28 settembre 2021 - 09:53

I cani da pastore bergamasco sfilano nelle gare al «Madison», ma in patria non li cerca nessuno

Sono apprezzati all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. Cresciuti a fame e miseria, hanno un cuore grande. Proprio come l’indole degli orobici

di Davide Ferrario

I cani da pastore bergamasco sfilano nelle gare al «Madison», ma in patria non li cerca nessuno
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Mentre scrivo, sbircio al di sopra del computer e incrocio gli occhi di Viola. Viola è un pastore bergamasco nato negli Stati Uniti che fa bella mostra di sé nella pagina di settembre del calendario da tavolo del Bergamasco Sheepdog Club of America. Da quando ho scoperto che esiste il Club, sono un fedele acquirente del loro merchandising: non solo calendari, ma t-shirt, felpe, cappellini e persino attrezzi da cucina.

Razza sottovalutata

Al calendario del 2021 sono particolarmente affezionato perché a dicembre c’è una foto di Brina, il mio pastore femmina scomparsa due anni fa dopo una vita passata insieme. Brina è una dei tanti bergamaschi che ho avuto a partire dal 1982, perciò confesso la mia faziosità quando sostengo che il pastore bergamasco è il cane migliore che ci sia; ma ritengo anche di dire una cosa oggettiva quando lamento che è una razza sottovalutata proprio a casa sua.

La nostra storia

Mentre in America stravedono per i nostri cani che sfilano nelle gare cinofile al Madison Square Garden, a Bergamo per strada se ne vedono sempre meno, magari a favore di razze rispettabilissime ma che con la nostra storia e con il nostro territorio non c’entrano niente. Un fatto confermato anche dagli allevatori: quando sono andato a prendere la mia ultima cucciola ero l’unico acquirente italiano. C’erano una coppia di tedeschi, una famiglia olandese e nel pomeriggio aspettavano dei belgi.

Apprezzato all’estero

Si capisce perché il nostro pastore è così apprezzato all’estero: quando scopri le sue qualità — fedeltà, equilibrio, pazienza, simpatia — hai trovato tutto quello che cerchi in un cane. E, al contrario di quello che si pensa, anche una notevole semplicità di gestione, per non parlare del fatto che il bergamasco è ben felice di correre e uscire, ma più di tutto è contento di stare col suo padrone anche in un monolocale. E sarà anche vero, come recita il sottotitolo del libro di Luigi Guidobono Cavalchini, che il bergamasco è passato «da cane dei pastori a cane dei signori»: ma non sarà mai un cane da fighetti. Il modo in cui si è costituita la razza lo impedisce.

Fame e fatica

Il bergamasco è venuto su nella fame e nella fatica, spesso nella brutalità della miseria vissuta dai suoi allevatori. Ma con un cuore grande così, proprio come è l’indole dei bergamaschi, testimoniata in tante drammatiche vicende della storia italiana.

Terra imborghesita

La conclusione sembra implicita: non è il cane che è cambiato, sono cambiati gli umani intorno a lui. Non ci vuole molto a constatare quanto il territorio si sia imborghesito, e si cerchi, come compagnia, cani che offrono uno status symbol più in sintonia con lo spirito dei tempi.

È singolare che nella battaglia, spesso strumentale, per la «tradizione» non si sia mai considerato il caso di questa ricchezza così totalmente e specialmente nostra. Più alla moda preoccuparsi dell’estinzione delle balene. Solo che vi sfido a guardare negli occhi una balena come può fare il vostro pastore bergamasco con voi.

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