Il mondo del bambù: un futuro possibile e sostenibile

Pubblichiamo con grande piacere oggi un articolo di approfondimento, con grandi valenze anche divulgative su un materiale dalle straordinarie caratteristiche come il bambù, da parte di Lorenzo Bar, dell’Associazione Italiana Bambù.

Generalità

Il termine bambù è utilizzato per identificare un gruppo di graminacee di circa 1200 specie e 70 generi, spesso legnose, di crescita veloce, simili ad altre sorelle graminacee come il riso, il mais, il grano ecc. La pianta appartiene, assieme alle palme, al gruppo delle monocotiledoni, con unico meristema apicale di crescita.

L’area di diffusione maggiore dei bambù è compresa nella fascia tropicale e subtropicale in Asia, Africa ed America, tra i paralleli 46 Nord e 47 Sud. I bambù si espandono anche però in alcune fasce temperate e fredde del Giappone, Cina e America del nord e sulla catena Himalayana.

Sulle freddissime isole Kurili, a sud della penisola della Kamchatka, cresce la Sasa kurilensis che sopporta senza problemi temperature di oltre 20gradi sotto zero ed una copertura di neve di molti mesi. Prima delle glaciazioni erano presenti anche in Europa. Alcuni bambù fossili sono stati ritrovati di recente in Francia.

Il nome, molto probabilmente, è di origine onomatopeica, e ricorda il suono di uno scoppio. Se infatti si getta nel fuoco un culmo, l’aria contenuta negli internodi ermetici, si espande e provoca la rumorosa esplosione. Si tratta di “ erbe giganti “, in quanto non hanno il cambio come gli alberi e sezionandoli non presentano i caratteristici anelli concentrici.

La struttura, un frattale perfetto se pensiamo a questa nuova ed interessante geometria, è composta di diversi “profilati tubolari” vegetali, tra loro collegati ed in sequenza. Esiste il culmo sotterraneo, con le radici, che si sviluppa nel sottosuolo, di norma non oltre il metro di profondità e per piani orizzontali, ed il culmo aereo che porta anche i rami, e che può svettare in altezza, a seconda della specie, dai 20 centimetri sino ai 30 e più, metri. Il culmo del bambù è, salvo le eccezioni, cavo ed è diviso all’interno da dei setti chiamati internodi. Durante la crescita una guaina sericea, molte volte ispida e pelosa, protegge il giovane e tenero culmo nel suo sviluppo in verticale. Il più delle volte la guaina cade, successivamente allo sviluppo del culmo, in molti casi invece permane anche sul culmo maturo. Il culmo quando fuoriesce dal terreno ha già il diametro definito e lo sviluppo in altezza avviene in modo molto veloce, anche un metro al giorno, a seconda delle condizioni climatiche, del terreno, dell’età del bambuseto, e altro. Raggiunta l’altezza caratteristica della specie la crescita in verticale si ferma e gli anni successivi sono dedicati all’irrobustimento del culmo con sviluppo di lignina e cellulosa nei tessuti vegetali. Anche se il bambù è una pianta sempreverde, tutti gli anni c’è un ricambio naturale delle foglie e la crescita di nuovi rametti e foglie. Ultimata la crescita dei nuovi culmi, cadute le guaine protettive degli internodi, ed aperti tutti i rami laterali e le foglie, la pianta si dedica allo sviluppo dell’apparato radicale.A questo proposito i bambù si possono dividere i due ampi gruppi: i simpodiali ed i monopodiali.

I monopodiali, o leptomorfi, sono quelli che hanno un apparato rizomatoso che tende a correre nel terreno con lunghe radici e quindi normalmente sono considerati invasivi. Di anno in anno si allontanano dal cespo “madre” anche di 3-4 metri e quindi se posti in un giardino vanno contenuti e delimitati da apposite barriere ferma rizomi.

Normalmente queste specie appartengono a bambù che crescono nei climi temperati e freddi.

I principali generi che hanno questa caratteristica sono: Arundinaria, Bashania, Chimonobambusa, Hibanobambusa, Indocalamus, Phyllostachys, Pleioblastus, Pseudosasa, Qiongzhuea, Sasa, Sasaella, Semiarundinaria, Shibataea, Sinobambusa

I tropicali e subtropicali invece, quasi sempre, sono del tipo simpodiale o pachimorfo.

La crescita è cespitosa ed i rizomi non sono invadenti ma molto corti e l’aspetto di questi bambù, più che di un bosco è quello di un grande cespuglio.

A questa tipologia appartengono i seguenti, più noti, generi: Bambusa, Chusquea, Drepanostachyum, Dendrocalamus, Gigantochloa, Guadua,Melocanna,  Otatea, Oxytenantera, Sinarundinaria o Fargesia, Schizostachyum, Sinocalamus,  Thamnocalamus, Thyrsostachys,  Himalayacalamus, Yushania

Tra i due gruppi esistono poi forme intermedie di sviluppo dovute all’adattamento delle specie alle condizioni ambientali particolari come ad esempio il genere Nastus.

Esistono altri generi, con poche specie, che comunque hanno un interesse più che altro botanico.

Il bambù non ha fioriture a cadenza annuale, come quasi tutte le altre graminacee e come la cosiddetta canna comune (Arundo donax) molto comune in Europa. Le cadenze sono cicliche, con periodi che arrivano anche ad un secolo e più. La fioritura di una specie avviene contemporaneamente in tutto il mondo, qualunque sia la stagione. 

Dato l’alto numero delle specie non è difficile vederne ogni tanto qualcuna in fioritura. Negli anni passati è fiorita per tre anni di fila la Fargesia nitida, un bel bambù simpodiale himalayano che fiorisce appunto con un ciclo di circa 120 anni. Attualmente è abbondantemente in fiore un piccolo bambù dall’aspetto molto elegante, con la piccola foglia variegata: il Pleioblastus tsuboianus tsuboi. In questi casi c’è la possibilità, qualora ci sia un’altra specie in fiore, di interessanti ibridazioni naturali. Un esempio è stato molti anni fa quello di una ibridazione tra la specie Phyllostachys e la Sasa che ha dato origine al nuovo genere Hibanobambusa. La fioritura può protrarsi anche per due-tre anni e, data la potenza e l’energia che la pianta mette in questo frangente, normalmente deperisce e muore completamente. I semi del bambù sono normalmente simili a quelli del riso e frumento. Una specie in particolare però, la Melocanna baccifera, produce dei semi molto grossi, come i frutti “fioroni” del fico.

E’ ancora abbastanza sconosciuto il meccanismo attraverso il quale avvengono le fioriture. C’è chi sostiene trattarsi di un “orologio biologico chimico” che quando si satura comanda la fioritura, altri ipotizzano, in modo forse più originale e fantasioso, che sia dovuta a particolari congiunzioni planetarie. In India, presso l’istituto di ricerca di Dera Dun, sono riusciti a provocare la fioritura di alcuni bambù stimolandoli chimicamente con miscele di prodotti vari. Questa possibilità aprirebbe la strada a nuove ibridazioni e in Cina, uno dei paesi in cui il bambù rappresenta una enorme risorsa legnosa, sono in corso ricerche e sperimentazioni per trovare nuovi ibridi con particolari caratteristiche.  

Il mondo dei bambù è molto vario e variegato. Esistono bambù con culmi di grandi dimensioni, il Dendrocalamus giganteus  è quello in assoluto più grande raggiungendo anche i 50 centimetri di diametro e più di trenta metri in altezza. Molti bambù hanno le spine sui rami (ad esempio: Bambusa bamboos, Guadua angustifolia) altri si arrampicano sulle piante ( sp. Dinochloa). Ci sono anche quelli a culmo a sezione quadrata anziché circolare ( Chimonobambusa quadrangularis), a culmo pieno invece che cavo (Chusquea ed alcune Bambusa), zigzagante piuttosto che diritto ( Phy.aureosulcata) . Molti hanno il culmo di differenti colori, oltre che il classico verde: giallo, rosso, nero, striato, a macchie di leopardo, con righe o solco nero, gialle ecc.

Gli internodi possono essere lunghi da pochi centimetri sino a più di un metro, possono essere anche obliqui, rigonfi, e le pareti della canna da pochi millimetri sino alla chiusura quasi completa dell’internodo. Il Phy.heterocycla pubescens o  Kikku, è uno di questi caratteristici bambù e viene chiamato anche “tortle bambù” per via dei nodi che ricordano il carapace delle tartarughe o, viceversa, per la somiglianza con la prominente pancia : Buddha bamboo. I boschetti di questa specie, in Oriente, sono ritenuti sacri e luogo di meditazione.

Il Bambú  e l’ ecologia

Il bambù è una pianta che cresce con successo in aree degradate, non utilizzate o dismesse ed è quindi particolarmente indicata per opere di bonifica (aiuta inoltre a rimuovere agenti tossici) , miglioramento ambientale e riforestazione; inoltre previene l’ eccessivo drenaggio mantenendo alto il livello dell’ acqua grazie alla costante azione di trasferimento delle risorse dal suolo alle parti verdi della pianta. Il sistema radicale di alcune specie di tipo tappezzante nano-medio, una vera e propria rete vegetale sotterranea, può  diventare un ottimo consolidante a protezione delle sponde e rive. In caso di piene non provoca intasamenti nei corsi d’acqua in quanto questi bambù si comportano come un erba: si piegano con la pressione dell’acqua e ritornano a vegetare finita l’emergenza. 

L’apparato radicale di queste graminacee è molto sviluppato, radicato ed esteso, soprattutto per quelli monopodiali, ed è adatto al consolidamento del suolo e ad evitare frane e dilavamenti. Esistono alcuni progetti per l’utilizzo di bambù nella riconversione delle discariche urbane ormai dismesse e per il contenimento fisico-meccanico dei riporti. Le piante di bambù colonizzano in breve tempo lo strato superficiale e la potente rete radicale segue, senza problemi, i vari assestamenti dei riporti, dovuti al cedimento del materiale incoerente sottostante, senza patirne. A Shangai, all’interno della metropoli, è stato creato un enorme parco di numerose specie di bambù su di una superficie  utilizzata come enorme discarica di rifiuti e demolizioni.

Queste graminacee hanno un incremento annuale della biomassa dal 10% al 30% , ottimo , se confrontato con la performance di alberi (2-5% anche per specie arbustive a crescita rapida). Il bambù inoltre raggiunge la maturità, in contenuto ottimale di cellulosa e lignina, dopo 4-5 anni, quando può essere raccolto. Decisamente una buona fonte di legname in tempi brevi, in confronto ai 15-30 anni necessari agli alberi per ottenere quantità e biomassa con simili caratteristiche. Valore calorifico: (18.3 -19.7 MJ/Kg.) comparabile o migliore di quello di altre specie legnose come eucalipto e pioppo,

Il legno del bambù ha una ottima resistenza, paragonabile all’acciaio e non per niente viene anche chiamato “green-stell”. La raccolta dei germogli freschi è paragonabile ad una potatura verde ed è una pratica positiva in quanto aumenta la possibilità di crescita dei culmi restanti. La pianta infatti, normalmente, emette una grande quantità di nuovi germogli, molti dei quali però abortiscono per ovvia mancanza di nutrimento dalla pianta madre.

Un bosco di bambù riduce la presenza di Co2 grazie alla capacità di sequestrare un valore minimo di 10-15 tonnellate di CO2 per ettaro per anno, generando il 35% in più di ossigeno rispetto agli alberi.  Valore di CO2 calcolato al 50% della produzione di biomassa che può variare  da 20 ton. per ettaro per anno fino a 60 ton. per anno nel caso di alcune specie. Il bambù non soffre di particolari attacchi parassitari che necessitino di trattamenti con pesticidi. L’ ambiente che si crea e’ assolutamente ecologico e naturale. In un bosco di bambù si crea un microclima fresco e umido che favorisce la presenza di microfauna, specie di uccelli e piccoli mammiferi. Le foglie di bambù sono un ottimo e salutare  foraggio per animali.

Molti culmi di bambù vengono consumati freschi o conservati. Alcune specie vanno bollite in quanto da crudi, come molti altri vegetali tropicali, contengono principi tossici od irritanti.

In Italia si è creata una piccola nicchia di mercato per i culmi freschi con le specie : Phy.edulis, Phy.dulcis e Phy.praecox.

Fasi di crescita del bambù e potenziali utilizzi:

  • < 30 giorni: germogli di bambù commestibili
  • 6-9 mesi: intrecci, cestini, decorazioni
  • 2-3 anni: fibra per laminati e pannelli
  • 3-6 anni: culmi per costruzione
  • 6> anni: gradualmente riduce le proprietà fisiche fino ai 12 anni.

Circa i due terzi della popolazione mondiale utilizzano il bambù come risorsa per i più svariati usi e settori quali:

  • legname per costruzioni ed utensili;
  • estratti per cosmesi e farmacologia;
  • olii, cibo e bevande, carta;
  • arte e musica e altro ancora.

Nulla viene sprecato di queste piante.

L’utilizzo della pianta di bambù è quasi sempre stato di tipo artigianale o popolare, con lavorazione manuale e maggiormente per un utilizzo locale. Solo da un decennio si è passati ad una vera e propria filiera di produzione ed in questo la Cina è stata la capofila. Anche in America Latina si stanno provando e testando, con varie procedure, prodotti in bambù con il genere Guadua, un bambù gigante tropicale dalle ottime caratteristiche strutturali e meccaniche già utilizzato da anni nella costruzione di strutture varie come ponti e fabbricati. Un utilizzo insolito, ma già sperimentato un tempo nelle ex colonie italiane, è quello di usare il bambù come sostituto del ferro nel cemento armato. Oscar Hidalgo in America Latina usa a questo scopo la Guadua angustifolia e costruisce casette, nei distretti rurali, a due piani. Un altro bambù molto utilizzato lungo la catena Andina, che cresce come sottobosco nelle foreste di Araucarie, è quello appartenente al genere Chusquea, cespitoso con culmi di alcuni centimetri di diametro praticamente pieno. Viene utilizzata per accessori, mobili ed utensili.

Da un censimento del 1995, in Cina, la superficie coltivata a bambù è di circa 3,8 milioni di ettari (più del Piemonte,Liguria e Valle d’Aosta assieme) e almeno altrettanta a foresta di bambù naturale. La specie predominante coltivata è sicuramente il “moso”o Phy.edulis, con 2,6 milioni di ha. E’ il gigante dei climi temperati freddi, con crescite molto veloci e produzione di grandi quantità di legname. I culmi raggiungono diametri anche di 20 cm, normalmente però si stabilizzano sui 10-12 cm con altezze di 14-16 metri. 

In Giappone è molto usato ed apprezzato il Phyllostachys bambusoides. Cresce con culmi molto diritti, di diametro pari o superiori al moso, ed ha un legname molto consistente e robusto tanto da venir chiamato “timber bamboo”. Tra i giganti tropicali quello più apprezzato in Oriente per le sue caratteristiche di resistenza e qualità del legno è il Dendrocalamus asper, mentre il “fratello” Dend.giganteus ha un legno piuttosto scadente e viene utilizzato per accessori o per fare contenitori.  

Risultano esistenti in Cina 515 specie ( circa 180 di tipo monopodiale) distribuite su 37 generi. Il governo cinese, considerata l’importanza economica di questa coltivazione, ha implementato gli interventi nel settore sin dal 1950 con un programma di incentivi allo sviluppo di queste coltivazioni, con un incremento  previsto di 50.000 ha/anno. Il bambù è sempre stato importante nell’economia cinese. Ultimamente, è diventato ancor più importante grazie alle nuove tecnologie sviluppate che lo hanno posto come miglior “legno” per la Cina, anche in confronto ad altre specie quali il pino o l’abete cinese rispetto ai quali ha una velocità di accrescimento migliore nonché un miglioramento sotto l’aspetto dell’ambiente e del suolo.

AnnoMilioni/Ha coltivatiAnnoRaccolto milioni di culmi
19762,9197575
19803,2197996
19953,81996400
19984,22000500
20004,262003600
20034,5  
20044,8  
20054,9  

La produzione in culmi (tronchi) di Phy.pubescens varia a seconda delle zone, coltivazione, climatologia ecc, e va da una produzione ottimale di 22-30 Tonn/ha  a 15 Tonn/ha in quelle più svantaggiate. (In Italia l’unica coltivazione “veloce” di legname è il pioppo con circa 220 T/ha a fine ciclo dei 10-12 anni. Lo svantaggio rispetto al bambù è il nuovo costo di reimpianto ogni 10 anni, la qualità del legno decisamente meno valida qualitativamente nonché i numerosi e costosi interventi antiparassitari e di pulitura che necessita il pioppo). Per quanto riguarda invece i germogli ( shoots) per alimentazione la produzione media è:

  • per il Phy.praecox , di 30 T/ha
  • per il Dend.giganteus di 70-80 T/ha
  • per il Dend.latiflorus di 45 T/ha

Per quanto riguarda i germogli sono state fatte ricerche ed ibridazioni tra le specie o generi ottenendo nuovi ibridi, in corso di valutazione. Ad esempio un ibrido tra la Bambusa pervariabilis e il Dendrocalamus latiflorus ha un alto contenuto di aminoacidi ( 21,57 gr/etto ). Il Phy.heter.Ohwi ha un contenuto in selenio di 0.058 -2,65 ug/g. Il mercato principale del bambù rimane, per ora, quello della produzione di pavimenti.

La gran parte sono esportati verso America ed Europa ed i produttori cinesi, stanno ponendo anche particolare attenzione all’uso di collanti e vernici certificate, a basso o nullo contenuto di formaldeide. In questo settore dovrebbero trovare prossimo utilizzo le colle, in fase di studio ed applicazione, a base di tannini naturali. Tutti i dati di cui sopra sono statistiche di fonti cinesi.

I nuovi  prodotti su cui si stanno facendo ricerche, studi ed applicazioni riguardano i settori :

  • -della medicina con estratti fogliari (flavonidi , elementi biologici attivi contro i radicali liberi, decadimento biologico, riducenti del grasso e colesterolo ecc).
  • -estratti da utilizzare come additivi bio, miglioranti nei cibi ed alimenti, te verde ecc.
  • -carboni e suoi derivati contro l’inquinamento, depuranti, in agricoltura come fertilizzanti ecc
  • -nella produzione di fibra per tessuti e/o simili– un settore dove si prevede un grande sviluppo anche con utilizzi combinati con altri materiali ad esempio nel settore dell’auto.

La politica governativa è quella di dare un notevole impulso alla coltivazione del bambù. Vengono attivati contratti di 30-50 anni per le piantagioni e i contadini sono incoraggiati a farlo nelle zone degradate o quelle dette “four-side lands” (sponde e rive di fiumi e canali a rischio frane e smottamenti). A tale scopo vengono attuate agevolazioni finanziarie e supporto logistico, formativo e tecnico.

Il bambù in Europa

L’utilizzo del bambù in Europa, in questo ultimo decennio, è stato quasi tutto improntato all’utilizzo delle piante come effetto estetico ed arredo nei giardini e parchi. E’ stato, e lo è tuttora, oggetto di importazione soprattutto per le specie più decorative, belle e rare. Sono nati diversi vivai specializzati, in Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Olanda ed Italia. La riproduzione avviene quasi sempre per via agamica, per talea di rizoma, in ambiente protetto ed adeguatamente umido. In Belgio la riproduzione di molte specie viene fatta anche per meristema, in vitro, un sistema che funziona molto bene per i bambù nani. Sempre in Belgio sono in avanzato studio e prove in campo i possibili utilizzi e le specie idonee per una utilizzazione del bambù nella produzione di biomassa. La moltiplicazione per seme è difficile in quanto, dati i lunghi cicli di fioritura, è difficile trovarne di disponibile sul mercato. Inoltre il seme ha una germinabilità limitata a circa sei mesi dopo i quali  cala bruscamente.

Un pò di storia

L’Associazione Italiana del Bambù  è stata fondata in Italia negli anni’80 da alcuni botanici ed appassionati di queste piante. All’epoca, esisteva il vivaio di Wolfgang Eberts, un personaggio tedesco che ha iniziato in Italia la riproduzione e coltivazione del bambù come pianta ornamentale per i giardini. E’ merito suo l’aver dato i primi impulsi per lo sviluppo di queste piante in Italia e a farle conoscere con le sue prime pubblicazioni ricche di belle fotografie e descrizioni. Grazie a lui nacque l’associazione ed i primi contatti con le altre realtà del bambù nel mondo. Con  Bruno Visentini, autore del primo libro italiano sul bambù,  e primo responsabile dell’associazione, sono nati il bollettino ufficiale e diverse iniziative, riunioni e convegni.

Il secondo presidente Tito Schiva, biologo dell’Istituto Sperimentale di Floricoltura di S.Remo, curò in particolare i rapporti con le associazioni francesi del bambù e delle palme. A Ventimiglia ai giardini Hambury , negli anni ‘90 ci fu la prima riunione internazionale, dove tra l’altro parteciparono i maggiori esperti dell’epoca: Peter Haddington, David Mc Clintock  del Kew Garden inglese e Toni Griebb dalla Svizzera.  In Italia nacque negli anni 90, a Roma all’Orto Botanico, il primo giardino tematico sul bambù, realizzato da Eberts su progetto di Lorenzo Bar. Fu il primo esempio di come si potesse realizzare un giardino monotematico sul bambù che non fosse una semplice collezione ma un insieme piacevolmente strutturato e ben inserito nel contesto del paesaggio. Un secondo esempio, più complesso e articolato, fu quello di Villa Carlotta, sul lago di Como, dove nel 2003 si tenne, con un ottimo successo, la prima riunione europea del bambù.  

Fece seguito la collezione di bambù ai giardini del Castel di Trautmansdorf di Merano. Su circa 20 ettari un insieme di molte tematiche botaniche, architetture e strutture attinenti. Un parco voluto dalla regione Alto Adige, realizzato nell’arco di qualche anno ed ora visitato da migliaia di persone per la sua bellezza e completezza. Tutte queste realizzazioni, unitamente ad altre in molti giardini privati, hanno contribuito sicuramente allo sviluppo della conoscenza ed uso del bambù ed a comunicare la bellezza ed il fascino di queste piante. Il bambù è anche il protagonista del più grande labirinto italiano esistente, quello di Franco Maria Ricci, famoso editore d’arte, realizzato a Parma e inaugurato nel 2015. Tutti i viali e le pertinenze del labirinto sono state piantumate con più di 30.000 piante di diverse specie di bambù .

Fino a pochi anni fa esistevano pochissimi vivai specializzati sul bambù. Oggi ne possiamo contare almeno una decina, con molte specie e cosa unica in Europa anche di bambù subtropicali e tropicali. In almeno due orti botanici italiani del sud, quello di Napoli e più ancora in quello di Palermo, di recente ristrutturazione, è possibile ammirare alcuni notevoli, enormi cespugli di bambù tropicali. Ma il bambù, in Italia ed in Europa, in questi ultimi anni, sta suscitando interessi rivolti ad altri numerosi impieghi.

Sono in fase di studio e di messa a punto  molti progetti inerenti la filiera del bambù:  per la produzione di legname – alternativo al taglio di quello tropicale -per la fabbricazione di palchetti, multistrati, coibentazioni, ecc,  per bioarchitettura e biomassa,  per la produzione di bioetanolo, all’uso, nei terreni adiacenti i termovalorizzatori e stabilimenti, come consumatore di CO2 e altre emissioni, alla depurazione dei reflui organici ed alla produzione di specie idonee ad estratti per usi cosmetici, alle schermature verde lungo le arterie autostradali, all’impiego nelle costruzioni eco-compatibili e molto altro ancora. Il panorama degli usi delle varie specie di bambù è davvero ampio e le possibilità, anche di una nuova economia basata sul bambù, sono davvero enormi. Per non parlare del ruolo importantissimo che le foreste di bambù potrebbero assumere nella salvaguardia del pianeta per il loro ruolo eco-climatico. E qui sarebbe veramente il caso di sensibilizzare politici o, chi per loro, deve fare scelte determinanti per le prossime generazioni e per il pianeta Terra.

Il punto di forza dell’AIB è il sito internet  (www.bambuitalia.it) che ormai funziona da anni ; sulle pagine Facebook di AIB è possibile aggiornarsi in continuazione. E’ stato realizzato, e ristampato in nuova edizione di recente, il libro “Bambù”, una visuale a 360° di queste piante, che è stato molto apprezzato, anche per l’elegante veste grafica. L’associazione è una organizzazione senza fini di lucro che, come da proprio statuto, promuove e partecipa a parecchie manifestazioni e progetti attinenti l’ambiente, l’ecologia e lo sviluppo. AIB collabora con varie istituzioni, associazioni ed università per lo studio e le applicazioni sul bambù. Ogni anno organizza corsi tematici, teorico-pratici, sulla coltivazione e uso del bambù presso la Fattoria Didattica Terra di Langa, in Piemonte. Una delle ultime realizzazioni dell’AIB è stata una collaborazione con la Onlus SaiMai-Progetto Laos di un progetto pilota, realizzato a Vientiane, di un modulo abitativo a basso costo e minimo impatto ambientale , in autocostruzione, con materiali locali quali bambù, terra cruda, paglia e pula di riso, elephant grass e calce naturale e legno.

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