommo fra gli dei, / perché ritardano i tuoi fulmini? Se di fuoco devo perire, / del fuoco tuo possa perire: più lieve sarà la mia sventura. / Posso appena aprire la bocca per articolare verbo” / (la soffocava il fumo). “Guarda, guarda i miei capelli in fiamme / e quanta cenere negli occhi, quanta sul mio viso! / Questo il mio premio? così ricompensi la fertilità / e i miei servigi, dopo che sopporto le ferite infertemi / da aratri e rastrelli e per tutto l’anno m’affatico? / dopo che al bestiame procuro fronde, al genere umano alimenti / e frutti teneri, e a voi persino l’incenso? / Ma ammesso ch’io meriti questa fine, che colpa hanno le acque, / che colpa tuo fratello? perché il mare, che gli fu affidato in sorte, / sempre più si contrae e sempre più dal cielo si discosta? / E se non ti commuovi per tuo fratello o per me, / abbi almeno pietà del cielo che è tuo! Guàrdati intorno: / fumano entrambi i poli; e se il fuoco li intaccherà, / le vostre regge crolleranno. Atlante stesso s’affatica al limite / per sostenere sulle spalle l’asse celeste ormai incandescente. / Se scompare il mare, la terra e la reggia del cielo, / nel caos antico ci annulleremo. Salvalo dalle fiamme / quel poco che ancora resta: abbi a cuore l’universo!”. / Questo disse la Terra; né più avrebbe potuto / resistere al calore o dire altro: su sé stessa / si ripiegò, negli antri più vicini al regno delle ombre. / Allora il padre onnipotente, chiamati a testimoni gli dei / (e per primo chi ha concesso il carro) che se non fosse intervenuto, / tutto si sarebbe fatalmente estinto, salì in cima alla rocca / da cui suole stendere le nubi sulla crosta terrestre, / da cui fa rimbombare i tuoni e scaglia in un guizzo le folgori. / Ma in quel momento non gli servirono nubi / per coprire la terra, né pioggia che cadesse dal cielo: / tuonò, e librato un fulmine alto sulla destra, / lo lanciò contro l’auriga, sbalzandolo dal cocchio / e dalla vita, e con la furia del fuoco il fuoco represse. / Atterriti s’impennano i cavalli e con un balzo sciolgono / il collo dal giogo, spezzano i finimenti e fuggono. / Qui cadono i morsi, più in là l’asse divelto del timone, / da questa parte i raggi delle ruote fracassate e ciò che re-

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sta / del cocchio in frantumi è disseminato in ogni luogo. / Fetonte, con le fiamme che gli divorano i capelli di fuoco, / precipita vorticosamente su sé stesso e lascia nell’aria / una lunga scia, come a volte una stella che sembra / cadere, anche se in verità non cade, dal cielo sereno. / Lontano dalla patria, in un’altra parte del mondo, / l’accoglie l’immenso Erìdano, che gli deterge il viso fumante. / Le Naiadi d’Occidente seppelliscono il corpo incenerito / dal fulmine a tre punte e sulla lapide incidono questi versi: / “Qui giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre; / e se non seppe guidarlo, pure egli cadde in una grande impresa”. / Affranto, il padre aveva intanto nascosto il volto contratto / dal dolore e, se dobbiamo crederlo, dicono che tutto un giorno / trascorse senza sole: luce offrivano i bagliori / degli incendi e almeno a questo servì quella catastrofe. / Clìmene invece, dopo aver maledetto tutto ciò che è possibile / in così grande disgrazia, impazzita di dolore, / straziandosi il petto, vagò per tutto l’universo / cercando all’inizio il corpo senza vita, poi le ossa, / e solo queste ritrovò, sepolte in un lido straniero: / si accasciò sul tumulo e inondò di lacrime il nome / che lesse sul marmo, scaldandolo col seno ignudo. / Non minore è il lutto delle Eliadi: pur se vano come tributo, / offrono lacrime alla morte, battendosi il petto con le palme, / e prosternate sul sepolcro, notte e giorno invocano / Fetonte, che d’udire quei tristi lamenti non è certo in grado. / Quattro volte, riunendo le corna, piena era tornata la luna / e quelle, per rito ormai sancito dal tempo, / s’abbandonavano al pianto, quando fra loro Faetusa, / la sorella maggiore, volendo prostrarsi a terra, lamentò / che le si fossero irrigiditi i piedi; premurosa Lampezie / cercò di avvicinarla, ma una radice imprevista la trattenne; / un’altra sul punto di strapparsi i capelli con le mani / divelse delle foglie. Questa si duole che un ceppo / le serri le gambe, quella che le braccia si protendano in rami. / E mentre allibiscono, una corteccia avvolge gli inguini / e a poco a poco fascia il ventre, il petto, le spalle e le mani: / solo la bocca che invoca la madre resta viva in loro. / E che può fare la ma-

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dre, se non correre qua e là, / dove la trascina l’angoscia, a dispensare baci finché può? / Non basta: tenta di svellere dai tronchi quei corpi, / ma con le mani spezza i rami appena spuntati e da questi / stillano gocce di sangue, come da una ferita. / “Férmati, madre, ti prego,” gridano quelle per la sofferenza, / “férmati, ti prego! Nell’albero si strazia il nostro corpo. / Addio, è la fine…”, e la corteccia soffoca le ultime parole. / Ne colano lacrime, ambra che stilla dai nuovi rami / e che, rassodata al sole, dal fiume limpido è raccolta / per essere offerta come ornamento alle donne in fiore del Lazio. / A questo prodigio assistette il figlio di Stènelo, Cicno, / che legato a te, Fetonte, per sangue materno, ancor più / lo era per vincoli d’affetto. Abbandonato il potere / (governava il popolo dei Liguri e le loro grandi città), / stava riempiendo di lamenti le correnti dell’Erìdano, / le sue verdi sponde e le sue selve infittite da quelle sorelle, / quando la voce gli si affievolì, sotto candide piume / scomparvero i capelli, sporgendo dal petto si protese / il collo, una membrana congiunse le dita rossicce, due ali / vestirono i fianchi e un becco smussato sostituì la sua bocca. / E Cicno diventa un insolito uccello che, memore dei fulmini / scagliati con crudeltà da Giove, diffida di lui e del cielo: / cerca gli stagni, i laghi aperti e, detestando il fuoco, / sceglie come dimora i fiumi, che sono l’opposto delle fiamme. / Frattanto il padre di Fetonte, desolato e privo / del suo stesso splendore, come avviene quando lui si eclissa, / ha in odio la luce, sé stesso e il chiarore del giorno, / si abbandona al dolore e a questo aggiunge l’ira, / negando l’ufficio suo al mondo. “Fin dal tempo dei tempi”, dice, / “il mio destino è stato senza requie. Basta. Sono stanco / di affannarmi senza fine, senza nessuna ricompensa. / Che sia qualcun altro a guidare il carro che porta la luce! / E se non v’è nessuno o fra gli dei chi ammetta di saperlo fare, / lo guidi lui: così almeno, mentre combatte con le mie redini, / lascerà stare i fulmini che i genitori privano dei figli! / Allora, provata la furia dei cavalli dai piedi di fuoco, / capirà che non meritava la morte chi non seppe guidarli.” / Così dice


il Sole, e tutti gli dei gli si stringono intorno, / pregandolo con voce supplichevole di non immergere / il mondo nelle tenebre. Anche Giove si scusa d’aver scagliato / il fulmine e come un despota alle preghiere aggiunge le minacce. / Febo raduna i cavalli infuriati e ancora folli di terrore, / e pieno di dolore li sprona inferocito a colpi di sferza / e inferocito li accusa d’aver causato la morte del figlio. / Ovidius, Tristia, I […] uitaret caelum Phaethon, si uiueret, et quos optarat stulte, tangere nollet equos. […] Eviterebbe il cielo Fetonte, se fosse ancor vivo, né vorrebbe / toccare i cavalli che aveva bramato nella sua follia. Ovidius, Tristia, III […] Non foret Eumedes orbus, si filius eius stultus Achilleos non adamasset equos: nec natum in flamma uidisset, in arbore natas, cepisset genitor si Phaethonta Merops. […] Non sarebbe Eumede privo di suo figlio, se lo stolto non si fosse invaghito dei cavalli di Achille, e Merops non avrebbe visto il figlio tra le fiamme e le figlie mutate in alberi, se avesse riconosciuto come figlio Fetonte.

Lucanus, Bellum Civile, II, 403-415 Fontibus hic vastis inmensos concipit amnes / fluminaque in gemini spargit divortia ponti. / In laevum cecidere latus veloxque Metaurus / Crustumiumque rapax et iuncto Sapis Isauro / Senaque et Adriacas qui verberat Aufidus undas, / quoque magis nullum tellus se solvit in amnem, / Eridanus fractas devolvit in aequora silvas / Hesperiamque exhaurit aquis. Hunc fabula primum / populea fluvium ripas umbrasse corona, / cumque diem pronum transverso limite ducens / succendit Phaeton flagrantibus aethera loris, / gurgitibus raptis penitus tellure perusta, / hunc habuisse pares Phoebeis ignibus undas. La montagna con vaste sorgenti produce immensi fiumi e rovescia i corsi d’acqua sui versanti di entrambi i mari. Sul lato sinistro discendono il veloce Metauro e il rapace Crustumio e il Savio con l’affluente Isauro, il Sena e l’Ofanto che batte l’onda adriatica, e l’Eridano, che ingoia più terra di ogni altra corrente, trascina in mare selve sradicate e prosciuga di acque l’Esperia. Si narra che questo fiume abbia ombreggiato per primo le rive d’una corona di pioppi e avuto onde capaci di resistere alle fiamme di Febo, quando Fetonte, guidando a precipizio il giorno per obliquo cammino, incendiò l’etere con le briglie infocate, assorbite avidamente le acque dal profondo della terra bruciata.

Strabo, Geographica, V, 1, 9 Lucianus, Dialogi, Electrum, 1-6

[…] Storie mitiche o inventate di Fetonte e Figlie del Sole trasformate in pioppi nei pressi dell’Eridano, fiume che non esiste in nessun luogo, me che si vorrebbe nei pressi del Po o quanto si racconta delle isole elettridi che sarebbero situate dirimpetto al Po: nulla di tutto ciò si trova in questi luoghi […]

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[1] Riguardo all’ambra il mito ha fatto credere certamente anche a voi che sul fiume Eridano dei pioppi versano lacrime di essa piangendo Fetonte, che quelle piante sono sorelle di Fetonte, poi che, desolate a causa del giovinetto, si mutarono nei pioppi e le loro lacrime, l’ambra intendo dire, stillano tuttora. Anch’io naturalmente, quando udivo i poeti cantare una simile storia, speravo che, se un giorno mi fossi trovato sull’Eridano, sarei andato sotto uno dei pioppi e, aperta la veste, avrei accolto in grembo poche lacrime, per avere un po’ d’ambra. [2] E infatti, or non è molto, anche se per un’altra ragione, mi recai in quei luoghi e, giacché dovevo risalire l’Eridano, guardai molto intorno, ma non vidi né pioppi né ambra, e la gente del posto non conosceva nemmeno il nome di Fetonte. Fatto sta che, mentre io domandando cercavo di sapere quando finalmente avremmo raggiunto i pioppi, quelli dell’ambra, i battellieri ridevano e mi pregavano di dire più chiaramente ciò che volessi; ed io raccontai loro il mito, che Fetonte era figlio di Elios e che, quand’ebbe l’età, chiese al padre il permesso di guidare il suo carro per fare giorno una volta anche lui. Il padre gli diede il carro, lui perì essendone stato sbalzato fuori, le sue sorelle piangendolo da qualche parte qui – dis-

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si – da voi, proprio dove egli cadde nell’Eridano, divennero pioppi e ancora piangono su di lui gocce d’ambra. [3] “Che razza d’imbroglione e di bugiardo – dicevano – ti ha raccontato questo? Noi non vedemmo cadere nessun guidatore di carro né abbiamo i pioppi che dici tu. Se ci fosse qualcosa del genere, pensi che noi per due oboli remeremmo o traineremmo le navi contro corrente, essendoci possibile arricchire raccogliendo le lacrime dei pioppi?”. Queste parole mi ferirono non leggermente e tacqui, perché mi vergognai di essermi comportato veramente come un bambino credendo ai poeti, i quali dicono menzogne così incredibili, che certo non piace loro nulla di sensato. Deluso in questa speranza, unica ma di non poco conto, ero contrariato, come se l’ambra mi fosse sfuggita dalle mani: stavo già immaginando, infatti, per quanti e quali oggetti l’avrei adoperata. [4] E ancora un’altra cosa pensavo che avrei trovato presso di loro assolutamente vera, che molti cigni cantassero sulle sponde del fiume. Feci, così, un’altra domanda ai battellieri – continuavamo infatti a risalire la corrente –: “Quando, ditemi, i cigni, venuti a posarsi su una riva e sull’altra del fiume, vi cantano quel loro melodioso canto? In realtà si dice che essi siano stati degli uomini, musici al fianco di Apollo, che qui in qualche posto si trasformarono in quegli uccelli, e per questo cantano ancora non avendo dimenticato la musica”. [5] Ma quelli ridendo dissero: “Non la smetterai oggi, amico, di raccontare fandonie sul nostro paese e sul nostro fiume? Noi che sempre navighiamo e che da bambini, si può dire, lavoriamo sull’Eridano vediamo qualche volta dei cigni nelle paludi del fiume, ma pochi, e questi gracchiano molto sgradevolmente e debolmente, al punto che in confronto i corvi e le cornacchie sono Sirene, e neppure per sogno li abbiamo sentiti cantare soavemente come dici tu. E così ci chiediamo stupiti da dove sono arrivate a voi queste favole sul nostro conto”. […] [6] Altri, e non pochi, si possono incontrare, che sono altrettanti Eridani: dalle loro parole stilla non ambra, ma oro vero e sono molto più melodiosi che i cigni dei poeti.

Lucianus, Dialogi deorum, 24, 3

Zeus: “Dici che basta, dopo aver osato tanto? Ebbene, per questa volta ti do [Elio] il mio perdono, ma in avvenire se violerai nello stesso modo la legge o farai uscire un tuo sostituto della stessa forza, t’accorgerai subito di quanto il mio fulmine è più ardente del tuo fuoco. Ed ora egli [Fetonte] sia sepolto dalle sorelle presso l’Eridano, là dove cadde sbalzato dal carro, e queste piangano su di lui lacrime d’ambra e per il dolore si trasformino in pioppi. Tu, rimesso il carro in sesto – si è spezzato il timone e una delle ruote si è fracassata –, attacca i cavalli e parti. Mi raccomando di ricordarti di tutto”. Lucianus, LV, Dell’ambra, o dei cigni

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Certamente anche voi credeste alla favola, che l’ambra stilla da alcuni pioppi che sul fiume Eridano piangono Fetonte, e che quei pioppi erano sorelle di Fetonte, le quali, per il gran lagrimare sul giovanetto furono mutate poi in quegli alberi, donde ancora goccia il loro pianto, che è l’ambra. Veramente anch’io udendo contar queste cose dai poeti, speravo, se mai capitassi su l’Eridano, di andare sotto uno dei pioppi, ed aprendo il seno della veste raccogliere poche lagrime, e così aver l’ambra, Finalmente non ha guari, ma per un’altra faccenda, capitai in quella contrada, e risalendo in barca l’Eridano, non ci vedevo pioppi, per guardare che io facessi d’ogn’intorno, nè ambra; anzi neppure il nome di Fetonte sapevano quei paesani. Infatti io mi volli informare, e dimandai: Quando verremo a quei pioppi che danno l’ambra? Mi risero in faccia i barcaiuoli, e risposero dicessi più chiaro ciò che volevo. Ed io contai loro la favola, come Fetonte era un figliuolo del Sole, e fattosi grandicello chiese al padre di guidare il carro, per fare anch’egli una sola giornata: il padre glielo diede; ma ei ribaltò e morì; e le sorelle sue piangenti in qualche luogo di questi, dicevo io, perchè ei cadde sull’Eridano, diventarono pioppi, e piangono l’ambra sovra di lui. Qual bugiardo e carotaio ti ha contato questo? risposero. Noi non vedemmo mai alcun cocchiere ribaltato, nè abbiamo i pioppi che tu dici. Se fosse una cosa simile, credi tu che noi per due oboli vorremmo remare, o tirar le barche contr’acqua, potendo arricchirci con raccogliere le lagrime dei pioppi? Queste parole mi colpirono forte; e tacqui scornato, che proprio come un fanciullo c’era caduto, a credere ai poeti che dicono le più sperticate bugie, e non mai una verità. Ora fallitami quest’una speranza non piccola, mi affliggevo come se l’ambra mi fosse proprio sfuggita delle mani; perchè già io avevo immaginato quali e quanti usi ne dovevo fare. Ma un’altra cosa credevo sì davvero di trovarcela, molti cigni cantanti su le rive del fiume, e di nuovo dimandai ai barcaiuoli, chè si rimontava ancora: E i cigni a qual’ora cantano quel melodioso canto, stando su le sponde del fiume di qua e di là? Dicesi che essi furono uomini, compagni d’A-

pollo, e bravi cantatori, e che in questi luoghi furono mutati in uccelli, e però cantano ancora non dimentichi della musica. E quei con un’altra risata mi risposero: Oggi, o galantuomo, non la finirai di dire fandonie contro il nostro paese ed il fiume? Noi che andiam sempre su l’acqua, e che da fanciulli facciamo il mestiere su l’Eridano, di rado vediamo pochi cigni nei greti del fiume, ma fanno un po’ di gracchiare sì scordato e sottile, che i corvi e le cornacchie sono sirene a fronte ad essi: cantare dolce, e come l’hai detto tu, nemmeno per sogno l’abbiamo udito: e però ci fa maraviglia come nei paesi vostri corrano queste novelle di noi. Così spesse volte si cade in inganno, restando fede a chi esagera le cose. Onde anche io ora temo per me, che voi testè venuti, e che la prima volta mi ascoltate, sperando di trovare non so quali ambre e cigni nelle cose mie, tra poco ve ne anderete ridendo di chi vi dava ad intendere che v’è tanta bella roba nei miei discorsi. Ma io chiamo in testimonio tutto il mondo, che nè voi nè alcun altro mi ha udito, nè mi udirà mai, vantarmi delle cose mie. Altri non pochi incontrerete, veramente fiumi Eridani, su i quali non ambra, ma oro proprio stilla dai discorsi, e sono più melodiosi dei cigni poetici: il mio dire lo vedete com’è, semplice, alla buona, e senza sonorità alcuna. Onde badate che aspettandovi troppo da me, non vi accada come a quelli che guardando una cosa nell’acqua, credono che la sia tanto grande quanto pare a vederla da su, dilargandosi l’immagine per la luce refratta; quando la cavano fuori, trovandola molto più piccola, se ne dispiacciono. Io dunque ve lo dico innanzi, e tolgo l’acqua, e mi discopro: non v’aspettate di cavar fuori qualche gran cosa, o accagionate voi stessi della vostra credenza. Hyginus, Fabulae, 152A PHAETHON. [1] Phaethon Solis et Clymenes filius cum clam patris currum conscendisset et altius a terra esset elatus, prae timore decidit in flumen Eridanum. Hunc Iuppiter cum fulmine percussisset, omnia ardere coeperunt. [2] Iovis ut omne ge-

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nus mortalium cum causa interficeret, simulavit se id velle extinguere; amnes undique irrigavit omne que genus mortalium interiit praeter Pyrrham et Deucalionem. [3] At sorores Phaethontis, quod equos iniussu patris iunxerant, in arbores populos commutatae sunt. Fetonte. [1] Fetonte, figlio del Sole e di Climene, salì sul cocchio solare di nascosto ma, vinto dalla paura, precipitò nel fiume Eridano. Giove lo colpì con il fulmine, incendiando la terra. [2] Giove, perché per questo motivo tutto il genere umano perisse, simulò di voler estinguere questo immenso incendio; quindi fece straripare tutti i fiumi uccidendo tutto il genere umano ad eccezione di Deucalione e Pirra. [3] Le sorelle di Fetonte, che avevano aggiogato i cavalli senza l’ordine paterno, furono mutate in pioppi. Hyginus, Fabulae, 154 PHAETHON HESIODI. [1] Phaethon Clymeni Solis filii et Meropes nymphae filius, quam Oceanitidem accepimus, cum indicio patris avum Solem cognovisset, impetratis curribus male usus est. [2] Nam cum esset propius terram vectus, vicino igni omnia conflagrarunt, et fulmine ictus in flumen Padum cecidit; hic amnis a Graecis Eridanus dicitur, quem Pherecydes primus vocavit. [3] Indi autem, quod calore vicini ignis sanguis in atrum colorem versus est, nigri sunt facti. Sorores autem Phaethontis dum interitum deflent fratris in arbores sunt populos versae. [4] Harum lacrimae, ut Hesiodus indicat, in electrum sunt duratae; Heliades tamen nominantur. Sunt autem Merope Helie Aegle Lampetie Phoebe Aetherie Dioxippe. [5] Cygnus autem rex Liguriae, qui fuit Phaethonti propinquus, dum deflet propinquum in cygnum conversus est; is quoque moriens flebile canit. Fetonte di Esiodo. [1] Fetonte, figlio di Climeno, figlio del Sole, e della ninfa Merope, che a quanto pare era un’Oceanide, venne a sapere che il sole era suo nonno aiutato dal padre, ne ottenne il

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carro facendone un cattivo uso. [2] Infatti volò troppo basso spargendo incendi e sterminio. Infine, colpito da un fulmine, cadde nel fiume Po: questo fiume è detto dai Greci Eridano, e Ferecide fu il primo a dargli questo nome. [3] Gli Indiani, il cui sangue per la vicinanza del fuoco divenne nero, furono fatti negri. Mentre le sorelle di Fetonte piansero così tanto per la morte del fratello che furono trasformate in pioppi. [4] Le loro lacrime, come dice Esiodo, sono tramutate in ambra; inoltre sono dette Eliadi: Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria, Diossippe. [5] Il suo parente Cicno, re di Liguria, mentre lo piangeva fu mutato in cigno: così questo quando sta morendo geme con un flebile canto. Pseudo-Apollodorus, Bibliotheca, III, 14, 3

Da Erse e da Ermes nacque Cefalo; di lui si innamorò Eos che lo rapì e gli si unì in Siria, generando il figlio Titono. Da Titono nacque Fetonte, da Fetonte Astinoo Sandoco, il quale dalla Siria andò in Cilicia, fondò la città di Celenderis, sposò Farnace figlia di Megassaro re di Iria e generò Cinira. Cinira si recò a Cipro con molti uomini, fondò Pafo, sposò Metarme figlia di Pigmalione re di Cipro, ed ebbe due figli maschi, Ossimoro e Adone, e anche tre figlie, Orsedice [e] Laogore e Bresia.


Avenius, Descriptio orbis terrae, 419-422 Tum caeruleum Padus evomit antro / hic prius Heridani propter nemorosa fluenta / fleverunt liquidae lapsum Phaethonta sorores, / mutataeque manus planxerunt pectora ramis. Poi il Po riversa da una grotta la corrente cerulea e domina i campi aperti nella vasta pianura. Qui un tempo sulle rive boscose dell’Eridano le sorelle, ninfe delle acque, piansero Fetonte caduto e, trasformate le mani, si batterono il petto coi rami. Claudianus, Carmina minora, 31, 1-18 Epistula ad Serenam. Orphea cum primae sociarent numina taedae / ruraque conpleret Thracia festus Hymen, / certavere ferae picturataeque volucres / dona suo vati quae potiora darent, / quippe antri memores, cautes ubi saepe sonorae praebuerant dulci mira theatra lyrae: / Caucaseo crystalla ferunt de vertice lynces, / grypes Hyperborei pondera fulva soli; / furatae Veneris prato per inane columbae / florea conexis serta tulere rosis, / fractaque nobilium ramis electra sororum / cycnus oloriferi vexit ab amne Padi, / et Nilo Pygmaea grues post bella remenso / ore legunt Rubri germina cara maris; / venit et extremo Phoenix longaevus ab Euro / adportans unco cinnama rara pede: / nulla avium pecudumque fuit quae ferre negaret / vectigal meritae conubiale lyrae. Lettera a Serena. Quando gli dei dapprima unirono Orfeo alle nozze e i campi della Tracia furono riempiti dal festoso Imeneo, gareggiarono animali e uccelli variopinti quali doni preferissero dare al loro poeta, memori dell’antro ove spesso le rocce risonanti alla dolce lira avevano offerto mirabile sfondo. Dai monti caucasici le linci portano cristallo, i grifoni il fulvo peso del suolo iperboreo, le colombe di Venere saccheggiando nel prato portarono corone di fiori con rose intrecciate, attraverso il vuoto e il cigno dal fiume Po in cui nuotano i suoi compagni, ambra spezzata dai rami delle nobili sorelle e dopo la guerra con i Pigmei, ripercorso il Nilo, le gru raccolgono con il becco i frutti preziosi del Mar Rosso; giunge anche dall’estremo oriente la Fenice an-

nosa portando con gli adunchi artigli prezioso cinnamo: non vi fu nessun uccello nessun animale che ai meriti del poeta negasse il tributo nuziale. Servius, Commentarius in Vergilii Aeneidem, X, 189 […] “Namque ferunt luctu Cycnum Phaetontis amati”. Phaeton Clymenes et Solis filius fuit. Qui cum doleret obiectum sibi ab Epapho, rege Aegypti, quod esset non de Sole, se de adulterio procreatus, duce matre venit ad Solem et poposcit, ut si vere esset eius filius, petenda praestaret. Quod cum Sol iurasset per Stygem paludem se esse facturum, petit ille ut eius currus agitaret. Sol post iusiurandum negare non potuit. Acceptis itaque curribus Phaeton, cum orbitam solis exisset, et coepisset mundus ardere, a Iove fulminatus in Eridanum cecidit, qui et Padus vocatur. Huius interitum flentes sorores, Phaethusa et Lampetusa, deorum miseratione in arbores commutatae sunt, ut hic dicit, in populos, ut in Bucolicis, in alnos. Fuit etiam quidam Ligus, Cycnus nomine, dulcedine cantus ab Apolline donatus, amator Phaetontis. Qui cum eum fleret extinctum, longo luctu in avem sui nominis conversus est. Qui postea ab Apolline inter sidera conlocatus est. Cuius nunc filium Cupavonem dicit habere cycni pennas in galea ad formae paternae insigne monstrandum. […] “Raccontano infatti che Cigno, in preda al dolore per l’amato Fetonte”. Fetonte era figlio di Climene e del Sole. Egli, rattristandosi dell’accusa di Epafo, re d’Egitto, di non essere generato da Sole, ma da un adulterio, conducendo la madre venne da Sole e pretese, perché fosse chiaro se era figlio suo, che si prestasse alla richiesta. Perciò, poiché Sole aveva giurato che sarebbe andato nella palude dello Stige, gli chiese di condurre il suo carro. Sole, avendo solennemente giurato, non poté negarglielo. Fetonte perciò, preso il carro, dopo essere uscito dall’orbita del sole, e cominciando a bruciare il mondo, cadde fulminato da Giove nell’Eridano, che è chiamato anche Po. Per la sua morte le sorelle piangenti, Fetusa e Lampedusa, per compassione degli dei furono trasformate in alberi, come qui dice, in

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pioppi, oppure come nelle Bucoliche [VI, 63], in ontani. C’era anche un certo ligure, di nome Cigno, che aveva ricevuto da Apollo la dolcezza del canto, mante di Fetonte. Egli, poiché pianse lui morto, per il lungo dolore fu mutato in un uccello col suo nome. Il quale successivamente da Apollo fu posto tra le stelle. Ora suo figlio, Cupavone, si dice [a X, 185-187] che abbia penne di cigno sull’elmo che mostra la forma dell’insigne genitore. Servius, Commentarius in Vergilii Bucolica, VI, 62 […] “Tum Phaethontiadas”. Clymenes et Solis filias, quae dum extinctum fratrem fleret, conversae sunt in arbores: ut hoc loco dicit, in alnos, ut in decimo, in populos; ubi etiam plenius hanc diximus fabulam. Mira autem est canentis laus, ut quasi non factam rem cantare, sed ipse eam cantando facere videatur. Sane ingeniose hominis cum re, quae animam non habet, miscuit. Sorores Phaetontis sucina flevisse dicuntur. Et quidam alnos poetica consuetudine pro populis accipiunt. […] “Allora le Fetontidi”. Figlie di Climene e del Sole, che, mentre piangevano il fratello defunto, furono trasformate in alberi: o come dice qui, in ontani, o come nel decimo [Eneide, v. 189], in pioppi; dove abbiamo anche raccontato pienamente la storia. Ma è anche mirabile la lode di colui che canta, poiché quasi non canta il fatto avvenuto, ma sembra che egli cantando il fatto lo faccia accadere. Abbastanza ingegnosamente ha mescolato l’uomo con una cosa che non ha spirito vitale. Dicono che le sorelle di Fetonte abbiano pianto ambra. E che quegli ontano si possano considerare come licenza poetica per pioppi. Nonnus, Dionysiaca, XXXVIII, vv. 410-434

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[Ermes:] “Zeus padre allora abbatté con un fulmine Fetonte, facendolo rotolare dall’alto nella corrente dell’Eridano; poi, avendo legato la reintegrata armonia con la catena primigenia, donò i cavalli di nuovo al Sole, diede il carro celeste all’Oriente, e così lungo l’antico percorso poterono correre le agili Stagioni, ancelle di Elio. Tutta la terra rise di nuovo: dal cielo la pioggia di Zeus datore di vita purificò tutti i campi e coi suoi umidi fiotti spense i fuochi vagabondi che su tutta la terra dalle loro bocche infiammate i cavalli ardenti dal cielo avevano sputato nitrendo. E il Sole sorse guidando di nuovo il suo carro: e crebbe il seme, di nuovo risero i campi, ricevendo come prima la luce vivificante dal cielo. Zeus padre collocò come astro Fetonte nell’Olimpo, simile a un Auriga di cui porta il no-


me; ora, tendendo col braccio scintillante il Carro celeste portatore di luce, ha l’aspetto di un auriga che si slancia nella corsa, come se di nuovo desiderasse anche fra gli astri il carro del padre. Anche il fiume infuocato salì nella volta astrale con l’approvazione di Zeus: ora nel cerchio delle stelle si dipana la corrente tortuosa dell’Eridano infuocato. E le sorelle dell’auriga dal breve destino mutarono il loro aspetto in piante, e dagli alberi piangenti stillano con le foglie una ricca rugiada”.

Il nome dell’ambra Homerus, Odyssea, IV, vv. 71-73

Dell’alma mia, figlio di Nestor, come Di rame, argento, avorio, elettro ed oro L’echeggiante magion risplende intorno! Sophocles, Antigone, vv. 1037-1039

Creonte […] Fate lucro, su via, vendete elettro di Sardi, se vi piace, oro dell’India; […] Vergilius, Aeneis, VIII, vv. 400-406 et nunc, si bellare paras atque haec tibi mens est, quidquid in arte mea possum promittere curae, quod fieri ferro liquidove potest electro, quantum ignes animaeque valent, absiste precando viribus indubitare tuis.’ ea verba locutus optatos dedit amplexus placidumque petivit coniugis infusus gremio per membra soporem.

E adesso se ti prepari a combattere e questo è per te il disegno, checchè di premura posso promettere nella mia arte, ciò che si può fare col ferro o col limpido elettro, quanto valgono fuochi e mantici, smetti, pregando, di dubitare delle tue forze. Vergilius, Aeneis, VIII, vv. 617-625 […] ille deae donis et tanto laetus honore expleri nequit atque oculos per singula volvit, miraturque interque manus et bracchia versat terribilem cristis galeam flammasque vomentem, fatiferumque ensem, loricam ex aere rigentem, sanguineam, ingentem, qualis cum caerula nubes solis inardescit radiis longeque refulget; tum levis ocreas electro auroque recocto, hastamque et clipei non enarrabile textum. […] Egli lieto non potè saziarsi dei doni e di sì grande onore della dea e volse gli occhi su ogni particolare, ammira e gira fra le mani e le braccia il terribile elmo con le creste e vomitante fiamme, la spada fatale, la corazza di bronzo, rigida, color sangue, gigantesca, come quando una azzurra nube arde ai raggi del sole e rifulge lontano; poi i gambali lucenti di elettro e d’oro fuso, l’asta e l’inenarrabile fattura dello scudo. Vergilius, Ciris, vv. 428-437 […] me non deliciis commovit regia dives, curalio fragili aut electro lacrimoso, me non florentes aequali corpore nymphae, non metus impendens potuit retinere deorum […] Me non commosse l’affetto alle delizie della reggia, ricca di fragile corallo e di lacrimoso elettro, non l’affetto alle care compagne meco fiorenti; me infiammata non potè trattenere il timore degli dei.

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Statius, Thebaide, IV, vv. 267-270 […] imbelli parma pictus Calydonia matris proelia; trux laeua sonat arcus, et aspera plumis terga Cydonea gorytos harundine pulsat electro pallens et iaspide clarus Eoa. […] Nel rilucente scudo impresse porta della madre l’imprese, e di sua mano il fier cinghial di Calidonia estinto. Pende al sinistro fianco il nobil arco, ed il turcasso di lucente elettro di gemme adorno gli risuona a tergo.

L’origine dell’ambra Vergilius, Eclogae, VIII, 54 […] Nunc et ovis ultro fugiat lupus; aurea durae mala ferant quercus, narcisso floreat alnus, pinguia corticibus sudent electra myricae, certent et cycnis ululae, sit Tityrus Orpheus, Orpheus in silvis, inter delphinas Arion. […] E ora il lupo fugga davanti alle pecore, le dure querce producano auree mele, l’ontano fiorisca di narcisi, le tamerici trasudino dalle cortecce pingui ambre; e i gufi gareggino con i cigni, Titiro sia Orfeo, Orfeo sia nelle selve, Arione tra i delfini. Tacitus, Germania, XLV, 5-8 [5] […] dui quin etiam inter cetera eiectamenta maris iacebat, donec luxuria nostra dedit nomen. Ipsis in nullo usu: rude legitur, informe perfertur, pretiumque mirantes [6] accipiunt. Sucum tamen arborum esse intellegas, quia terrena quaedam atque etiam volucria animalia plerumque interlucent, quae implicata umore mox durescent materia [7] clauduntur. Fecundiora igitur nemora lucosque, sicut Orientis secretis, ubi tura balsamque sudantur, ita Occidentis insulis terrisque inesse crediderim, quae vicini solis radiis expressa

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atque liquentia in proximum mare labuntur ac vi tempestate in adversa litora exundant. [8] Si naturam sucini admoto igne temtes, in modum taedae accenditur alitque flammam pinguem et dentem; mox ut in picem resinamve lentescit. Si può pensare tuttavia che l’ambra sia un succo di alberi, perché spesso vi si scorgono in trasparenza certi animali terrestri e anche alati, che, avviluppatisi in questa sostanza ancora liquida, vi restano chiusi dentro quando s’indurisce. Io crederei quindi che, come nelle remote regioni dell’Oriente vi sono alberi e boschi sacri da cui trasudano incensi e balsami, così nelle isole e nelle terre dell’Occidente ve ne sono di più fecondi, il succo dei quali, spremuto fuori e liquefatto dai raggi del vicino sole, scivola nel mare, e dalla violenza delle tempeste è gettato sulle rive opposte. Se per provare la natura dell’ambra vi accosti il fuoco, essa si accende come una torcia e alimenta una fiamma grassa e odorosa; poi si ammollisce in pece o in resina. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 33 Modestiores, sed aeque falsum, prodidere in extremis Hadriatici sinus inviis rupibus arbores stare quae canis ortu hanc effunderent cummim. Theophrastus effodi in Liguria dixit, Chares vero Phaëtontem in Aethiopia Hammonis obiisse, ibi et delubrium eius esse atque oraculum electrumque gigni. Philemon fossile esse et in Scythia erui duobus locis, candidum atque cerei coloris quod vocaretur electrum, in alio fulvom quod appellaretur sualiternicum. Scrittori più misurati – ma la cosa non è meno falsa – hanno invece riferito che nella parte più profonda del golfo Adriatico, su rocce inaccessibili, si ergono alberi che, al sorgere del Cane, secernono questa gomma. Teofrasto ha detto che l’ambra è estratta dalla terra in Liguria; Carete, invece, che Fetonte morì in Etiopia “nell’isola di Ammone”, e che lì c’è anche il suo tempio con l’oracolo, e che vi si genera l’ambra. Secondo Filemone è un fossile, e si estrae in due località della Scizia: bianco e del colore della cera, quello chiamato “elettro”; nell’altra località quello rossiccio, chiamato sualiternico.


Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 34 Demostratus lyncurium vocat et fieri ex urina lyncum bestiarum, e maribus fulvom et igneum, e feminis languidius atqe candidum. Alios id dicere langurium et esse in Italia bestias langurios. Zenothemis langas vocat easdem et circa Padum iis vitam adsignat, Sudines arborem quae gignat in Liguria vocari lynca. In eadem sententia et Metrodorus fuit. Demostrato la chiama lincurio e dice che si forma dall’urina delle linci, dei maschi quando è rossiccia e color fuoco, delle femmine quando è più sbiadita e bianca; riferisce poi che altri la chiamano languorio, e che ci sono in Italia animali detti languri. Zenotemide chiama Demostrato la chiama lincurio e dice che si forma dall’urina delle linci, dei maschi quando è rossiccia e color fuoco, delle femmine quando è più sbiadita e bianca; riferisce poi che altri la chiamano languorio e che ci sono in Italia animali detti languri. Zenotemide chiama gli stessi animali langhe e li fa vivere in prossimità del Po; Sudine dice che un albero che produce ambra in Liguria si chiama Lince. Della stessa opinione fu anche Metrodoro.

giorno di navigazione si trovava l’isola di Abalo, dove, egli afferma, durante la primavera l’ambra era trasportata dalle correnti, ed era una secrezione del mare congelato; gli abitanti se ne servivano come legna per il fuoco e la vendevano ai vicini Teutoni.

Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 35 Sotacus credidit in Britannia petris effluere quas electridas vocavit, Pytheas Gutonibus Germaniae gente adcoli aestuarium Metonomon nomine ab oceano spatio stadiorum sex millium, ab hoc diei navigatione abesse insulam Abalum, illo per ver fluctibus advehi et esse concreti maris purgamentum, incolas pro ligno ad ignem uti eo proximisque Teutonis venedere. Della stessa opinione fu anche Metrodoro. Sotaco ha creduto che in Britannia l’ambra stilli da pietre, che egli ha chiamato elettridi; secondo Pitea i Guioni, popolazione della Germania, abitavano le sponde di un estuario dell’Oceano di nome Metuonide per un’estensione Sotaco ha creduto che in Britannia l’ambra stilli da pietre, che egli ha chiamato elettridi; secondo Pitea i Guioni, popolazione della Germania, abitavano le sponde di un estuario dell’Oceano di nome Metuonide per un’estensione di 6.000 stadi; a un

Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 37 In Syria quoque feminas verticillos inde facere et vocari harpaga, quia folia paleasque et vestium fimbrias rapiat. Theochrestus oceano id exaestuante ad Pyrenaei promontoria eici, quod et Xenocrates credidit. Qui de his nuperrime scripsit vivitque adhuc Asarubus tradit iuxta Atlanticum mare esse lacum Cephisida quem Mauri vocent Electrum. Hunc sole excalfactum e limo reddere electrum fluitans. e anche in Siria, dove le donne ne farebbero fusaiole e la chiamerebbero harpax, perché attrae foglie, paglie e frange di vestiti. Teocresto ritiene che l’ambra è rigettata dall’Oceano in tempesta sui promontori pirenaici, idea condivisa anche da Senocrate, che ha scritto su ciò molto di recente e che è ancora in vita. Asaruba racconta che in prossimità dell’Atlantico c’è il lago Cefiside, che i Mauri chiamano Elettro: riscaldato dal sole, esso dal limo fa sorgere ambra che galleggia sull’acqua.

Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 36 Huic et Timaeus credidit, sed insulam Basiliam vocavit. Philemon negavit flammam ab electro reddi. Nicias solis radiorum sucum intellegi voluit. Hos circa occasum vehementiores in terram actos pinguem sudorem in ea relinquere oceani, deinde aestibus in Germanorum litora eici. In Aegypto nasci simili modo et vocari sacal, item in India gratiusque et pro ture esse Indis. La sua opinione è condivisa anche da Timeo, che però ha chiamato l’isola Basilia. Filemone ha negato che dall’ambra si produca la fiamma. Nicia ha voluto spiegarla come una secrezione dei raggi del sole: quando al tramonto questi sono diretti sulla terra in modo più violento.

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Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 38 Mnaseas Africae locum Sicyonem appellat et Crathin amnem in oceanum effluenetem e lacu, in quo avis, quas meleagridas et penelopas vocat, vivere. Ibi nasci ratione eadem qua supra dictum est. Theomenes Syrtim iuxta magnam hortum Hesperidon esse et stagnum Electrum, ibi arbores populos quarum e cacuminibus in stagnum cadet, colligi autem ab virginibus Hesperidum. Mnasea parla di un luogo dell’Africa chiamato Sicione e di un fiume Crati [scil. Sebu], che da un lago defluisce nell’Oceano, dove vivono uccelli che egli chiama meleagridi e penelopi: lì l’ambra si produrrebbe allo stesso modo che si è detto sopra. Secondo Teomene presso la grande Sirte c’è il giardino delle Esperidi e lo stagno Elettro, dove sorgono i pioppi dalle cui cime l’ambra cade nello stagno; ed è raccolta dalle figlie delle Esperidi. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 39 Ctesias in Indis flumen esse Hypobarum, quo vocabulo significetur omnia bona eum ferre, fluere a septentrione in exortivum oceanum iuxta montem silvestrem arboribus electrum ferentibus. Arbores eas siptachoras vocari, qua appellatione significetur praedulcis suavitas. Mithridates in Carmaniae litoribus insulam esse, quam vocari Seritam, cedri genere silvosam, inde defluere in petras. Secondo Ctesia c’è in India un fiume Ipobaro, un nome che significa “portatore di tutti i beni”; scorre da settentrione nell’Oceano orientale presso un monte boscoso i cui alberi producono ambra; quegli alberi sono chiamati psittacore, che vuol dire “di dolcissima soavità”. Secondo Mitridate presso le coste della Carmania [scil. Kerman] c’è un’isola, chiamata Serita, folta di un tipo di cedro dal quale l’ambra cade sulle rocce. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 40 Xenocrates non sucinum tantum in Italia verum etiam thyeum vocari, a Scythis vero sacrium, quoniam et ibi na-

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scatur, alios putare in Numidia gigni. Super omnes est Sophocles poeta tragicus, quod equidem miror, cum tanta gravitas ei cothurni sit, praeterea vitae fama, alias principi loco genito Athenis, et rebus gestis et exercitu ducto. Hic ultra Indiam fieri dixit e lacrimis meleagridum avium Meleagrum defluentium. Secondo Senocrate l’ambra in Italia non si chiama soltanto succino, ma anche tio; e in Scizia sacrio – perché si forma anche lì; al di là di tutti va Sofocle, il poeta tragico, cosa che per la verità mi stupisce, tanta è la severità delle sue tragedie oltre alla sua reputazione personale, dovuta alla sua nobile origine ateniese, alle sue imprese e al suo comando militare: egli ha detto che l’ambra si formava, al di là dell’India, dalle lacrime versate dagli uccelli meleagridi in pianto per Meleagro. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 41 Quod credidisse eum aut sperasse aliis persuaderi posse quis non miretur, quemve pueritiam tam inperitam posse reperiri quae avium ploratus annuos credat lacrimasve tam grandis, avisve quae a Graecia, ubi Meleager periit, ploratum adierint Indos? Quid ergo? Non multa aeque fabulosa produnt poetae? Sed hoc in ea re quae cotidie invehatur atque abundet ac mendacium coarguat serio quemquam dixisse summa hominum contemptio est et intoleranda mendaciorum inpunitas. Che egli abbia creduto ciò, o che abbia sperato di farlo credere ad altri, che potrebbe non stupirsene? Quale mente infantile così ingenua si può mai trovare, da credere che degli uccelli piangano annualmente, o che le lacrime siano così grandi, o che quegli uccelli dalla Grecia, dove Meleagro morì, siano andati a piangere in India? E dunque? Non raccontano i poeti tante storie ugualmente favolose? Certo; ma che uno dica seriamente una cosa simile a proposito di una sostanza come questa, che si importa tutti i giorni ed è così diffusa e smaschera quindi la menzogna, è il massimo insulto per l’umanità e un’intollerabile mancanza di ritegno nel mentire.


Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 42 Certum est gigni in insulis septentrionalis oceani et ab Germanis appellari glaesum, itaque et ab nostris ob id unam insularum Glaesariam appellatam, Germanico Caesare res ibi gerente classibus, Austeraviam a barbaris dictam. Nascitur autem defluente medulla pinei generis arboribus, ut cummis in cerasis, resina in pinis. Erumpit umoris abundantia, densatur rigore vel tempore aut mari, cim ipse intumescens aestus rapuit ex insulis, certe in litora expellitur ita volubile ut pendere videatur atque non sidere in vado. È certo che l’ambra si genera nelle isole dell’Oceano settentrionale e che dai Germani è chiamata gleso, ed è perciò che anche i nostri compatrioti hanno chiamato Glesaria una di queste isole, quando Germanico Cesare conduceva colà operazioni con la flotta; i barbari la chiamano Austeravia. Si forma, l’ambra, dal midollo che fuoriesce da un tipo di pino, come la gomma nei ciliegi o la resina nei pini fuoriesce per eccesso di liquido. Si solidifica per il gelo o per le condizioni atmosferiche o per effetto del mare, quando le onde agitandosi la strappano dalle isole. Allora, come che sia, è rigettata sulle rive, ed è trasportata così facilmente che sembra restare sospesa e non calare a fondo. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 43 Arboris sucum esse etiam prisci nostri credidere, ob id sucinum appellantes. Pinei autem generis arboris esse indicio est pineus in adtritu odor et quod accensum taedae modo ac nidore flagrat. Adfertur a Germanis in Pannoniam maxume provinciam, et inde Veneti primum, quos Enetos Graeci vocaverunt, famam rei fecere proxumique Pannoniae et agentes circa mare Hadriaticum. Che si trattasse del succo di un albero lo credettero anche i nostri antenati, che perciò la chiamarono succino. Che poi l’albero sia un tipo di pino lo indica l’odore di pino che l’ambra produce se la si strofina e il fatto che, ad accenderla, brucia allo stesso modo e con le esalazioni di una torcia resinosa. I Germani la portarono soprattutto dalla pro-

vincia di Pannonia e di là per primi i Veneti, che i Greci hanno chiamato Eneti, ne diffusero la fama, vicini com’erano alla Pannonia e vivendo attorno al mare Adriatico. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 46 Maximum pondus is glaebae attulit XIII librarum. Nasci et in India certum est. Archelaus qui regnavit in Cappadocia illinc pineo cortice inhaerente tradit advehi rude polirique adipe suis lactentis incoctum. Liquidum id primo destillare argumento sunt quaedam intus tralucentia, ut formicae culicesque et lacertae, quae adhaesisse musteo non est dubium [et] inclusa durescente [eodem remansisse]. Il blocco maggiore che egli riportò era del peso di 13 libbre. È certo che se ne forma anche in India. Archelao, che fu re di Cappadocia, racconta che si importa di là allo stato grezzo, con la corteccia di pino ancora aderente, e che si leviga bollendola nel grasso del maiale da latte. Che l’ambra stilli in origine come liquido lo provano alcuni corpi che si vedono all’interno in trasparenza, come formiche zanzare e lucertole, che evidentemente si sono attaccati alla sostanza fresca e poi ne sono rimasti prigionieri quando si è solidificata. Martialis, Epigrammata, IV, 22 Et latet et lucet Phaethontide condita gutta, ut videatur apis nectare clusa suo. Dignum tantorum pretium tulit illa laborum: credibile est ipsam sic voluisse mori. Imprigionata in una goccia d’ambra un’ape si cela e insieme splende: sembra racchiusa nel suo stesso nettare. Ha avuto un giusto compenso per tante fatiche: forse lei stessa avrebbe voluto morire così. Martialis, Epigrammata, IV, 59 Flentibus Heliadum ramis dum vipera repit, Fluxit in obstantem sucina gutta feram: Quae dum miratur pingui se rore teneri,

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Concreto riguit vincta repente gelu. Ne tibi regali placeas, Cleopatra, sepulchro, Vipera si tumulo nobiliore iacet. Mentre una vipera strisciava sui rami piangenti delle Eliadi, una goccia d’ambra fluì in direzione della bestia che procedeva in senso opposto. Questa rimane attonita d’essere trattenuta da una rugiada oleosa, e s’irrigidisce avvinta d’improvviso nel gelo che s’indurisce. Cleopatra, non compiacerti del regale sepolcro, se una vipera giace in una tomba più nobile. Martialis, Epigrammata, VI, 15 Dum Phaethontea formica uagatur in umbra, inplicuit tenuem sucina gutta feram. Sic modo quae fuerat uita contempta manente, funeribus facta est nunc pretiosa suis. Sotto l’ombra di un pioppo una formica peregrinava, ma tenace un grumo d’ambra entro sé l’avvolse. Nella vita rimase trascurata, ma in sepolcro, divenne una reliquia assai pregiata!

Euripides, Hippolytus, vv. 732-741

[Coro:] Vorrei essere negli erti recessi montani, dove uccello alato un dio tra le volanti schiere mi rendesse. Librarmi sul marino flutto della costa di Adria e sull’acqua dell’Eridano, dove stillano nelle onde purpuree le infelici fanciulle, per pietà di Fetonte, lucenti lacrime d’ambra. Diodorus Siculus, Bibliotheca historica, V, 23, 1

La provenienza dell’ambra Hesiodus, Fragmentum 150, vv. 20-24

[…] E tutt’intorno a queste genti volavano balzando con impeto (scil. i figli di Borea) […] degli Iperborei dai bei destrieri, i quali generó la Terra feconda, che molti nutrisce, lontano presso le alte cascate dell’Eridano dalla profonda corrente […] dell’ambra […].

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[1] Per quanto riguarda, dunque, lo stagno ci contenteremo di ciò che è stato detto; ora tratteremo della cosiddetta ambra. Di fronte alla Scizia che sta sopra la Gallia, c’è un’isola in mare aperto, nell’Oceano, nota come Basileia, su quest’isola i flutti gettano in abbondanza la cosiddetta ambra, che non si vede in nessun’altra parte della terra abi-


tata; su quest’argomento molti degli antichi autori hanno scritto miti che sono assolutamente incredibili, e che si confutano grazie agli eventi più tardi. Tacitus, Germania, XLV, 2-5 [2] […] Ergo iam dextro Suebici maris litore Aestiorum gentes adluuntur, quibus ritus habitusque Sueborum, lingua Britannicae propior. [3] Matrem deum venerantur. Insigne superstitionis formas aprorum gestant: id pro armis omniumque tutela securum deae cultorem etiam inter hostis praestat. Rarus ferri, [4] frequens fustium usus. Frumenta ceterosque fructus patientius quam pro solita Germanorum inertia laborant. Sed et mare scrutantur, ac soli omnium sucinum, quod ipsi glesum [5] vocant, inter vada atque in ipso litore legunt […] Dunque sul lato destro il mare svevo bagna le genti degli Estii, simili piuttosto agli Svevi per i culti e l’aspetto esteriore, ai Britanni per la lingua. Venerano la Madre degli dèi: come simbolo del culto portano amuleti a forma di cinghiale; questo amuleto vale, per i devoti della dea, come arma e salvaguardia da tutti i pericoli e protegge anche in mezzo ai nemici. Rare le armi di ferro; più frequente l’uso di bastoni. Coltivano il frumento e gli altri prodotti del suolo con tenacia maggiore rispetto all’abituale indolenza dei Germani. Esplorano anche il mare e sono gli unici a raccogliere, nelle secche e sul litorale, l’ambra, che chiamano gleso. Dionysius Periegetes, Descriptio Orbis Terrae, vv. 288-293

Ecco poi, la catena dei Pirenei e le dimore dei Celti, all’altezza delle sorgenti dell’Eridano bel corso, alle cui foci una

volta, in una notte solitaria, le Eliadi vennero a piangere, afflitte per Fetonte. Lì, la progenie dei Celti, seduta sotto ai pioppi, estrae le lacrime dell’ambra splendente come oro.

Gli usi dell’ambra Homerus, Odyssea, XV, vv. 459-460

Che con un bello, aureo monile e d’ambra Vagamente intrecciato, a noi sen venne. Homerus, Odyssea, XVIII, vv. 295-296

A Eurimaco subito dopo [l’araldo] portò un artistico vezzo d’oro alternato con grani d’ambra, che un sole pareva. Iuvenalis, Saturae, VI, vv. 569-576 Haec tamen ignorat, quid sidus triste minetur Saturni, quo laeta Venus se proferat astro, Qui mensis damnis, quae dentur tempora lucro. Illius occursus etiam vitare memento, In cuius manibus, ceu pinguia succina, tritas Cernis ephemeridas; quae nullum consulit, et iam Consulitur: quae, castra viro patriamve petente, Non ibit pariter numeris revocata Thrasylli. Ma essa [scil. Tanaquilla] ignora, almeno, le minacce del sinistro astro di Saturno, in quale congiunzione Venere è benigna e quali sono i mesi contrario favorevoli al guadagno: ricordati bene di evitare anche il semplice incontro con quest’altra a cui vedi fra le mani un calendario levigato dall’uso come una palla d’ambra, costei che non consulta alcuno e che anzi viene ormai consultata, che si rifiuterà di accompagnare il marito in partenza per il fronte o per la sua patria se la sconsiglieranno le computazioni di Trasillo.

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Plinius, Naturalis Historia, XXII, XLVII, 99 libet et coquendi dare aliquas communes in omni eo genere observationes, quando ipsae suis manibus deliciae praeparant hunc cibum solum et cogitatione ante pascuntur sucinis novaculis aut argenteo apparatu comitante. Vorrei dare alcune regole per la cottura dei funghi, in quanto questo è l’unico alimento che i raffinati preparano con le loro mani e per tale progetto prima di mangiare si devono accompagnare con coltellini in ambra e stoviglie in argento. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XII, 48 Verum hoc quoque notum fieri oportet, quocumque modo libeat tingui haedorum sebo et anchusae radice, quippe iam et conchylio inficiuntur. Ceterum attritu digitorum accepta caloris anima trahunt in se paleas et folia arida et philyras ut magnes lapis ferrum. Ramenta quoque eius oleo addito flagrant dilucidius diutusque quam lini medulla. Ma anche questo bisogna che si sappia, che l’ambra si tinge in qualunque colore si voglia, col sego dei capretti e la radice della borragine; ora anzi si tinge anche con la porpora. D’altra parte, quando lo sfregamento delle dita introduce in essa un soffio di calore, l’ambra attrae a sé paglie, foglie secche e fili di tiglio, come la pietra magnetica il ferro. Inoltre i trucioli d’ambra bagnati nell’olio bruciano più luminosi e più a lungo che il midollo del lino. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XII, 50 Domitius Nero in ceteris viate suae portentis capillos quoque Poppaeae coniugis suae in hoc nomen adoptaverat quodam etiam carmine sucinos appellando. Quoniam nullis vitiis desunt pretiosa nomina, ex eo tertius hic quidam colos coepit expeti matronis. Usus tamen aliquis sucinorum invenitur in medicina, sed non ob hoc feminis placent. Tra le altre bizzarrie della sua vita. Domizio Nerone aveva adottato questo nome perfino per i capelli di sia moglie Poppea, chiamandoli anche in un suo poema ambrati, giacché non mancano mai nomi ricercati per designare i difet-

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ti; da allora, le signore hanno cominciato a volere questa specie di terzo colore per i loro capelli. Un qualche uso dell’ambra si trova tuttavia in medicina, ma non è per questo che essa piace alle donne; è di giovamento ai bambini che la portano a mo’ di amuleto. Pausanias, Graeciae descriptio, IX, 41, 4-5

[4] infatti nei discorsi di Eumeo ad Ulisse, prima che Telemaco venisse a loro all’ovile da Pilo, dice così: Un uomo d’alto ingegno un dì sen venne Dal padre mio tenendo un monil d’oro Adorno di ambre. [5] … e nei doni di Penelope, imperciocché cantò, che gli altri proci e fra questi Eurimaco diede a Penelope doni: Tosto Eurimaco porta porta d’oro e d’ambre Un monil molto lavorato e adorno Che il sole assomigliar potrebbe in lustro. Apuleius, Metamorphoses, II, 19 Hic vitrum fabre sigillatum, ibi crustallum inpunctum, argentum alibi clarum et aurum fulgurans et sucinum mire cavatum et lapides ut binas et quicquid fieri non potest ibi est. [Trovai] Vetri artisticamente incisi, cristalli istoriati, argenterie scintillanti, ori abbaglianti, coppe per bere scavate nell’ambra o in altre pietre pregiate, insomma cose da non potersi immaginare.


Il valore dell’ambra Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XI, 30 Proximum locum in deliciis, feminarum tamen adhuc tantum, sucina optinent, eandemque omnia haec quam gemmae auctoritatem; […] in sucinis causam ne deliciae quidem adhuc excogitare potuerint. Il posto immediatamente seguente tra gli oggetti di lusso, anche se finora solo per le donne, è occupato dall’ambra. Tutti questi materiali godono lo stesso prestigio delle gemme: […] ma quanto all’ambra, nemmeno il lusso è ancora riuscito a escogitare una ragione per il suo uso. Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XII, 49 Taxatio in deliciis tanta ut hominis quamvis parva effigies vivorum hominum vigentiumque pretia exsuperet, prorsus ut castigatio una non sit satis. […] In omnibus denique aliis vitiis aut ostentatio aut usus placet, in sucinis sola deliciarum conscientia. La sua valutazione tra gli oggetti di lusso è così alta che una statuetta d’uomo in ambra, per quanto piccola, supera il costo di uomini viventi e in forze; sicché non basta certo un solo biasimo: […] insomma, in tutti gli altri oggetti preziosi per i quali abbiamo un debole ci piace o il metterli in mostra o l’uso pratico, negli oggetti d’ambra solo la consapevolezza del lusso. Pausanias, Graeciae descriptio, V, 12, 7

De’ ritratti che sono nelle nicchie quello di elettro è dell’Imperador Romano Augusto, quello di avorio si disse essere Nicomede Re de Bitini e dal nome di costui cangiò il suo, la più grande delle città della Bitinia che prima appella vasi Astaco fabbricata in origine da Zipeta, Trace di nazione, come può osservarsi dal nome. di questo elettro di cui è fatta l’immagine dell’Imperadore Augusto tutto quello che nelle arene dell’Eridano si ritrova naturale è molto raro ed è perciò in gran prezzo: l’altro elettro è poi oro mescolato con argento.

La varietà dell’ambra Plinius, Naturalis Historia, XXXVII, XII, 47 Genera eius plura [sunt. Ex iis] candida odoris praestantissimi. Sed nec his nec cerinis pretium. Fulvis maior auctoritas. Ex iis etiamnum amplior tralucentibus, praeterquan si nimio ardore flagrent, imaginem igneam in [iis] esse, non ignem, placet. Summa laus Falernis a vini colore dictis, molli fulgore perspicuis. In quibus et decocti mellis lenitas placeat. Le varietà di ambra sono numerose. Di esse la bianca ha l’odore migliore, ma né essa né quella color cera ha pregio; la rossiccia è più pregiata, e più ancora se trasparente, purché la luminosità non sia eccessiva: ciò che in essa piace è un’immagine del fuoco, non il fuoco vero e proprio. La varietà più stimata è il Falerno, detta così dal colore del vino: è trasparente nella sua dolce luminosità, e in essa si apprezza anche la morbida tinta del miele cotto.

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I testi sono tratti dalle pubblicazioni in bibliografia, dalla banca dati ROMIT - Sistema informativo sulla civiltĂ romana in Emilia-Romagna, Baviera, Achaia, Bulgaria, consultabile sul sito IBC www.ibc.regione.emilia-romagna.it e da The Perseus Digital Library, Tufts University http://old.perseus.tufts.edu

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Finito di stampare nell’anno 2010 da Editrice Compositori, Bologna



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